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Autore: Lupz    11/07/2013    0 recensioni
Il mondo è ridotto a fuoco e fiamme, costretto sotto il dominio di un Impero che annienta e distrugge: non sembra esserci più niente da fare, se non obbedire. Ma una scintilla di rivolta scoppia in una notte fredda ed insanguinata, quando una giovane spia, tornata da una missione di urgenza, vede davanti ai suoi occhi il proprio regno completamente devastato, ricoperto da fumo e cenere. Da quel momento in lei qualcosa si spezza, qualcosa che le farà intraprendere, guidata dalla vendetta e dalla voglia di respirare libertà, un viaggio verso un'impresa impossibile: sconfiggere l'Impero, reclutando un esercito di ribelli. Andrà così ad incrociare la propria vita con quella di individui ambigui, sfuggenti, non sempre affidabili, stringendo patti e legami irrevocabili, e si troverà ad affrontare pericoli mortali, camminando in bilico sul filo del proprio destino, fin quando non arriverà a dover effettuare una scelta, la più importante della sua vita.
Genere: Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Doveva sbrigarsi, le tre ombre nere erano scomparse dalla sua vista, trascinandosi dietro Derek. Doveva seguirle, nonostante la paura, la stanchezza ed escogitare un piano per liberare il proprio alleato dalle grinfie di quegli uomini. Nascose la pistola in una tasca, ripose la spada nella fodera e si tenne il pugnale nella manica, per poterne usufruire in qualsiasi situazione. Pieno giorno, il sole picchiava forte: Hellen indossò il proprio mantello nero e si coprì il volto con il cappuccio, per passare inosservata e per cercare di non farsi riconoscere da chi, eventualmente, l’aveva vista in precedenza. Non perse altro tempo, non ne aveva: era una vita che rincorreva i secondi e sfidava in velocità il vento, per non sprecare nemmeno un attimo, perché ogni attimo possedeva un valore inestimabile, ogni attimo, se speso bene, poteva valere una breve eternità ed una nuova, piccola speranza. Fin da subito, si mise sulle tracce degli aggressori: le impronte sulla sabbia si scorgevano in modo ancora molto evidente, anche perché non era passato nemmeno il fantasma di qualcuno per di lì. Evitò di correre, poteva rischiare di dare troppo nell’occhio, così proseguiva guardando fisso per terra ed osservando ogni tanto la situazione circostante, con attenzione e con la giusta circospezione. Cercava di non mostrare fretta né preoccupazione, si muoveva piano e con cautela, fingendo di conoscere benissimo e senza alcuni dubbi la strada da percorrere. In realtà, non aveva idea di dove si trovasse e di dove dovesse andare. Non sapeva praticamente nulla dei territori dell’estremo sud, era capace appena di orientarsi tra quelle immense distese di sabbia sempre uguali, insopportabili per gli occhi, senza mai un cambiamento di paesaggio, senza una sola variazione. Derek sembrava sapere tutto, capire, interpretare, parlare con quel paesaggio, come se si trattasse di una parte di lui. Sapeva dove andare, dove nascondersi, dove trovare rifugio, dove fermarsi, conosceva le strade da percorrere e quelle da evitare, era al corrente di ogni insidia e di ogni aiuto che in quel luogo si potesse trovare. Quel luogo pieno di segreti, misterioso, sconosciuto, ignoto ed inconoscibile risultava senza alcuna difficoltà chiaro e comprensibile agli occhi del ragazzo che viveva di enigmi. Chissà dove aveva intenzione di portarla, chissà cosa avrebbe dovuto svelarle, prima o poi, di quella distesa immensa, di quel regno delle sabbie, di quel mondo in cui ad ogni passo si potevano nascondere pericoli ed insidie. 
Hellen proseguì per lungo tempo seguendo le orme che erano state lasciate sulla sabbia. Ore di cammino si conclusero con un nulla di fatto. Ad un tratto ogni traccia era scomparsa dalla sabbia, la scia di passi si interrompeva, come dissolta, nel bel mezzo del deserto. Cercò di mantenere la calma, si fermò ad ispezionare la zona ma non trovò niente, niente di niente, neanche un indizio, un piccolo particolare, niente. solo sabbia, sabbia sottile e rovente che si stagliava davanti al suo sguardo, fino all’orizzonte. Si piegò sulle ginocchia, per controllare da più vicino.
- Che fai lì, ti sei perso?
Si alzò in piedi di scatto, poi si voltò piano. Un capannello di soldati, doveva trattarsi di cinque o sei individui, tutti vestiti con un mantello nero e con il volto ricoperto da un cappuccio, si stagliava davanti a lei. L’uomo che le aveva rivolto la parola si trovava qualche passo avanti rispetto agli altri, in uniforme blu notte, con il capo scoperto e la guardava fissamente con occhiate di fuoco. Incuteva un timore non indifferente. Hellen passò in rassegna rapidamente le poche nozioni che possedeva sui soldati dell’Impero, ricordandosi che le divise blu appartenevano a guerrieri di ben alto spessore, i Comandanti, che erano secondi, per grado e per importanza, soltanto ai Generali e allo stesso Imperatore. I terribili Generali non possedevano rivali per crudeltà e ferocia: disumani, assetati di sangue, dotati di bruta violenza e spietata malvagità, folli demoni dalle cui grinfie pareva impossibile sfuggire. Astuti, furbi e diabolici oltre ogni limite, erano conosciuti ed oltremodo temuti in ogni angolo del mondo. Indossavano divise lunghe, color porpora, sulle quali circolavano numerose storie, terribili come la loro fama. Si narrava che in principio tali uniformi fossero state ideate per evocare la luce, il potere, la gloria, e dovessero assumere quindi un colore che ricordasse tali qualità, il bianco. I Generali tuttavia, contaminati dalla nera cattiveria che sgorgava dal loro cuore, stillante gocce di una velenosa e tossica perfidia, avevano finito per contaminare anche la purezza di quegli abiti, che poco gli si addicevano. Ad ogni omicidio, tortura, crimine o delitto che compivano, indelebili macchie di sangue si dipingevano sulle loro uniformi, come indelebili ricordi del loro immenso e sporco potere. Dopo ogni strage, dopo ogni violenza, le divise erano ricoperte da più macchie, le cui tracce diventavano incancellabili. Si narrava allora che, durante una giornata particolarmente calda, dopo una strage particolarmente cruda, i dieci Generali si trovassero a contemplare le vittime del loro massacro. Il cielo, ad un tratto, si era oscurato, ed aveva cominciato a piovere. Dall’alto cadeva sangue, tutto quel sangue innocente che era stato versato, e tutto quel sangue si era riversato contro quegli assassini. Segno della loro tracotanza, segno che il limite era stato superato, e che tali atrocità dovessero cessare. I dieci Generali, imbrattati di sangue, intimoriti da questa ammonizione del cielo, erano tornati dal loro Imperatore. Egli aveva riso davanti a tale avvertimento: era ben consapevole che il suo potere e dominio incontrastato non si sarebbero fermati lì, del resto poco gli importava. I Generali non si sentirono ugualmente tranquilli. Tutto quel sangue che gli era caduto addosso, sembrava una punizione da parte di qualche forza sovrannaturale, più potente perfino di loro. Fecero lavare quelle divise, per cancellare una volta per tutte quel presagio terribile. Le macchie non se ne andarono mai. Il presagio restò indelebile non solo nelle loro menti, ma anche sulle loro uniformi. Rosso, color porpora. Sangue. Da quel giorno non si vide più circolare una sola divisa bianca.
Hellen non sapeva quanto tutto ciò potesse risultare attendibile, e quanto fosse invece frutto delle leggende popolari. Su quei Generali, una sola cosa poteva essere certa: erano dieci, non uno di più, non uno di meno. C’era un unico modo per poter entrare a far parte di quella setta ristretta e privilegiata: un soldato di alto rango, dopo aver compiuto imprese degne di nota, aver assunto una certa esperienza ed essersi distinto tra le fila dell’Impero, avrebbe dovuto uccidere un Generale per impossessarsi del suo ruolo. Tuttavia questa sanguinaria successione non era così semplice come si potesse pensare, per chiunque aspirasse a quella carriera: per uccidere le creature più perfide ed astute al mondo non sarebbero bastate neanche le tecniche più occulte e malvagie, neanche segreti ed arti oscure ed ignote. Per quanto ne sapeva, era da interi decenni che gli stessi dieci Generali governavano il mondo sotto la guida dell’Imperatore, crudeli ed invincibili. Ma insomma, Hellen si stava perdendo tra le sue riflessioni e le poche conoscenze che aveva a riguardo. Allora fece velocemente un resoconto su quanto sapeva dei Comandanti. Dovevano essere una cinquantina in tutto, difficile vederli in giro. Le missioni a cui venivano posti a capo erano quelle più spinose e private. Fedelissimi all’Impero, a cui erano legati indissolubilmente con patti scritti con il sangue, non tradivano mai, e per i rari traditori era prevista una pena crudele e sconosciuta, qualcosa come una tortura lenta e logorante per tutta la restante vita. Non partecipavano mai alle grandi spedizioni punitive, né alle stragi: agivano nell’ombra, spie pericolose e sempre in agguato, le loro divise si confondevano nel buio e nella notte. Difficile sapere quale fosse il loro reale compito, facile capire che si trovassero nascosti in ogni angolo dell’Impero, veloci, impossibili da scoprire, letali.
- Allora soldato, perché resti lì fermo? La nostra missione non può attendere un idiota come te. Sbrigati, non abbiamo tempo da perdere. E non pensare che finisca qui. Il Capo ti punirà per quest’inutile perdita di tempo, vedrai.
Hellen annuì, con la testa bassa, e si mise in fila, dietro gli altri soldati incappucciati. L’avevano scambiata per una recluta dell’Impero. Non poteva fare altro che seguirli. Sperava soltanto di riuscire a fingere abbastanza a lungo e di nascondere i suoi capelli lunghi ed il suo viso da ragazza sotto quel mantello nero, che si teneva ben stretto sulla pelle. Doveva escogitare qualcosa, in fretta. 
  
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