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Autore: Ari_92    09/07/2013    9 recensioni
Sette giorni di Klaine, perché le OTP non vanno in vacanza B-)
Day 1: Season two flashback_"Awkward"
Day 2: Alternative Universe_ "Top of the pyramid"
Day 3: What would you change?_ "The Kliss that didn't happen"
Day 4: Crossover_ ???
Day 5: Ten years from now_ ???
Day 6: Two extremes: angst or fluff_ ???
Day 7: Surprise us!_ ???
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Top of the pyramid
Rating: Verde prato ~
Avvertimenti: Partecipazione straordinaria di Brittany S. Pierce
Prompt: “Who doesn’t love a good AU? The best part is that the possibilities are endless. Parallel universes, good old coffeeshop AUs, Superhero AUs, different schools, different cities, different friends. It’s up to the imagination.” 
Lunghezza: 5800 parole o giù di lì.
Note: AU ambientata all’inizio della prima stagione, a parte il piccolo flashback iniziale ;) Cheerio!Blaine ...e Kurt non ve lo dico altrimenti spoilero u.u il POV è quasi sempre di Blaine.

 

 
 

#2Tuesday July 9th; Top of the pyramid

_ Day Two {AU}
 
 
 
 
Kurt si alzò in punta di piedi, aggrappandosi con entrambe le mani alle imposte della finestra: la sua altezza gli rendeva a malapena possibile riuscire a sbirciare fuori, ma era dotato di una determinazione abbastanza forte da permettersi di restare in quella scomoda posizione ancora per un po’. Rimase a fissare il vialetto della casa accanto per qualche lungo minuto, sempre più elettrizzato all’idea di incontrare la nuova famiglia che quel giorno si sarebbe trasferita nella villetta vicino alla loro: i suoi genitori gli avevano raccomandato di essere gentile e non mettersi subito ad importunare i nuovi arrivati, ma al momento quelle non erano che parole isolate in una parte ben remota del suo cervello; tutto ciò che provava era una forte curiosità, il che è abbastanza normale in un bambino di otto anni.
 
Dovette aspettare ancora un po’ prima che una macchina scura parcheggiasse proprio di fianco a casa sua: Kurt sospettò che ci avessero messo così tanto per paura che l’immensa mole di oggetti legati alla meglio sul tettuccio sarebbe caduta alla prima curva se avessero proseguito troppo in fretta.
Il primo a uscire fu un ragazzo decisamente più grande di lui, con i capelli mossi e un sorriso simile ad uno di quelli che si vedono nelle pubblicità del dentifricio; Kurt guardò meglio, presumendo che doveva averlo rivolto a qualcun altro ancora seduto sui sedili posteriori. Lo sportello del passeggero si aprì, e una donna dall’aria un po’ stanca fece la sua apparizione in cortile: stava parlando animatamente con chi aveva guidato fino a lì, molto probabilmente suo marito.
Kurt stava cercando di ricordare se non avesse già visto il vestito che indossava da qualche parte, quando la sua attenzione fu attirata da altro.
 
Un ragazzino più o meno della sua età si era appena trascinato fuori dall’auto, e non sembrava particolarmente contento di qualunque cosa gli stesse dicendo suo fratello. Kurt decise istintivamente di essere dalla sua parte, perché sapeva cosa significava essere infastiditi e non poter fare niente per ribellarsi; strinse più forte le dita sul bordo della finestra, proprio mentre il ragazzino alzava distrattamente lo sguardo, quasi certamente sentendosi osservato. Intercettò Kurt praticamente subito, con un’aria vagamente confusa. Kurt mollò subito la presa e sparì sotto l’imposta della finestra, ridacchiando per la scarica di adrenalina del momento. Rimase nascosto per un po’ prima di tornare a mettersi in punta di piedi e sbirciare verso il cortile: il ragazzino stava ancora guardando verso di lui, e quella volta sorrideva. Kurt ricambiò il suo sorriso, un po’ imbarazzato per essere stato colto sul fatto.
Non poteva ancora sapere di aver appena incontrato il suo migliore amico.
 
 

***

 
 
