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Autore: breathrauhl    08/07/2013    4 recensioni
"in quel momento anch'io avevo ripreso a vivere, avevo ritrovato me stessa nel suo battito cardiaco"
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Justin’s Point Of View:
 
Si era addormentata tra le mie braccia.
Leggevo sul suo volto una certa serenità,i miei occhi si spostarono di nuovo sui suoi tagli, il camice lasciava intravedere che sul suo collo c’erano dei lividi.
Chi l’ha ridotta così?
Quale pezzo di merda le aveva fatto questo?
Sentii delle voce provenire al di fuori dello stanzino in cui eravamo,dovevano essere medici che iniziavano il loro turno di visite.
Merda.
Sarebbero entrati,dovevano cambiarsi e posare i loro vestiti qui.
Merda.
“Hanna svegliati”
Cercai di non farla agitare ma quando sentì anche lei le voci dei medici iniziò di nuovo quella tensione che le copriva il volto.
“Justin che facciamo?”
Okay,ero decisamente in panico.
La maniglia della porta stava per aprirsi e qualcuno ci avrebbe scoperto,i guai erano assicurati.
Imprecai un ultima volta perché come si suol dire non c’è due senza tre.
Hanna stava iniziando a tremare e la strinsi ancor di più a me,non potevo nascondere neanch’io la mia paura.
“John accidenti ho dimenticato la cartella clinica sul tavolo del bar merda! Meglio che vado a riprenderla”
“Sei il solito sbadato ci si vede più tardi”
Qualcuno da lassù stava vedendo tutta questa scena e ha deciso di aiutarci,non potevo essere più che sollevato.
“Per un pelo!”
“Justin dobbiamo uscire di qui,ora”
“Dove vuoi andare? Nasconderti in qualche altro stanzino? Travestirti da infermiere? Hanna non sappiamo dove andare”
“Andremo via dall’ospedale”
“Che stai dicendo? Tu non hai familiari qui? Ti staranno cercando”
“Credimi,preferirei  che credessero che fossi morta ora”
Non feci domande,né obbiettai su quello che aveva detto,mi limitai semplicemente a guardarla.
Aveva gli occhi di chi aveva pianto affogando le lacrime nel cuscino, di chi non ha più voce per cercare aiuto.
Ma nonostante tutto aveva la sua bellezza.
I suoi occhi verdi lasciavano il segno.
Quegli occhi non erano sconfitti come i suoi occhi.
“Andiamo” dissi deciso.
Uscimmo da quello stanzino e sembrava che ancora una volta la fortuna stesse dalla nostra parte.
I corridoi erano deserti,probabilmente l’orario di vista era terminato o era notte.
Era notte.
Un finestrone dalle tende verdi lasciava intravedere la luna dietro i grandi palazzi a specchio e il buio della notte che era illuminato dalle luci delle insegne e cartelloni pubblicitari.
Non sapevo dove mi trovavo ,né dove stessi andando,né il perché di quello che stavo facendo.
Come al solito Hanna aveva una certa abilità a distogliermi dai miei pensieri  infatti mi aveva quasi strattonato un braccio.
“Terra chiama Justin”
Disse agitando le mani in aria.
“Si ci sono,ci sono, e non urlare che qualcuno potrebbe sentirci”
“Okay okay, siamo arrivati alla hall dell’ospedale”
“Quindi?”
Sospirò mettendosi una mano in fronte.
“Vuoi restare qui o andartene? Sveglia occhi miele!”
Tutto questo sembrava una fiction di azione dove due furfanti cercano di farla franca,assurdo.
“Vedi quella signora di mezza età col camice a fiori che sembra imbrattata di borotalco da cima a fondo?”
Mi scappò una sana risata, e credevo di averne bisogno dopo tutta quella tensione.
Annuii trattenendomi dal  non ridere.
“Dobbiamo distrarla,tipo qualcosa da film come mission impossible o qualcosa con quel figo di Tom Cruise”
“Chi è Tom Cruise?”
