Sabato.
Weekend. Domenica.
Ecco
le sue tre parole
preferite. Un fine settimana tranquillo. Senza rompiscatole a prenderti
in
giro. Senza nessuno a darti fastidio e senza Leya. Ma pazienza, intanto
lei non
lo rispettava cosa poteva fare per farsi piacere?
L’unica
cosa che gli
importava al momento era solamente il bicchiere congelato di coca-cola
sul tavolino di
vetro del soggiorno, il Joystick
della PlayStation 3 tra le mani e la pizza calda con il prosciutto sul
divano.
La tv HD e niente mamma. Nulla di meglio di un sabato pomeriggio.
-Ehi Louis. Ti piace come gioco?- chiese all’amico.
-Certo.
Sei bravo. Scusa,
ma che gioco è?-
-Ah.
Si chiama Call Of Duty. Non te ne
ho mai parlato.
E’ un gioco dove devi sparare a tutti gli zombie. Lo scopo
è questo, ecco.-
Jaen
diede un morso alla
pizza, bevve un sorso dalla coca e mise in stand
by.
-Devo
fare pipì.-
Annunciò.
Con
questo iniziò a girare
le ruote della sedia a rotelle, mentre si avviava verso il fatidico
bagno.
La
solita routine. La
chiamava “strazio pisciatoio”.
Esatto, proprio uno strazio.
Lui non poteva far
pipì come tutti gli
altri esseri umani. Doveva
alzare il suo
corpo tenendo le braccia tese sui braccioli della sedia a rotelle,
spostare il
fondoschiena sulla tazza, prendersi le gambe e spostarle davanti a lui.
E poi
era libero di esprimersi.
-Louis,
per favore,
potresti uscire?- chiese guardando la porta chiusa.
-Certo,
ti aspetto sul
divano.- Rispose.
Jaen,
ha sempre immaginato
Louis con tutte le loro discussioni, ora, infatti, ogni volta che ci
parlava
gli sembrava sempre di sentire la voce, un tenore acuto mescolato a un
baritono.
Prese
in mano uno dei suoi
tanti fumetti di Spiderman e lesse. Rimase lì per
mezz’ora, avrebbe fatto
troppa fatica ad alzarsi.
-Muoviti!-
lo sgridò
Louis.
-Va
bene, va bene,
arrivo.- disse.
Riprese
a giocare alla
playstation.
Era
solo. Come sempre,
d’altronde, ma orami ci aveva fatto l’abitudine.
-Louis? Louis!-
Nessuna
risposta.
Non si trovava nel suo soggiorno. Era in una lurida palude.
Degli
alberi con le foglie
bagnate, rinsecchite. Rinsecchite come la sua vita. Nemmeno un misero
fiore.
“Sarà autunno.”
Il cielo era ricoperto di fuliggine. Nei dintorni non c’era
nessuno. Come
poteva esserci la fuliggine?
Mosche e zanzare, creavano una danza fastidiosa intorno al ragazzo.
Si alzò in piedi dandosi una
spolverata ai
pantaloni neri, che
erano diventati grigi.
“Sarò precipitato e avrò alzato della
polvere.”
C’era un lago nero che distava più o meno cento
metri da Jaen. Decise di
incamminarsi.
Morte.
Ecco cosa lo
aspettava.
Quel lago era pieno di cadaveri. Donne, uomini e bambini.
-C-c-cosa?- balbettò.
Si stropicciò gli occhi e lo rivide. Il terrore del mondo.
Morte.
E ancora. Voleva piangere, ma non poteva. Non conosceva nemmeno lui il
motivo.
Ma una forza gli diceva che se avrebbe pianto, sarebbe morto anche lui.
-Sono
annegati nelle loro
lacrime.- disse una voce proveniente da un albero.
Jaen
non rispose, si
limitò a indietreggiare. Però, adesso sapeva di
non dover piangere.