«Okay signorine, altri dieci giri e poi iniziamo a fare sul serio.»
«Altri dieci giri?» bisbigliò Blaine tra i denti, lanciando un’occhiata sconvolta alla ragazza che correva al suo fianco. Se voleva essere del tutto sincero non era nemmeno sicuro che avrebbe resistito altri dieci metri, e di sicuro Sue Sylvester che sbraitava in un megafono – sul serio, che senso aveva sbraitare in un megafono? – non avrebbe cambiato le cose.
«Sì, di solito sono cinquanta giri prima dell’allenamento e dieci alla fine.» rispose tranquillamente Brittany, perfettamente rilassata e senza una singola goccia di sudore sulla fronte.
«Come diavolo fai a resistere?» lei si strinse nelle spalle.
«Da quanto Lord Tubbington mi ha denunciata ho iniziato ad allenarmi molto. Sai, per riuscire a scappare dalla polizia.» Blaine la guardò per un momento, chiedendosi per quale caspita di motivo continuasse ad ascoltare quello che diceva. Continuò per un altro centinaio di metri concentrandosi solo sul rumore dei suoi passi sull’erba bagnata: scoprì che la cosa non funzionava minimamente non appena una fitta al polpaccio per poco non gli fece perdere l’equilibrio.
«Oh, povero Blaine. Confinato per sempre nella baia degli sfigati.» lo schernì Santana, superandolo velocemente insieme a Quinn. Brittany sembrava confusa.
«Che cos’è una baia, Blaine?» lui la ignorò e riprese a correre: nonostante l’intento di Santana e Quinn fosse come sempre quello di buttarlo giù di morale, non avevano fatto altro che ricordargli il suo obiettivo e invogliarlo a non arrendersi.
 
Entrare nei Cheerios era stato un passo obbligato per lui: far parte di quella squadra era come entrare in possesso di un biglietto di prima classe per l’elite della scuola, quelli che comandavano e non dovevano preoccuparsi di essere vittima di scherzi idioti, venire presi in giro ed umiliati; il che era più o meno tutto ciò che aveva dovuto patire Blaine da quando aveva iniziato il suo primo anno al McKinley High, qualche mese prima. Da quando era entrato nei Cheerios – ormai due settimane – il consueto circolo vizioso di torture sembrava essersi miracolosamente interrotto, e se l’immunità gli sarebbe costata qualche crampo ai polpacci ne valeva decisamente la pena.
«Blaine, sul serio: cos’è una baia?»lui sbuffò, a metà fra lo spossato e il divertito: Brittany sembrava l’unica all’interno di quella squadra a non provare il desiderio di distruggerlo o buttarlo fuori a calci. Tuttavia era decisamente più semplice sopportare le frecciatine di Quinn e Santana che gli spintoni di quelli della squadra di hockey.
«Una baia è una rientranza della- »
«Anderson! Meno chiacchiere e più energia. E non provare a sudare dentro la divisa dei miei Cheerios!» Blaine alzò gli occhi al cielo e si mise a correre più in fretta.
 
 

***

 
 
«È stato orribile!»
«Mm-mm.»
«Sul serio! Ci ha fatto fare cinquanta giri di campo prima dell’allenamento. Cinquanta, capisci? Sono sicuro che ci sono Stati in cui è illegale.» si lamentò, senza la benché minima intenzione di aprire gli occhi: voleva godersi fino in fondo una delle ultime giornate tiepide di fine ottobre, e francamente non conosceva modo più rilassante di farlo se non come in quel momento, lungo disteso sul retro del suo giardino con la testa appoggiata sulle gambe di Kurt.
Era una cosa che facevano fin da piccoli, e il susseguirsi degli anni non aveva cambiato il tipo di amicizia che avevano allora, quando avevano solo otto anni. Mentre Kurt gli passava una mano tra i capelli, Blaine pensò che effettivamente qualcosa era cambiato: probabilmente otto anni fa non era ancora innamorato di lui, o almeno non come lo era adesso. In realtà era stato innamorato di lui Kurt fin da quando ricordava, quindi no, magari non era cambiato neanche quello.
 
«A cosa pensi, Blainey?» lui si girò su un fianco, e Kurt trasferì la mano dai capelli alla sua spalla, iniziando ad accarezzargliela distrattamente.
«A niente. Sono stanchissimo, Kurt.»
«Mm. Povero il mio piccolo Blaine.»
«Ogni volta che mi ricordi che sono basso pugnali il mio orgoglio, sappilo.» in effetti, da quando Kurt era diventato più alto di lui non perdeva occasione di ricordarglielo. Lui rise leggermente e riprese a passare la mano su e giù per il suo braccio: Blaine rimpiangeva i tempi in cui –quando lo coccolava in quel modo – la voglia di scattare a sedere e baciarlo non era così insopportabile.
Era una vita che voleva baciare Kurt, e lo scorrere del tempo sembrava divertirsi a provocarlo: più crescevano, più scambiarsi carezze del genere con un altro ragazzo era considerato sconveniente; più crescevano, più Blaine non riusciva a farne a meno.
«E comunque non capisco perché lo fai. Sei sempre stanco morto e vorrei ricordarti che ieri sera ti sei addormentato mentre facevamo i compiti.» Blaine sbuffò.
«Ti ho già spiegato perché lo faccio, e a quanto pare sta anche funzionando.» Kurt tornò a dedicarsi ai suoi capelli, passandogli pigramente le dita tra le ciocche.
«Lo so. Solo, mi chiedevo: perché proprio i Cheerios?» domandò, ostentando tutta la nonchalance di cui era capace: Blaine lo conosceva abbastanza bene da sapere che c’era qualcosa sotto, ed era piuttosto fiducioso di essere capace di fargli sputare il rospo alla svelta.
«Non lo so; mi sembrava il modo più facile per arrivare in cima visto che i cheerleader sono praticamente i padroni della scuola. Perché me lo chiedi?» aggiunse, voltandosi per guardarlo direttamente in faccia: sembrava tranquillo, con gli occhi socchiusi, i capelli un po’ scompigliati e le labbra leggermente tese nell’accenno di un sorriso. Avrebbe solo voluto riuscire a smettere di chiedersi come sarebbe stato sollevarsi quel tanto che bastava a dargli un bacio; sentire quella bocca contro la sua, poterlo stringere a sé nel modo che aveva sempre sognato.
«Non lo so. Pensavo che forse potrebbe esserci qualche altro motivo.» aveva smesso di accarezzarlo; gli teneva semplicemente la mano lì, tra i capelli.
«Tipo?» Kurt si strinse nelle spalle, rivolgendogli un piccolo sorriso; avrebbe solo voluto dirgli quanto era bello quando sorrideva.
 
«Non lo so. Magari per il fatto che è pieno di bellissime ragazze che vanno in giro con una minigonna inguinale.» ipotizzò, un attimo prima di fargli l’occhiolino e stendersi a sua volta sull’erba.
Blaine rimase a fissare gli sprazzi di cielo azzurro che facevano capolino tra i rami degli alberi scossi dal vento, con il cuore mille volte più pesante di quanto non fosse un attimo prima.
Kurt non sapeva che lui era gay; in realtà, nessuno sapeva che lui era gay. Gli altri ragazzi glielo dicevano continuamente, ma non lo intendevano per davvero: era solo il pretesto grazie al quale se la prendevano con tutti quelli che stavano alla base della piramide sociale, compreso Kurt. La differenza stava nel fatto che a lui non era mai importato più di tanto essere preso di mira: si rialzava ogni volta più fiero e determinato di prima, ed era soltanto uno dei mille motivi per cui Blaine lo amava così tanto. Kurt non aveva mai cercato di proteggersi uniformandosi a chi lo infastidiva: era sempre stato lui quello coraggioso.
«Allora, è così? C’è una ragazza che ti piace?»
«No, Kurt. Te l’ho detto che odio ogni singolo minuto degli allenamenti.» Kurt si spostò un po’ sul prato per mettersi più comodo; Blaine ne approfittò per strisciare pigramente accanto a lui, in modo che i loro occhi fossero alla stessa altezza. Kurt sorrise.
«Ehi, ciao. È passato tanto tempo dall’ultima volta che hai potuto guardarmi in faccia senza alzare la testa.» Blaine sbuffò, mordendosi l’interno delle guance per non dargli la soddisfazione di farsi vedere mentre sorrideva.
«Non sono così basso.»
«Mm-mm. Continua a ripetertelo.» Blaine sbuffò di nuovo, dandogli una spintarella sulla spalla. Chiuse gli occhi, tornando a godersi l’aria fresca.
«Comunque, com’è andata oggi al Glee Club?» avrebbe voluto far presente a Kurt che Quinn durante l’allenamento aveva di nuovo parlato dell’idea sempre più concreta di entrare a far parte delle New Directions allo scopo di tenere d’occhio il suo ragazzo, che a quanto pareva stava avendo una specie di flirt con una ragazza della squadra; tuttavia non voleva spaventarlo prima del tempo: un po’ tutta la scuola aveva paura di Quinn Fabrey. Quanto a lui, aveva bisogno di consolidare la sua da poco conquistata popolarità prima di poter pensare di unirsi al Glee con Kurt.
 
«Non lo so, oggi non ci sono andato.» Blaine inarcò le sopracciglia: lui non era il tipo da saltare le prove di canto, anche perché era quello che amava di più al mondo fin da quando erano bambini.
«Come mai?» Kurt si rimise di schiena, con entrambe le braccia piegate dietro la testa.
«Diciamo che potrei essere venuto a dare un’occhiata all’allenamento di voi cheerleader.» Blaine spalancò gli occhi, mentre nella sua testa si andava formando velocemente l’immagine di Kurt che lo guardava correre per il campo, completamente distrutto e sudato dalla testa ai piedi. Sapeva che non ne aveva motivo, ma si sentì arrossire all’idea che lui fosse rimasto lì a guardarlo per tutto il tempo.
«Ehi? Non avrei dovuto venire a vederti?» chiese, evidentemente allarmato dalla sua aria spaesata. Blaine scosse velocemente la testa, fingendo tutta l’indifferenza possibile.
«No, a me va bene se vieni a vedermi.» Kurt annuì lentamente, con un piccolo sorriso.
«Bene, perché non è la prima volta che succede.» Blaine lo guardò con la bocca socchiusa dallo stupore e il cuore che batteva un po’ più forte. Kurt si voltò di nuovo a fissarlo, con quei suoi bellissimi occhi che guardavano dritti nei suoi.
«Carina l’uniforme, comunque.» se prima non era sicuro al cento per cento di essere arrossito, ora ne aveva la più assoluta certezza. Schivò istintivamente il suo sguardo e si concentrò su due fili d’erba intrecciati qualche centimetro oltre il suo naso.
«Oh... grazie.» Kurt si strinse nelle spalle.
«Per questo ti ho chiesto se c’era una qualche ragazza che ti piaceva. Sei stato tutto il tempo insieme a una biondina... » Blaine dovette trattenersi per non mettersi a ridere.
«Chi, Brittany? Fidati, ci sono più probabilità che io diventi alto.»
«Wow, allora deve farti proprio schifo.»
«Non c’è bisogno di infierire, sai?» Kurt sollevò una mano da terra e tornò ad accarezzargli i capelli nonostante la posizione in cui si trovava glielo rendesse così scomodo, il che era probabilmente il suo modo di scusarsi.
Blaine tornò a chiudere gli occhi, del tutto inconsapevole del modo in cui Kurt lo stava guardando.
Come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.
 
 

***

 
 
Kurt chiuse con un movimento brusco l’anta del suo armadietto, il cui rumore metallico riecheggiò per tutto il corridoio: strinse i suoi libri al petto più forte di quanto non fosse necessario e si incamminò a grandi passi verso la sua lezione successiva, con lo sguardo ben piantato a terra; regola numero uno: mai incontrare lo sguardo in un giocatore di football o di qualche altra squadra di una qualche importanza – vale a dire tutte tranne quella di nuoto sincronizzato – e soprattutto mai farlo quando si è sull’orlo delle lacrime.
Nessuno di loro l’aveva mai visto piangere, e Kurt non avrebbe mai permesso che succedesse, a costo di sentirsi morire dentro ogni volta. Girò l’angolo e controllò che il corridoio fosse vuoto; una volta che se ne fu accertato appoggiò le spalle alla parete e lasciò che il cuore gli precipitasse in fondo allo stomaco.
 
Per tutti quegli anni non aveva creduto nemmeno per un secondo che esistesse una singola possibilità che Blaine si innamorasse di lui, davvero. Ma non aveva neanche mai creduto che tra di loro potesse mettersi qualcosa di abbastanza potente da incrinare la loro amicizia, e sembrava esattamente ciò che stava succedendo.
Blaine faceva parte dei Cheerios da più di un mese ormai, e questo aveva cambiato tutto. Kurt sapeva quanto fosse importante per lui sentirsi finalmente accettato, fare parte di quella elite a cui a loro era stato sempre negato l’accesso, per questo non aveva fatto niente per fermarlo quando si era presentato per la sua audizione. Blaine non sopportava di venire escluso, di essere un emarginato: a Kurt era sempre bastato che lo fossero insieme, e in quelle occasioni si sentiva in pace con il mondo in qualunque circostanza, perfino ricoperto di granita alla fragola o con un qualche livido addosso. Ma essere emarginato da solo, quello era troppo anche per lui.
Blaine aveva iniziato ad evitarlo nei corridoi, a smettere di salutarlo quando andava a vedere i suoi allenamenti, ad essere sempre più distante quando si vedevano nel cortile di casa sua, come ogni sacrosanto giorno da quando avevano otto anni.
Per tutto quel tempo, Kurt aveva pensato che ciò che li legava fosse più forte di ogni ostacolo che avrebbero incontrato; perdere quella certezza era stata la cosa più destabilizzante che avesse mai dovuto affrontare dopo la morte di sua madre.
Tutto ciò che gli restava da fare era trovare un modo per prendere le distanze da quello che stava succedendo, e credeva di sapere come.
 
 

***

 
 
«Non riesco a decidermi.» Blaine alzò lo sguardo dalla cartina geografica che stava inutilmente cercando di memorizzare e si voltò verso Kurt, che aveva la testa tra le mani e gli occhi che spaziavano tra almeno quattro diversi spartiti. Una qualche ciocca di capelli gli ricadeva sulla fronte, le sue guance erano un po’ arrossate per la concentrazione e aveva le labbra piegate in un piccolo broncio. Blaine avrebbe voluto baciarlo più di ogni altra cosa al mondo.
«Qual è il problema?» Kurt sbuffò, incontrando il suo sguardo.
«Dobbiamo scegliere una canzone da cantare al Glee club e continuo a non sapere quale fare.» Blaine mise definitivamente da parte la sua cartina e prese in mano due degli spartiti.
«Avete un compito particolare o potete cantare quella che volete?» Kurt gli allungò anche tutti gli altri fogli di carta, stringendosi nelle spalle.
«Dobbiamo scegliere il pezzo che esprime meglio come ci sentiamo al momento.» Blaine inarcò le sopracciglia, fissando i titoli delle canzoni.
«Uhm, vediamo... “Everybody hurts”, “I walk alone”, “All by myself”... stai cercando di dirmi qualcosa?» Kurt rimase in silenzio per qualche secondo prima di riprendersi gli spartiti direttamente dalle sue mani.
«In effetti sì, sto cercando di dirti qualcosa.» rispose, appallottolando tutti i pezzi di carta «Sto cercando di dirti che stai facendo un po’ lo stronzo ultimamente.» glielo scandì con tutta la calma del mondo, come se avesse avuto giorni per metabolizzare la cosa e decidere che cosa dire. Blaine lo guardò con la bocca socchiusa dallo stupore: non avevano mai discusso per qualcosa prima di quel momento, o almeno non l’avevano mai fatto seriamente. Invece adesso Kurt sembrava davvero arrabbiato, e lui si sentiva solo più colpevole che mai. Sapeva di essere stato distante nelle ultime due settimane, sapeva di averlo ferito, ma sapeva anche di non aver avuto scelta; non dopo quello che gli avevano detto Quinn e Santana.
 
«Kurt.»
«E volevo anche dirti che ho intenzione di entrare nella squadra di football.» aggiunse, mentre si alzava in piedi e raccoglieva velocemente le sue cose. Blaine lo fissò con tanto d’occhi.
«Hai intenzione di... Kurt, tu odi il football- »
«Sì, e tu odiavi i Cheerios. Ma le cose cambiano, non trovi?» richiuse la zip dell’astuccio con tanta foga da strappare parte della stoffa vicino alla cerniera; prese tutti i suoi libri sottomano e si avviò a grandi passi verso la porta.
«Kurt, aspetta un attimo.»
«Che cosa devo aspettare, esattamente? Che mi spieghi perché sono due settimane che non mi rivolgi la parola a scuola?» chiese, con una risata amara «È sconveniente farti vedere in giro con il tuo amico sfigato, non è così? Beh, non venirmi a cercare quando avrò anch’io un po’ della popolarità a cui tieni così tanto.»
Blaine non riusciva a vederlo così: non poteva permettere che pensasse davvero che lui tenesse di più a uno stupido status sociale che a loro due. L’unica cosa che gli premeva di più della loro amicizia era che Kurt fosse felice, e finché non avrebbe risolto le cose che aveva in ballo non poteva rappresentare questo per lui.
«Lo so che adesso sei arrabbiato, ma non puoi credere davvero che tenga più alla popolarità che a noi due.» Kurt si fermò sulla porta, voltandosi a fronteggiarlo. Non lo aveva mai visto così sconvolto.
«E cosa dovrei pensare, allora? Siamo inseparabili da otto anni, Blaine, otto! E poi di punto in bianco tu inizi a vergognarti di me e mi tieni nascosto ai tuoi nuovi amici- »
«Io non mi vergogno di te! Sei tu quello che psicanalizza ogni singola cosa che faccio e che crede di sapere tutto quando invece non sa un bel niente!» lui lo guardò con tanto d’occhi.
 
«Forse lo faccio perché io a te ci tengo. Perché ti conosco e so che sei molto diverso dalle persone che frequenti adesso, perché non voglio che ti uniformi a un branco di imbecilli e perché siccome sono innamorato di te preferirei non doverti vedere soffrire come un cane facendo qualcosa che odi solo per salvare le apparenze!» finì di parlare con le labbra che gli tremavano e con gli occhi lucidi. Batté più volte le ciglia: Blaine si chiese se stesse ripercorrendo nella sua testa ciò che aveva appena detto ad alta voce, perché era esattamente quello che stava facendo lui.
Gli aveva appena detto – gli aveva appena urlato in faccia di essere innamorato di lui. Blaine si concentrò sulla sensazione dell’aria che gli gonfiava i polmoni, delle piante dei piedi sul pavimento: era incredibile che quel momento sembrasse così dannatamente reale e inconcepibile nello stesso tempo. Cercò disperatamente lo sguardo di Kurt, ma tutto ciò che trovò furono due occhi vuoti e terrorizzati, un paio di labbra socchiuse dallo stupore e le dita che gli tremavano appena, chiuse attorno al dorso dei suoi libri.
«Kurt...»
«D..Dimentica quello che ho detto.» lo disse con un filo di voce, senza la minimo accenno a volerlo guardare in faccia. Uscì da casa di Blaine talmente in fretta che lui non fece nemmeno in tempo a tentare di fermarlo; quando iniziò a capacitarsi di come stavano le cose, non gli restava che dire “ti amo” ad una porta chiusa.
 
 

***

 
 
Blaine non vide Kurt per tutta la mattinata del giorno successivo, non che non ci avesse provato: aveva controllato tutte le aule che avrebbe dovuto frequentare, con tanto di assidue visite nel bagno dei maschi e un quantomeno imbarazzante terzo grado a tutti i ragazzi della New Directions. Sembrava essere sparito, volatilizzato: si sentiva come se fosse sul punto di impazzire da un momento all’altro.
Entrò nello spogliatoio dei ragazzi parecchio prima del regolare orario di inizio degli allenamenti: odiava quel posto, odiava non poter mollare prima della fine della stagione e – più di tutto – odiava con tutte le sue forze le sue compagne di squadra. Tirò un calcio alla panca sulla quale erano impilati gli asciugamani puliti da usare dopo la doccia, che si rovesciarono miseramente al suolo insieme alla panca stessa con una gran confusione.
«Aah!» a quell’urlo, Blaine sobbalzò dallo spavento: non aveva la minima idea che ci fosse qualcun altro nella stanza. Inoltre, si trattava di una voce decisamente troppo femminile per avere a che fare con lo spogliatoio dei ragazzi.
«Chi c’è?» chiese a voce alta, guardandosi intorno. Uno degli ampi armadietti addossati alla parete si aprì sotto lo sguardo basito di Blaine.
«...Brittany? Cosa ci fai lì dentro?» lei uscì del tutto dal suo rifugio di latta, andandogli incontro.
«Stavo giocando a nascondino, ma nessuno è venuto a cercarmi.» si lamentò, incrociando le braccia al petto.
«Con chi stavi giocando?» lei aggrottò per un attimo la fronte, con aria concentrata. Alla fine scrollò le spalle, scuotendo la testa.
«Non me lo ricordo.» Blaine le rivolse un piccolo sorriso, per poi piegarsi a rimettere nella sua posizione originaria la panca che aveva recentemente preso a calci. Brittany si mise in piedi alle sue spalle, sbirciando senza troppa difficoltà la sua espressione sconvolta.
 
«Perché sei triste, Blaine Anderson?» Blaine sospirò e iniziò a ripiegare gli asciugamani.
«Non è niente, Britt.»
«Guarda che puoi dirmelo. Io sono bravissima con i segreti e anche con i consigli.» Blaine la guardò per un attimo e sorrise vedendola così determinata e sicura di quel che diceva: era il primo vero sorriso che faceva da quando aveva litigato con Kurt, quindi decise che valeva la pena tentare. Si sedette sul bordo esterno della panca, con entrambe le mani sulle ginocchia.
«Ho appena scoperto che la persona di cui sono innamorato da una vita ricambia i miei sentimenti.» spiegò «Ma è successo in tutte le circostanze sbagliate, e non so nemmeno se mi rivolgerà mai più la parola.» Brittany arricciò il naso, lanciandogli un’occhiata curiosa.
«La persona che dici è Kurt, giusto?» chiese, con tutta la nonchalance di questo mondo. Evidentemente era del tutto ignara di aver appena lasciato Blaine completamente spiazzato.
«Tu- come... Te l’ha detto Quinn, vero?» Brittany sembrava confusa.
«Perché avrebbe dovuto dirmelo Quinn?»
«Lei... è dalla prima volta che Kurt ha iniziato a venirmi a vedere agli allenamenti che non fa che alludere che ci sia qualcosa tra di noi e continua a dire che sarebbe divertente se anche tutta la scuola lo sapesse. È per questo che ho iniziato ad evitarlo e... e è per questo che abbiamo litigato. Io stavo solo cercando di proteggerlo, di non dare ulteriori motivi alla gente di prenderlo di mira- »
«Oh, Blaine Anderson. Quinn è fatta così, dice un sacco di cose e si diverte a fare un po’ di paura alla gente. Sono sicura che non dirà niente di te o di Kurt.» affermò con sicurezza Brittany, con un gran sorriso «E poi non penso che a Kurt interessi molto essere protetto. Mi sa che a Kurt importa solo stare con te.» aggiunse, dandogli una piccola gomitata allusiva. Blaine non aveva la minima idea di cosa pensare.
 
«Ma- ma ieri ha detto di volersi iscrivere alla squadra di football- »
«Sì, lo so, infatti è tutta la mattina che è in campo a provare. Io dico che l’ha fatto solo per farti arrabbiare. Tu l’hai evitato e adesso è lui a evitare te. È semplice.» già. In effetti era davvero semplice.
Kurt aveva sempre dimostrato di fregarsene altamente di quello che pensava gente e dello status sociale, era lui quello che aveva rinunciato alla loro amicizia per due intere settimane nella paura che una sua compagna di squadra facesse girare uno stupido pettegolezzo che gli avrebbe rovinato la reputazione.
Blaine decise due cose; la prima, che si era comportato da idiota. La seconda, che non esiste reputazione migliore che stare insieme a una persona meravigliosa come Kurt Hummel. E pensava anche che Brittany Pierce nel suo piccolo fosse un genio.
«A cosa stai pensando, Blaine Anderson?» gli chiese, con un sorriso cospiratorio.
«Penso di stare per fare il più immenso colpo di testa della mia vita, Brittany.» rispose «E comunque vada, non penso proprio che me ne pentirò.»
 