La sua espressione ritornò quella di prima,perplessa, e mi guardò come se fossi un marziano.
“Non importa,ora dobbiamo trovare un modo per uscire di qui”
Restammo alcuni minuti in silenzio ognuno pensando ad un espediente.
 
Hanna’s Point Of View:
 
Eravamo lì,nascosti dietro una pianta dalle foglie finte come due rapinatori o assassini,esilarante penserebbe qualcuno.
Per niente.
Stavo iniziando ad innervosirmi e non riuscivo a pensare a niente.
Justin aveva sentito la mia tensione infatti mi aveva messo una mano sulla spalla per tranquillizzarmi.
Un’idea azzardata mi passò per il cervello ma ovviamente il mio karma mi avrebbe fatto pentire di quello che sarebbe successo.
Ne avevo fatte di cazzate nella mia vita,ho marinato la scuola,provato a fumare e si,suicidarmi,questa poteva solamente decorare la mia lista della cose da fare prima di morire.
Strinsi la mano di Justin e ingoiai la saliva che si era fermata in gola e decisi di farlo.
“Al mio tre corri”
“Come al tuo tre? Hanna che vuoi fare?”
“Uno,due..TRE”
Presi tutto il fiato che avevo in corpo e strinsi la mano di Justin così tanto che a entrambi iniziarono a sudare i palmi.
Corremmo per tutta la sala della hall diretti verso l’uscita delle porte di vetro.
Giuro che se avessi visto questa scena da esterna sarei morta dal ridere.
Due pazzi in camicia d’ospedale che corrono come se fossero alle olimpiadi.
Il mio cuore sembrava che se avesse fatto un altro battito sarebbe schizzato via come un razzo.
Ero troppo impegnata a respirare che le urla della tipa imbrattata di borotalco erano coperte dai battiti accelerati del mio cuore.
Eravamo fuori.
Le nostre gambe non si fermarono e corremmo ancora per qualche metro.
“Hanna fermati!Rischio un infarto così!”
Dovevo riprendere fiato e far calmare il mio cuore.
“Sei completamente fuori di te”
“Lo so Justin,non c’è bisogno che me lo ricordi”
Presi di nuovo fiato mettendo le mani sulle ginocchia,poi ripresi una posizione decente e mi guardai intorno.
Dovevamo essere a St.Rose street ,riconobbi la panetteria dove mia mamma era solita comprare il pane,quindi casa mia era ad un isolato da qui.
Justin guardava stranito ogni cosa.
Sembrava fosse di un altro pianeta.
“Come stai?” gli chiesi preoccupata di aver fatto qualche danno.
“Come dovrei sarei secondo te?”
“Non lo so,te lo sto chiedendo”
Okay,tralasciando  il modo in cui mi aveva risposto mi trattenni dal non rispondergli male,il pensiero che casa mia era vicina mi consolava.
“Senti non ho tempo da perdere con te e le tue risposte del cazzo quindi se vuoi seguirmi”
Gli feci segno con la mano.
“Dove andiamo?”
“A casa mia”
“Casa tua?”
“Dio sembri peggio di un pappagallo,sta zitto e cammina”
Avevo quest’atteggiamento scontroso ogni volta che mi innervosivo e che ero stanca,e in quel momento ero entrambe le cose.
Per tutto il cammino nessuno dei due spiccicò parola.
Justin intento ad osservare le strade e le case sperando di ricordare qualcosa.
Era notte e iniziava a far decisamente freddo.
Portai le mani sui gomiti e un leggero brivido mi attraversò la schiena.
Eravamo arrivati.
“Questa è casa mia”
Non era una villa,ma non mi lamentavo. Due piani e un giardino.
Attraversammo il vialetto,sulla porta di casa mi calai per rovesciare lo zerbino e prendere le chiavi che papà era solito nascondere lì sotto in caso di emergenza.
