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Autore: MartaJonas    11/07/2013    3 recensioni
Nessuno dei due ragazzi sapeva che era appena cominciato a piovere e due piccole gocce d’acqua erano cadute nell’oceano.
Quanto poteva essere grande l’Oceano Atlantico? Quello stesso oceano che li separava dalla terra in cui si sarebbero trovati neanche un mese dopo.
Eppure quelle gocce erano cadute vicine, e i cerchi formatosi al contatto con l’acqua agitata si stavano allargando, e si sarebbero incontrati.
A cosa portano due cerchi d’acqua che si scontrano? che si incontrano? A tanto, a poco e a tutto. Tutto ciò può portare a nulla, e a tutto nello stesso momento.
Si tratta di incontri, si tratta di scontri, si tratta di impatti.
Quanto può compromettere uno scontro, o un’incontro in una vita? Quanto due mesi possono cambiarla?E se ci fossero tanti incontri in una volta soltanto? Se il significato di “vita” venisse messo in discussione? Se tutto quello che si pensava fosse fondamentale, non assumesse più significato?E se tutto, da un momento all’altro, a causa di due gocce cadute fin troppo vicine, cambiasse?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Chapter 30

 
Everythings is possile

 

 
 
Joseph cercò di carpire un’emozione dal viso dell’uomo davanti a lui. Il medico, però, aveva un’espressione statica, come se non sentisse nulla, come se mancasse completamente di empatia. Era come un medico dovrebbe essere, era come non sarebbe mai riuscita ad essere Claire, pensò Joe. Forse, si disse, non esistevano solo medici senza sentimenti come sembrava essere quello davanti a lui. 
-La signorina Dawson ha subito in grave incidente, consideri che è praticamente un miracolo se è ancora viva. Ha presentato molte fratture. Ha una gamba, una costola e un braccio rotti. In particolare la rottura della terza costola le ha provocato delle complicazioni, infatti questa è andata a lacerare l’aorta. Abbiamo optato per un intervento chirurgico molto delicato per risolvere il problema e per adesso sembra essere andato bene. – gli spiegò il medico – Le abbiamo somministrato un’anestesia totale, ed entro la prossima ora si dovrebbe risvegliare. Se supera le prossime 24 ore la si può considerare fuori pericolo.
-Posso vederla? – domandò Joseph apprensivo dopo aver tirato un sospiro di sollievo. Era viva.
-Sì, ma quando si svegli chiami l’infermiera. Mi raccomando non deve essere affaticata. – si raccomandò il medico.
-Numero della stanza? – chiese Joe con un sorriso stampato in viso. Poteva vederla.
-312 – rispose il medico, facendosi scappare un mezzo sorriso a vedere quel ragazzo felice per quelle notizie. Si domandò anche se fosse il fratello, qualche altro parente o il ragazzo di quella giovane donna, quando lo vide affrettarsi verso il reparto di terapia intensiva. Eppure quel ragazzo gli ricordava qualcuno: forse era solo una sua impressione, ma era fin troppo simile al cantante che gli aveva mostrato sua figlia in tv proprio il giorno precedente. Quel medico di empatia ne aveva, e di sentimenti ne provava fin troppi, aveva solo imparato a non mostrarli davanti ai pazienti o ai loro parenti.
Joseph passò davanti alle stanze di quel centro medico facendo passare i suoi occhi dal numero di una stanza all’altro. Fino a quando non vide quel 312 stampato affianco alla porta della stanza bianca.
Abbassò la maniglia della porta ed entrò all’interno della camera. Sentì il suono sottile e ripetuto che segnalava il battito del cuore di Claire che proveniva da un macchinario di cui Joseph non sapeva neanche il nome. Quel suono, però, Joe riusciva ad amarlo ed odiarlo nello stesso momento: da una parte gli diceva che la ragazza che amava era un vita, dall’altra gli sussurrava che era stata sul punto di morire, che avrebbe potuto lasciarlo senza che lui avesse potuto fare nulla.
La vide su quel letto d’ospedale e nonostante la gamba e il braccio ingessati, nonostante quei graffi sul viso, nonostante qualunque cosa, gli sembrò la ragazza più bella del mondo.