 

***

 
 
«Forza signorine, altri trenta mezzi giri!» al solito la Sylvester stava urlando a pieni polmoni nel suo megafono, del tutto incurante che l’altra metà del campo fosse occupata dai ragazzi della squadra di football – conoscendola, stava cercando di fare più rumore possibile al solo scopo di infastidire loro e il coach Tanaka. Blaine non aveva mai sentito il cuore battergli così forte, e non era per via della corsa.
«E se non mi perdona? Se non vuole neanche ascoltarmi?» chiese dopo un po’ a Brittany, che scosse la testa.
«Vedrai che ti starà a sentire subito.  Ti guarda sempre come se fossi un sacchetto di orsetti gommosi, è da questo che ho capito cosa c’era tra voi due.» Blaine inarcò le sopracciglia, un po’ incerto se si trattasse di una cosa positiva a meno. Una volta giunto nella metà campo comune alla squadra di football si impedì categoricamente di indugiare ancora: prese una gran boccata d’aria e sconfinò in un ammasso confuso di magliette rosse fiammanti e pantaloncini attillati, o qualunque cosa fossero quelle sottospecie di calzamaglia color carne che sfoggiavano con tanto orgoglio.
«Anderson! Non puoi andartene durante un allenamento, chiaro? L’unico modo per interrompere un mio allenamento è morire!» tuonò Sue Sylvester alle sue spalle, il che era curioso, perché probabilmente sarebbe davvero morto nell’impresa; non si voltò a guardare né lei, né Brittany né le altre ragazze della sua squadra: si limitò a continuare a correre in mezzo a quei ragazzi via via sempre più consapevoli di una presenza estranea nella loro metà campo. Alcuni di loro gli urlarono dietro qualche commento non particolarmente felice, ma non li sentì nemmeno, perché aveva appena avvistato Kurt.
Era nella parte più remota del campo, con un casco in testa e con quelle ingombranti protezioni per le spalle, mentre si esercitava a prendere a calci la palla insieme a quel tizio alto che era nel Glee Club con lui. All’annuncio della Sylvester, si erano entrambi voltati verso di lui.
 
«Kurt!» sperò davvero di averlo gridato, ma visto e considerato lo scarsissimo fiato che gli era rimasto non avrebbe potuto giurarlo. Rimase in mobile, con la palla ovale in mano e gli occhi fissi su di lui solo per mezzo secondo. Poi lasciò cadere la palla e iniziò a sbracciarsi e ad urlargli qualcosa che non riuscì a sentire se non dopo qualche altro metro di corsa disperata.
«Blaine! Non puoi passare in mezzo alla gente che prova i placcaggi!»
«Non posso che cos- » per qualche strano motivo di punto in bianco non vedeva più Kurt, ma la parte più alta delle tribune, e soprattutto il cielo. Poi metabolizzò che quello che gli pulsava all’altezza della spalla era un dolore piuttosto considerevole, infine capì di essere lungo disteso per terra.
«Scusa amico, non ti avevo visto.» era la voce annoiata di qualcuno che Blaine non conosceva, e comunque i passi di quel qualcuno si allontanarono alla svelta; in compenso, ne sentì arrivare altri che sembravano avanzare alla velocità della luce. Un attimo dopo non vedeva più solo la tribuna e il cielo, vedeva anche gli occhi di Kurt sotto alla griglia che glieli proteggeva.
«Ti sei fatto male?!» si sfilò l’elmetto ad una velocità impressionante, lanciandolo con noncuranza sull’erba. Aveva qualche ciocca di capelli appiccicata alla fronte e i suoi occhi meravigliosi fissi su di lui; come sempre, Blaine voleva solo baciarlo.
«Sono stato meglio.» ammise, riprendendo lentamente la piena coscienza di sé. Kurt gli si fece più vicino, iniziando ad accarezzargli un braccio con fare confortante.
«Il coach sta andando a chiamare qualcuno in infermeria, okay? Sarà qui tra pochi minuti.» disse, con la voce alterata da quelle che sembravano-
«Kurt? Stai piangendo?»
«Mi hai spaventato a morte!» esclamò, respirando profondamente nel tentativo di riacquistare la calma; il resto della squadra stava sfruttando i suoi cinque minuti di pausa in panchina, minimamente colpita da quanto appena successo. Kurt gli accarezzò per un momento la guancia, guardandolo dritto negli occhi.
«Blainey, perché stavi correndo in quel modo?» gli chiese con dolcezza, sorridendogli. Era così bello che Blaine dovette prendere fiato due volte prima di riuscire a rispondere.
 
«Perché ti amo.» erano parole brevi, facili. Era come se averle lasciate fermentare dentro di sé per tutto quel tempo le avesse rese molto più gigantesche e spaventose di quanto non fossero in realtà. Brittany aveva ragione: l’amore è semplice; sono le persone a renderlo complicato.
Kurt rimase fermo a guardarlo per qualche lungo secondo, senza muovere un muscolo.
«...Che cosa?»
«Ieri hai detto di essere innamorato di me, ed è tutto il giorno che ti cerco per dirti che anch’io sono innamorato di te.» spiegò brevemente, guardandolo negli occhi. Kurt sbatté le palpebre qualche volta, mentre la sua espressione incredula iniziava a lasciar spazio ad un sorriso, che a poco a poco si trasformò nel più bello che Blaine avesse mai visto.
«Credi di riuscire a metterti seduto?»
«Posso provarci.» cercò di piegare il braccio che gli faceva male, ma Kurt dovette notare la smorfia di dolore sul suo volto perché gli premette delicatamente una mano sulla spalla sana, facendo in modo che non si muovesse.
«No, resta così.» disse dolcemente, prima di piegarsi su di lui e avvicinare la propria bocca alla sua.
 