L’ultima volta che avevo sentito mio padre era nel North Carolina.
Non c’era nessuno in casa.
Di sicuro mia madre era in ospedale disperata a cercarmi o a trombarsi il dottore.
Scrollai le spalle all’immagine di mia madre ed il dottore.
Entrammo e  il pavimento di parquet come al solito cigolò.
Accesi le luci e in quel momento quel velo di preoccupazione,ansia e tensione svanì.
Ero a casa.
Justin si era avvicinato alle foto di famiglia e le osservava attento una ad una.
“Eri buffa da piccola”
“Dovrei prenderlo come un complimento?”
Sorrise.
Di nuovo il mio cuore si contasse e un formicolio scese lungo i miei polpacci.
“Non lo so,eri buffa e cicciottella” sta volta ridacchiò ed io ero lì ferma davanti a lui ad osservarlo.
“Posso utilizzare il bagno? Sempre se per te non è un problema”
Esitai prima di rispondere poi feci un cenno con la testa e lui mi seguì lungo le scale.
“Puoi farti una doccia o quello che ti pare,posso darti dei pantaloni da tutta di mio padre e una t-shirt”
“Va bene,grazie”
Chiuse la porta dietro di me e io caddi in un profondo respiro.
Ricordo che l’ultima notte che avevo trascorso a casa avevo tentato il suicidio e velocemente la mia vista fu offuscata da macchie di sangue,proprio come quella notte.
Scossi la testa qua e la cercando di mandar via quel ricordo e me ne andai in camera.
Tolsi il camice che avevo di dosso che scivolò lungo le caviglie e mi guardai allo specchio.
Un cadavere.
Quei lividi erano ancora lì,i graffi ancora sui polsi che pizzicavano e facevano male.
“Che schifo” pensai,tutto quel corpo putrido di ferite mi faceva solamente voltare lo stomaco.
Con gesto veloce conficcai le unghie lungo il collo scendendo giù.
Bruciava.
Ormai mi ero abituata a quel dolore.
Avrei dovuto farla finita quel giorno per risparmiarmi tutto questo,avrei dovuto solo essere più brava con quella lametta.
Mi guardai allo specchio,ma come al solito non mi riconobbi.
Punivo me stessa ,mi ferivo per combattere i mostri che avevo dentro,era come se meritassi tutto quel dolore e facendo ciò credevo che sarebbe andato tutto bene,ma invece mi sbagliavo.
Portai le mani al viso e le lacrime scesero senza freni,l’unica cosa che volevo in quell’istante era terminare ciò che avevo fatto la notte scorsa.
Mi diressi verso il comodino e frugai tra i vestiti.
Eccola.
La soluzione a tutto il dolore che avevo in corpo.
All’improvviso sobbalzai quando qualcuno mi toccò la spalla.
Feci cadere la lametta a terra e presa dal panico,dalla paura,dal dolore e lo sconforto iniziai ad urlare.
Mi dimenai verso chi mi aveva toccato.
Era Justin.
Era lì,che mi teneva fermi i polsi mentre cercavo di liberarmi.
Mi guardava con quei suoi occhi miele,con quella luce che si faceva spazio tra il buio dei miei occhi.
Mi fece appoggiare sul suo petto nudo.
La mia pelle sfiorò la sua facendo spazio ai brividi,il suo calore mi riscaldava il freddo delle ossa.
Mi racchiuse in un abbraccio,mentre il mio viso era sprofondato sul suo petto non feci in tempo a trattenere le lacrime.
Justin mi stringeva così forte che avrei potuto entragli dentro e toccargli il cuore,ma se questo significava sentirmi al sicuro,giuro l’avrei fatto.
Non disse nulla,si limitò a stringermi e accarezzarmi la testa.
Riuscivo a sentire il suo respiro e il suo petto alzarsi ed abbassarsi,sembrava che tutto quello riuscisse a tranquillizzarmi,era come un antidolorifico. 

  
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