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Autore: amanda91    10/07/2013    8 recensioni
Elena brama la vita, ma vive di menzogne. Damon è fuggito anni prima. Un incontro inatteso, destinato ad unirli. Due vite destinate ad incontrarsi, due anime destinate ad amarsi.
N.B= Tutti umani
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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POV DAMON
 

Quel giorno ai funerali il mese di maggio regalava un sole carico e pieno, un dolcissimo calore sulla pelle ombrato soltanto dalla sottile frescura che scosse lieve i rami in fiore degli arbusti su di loro che stretti in abiti scuri circondavano una bara chiusa, adagiata in un fosso nel cimitero di Mistic Falls.
C’erano tutti, tra le lapidi di pietra erose dal vento: c’era la famiglia dei Mickaelson, al completo, con sua enorme sorpresa, c’era Stefan, stretto al suo fianco, lo sguardo vacuo e stanco, gli occhi bassi e smarriti. C’era lei, poco più indietro, piccola e rispettosa, distante ma presente. C’erano Ric, e Jenna, che nonostante tutto erano stati i primi ad arrivare. C’erano i dipendenti delle aziende, i pezzi grossi e i pesci piccoli, spalla a spalla, vicini per l’ultimo saluto. C’era qualche fotografo, irriguardoso delle direttive della famiglia, in cerca di un pezzo da completare sul grande uomo d’affari caduto nella notte. Quanto di quel dolore fosse vero o simulato non seppe dirlo, quante di quelle lacrime fossero sincere era un mistero, ma di una cosa fu certo: suo padre era stato sconfitto. L’unica cosa che non aveva potuto controllare l’aveva preso e portato via in un attimo mostrandogli che in fondo non era così invincibile come credeva.  Giuseppe Salvatore, abituato a possedere il mondo, sen’era andato. E lui si ritrovava a fissare una bara riversa, solo come mai. Non aveva più nessuno da odiare, nessuno da incolpare per la vita che non era riuscito a costruire, ma sopra ogni cosa non aveva più neanche un padre.
L’ultimo brandello della sua famiglia si era spento nel cuore della notte, mentre lui era lontano chilometri.
Senza che ascoltasse una sola parola di quell’inutile benedizione arrivò il momento in cui qualcuno avrebbe dovuto dire qualcosa prima che la bara fosse gettata nel fosso, e oltre ogni sua aspettativa fu lui stesso a muoversi e posizionarsi al fianco di suo padre, per l’ultima volta.
Una brezza tiepida accarezzò la folla mentre gli sguardi dei presenti ricadevano su di lui, in un silenzio carico di aspettative.
Il suo sguardo gli arrivò, scuro come la notte, caldo, apprensivo come quello di una madre, di un’amante e di un’amica. Uno sguardo liquido capace di addolcirgli per un istante quel dolore agrodolce in pieno petto.
Tossicchiò impreparato e la sua voce risuonò tutt’intorno.
“Non starò qui ad ingannarvi con discorsi piacevoli ma ipocriti – iniziò esitante, tentennando su ogni singola parola – non vi dirò che Giuseppe era un brav’uomo perché vi mentirei. Vi posso dire quello che non era … non era un uomo onesto e gentile, e non era un gran filantropo,  non era nemmeno un gran genitore a dirla tutta. Giuseppe era uno stronzo …”
 
 
 