Blaine sentì il respiro caldo di Kurt infrangersi sulle sue labbra e non poté far altro che socchiuderle, nello stesso istante in cui abbassò le palpebre; avrebbe potuto giurare che Kurt stesse sorridendo. Un attimo più tardi decise che otto anni erano stati un’attesa sufficiente: sollevò leggermente la testa dall’erba sottile del campo da football e finalmente – finalmente – poté raggiungere le labbra del suo migliore amico.
Per un istante rimase semplicemente così, a godersi la morbida sensazione di calore che dalla bocca gli si irradiava in tutto il corpo; poi Kurt gli infilò una mano tra i capelli e  appoggiò delicatamente l’altra al centro del suo petto, iniziando a baciarlo per davvero. Blaine lo avvicinò a sé stringendogli un fianco con la mano ancora funzionante e Kurt passò la punta della lingua sul suo labbro inferiore, riuscendo all’istante nel suo intento di avere un maggiore accesso.
Blaine inspirò rumorosamente quando lo sentì premere forte le loro bocche insieme, separandosi solo qualche lungo momento più tardi per prendere fiato; Blaine ne ebbe a malapena il tempo prima che tornasse ad avventarsi su di lui, facendo scivolare la lingua nella sua bocca; era praticamente sicuro di non aver mai sentito tanto caldo, tanto senso di pace e tanta felicità tutta in una volta. E nemmeno tanto male alla spalla, se doveva essere del tutto onesto.  Raggiunse a tentoni la mano che Kurt teneva ancora all’altezza del suo cuore e la strinse appena, proprio mentre lui smetteva di baciarlo e gli rivolgeva un sorriso talmente limpido che – se solo fosse stato possibile essere più senza fiato di così – Blaine avrebbe probabilmente smesso di respirare.
 
«Non hai idea di quanto tempo è che aspetto di farlo.» sussurrò Kurt, con le guance tinte di rosa e quel suo sorriso disarmante.
Blaine avrebbe voluto dire che per lui valeva la stessa cosa, che avrebbe dato qualunque cosa perché il suo braccio destro funzionasse per poterlo stringere a sé e che stava odiando con tutte le sue forze la divisa da football che indossava perché – con quelle spalle esagerate – gli era impossibile andargli più vicino. Tuttavia – anche per via del fatto che Kurt aveva appena parlato sottovoce direttamente sulle sue labbra – decise che riprendere a baciarlo fosse una risposta altrettanto soddisfacente.
Kurt strinse le dita sulla stoffa della sua uniforme da Cheerio, sorreggendogli la testa con l’altra mano. Blaine era a malapena consapevole dei passi del coach Tanaka in avvicinamento, nonché degli occhi dei giocatori, presumibilmente ormai tutti puntati su di loro.
Sapeva che Kurt non sarebbe rimasto nella squadra di football esattamente come sapeva che lui non sarebbe rimasto nei Cheerios, e sapeva anche che non avrebbero avuto vita facile da quel momento in poi.
Eppure quello che avrebbero ottenuto sembrava molto più consistente di ciò che avrebbero perso: ad esempio, Blaine non vedeva l’ora di poter dire a Kurt che era bellissimo ogni volta che voleva, di tenerlo per mano e di sentirsi prendere in giro quando si sarebbe dovuto mettere in punta di piedi per poterlo baciare.
A pensarci bene, aveva tutto da guadagnare; e a aveva anche un Glee club a cui iscriversi.
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
 

 
N/A
 
Portate pazienza: ho scritto questa OS in un giorno (e buona parte della notte) perché sì, nel caso non si fosse notato sono indietro come pochi :’)
Mi piacciono tanto i Klaine quando sono amici nonché palesemente innamorati e non riescono ad ammetterlo, quindi eccoli qua u.u Mi dispiace di aver affibbiato a Quinn la parte della cattivona, ma mio malgrado serviva qualcuno che si prendesse quel ruolo e comunque diciamo che nella prima stagione non ci andava giù molto leggera, la ragazza u.u Starei ancora qui a discorrere della deliziosa immagine mentale che mi hanno regalato quei due vestiti con quelle uniformi, ma si dà il caso che domani sia la giornata del What would you change e che io abbia tanto da changiare ;)
Al solito mi dileguo, nella speranza che l’OS vi sia piaciuta! A domani con il nuovo prompt (se non muoio nell’intento) <3
As always, klisses <3
 
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