Joe non riuscì a evitare di pronunciare il nome della ragazza bisbigliandolo a se stesso, come se nessuno dovesse sentire, come se quella giovane fosse così speciale per lui che solo dire il suo nome potesse dargli la forza di affrontare tutto in modo migliore di quanto stesse facendo.
Il ragazzo avvicinò la sedia che era all’angolo della stanza al letto della giovane dottoressa. Si sedette e le prese la mano e la portò alla propria bocca per baciarla dolcemente.
-Claire … – sussurrò di nuovo lui, nascondendo poi il suo viso dietro le loro mani intrecciate e scoprendolo solo quando le sue lacrime avevano cominciato a ruscellare dai suoi occhi rendendoglieli fin troppo lucidi.
-Scusami. – disse piano guardandola in viso – scusa per tutto. Scusa per quello che ti ho fatto, scusa per Megan, scusa per non aver baciato te in aeroporto. Scusa per non aver cercato tutti i Dawson di Los Angeles solo per ritrovarti. Scusa per aver provato a dimenticarti. Scusa per non esserti stato affianco nel momento in cui avevi più bisogno di me. Scusa per non aver fatto nulla per impedire questo incidente.– disse piangendo il ragazzo – Sarei dovuto essere lì, affianco a te.
Joseph si asciugò le lacrime e ricominciò a parlarle.
-Non ho fatto altro che pensare a te Claire, sei stata un’ossessione. Eri in ogni cosa, in ogni luogo, in ogni momento, e questo accadeva perché non solo eri nella mia testa, ma sei sempre continuata ad essere nel mio cuore. – le rivelò il ragazzo – sai? Mi hai cambiato, in meglio, senza neanche volerlo davvero, come nessuno ha mai fatto prima.
Joseph continuò a parlarle, sommessamente, mentre continuava a tenere stretta la sua mano nella sua. Le raccontò tante cose, le ripeté quanto fosse terribilmente innamorato di lei, le disse quanto già gli mancava Ike e tutto l’orfanotrofio di Maun.
Poi guardò fuori dalla finestra, la pioggia scendeva più leggera, più delicata in quel momento. Cercò di vederci dentro qualcosa di nuovo, nonostante avesse mandato a quel paese tutta quella faccenda poco prima. Era come se quelle gocce d’acqua attirassero il suo sguardo. Vide due lacrime del cielo scontrarsi contro il vetro della finestra in contemporanea. Erano lente e leggere, entrambe. Il vento e la gravità continuavano a spingerle in basso e sempre più vicine. Bastava che una delle due gocce ne incontrasse un’altra per deviare leggermente o cambiare completamente strada. La loro corsa verso il basso era lenta, tortuosa, e piena di altre goccioline, che non facevano altro che ingrandire la goccia principale. Ogni incontro, ogni scontro aveva delle conseguenze, quindi portava con sé parte di chi è sulla propria strada. Le due gocce iniziali erano sempre più vicine, sempre di più. Nonostante tutto e tutti quelle due gocce sembravano essere destinate ad incontrarsi.
Nell’esatto istante in cui quelle due lacrime del cielo si incrociarono e si unirono in un’unica e sola goccia, per proseguire il loro percorso insieme, Joseph sentì che qualcuno gli stesse stringendo la mano.
Il suo cuore ricevette una scarica adrenalinica, e lui abbassò lo sguardo vedendo quegli occhi tanto agognati aperti e lucidi.
-Joe, che ci fai qui? – chiese la ragazza impaurita stringendo la mano a quel giovane uomo a cui erano morte in gola le parole da pronunciare.
-Claire. – disse il ragazzo baciando la mano della giovane e lasciando che i suoi occhi diventassero lucidi. – Hai fatto un incidente,  … mi hanno chiamato … e sono corso qui appena me lo hanno detto. – rispose cercando di evitare di bloccarsi ogni tre parole. – Mi hanno chiesto di chiamare gli infermieri non appena ti saresti svegliata. – affermò il ragazzo premendo il pulsante accanto al letto per segnalare al personale che aveva bisogno di qualcosa. Joseph era agitato, incredulo, sconvolto, meravigliato. Aveva un centinaio di sentimenti tutti in una volta.
-Joe … - ripeté la ragazza afferrandogli di nuovo la mano – Io … io ti avevo detto addio e ti avevo trattato male nell’ultima telefonata. Sono stata una stronza. E allora, perché … perché venuto qui?
-Perché non ho mai smesso di amarti e mai lo farò. – rispose con determinazione e assoluta sincerità il ragazzo, accarezzandole la guancia. Poi Claire ripensò a due settimane prima e i suoi occhi si fecero lucidi.
 