-Morte?- chiese tremolante.
-No.
Io non sono certo
colei che ti coglierà. Io non sono la Morte. Tu mi conosci,
bene.- rispose.
-P-p-papà?
Sei tu, vero?-
Un
uomo dai scuri capelli
e dagli occhi verdi, come lo smeraldo, uscì da dietro
l’albero. Era di mezza
statura, un po’ patito. Bianco in volto.
Jaen
lo osservò per bene.
Non era suo padre. Lui non aveva mai conosciuto veramente suo padre.
-Tu non sei mio padre.- contemplò a pieni pomoni.
-Io
non ho mai detto di
esserlo. Io sono il terrore di tuo padre, quello che si nutre delle
anime dei
buoni, quello che odia.-
Jaen
venne assalito dalla
paura. Se era veramente quello che diceva di essere, si sarebbe nutrito
dell’anima di Jaen.
-Quando
morirai io sarò lì
con te. Tuo padre è lì, dietro di te e
prenderà lui la tua anima per conto
mio.-
Il
ragazzino si voltò,
aveva le lacrime agli occhi, ma non voleva, non doveva piangere. Dietro
di lui
non c’era nessuno. Solo il lago. Scrutò dentro e
vide solo il suo riflesso e
dei cadaveri di persone che non conosceva.
Si
girò nuovamente verso
l’albero, dove c’ era la persona e non vide nulla.
Solo un po’ di nebbia.
“Si nutre dell’ anima impaurita dei morti
“ pensò “ma, io non ho paura.”
-Sopravvivrò.-
Arrivo.
Jaen, sto arrivando.
La
voce seguita da un ghigno sadico.
Non mi scapperai. Morirai.
-Lo
so- urlò –lo so che
morirò! Ma quel giorno non è oggi!-
Iniziò
a correre. Correva,
ma non andava avanti. Si sentiva stanco, ma non aveva percorso nemmeno
un
metro.
Era fermo, non riusciva a muovere un dito.
Finché, non sentì delle voci dietro di lui.
Jaen, vieni con noi. Vieni dai, ci
divertiremo insieme. Saremo felici tutti quanti. Manchi solamente tu.
-Sto
vincendo io, Jaen!-
Delle
mani lo afferrarono
e lo iniziarono a trasportare nel lago, erano i cadaveri che si
muovevano.
-Lascitem…-
non riuscì
nemmeno a finire di parlare, che la frase gli
soffocò in gola.
Iniziò a soffocare e ad annegare.
Solo in quel momento riuscì a muoversi, si mise le mani sul
collo e strinse,
cercando di espellere quello che gli bloccava la respirazione.
Le mani lo stritolavano e lo portarono giù. Era in acqua e
pianse, cedendo.
La figura che aveva visto si affacciò sul bordo
dell’ acqua:
-Ho vinto io.-
Si
svegliò sul divano di
casa sua.
Non sentiva particolarmente bene, solo delle chiavi e una voce
femminile:
-Sono
tornata, Jaen. Come
stai?- gli chiese la mamma.
-Si.- rispose scuotendo la testa.
Salve a voi popolo! :33
Allora, che dire??
Bé, per fare questo capitolo ci ho messo un po', dato che ho
avuto un piccolo problema, chimato BLOCCO DELLLO SCRITTORE, non so se
mi spiego, d'altronde, tutti di noi abbiamo avuto un periodo dove non
veniva in mente una minima idea... Ecco
Peggio di un incubo.
Per il resto,... nulla di che, spero solo che vi piaccia questo
capitolo e che magari lo recensiate.
Per ora, Bye Lele <3
Ah Si! Ci tenevo a mostrarvi queste foto
Il primo è Louis, il secondo Jaen.
Magari nel prossimo capitolo pubblico una di Leya *w*
Certo, in questa foto, magari sono un po' cresciuti, ma in futuro farò io dei disegni un po' più realistici. c: