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Autore: cheesecake94    23/01/2008    7 recensioni
Lo lasciai, impaurito, devastato nello spirito e nel corpo, e me ne andai con la mia rabbia, mentre lui affondava ancora, sempre più in basso. Chaylor
NB Talora potrebbero essere trattate tematiche delicate.
POSTATO IL SEDICESIMO CAPITOLO.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chad Danforth, Gabriella Montez, Taylor McKessie, Troy Bolton
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Quando Taylor sentì la sveglia suonare ed aprì gli occhi, ebbe la sensazione di essersi addormentata solo pochi attimi prima. Si sentiva così spossata, così esausta; avrebbe potuto dormire per altre dodici ore filate almeno.

Sbadigliando, appoggiò nuovamente la testa sul cuscino. Poi, in un momento, la ragione per la quale era così stanca le tornò alla mente. Immediatamente, guardò lo schermo del cellulare, per essere certa di non avere ricevuto nessuna chiamata. Fortunatamente, aveva ragione. Questo almeno voleva dire che Chad era ancora vivo.

Intorno alle sei di mattina, il signor Bolton l’aveva accompagnata a casa, con la promessa di avvisarla se avesse ricevuto notizie dall’ospedale. Ora era da poco passato mezzogiorno, sua madre l’aveva lasciata dormire a lungo.

Taylor si alzò e si diresse in cucina. La casa era silenziosa e nessuno la interruppe mentre preparava un caffè nero e forte. Continuava a sentirsi esausta.

Eppure, Chad aveva passato settimane intere prive di sonno, lavorando duramente per la sua sorellina senza concedere a sé stesso un attimo di riposo né il minimo sostentamento necessario al suo corpo, e non si era mai lamentato. Che diritto aveva, lei, di sentirsi stanca?

Mentre sorseggiava il suo caffè, noto la segreteria telefonica del telefono di casa lampeggiare segnalando un messaggio in attesa.

“Taylor, sono Jack Bolton. Ti chiamo qui per non svegliarti. Non allarmarti, ma chiama me o Troy non appena senti il messaggio.”

Tanto agitata da non percepire nemmeno il frastuono della tazza che aveva lasciato cadere a terra, compose il numero di Troy.

“Tay?”

“Cos’è successo?” disse lei senza prendere fiato.

“Non agitarti, è vivo. Stanotte è stato operato di nuovo, sembra che abbia avuto un’altra emorragia o qualcosa di simile. Dicono che l’intervento è andato bene ma che è ancora molto debole ed a rischio di infezione. E…” Troy esitò “ha chiesto di Olive. Il medico gli ha detto che è casa mia e che sta bene, e lui ha ribadito di non voler vedere nessuno, nemmeno mio padre.”

Taylor non ebbe la forza di rispondere. Il pensiero di Chad steso su un tavolo operatorio, addormentato ed inerme, le toglieva il fiato.

“Io sto per andare in ospedale, anche se non possiamo parlargli preferisco… preferisco essere lì vicino.”

“Verresti a prendermi?”

“Sarò lì in mezz’ora.”

Troy riattaccò. Era talmente esausto che la sua mano tremava.

Un bambino era seduto a terra a gambe incrociate, con la testa nascosta tra le manine. Piangeva in silenzio, i suoi grandi occhi blu arrossati e gonfi di lacrime.

“Troy, Troy, cos’è successo?” domandò un altro bimbo, prendendo con la sua manina scura quella lattea dell’amico.

“Dean Martin… ha… strappato il mio… disegno…” singhiozzò.

Il bimbo dalla pelle color cioccolato si alzò. Poco dopo, una donna urlò con tono severo ed allarmato:

“Chad. CHAD! Subito in castigo! Non si picchiano i compagni!”

Il bimbo con gli occhi azzurri si alzò e tirando su con il naso andò a sedersi accanto all’amico nell’angolo nel silenzio.

“Perché l’hai picchiato?”

“Nessuno può farti piangere senza vedersela con me. Picchierò tutti quelli che ti fanno piangere, anche quando saremo grandi. Per sempre. Te lo prometto.”

“Te lo prometto anch’io.”