“Che hai combinato questa volta?”
Agguantò nervosamente una cornice in argento raffigurante due volti paffuti e un giovane uomo dai tratti duri fin troppo simile a quel fratello che aveva tradito.
Lui e Stefan, bambini, vicini, prima che permettessero a tutto quel male di separarli.
Ripose irritato lo scatto e finalmente si rivolse a lui, l’uomo brizzolato e robusto che ancora in vestaglia era corso ad aprirgli la porta, e che ora lo scrutava in allerta.
“Ho pensato di spassarmela con la donna sbagliata”
Giuseppe inarcò le sopracciglia, confuso.
“Non fraintendermi, è stato divertente! Ma è ora di farla finita” ironizzò fingendo una calma e noncuranza che nulla aveva a che fare con il suo stato d’animo. Gridava e scalpitava, tremava nervoso ma Giuseppe non avrebbe mai dovuto saperlo.
“Chi” soffiò imperturbabile, l’uomo. Si strinse nella vestaglia mentre aspettava la sua risposta.
“Elena” ammise d’un fiato, e distolse immediatamente lo sguardo, terrorizzato all’idea di ritrovare nel suo volto sorpreso la gravità dei suoi gesti, del suo egoismo distruttivo.
Giuseppe non fiatò, e per la prima volta avrebbe dovuto ringraziarlo per una discrezione che mai gli aveva concesso nella vita.
“Questi sono i soldi che ti avevo promesso – gli si accostò per porgli l’assegno – fai attenzione!”
Lo avvertì, con un’ombra di preoccupazione nello sguardo. Era attento, attento a lui, anche questo non si aspettava.
“E comunque non sei tenuto a partire” proseguì increspando le labbra in una smorfia contrariata.
“Suvvia – ironizzò amareggiato – non aspettavi altro”
L’uomo lo raggiunse con sguardo torvo “Sei tu quello che mi sfida continuamente, tu hai l’insana abitudine ad andarmi contro!”
“Forse perché lo meriti?”
“Mi sta punendo Damon – lo corresse risentito – mi punisci continuamente! Ma non è incolpando me o continuando a girovagare come una trottola impazzita che placherai i tuoi sensi di colpa! Eri tu lì quella notte, non ti ho detto io di andarci, non ti ho detto io di spalleggiare Klaus, non vi ho detto io di sparare!”
Urlò adirato puntandogli un dito al petto, ed anche quella fu una prima volta per lui: la prima volta che si lasciava rimproverare senza controbattere, la prima volta che ammetteva a sé stesso perlomeno che suo padre aveva ragione.
“Un giorno sarai padre e capirai anche tu perché ho fatto quel che ho fatto, fino ad allora odiami pure, ma sappi che il responsabile di quella morte sei tu, non io”
“Perché non hai lasciato che mi punissero allora?” lo accusò con rancore, sovrastando in altezza il suo tono già furibondo.
“Perché non mi hai fermato? Perché non ti sei costituito? Stai cercando un capro espiatorio per non affrontare i tuoi sensi di colpa! Questo sono io per te,Damon” gli sputò in viso senza mezze misure, e un fiotto di saliva gli andò letteralmente di traverso nel tentativo di ingoiare una risposta che mai avrebbe dovuto concedere. Non lo avrebbe mai potuto ammettere, ma il mare torbido dei suoi occhi sgranati aveva già donato all’uomo la sua piccola vittoria.
“Buona fortuna Damon”
Gli lasciò una pacca sulla spalla, con un mezzo sorriso di sconforto.
“Grazie – disse soltanto lui, troppo orgoglioso per mostrare altro – ti chiamo appena arrivo… non dire niente a nessuno”
Dieci minuti dopo era in viaggio su una strada deserta in compagnia soltanto del buio più nero , il freddo penetrante di una notte senza stelle, e  il rumore assordante di flashback e ricordi di lei che mai in quei mesi avvenire lo avevano abbandonato un solo istante per le vie caotiche di New York. Lì era rimasto, in anonimato, nella grande città, circondato di vita e adrenalina ma mai così solo.
Quella fu l’ultima volta che vide suo padre, quelle furono le ultime parole che si erano scambiati, gli ultimi errori gridati e rinfacciati, il loro unico e insolito addio.
 
 