*
 
Quando finalmente il medico e tutti gli infermieri furono andati via dicendo che Claire avrebbe dovuto riposare, non avrebbe dovuto affaticarsi e che Joseph poteva rimanere accanto a lei per la notte il ragazzo rientrò nella stanza, questa volta però, con un mazzo di rose in mano. All’ingresso del centro medico c’era un piccolo angolo in cui si vendevano fiori, e non era riuscito a far a meno di comprare una dozzina dei suoi fiori preferiti. Le dodici rose rosse erano già state sistemate in un vaso pieno di d’acqua, che Joe appoggiò sul comodino della ragazza.
-La stanza era troppo triste senza nulla di colorato. – disse il ragazzo, dopo essersi seduto sulla sedia accanto al letto.
-Grazie mille, sono bellissime Joe. – rispose Claire.
-Come stai?- chiese lui.
-Mi sento un po’ tutta rotta, ma meglio. – affermò la dottoressa.
Claire lo guarda e riguardava chiedendosi se avesse dovuto dirglielo o sarebbe dovuto continuare ad essere un segreto per il mondo intero. Joseph continuava ad incolparsi per ogni cosa e sentirsi sempre più la causa di tutto.
-Claire – Joe ruppe il silenzio – devi scusarmi per tutto quello che ti ho fatto. Per Megan, e tutto il resto, non te lo meritavi.
-Non preoccuparti, è tutto a posto Joe. – disse unendo la sua mano con quella del ragazzo. – Ora ho capito, ho capito davvero chi sei. In realtà – cominciò lei – sono io che dovrei dirti una cosa.
-Cosa? – chiese il ragazzo. Negli occhi della ragazza poteva vedere della difficoltà, della tristezza - Forse non è né il momento né il luogo giusto per dirtelo. – rispose abbassando la testa e ritirando la mano verso di se, e cominciando a massacrarsi il labbro inferiore con i denti.
-Non importa, voglio saperlo comunque – disse il moro – Ehi – richiamò gli occhi di lei su di lui, e le strinse la mano. – Va tutto bene, qualunque cosa sia.
-Ricordi la nostra ultima telefonata? – chiese lei, Joe annuì – Appena prima che tu mi chiamassi avevo scoperto di essere incinta, di te.
Il ragazzo sbiancò per un attimo, non riuscendo a dire una parola.
-Ero furiosa con te, per quello che avevi fatto e tutto il resto. Per questo avevo reagito in quel modo. Poi, sono fatta così, allontano chiunque abbia il coraggio di volermi bene, è sempre stato così. È quasi un’autodifesa, che il mio subconscio mette in atto senza che io me ne accorga. – disse la ragazza. -Sapevo che avrei tenuto il bambino, anche se sarei stata sola, anche se non ti avrei visto più. Sono stata sul punto di chiamarti un milione di volte, ma non l’ho mai fatto. – raccontò Claire mentre il ragazzo continuava a seguirla attento ad ogni sua parola, senza però riuscire a pronunciarne mezza. - Poi è arrivato quel giorno. Io ricordo solo tanto sangue prima e tante lacrime poi. Ho perso il bambino, è stato un aborto naturale. – disse mentre i suoi occhi diventavano sempre più lucidi e si riempievano di lacrime. - È stato qualcosa di terribile, che non auguro a nessuno. È come se vedessi tuo figlio morire, senza che tu possa fare nulla.
Aveva cominciato a piangere e con lei Joseph che era da un po’ che non riusciva più a trattenere le lacrime.
-Non intendo dire nulla con tutto questo, è solo che avevi il diritto di saperlo. – concluse la ragazza. Joe non poté fare a meno di abbracciarla, forte e per tanto tempo. Entrambi continuavano a piangere l’uno sulla spalla dell’altro. Avevano perso un figlio, ancora prima di diventare genitori.
-Scusami, scusami per non esserci stato. – le sussurrò il ragazzo. – Avresti dovuto dirmi che eri incinta. Sarei rimasto con te a qualunque costo, lo sai. – disse il moro, con le lacrime agli occhi.
-Lo so. – rispose lei mentre gocce salate le rigavano le guance.
-Mi dispiace da morire – disse il giovane guardandola negli occhi.
-Anche a me – rispose lei.
Tra quelle lacrime, tra quella tristezza, tra quello sconforto, Joe la baciò, e lei rispose a quel bacio malinconico che, però, conteneva qualcosa di unico: l’amore vero.
Quando le labbra dei due ragazzi si staccarono, si guardarono negli occhi e le parole uscirono così naturalmente dalla bocca di Joseph che quasi non se ne accorse.
-Sposiamoci.- pronunciò dolcemente mentre gli occhi di Claire diventavano sempre più increduli - Sposami, Claire. Non importa dove, quando o come. Sposiamoci. Voglio trascorrere la vita con una ragazza speciale come te, voglio te in ogni tuo pregio e in ogni tuo difetto. Vorrei anche avere un anello e un discorso decente da fare, ma non ero preparato a questo. – disse facendo sorridere Claire che non riusciva a dire una parola ma solo a piangere. – Voglio semplicemente trascorrere la vita con te, divertirmi in una gita fuori casa, annoiarmi davanti alla tv,crescere come uomo, piangere fino allo star male e ridere fino a quando non ho dolore alla pancia, o semplicemente vivere insieme a te. Voglio sposarti perché ti amo, Claire. Ti ho amata dal primo momento in cui ti ho vista impacciata com’eri dietro ad una cartella dello studio, e, te lo giuro, ti amerò fino alla fine. Tu, Claire, vuoi sposare un ragazzo che è famoso ma se non fosse per ma musica avrebbe già abbandonato quella vita, che ha delle giornate in cui neanche lui stesso riesce a capirsi, che ha una marea di difetti, ma ti ama, ti ama davvero? – chiese Joe, guardando quella ragazza davanti a sé invasa dalle lacrime – Vuoi sposarmi, Claire? – così dicendo prese la sua mano e restò a guardarla.
La giovane donna continuava a fissare il ragazzo davanti a lei, non riuscendo a pensare razionalmente. Poi capì, comprese che la razionalità non aveva nulla a che fare con l’amore. Così non ebbe più dubbi.
-Sì, Joe, voglio sposarti. – rispose Claire in un sussurro annuendo, mentre Joe si apriva in un sorriso.
Si baciarono di nuovo, sempre più dolcemente. Quei due ragazzi erano innamorati, lo erano davvero, lo si vedeva ad ogni sorriso, ad ogni sguardo ad ogni bacio.
E se c’è amore, c’è speranza, e fin quando c’è speranza, ogni cosa è possibile.
 