Troy si prese la testa fra le mani. Chad l’aveva difeso in quinta elementare quando Tom Sanderson voleva picchiarlo per avere preso il suo posto nella squadra di basket della scuola, e poi in prima media, quando era stato accusato ingiustamente di aver rubato una giacca. L’aveva proposto come capitano dei Wildcats l’anno precedente, e l’aveva incoraggiato a partecipare al musical, alla fine. Quando lui e Gabriella avevano quasi rotto, era stato sulla sua spalla che aveva pianto, e con lui aveva girato tutta la città alla ricerca della collana da regalarle per il loro primo anniversario. Era sempre stato lì per lui, in ogni momento e senza chiedere o pretendere nulla in cambio.

Chad aveva mantenuto la sua promessa.

Troy non l’aveva fatto.

Sospirando, si vestì e si diresse verso casa di Taylor. I due passarono l’intero pomeriggio in sala d’attesa, scambiando occasionalmente poche parole di cortesia. Le infermiere continuavano ad entrare ed uscire dalla stanza, ma loro non potevano avvicinarsi.

Solo intorno alle otto riuscirono a parlare con il dottor Morrison.

“Come sta oggi? Ci sono stati dei miglioramenti?” domandarono.

“Non posso parlare di miglioramenti, purtroppo, ma non è nemmeno peggiorato ed è vivo, e questo è già un buon segno. Alterna momenti di incoscienza a momenti di lucidità. Il suo cuore è un po’ debole ma sembra resistere. La febbre è ancora molto alta, per il resto, è tutto come ieri.”

“Sta.. soffrendo?” chiese Taylor, piano.

“Purtroppo, il suo fegato è molto danneggiato. Il fegato è l’organo che, dopo che le medicine hanno agito, le elimina dall’organismo perché non diventino tossiche. Poiché il suo funziona molto poco, dobbiamo limitare al massimo i farmaci che gli somministriamo, e quello che al momento lui ha maggiormente bisogno sono gli antibiotici per evitare la sepsi. Questo rende impossibile dargli anche antidolorifici.”

“Ma… ma lui è stato appena operato… ha delle ossa rotte…”

“Lo so, ma clinicamente gli antibiotici sono più importanti.”

Taylor, inaspettatamente, nascose il viso trai capelli di Troy.

“Sta soffrendo.” sussurrò piangendo. “Non posso nemmeno immaginare il dolore che sta provando, e vicino a lui non c’è nessuno.”

“Lo so. Il solo pensiero…” Troy rabbrividì.

“Ragazzi. Ragazzi! Ci sono novità?”

Taylor e Troy sollevarono il viso e videro i loro amici avvicinarsi. Erano tutti lì, Zeke, Ryan, Jason, Kelsi e Sharpay, insieme a Gabriella.

“Siamo passati da casa tua, ma non c’era nessuno, così siamo venuti qui.”

“Tutto stazionario. Ancora non sanno se ce la farà, soffre come un cane e non vuole vederci, non vuole nessuno. Nessuno…” rispose Taylor.

“Mi pare comprensibile che ce l’abbia con noi.” affermò Sharpay.

“Il punto è che… che lui non ce l’ha con noi.” disse Troy mentre gli occhi di tutti si volgevano verso di lui. “Lui non ce l’ha con noi. Io penso che… che lui creda di avere fallito perché ora che la verità è venuta a galla probabilmente Olive andrà a stare in orfanotrofio, e di conseguenza crede di non meritarsi la nostra attenzione. Probabilmente si sente un peso insopportabile per tutti noi, e vuole risparmiarci il fardello di stargli accanto.”

“Ma… non ha senso. Non ha senso.” ripetè Zeke. “Chi penserebbe queste cose di sé stesso?”

“Io so che è così. L’ho lasciato solo già una volta, e non voglio farlo di nuovo.” rispose Troy e, con enorme sorpresa di ognuno, una lacrima solcò il suo viso. “Eppure, non so cosa dovremmo fare adesso.”

 

 

Sono sicura di non avere bisogno di ripetere ancora che amo l’interazione, perciò, se qualcuno di voi ha idee a proposito di una possibile soluzione, bè, non desidero altro che sapere cosa fareste voi al posto loro.

GRAZIE GRAZIE GRAZIE mie splendide scricciolo91, romanticgirl, vivy93, armony_93, herm90, -laura-, -tay-, sinfony. Siete sempre troppo gentili.

Riguardo alle informazioni mediche, ho provato a documentarmi, ma non credo siano proprio attendibili. Alice.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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