Hilf Mir fliegen… Zehn
Komm und hilf mir fliegen…Leih mir deine Flügel…
Venerdì mattina. Mi
alzai, spalancai la finestra e lasciai che l’aria calda di Amburgo entrasse
nella stanza. L’estate era tornata a riempire la mia città di profumi. Sorrisi.
Uscii in corridoio,
consapevole di essere solo in casa. Era un giorno senza impegni, gli altri
l’avrebbero trascorso in giro. Io invece sentivo il bisogno di riflettere, di
scrivere. Magari una nuova canzone.
Pensai a lei. Solo per
un istante. Sentii una stretta al cuore ma sul mio volto apparve un sorriso.
Davvero una strana cosa, pensai.
Raggiunta la cucina,
accesi la macchina del caffè. Gustav si era gentilmente ricordato di
prepararmela, prima di uscire. Mentre aspettavo, allungai la mano ed accesi la
radio, alla ricerca di qualche canzone.
Ripensai a poco prima.
A lei. Ogni volta che mi sforzavo di non pensare a lei, appariva.
Improvvisamente. Nei miei sogni. Sogni dolcissimi e, anche se sapevo che erano
solo sogni, il mattino dopo mi svegliavo felice. Ero stato tentato mille volte
di chiamarla. Avrò composto il numero un migliaio di volte. Ogni volta avevo
chiuso la comunicazione prima che il suo cellulare squillasse, il cuore in
gola. Non sapevo cosa dire e avevo paura. Che qualcosa fosse cambiato. In realtà
avevo scoperto ben presto che era così...
Da quando era entrata
nella mia vita, anche se solo per tre giorni, l’aveva migliorata. Non avevo più
fatto “l’incubo”. Anche se mi era capito di litigare ancora con Tom, com’è
normale che sia, fra fratelli. Anche lui mi era sembrato sollevato, quando se
ne era accorto.
Spensi la macchina e
versai il caffè nella tazza. Iniziai a girare le stazioni della radio, alla
ricerca di una canzone che conoscessi, per scaldarmi la voce. Casualmente su
un’emittente stavano suonando una delle nostre. “Hilf Mir fliegen”. Sorrisi,
canticchiandola con l’altro me stesso del disco.
Driiiiiin!
Il campanello della
porta. Maledissi la sbadataggine di Georg. Sicuramente era uscito un’altra
volta senza le chiavi di casa… Alzai il volume della radio per continuare a
sentire la musica, canticchiando mi avviai all’ingresso.
“Komm und hilf mir
fliegen…Leih mir deine Flügel…” cantai, appoggiando
la mano sulla maniglia.
Spalancai la porta. La voce mi morì in gola.
Das Armband…
Biiiiiiip!!!!
Il metal detector suonò. Un secondo dopo l’addetto sbuffò. Era la dodicesima volta che mi faceva
fare avanti e indietro, senza capire perché suonassi.
“Ha tolto tutto ciò che ha addosso di metallico?” mi chiese nuovamente.
Avevo risposto svogliatamente di sì tutte le altre volte ma, per
mostrarmi interessata, questa volta decisi di gettarmi un’occhiata. A prima
vista, nulla. L’addetto sbuffò ancora, rassegnandosi a utilizzare il metal
detector portatile. Lo fece scorrere, seguendo la linea del mio corpo. Quando
raggiunse il mio polso destro, suonò. L’addetto mi gettò un’occhiataccia.
“Il bracciale…” disse con voce scocciata “…tutto questo casino per un bracciale!
Ma non poteva metterlo in valigia?”
Il mio sguardo si posò sul mio polso. Il braccialetto di metallo. Le
lettere che componevano il suo nome brillavano ancora. Come se fosse passato
solo un giorno. Sorrisi, lasciandomi trasportare dai ricordi. Posai nuovamente
lo sguardo sul mio interlocutore.
“Nella vita, sono poche le cose talmente importanti da non poter
rischiare di perderle…” Il viso di Bill apparve nella mia mente…
Die Dynastie Kaulitz…
Tre anni. Da quando lei è entrata nella nostra vita. Repentinamente era
apparsa e se ne era andata. Allo stesso modo era tornata. Un anno dopo.
Rientrando a casa, quella sera di due anni fa, dalla soglia della cucina. Li
avevo visti. Avevo sgranato gli occhi. Colto alla sprovvista. Una delle poche
volte della mia vita. Mio fratello sorrideva. Come pensavo non avrebbe mai più
sorriso. Quel sorriso che era scomparso dopo il divorzio dei nostri genitori.
Era felice. In ogni particella del suo essere. E lei non era da meno. Seduta in
braccio a lui.
Due anni. A ripensarci sembra quasi impossibile che il tempo sia volato
così velocemente…
Parrebbe una sera come mille altre. Gustav prepara la cena. Io, Georg e
Bill. Seduti al tavolo della cucina, a parlare. Ma percepisco un’eccitazione
irrefrenabile in mio fratello. Non riesce a star fermo e sorride. Io e Georg
ridiamo con lui, senza capire il motivo di tanta felicità.
Lei arriva. Tutti e quattro ci voltiamo a guardarla. Sorride. La scruto
e improvvisamente comprendo perché Bill l’ha scelta. In lei, un’amica, una
madre, un’amante…
Bill si alza subito, andandole incontro. L’abbraccia, poi si volta.
Entrambe le mani sulla pancia di lei. Ridono entrambi. Poi lui ci guarda. Il
sorriso radioso che lei ha riportato alla luce.
“Ragazzi…” inizia.
Sgrano gli occhi.
La dinastia Kaulitz non avrà mai fine…
Das Ende?