“Ma quello stronzo … era mio padre – concesse a cuore aperto, sentendo per la prima volta gli occhi pizzicare. Il silenzio regnava intorno a lui, e per un attimo gli sembrò di sentirlo davvero suo padre lì – qualcuno di voi l’hai conosciuto in veste di amico, o di socio, o di datore di lavoro, e in qualsiasi modo lo si guardasse, da qualsiasi prospettiva lo abbiate osservato, gran parte di voi ha forse visto soltanto un uomo freddo, un calcolatore, un grande imprenditore che di umano aveva ben poco”
Rise amaramente, nel silenzio più nero, e senza realmente osservare gli improvvisati spettatori dell’insolito teatrino da lui stesso creato, proseguì. Pensò che fosse quasi comico … che fosse proprio lui a parlare di Giuseppe.
“Io stesso per gran parte della mia vita ho visto in lui poco più di questo, e ho speso tempo e grandi energie ad andargli contro, l’ho odiato più di quanto lo abbia amato, e troppe delle scelte che ho fatto nel corso degli anni sono stati semplici tentativi di sabotare i piani che lui aveva in serbo per me”
Lo ammise finalmente, con il cuore leggero concesse quella verità che Giuseppe avrebbe sempre voluto sentirsi dire, in ritardo perché potesse ascoltarla anche lui.
“Ma la verità è che siamo qui oggi a ricordare un uomo: un figlio, un marito, un padre, prima di ogni altra cosa. Forse non sarà così per molti di voi, ma lo è per … me – titubò a quell’ultima ammissione ma furono i suoi grandi occhi tra la folla, gli oceani neri luminosi come fari, a dargli il coraggio che mancava – … e per mio fratello. Noi due siamo qui a ricordare un padre, non di quelli perfetti che ci propinano alla tv, ma pur sempre un padre. Non si può scegliere chi ci metterà al mondo, e non si può prevedere il momento in cui dovremo dirgli addio, noi questo lo sappiamo bene – catturò fulmineo lo sguardo perso di suo fratello, nel tentativo di infondere coraggio ad entrambi – per questo io oggi dico addio ad un altro brandello della mia famiglia, buono o pessimo che fosse, e mi stringo a mio fratello … tutto ciò che mi rimane” sussurrò abbassando gli occhi, sopraffatto e spossato, e sorridendo appena tristemente carezzò con un palmo leggero la bara al suo fianco, l’involucro che da quel momento in poi avrebbe contenuto suo padre. Al posto trovò lui, suo fratello, pronto a stringerlo in un abbraccio, un abbraccio incerto ed esitante, che ricambiò imbarazzato, e nel farlo la notò ancora. Vide lei, sorridergli amorevole. Lei, tutto ciò da cui era fuggito, tutto ciò che aveva amato, era lì per loro, non soltanto per Stefan, ma per entrambi, comprese in quell’istante. Perché infondo, per quanto le avesse fatto del male, lei sapeva cosa si provasse a perdere tutto, ad essere soli, e con un flebile sorriso riuscì a dirgli che cel’avrebbe fatto, che lo avrebbe superato, insieme a Stefan.
 
 