Quelle due gocce d’acqua si erano incontrate una prima volta, e si erano attraversate così nel profondo che i cerchi provocati da ognuna di loro al contatto con la distesa blu avevano raggiunto il luogo in cui l’altra goccia era caduta, erano entrati ognuno nel cuore dell’altra.
Poi, irrimediabilmente, le due gocce si erano perse in quell’oceano così grande, così vasto, fino al giorno in cui non erano cadute dal cielo, di nuovo, imbattendosi questa volta su un vetro di un ospedale, e, attratte l’una dall’altra si erano raggiunte, e si erano unite in un’unica grande gocciola, e avevano proseguito insieme.
Questo significava che quelle due gocce, in un modo o nell’altro erano destinate a stare insieme, e anche qualcosa li avesse fatte allontanare di nuovo,loro si sarebbero ritrovate sempre e comunque, perché in natura, vige un’unica e inviolabile legge: la legge dell’amore. 







Buonasera gente!
Allora, per prima cosa volevo scusami per il ritardo. Ho avuto ispirazione pari a zero in questi giorni e sono stata super insicura a proposito di questo capitolo. Alla fine è uscito ciò.
Dai, sono stata buona. Il pensiero di far morire qualcuno mi ha sfiorato la mente più di una volta in realtà ahahahahah
(A dire il vero sono ancora in tempo u.u)
Allora, che ne dite di questo ultimo capitolo?
Ovviamente manca ancora l'epilogo,eh!
Fatemi sapere che ne pensate, un bacione a tutte!
<3

 

  
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