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Autore: UmbrellaProject    10/07/2013    0 recensioni
Alice socchiuse leggermente le palpebre, ma la luce abbagliante la costrinse a coprirsi il volto. Forse era morta, magari uno scontro con le truppe dell’ Umbrella finito male. O forse no. Forse si trovava nei loro laboratori, il che era anche peggio della morte.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 4 - War Machine




Alice era atterrata da poco più di due ore e aveva cominciato le ricerche. Sperava di trovare al più presto dei non morti evoluti, vedere la città dove fino a pochi anni prima abitava ridotta così la faceva soffrire. In realtà non ci aveva passato moltissimo tempo a causa del suo lavoro che la costringeva a rimanere sottoterra per la maggior parte del tempo, ma era comunque il suo luogo d’origine. Era schifata al pensiero di aver lavorato per Wesker, ma si confortava sapendo che ben presto avrebbe avuto l’occasione di rimediare.

Vagò per varie ore per le strade distrutte ma c’erano solo infetti normali, che aveva prontamente sgozzato. I suoi movimenti erano automatici, tagliava di netto una testa col suo machete, si voltava e lacerava un altro infetto all’altezza del busto, saltava per evitare un morso e prontamente scagliava un colpo sulla scatola cranica come in una elegante danza mortale. E la naturalezza con cui uccideva e massacrava la spaventava. Era diventata una macchina, una macchina che tentava di rimanere aggrappata al suo lato umano per non cadere nel baratro della follia. Era arrivata al punto di essere felice provando rabbia o paura, perché poteva rendersi conto di non essere diventata totalmente insensibile.

Avvilita dall’esito della giornata decise di salire sul tetto di un abitazione dato che ormai la notte stava arrivando. Non che avesse bisogno di dormire, altro vantaggio dell’avere il t-virus nelle vene, ma preferiva riprendere le ricerche il giorno successivo. Anche se amava la compagnia del fuoco decise di non accenderlo per evitare di attirare i non morti. Si sedette sul bordo del palazzo scrutando il lugubre panorama. Osservava gli infetti con i suoi enormi occhi di ghiaccio. Camminavano trascinandosi lungo la strada, mugolando ed emettendo suoni gutturali, in cerca di una preda, in cerca di cibo per il resto della loro vita, se così si poteva chiamare. Chissà cosa provavano. Probabilmente niente, a parte l’inesauribile bisogno di nutrirsi. Però forse qualcosa ricordavano delle loro vecchie vite. Forse si rendevano conto di cosa stavano facendo nel momento in cui mordevano un loro conoscente. Solo che l’istinto animale era più forte della coscienza umana. Realizzò che in fondo, era all’incirca come si sentiva lei. Seguiva l’istinto. Stanca di rimuginare si voltò dall’altra parte e si sdraiò a terra, cadendo in quel sonno vigile che ormai conosceva bene.
  
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