Per il resto della giornata fu pervaso da un senso di inquietudine senza precedenti e l’umore altalenante di chi è combattuto da un dolore che non vuole mostrare. Dopo aver salutato e ringraziato i presenti alla funzione andò nell’unico posto che da sempre prediligeva: il Grill. Solo buco sputa alcolici che in fondo con la sua aria rustica di periferia gli era sempre mancato. Anche lì le sorprese non finirono: Elena. Non in veste di cliente, bensì di cameriera. Com’era possibile che quella ragazzina tanto in gamba fosse finita a servire i tavoli di un anonimo bar? La risposta forse era chiara, ma non volle dargli peso. Dopo tutto quello che era successo avrebbe dovuto soltanto girarle alla larga … proprio in quel momento che aveva bisogno di lei più di ogni altra cosa al mondo.
Ric lo trovò così, all’ingresso, in piedi a fissarla inebetito.
“Dovrei prenderti a pugni”
Non ebbe bisogno di voltarsi a constatare chi fosse, né tanto meno sentì di dover chiedere delucidazioni su quella minaccia.
“Lo meriterei”
“Che diamine ti è saltato in mente? Perché?” insistette intestardito con un’aria tra l’incredulo e il rassegnato che gli strappò un mezzo sorriso.
“Perché sono una testa di cazzo”
L’amico, in tutta risposta, si fece spazio guidando entrambi verso uno dei tavolini.
“Niente bancone?” domandò ironico osservandola destreggiarsi tra gli alcolici.
“Sei troppo sotto tiro lì, e ti assicuro che Elena è una pistola carica: girare alla larga”
“Meriterei anche quello” constatò con un’alzata di spalle, ad occhi bassi.
“Ok, non c’è gusto a minacciarti in questo stato. Come stai?”
“Perché continuate a domandarmelo tutti?!” borbottò acido roteando gli occhi.
“Ok … fai come ti pare – Ric alzò le mani in segno di resa, con sua immensa gioia – fai pure il duro, è quello che fai sempre”
“Hai molta considerazione di me”
“L’hai persa quando hai tagliato la corda lasciando tutti nella merda” lo accusò indispettito.
“Se lo pensassi davvero non saremmo qui” lo liquidò alla svelta. E lui non rispose, perché entrambi sapevano che aveva ragione.
Alzò gli occhi e la vide parlottare sottovoce con una collega dal viso tondo che subito dopo si avvicinò loro a chiedere le ordinazioni. Prevedibile, aveva mandato l’adolescente sfatta al suo posto. Colpo basso. Meritava anche quello.
Stefan entrò all’improvviso, e accorgendosi di loro si avvicinò titubante.
“Siediti”  lo invitò facendogli spazio.
“Di che parlavate?”
“Di quanto è stronzo tuo fratello”
“Sfondi una porta aperta” ironizzò Stefan, senza alcuna malizia, o forse fu lui a non scorgere cattiveria, per la prima volta dopo tanto.
“Mi dite per quale ragione Elena è finita a lavorare in questo squallido posto?” sbottò non appena un briciolo di coraggio glielo permise.
I due uomini si scambiarono un’occhiata fugace.
“Insomma! L’hai licenziata davvero?”
“E’ stata lei a rinunciare”
“Che idiozia! Perché avrebbe dovuto?” controbatté scettico.
“Perché in cambio avrei dovuto trovare te”
“Ma l’impresa è stata più ardua del previsto” proseguì l’altro.
“E poi ho scoperto che mi sarebbe bastato aprire l’agenda di papà per trovarti”
“L’ultima persona al mondo che pensavamo potesse avere un tuo recapito”
Terminò Ric con una nota di tagliente umorismo.
“Sono uno stronzo” farfugliò di soppiatto senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso per un solo istante. Indaffarata e scombinata, era appena scomparsa nel retro.
“Valle a parlare” gli consigliò di soppiatto proprio lui, proprio Stefan. Il fratello che aveva ferito, che mesi prima aveva giurato di non volerlo più vedere.
“Non posso mettermi tra di voi all’infinito” si giustificò con un’alzata si spalle. Gli parve spento come mai prima di allora. Entrambi avevano bisogno di quella donna, ma questa volta era lui il fortunato ad avere il suo cuore. Lo aveva stretto tra le mani, e distrutto. Non meritava nulla da lei, né compassione, né conforto, né comprensione, ma aveva bisogno di sentirla accanto per un solo attimo.
“Ieri, quando sono tornato …”
“Non c’è niente tra di noi”
Terminò, ancor prima che domandasse.





Spazio autrice:
Buonasera a tutte voi!!!!!!!!!!!!!!!! anche questo capitolo è andato, mi scuso per eventuali errori di battitura ma ho finito di scriverlo in questo momento, con tanto di febbre, quindi non sono responsabile di orrori imperdonabili XD beh che dire ... apparte che non riesco a non postare sempre prima XD Come noterete anche in questo capitolo non assistiamo ancora al confronto tra Damon ed Elena ... mi sembrava più giusto dare maggiore spazio all'interiorità di Damon inteso come singolo, ed infatti è proprio Damon a parlare mostrandoci per la prima volta le vere motivazioni di questo suo odio esagerato nei confronti del padre. Ma quale figlio odia davvero un genitore? ed infatti la resa vera e propria del personaggio ci sarà proprio nel prossimo capitolo, e lo vedrà protagonista insieme ad Elena! da quel momento interaggiranno di più per la felicità di tutti (anche se vi avverto che ciò non significa che Elena lo perdonerà o che torneranno insieme... tutt'altro)
insomma un pò di pazienza!! =) ora vi lascio e torno a crogiolarmi nel mio mal di testa!! XD alla prossima!!!!
  
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