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Autore: Carioca    11/07/2013    4 recensioni
Ciao a tutti! Questa è la mia prima storia, in cui racconto di un viaggio di Paperone (si, uso i nomi italiani, ci sono troppo abituato), anche se stavolta è un viaggio un po' diverso. Chi conosce la famosa $aga troverà parecchi riferimenti a questa. So che ci sono grandi racconti qui, come quelli di Spheater a cui faccio i complimenti, quindi cercherò di non deludervi!
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grazie per le recensioni! In questo secondo capitolo ho cercato di spostare il punto di vista il più possibile DENTRO Paperone, così che il viaggio che compierà sarà anche un viaggio interiore. Qui è presente anche uno degli snodi cruciali della storia. Se lo trovate mal spiegato non vi preoccupate, più avanti lo renderò più chiaro. Grazie ancora a tutti!
il viaggio in aereo durò qualche ora, che Paperone passò del tutto immerso nelle sue riflessioni: Cosa stava facendo? Perchè lo stava facendo? Non trovava un risposta. Assieme a lui, come sempre, c'era il fido Battista. Nessuna traccia, invece, del nipote o altri: doveva fare da solo. L'aeroporto di Glasgow era cambiato molto dall'ultima volta che lo aveva visto, poco dopo la fine della guerra. La riconversione all'aviazione civile era ormai completa e un aereo privato come il suo non avrebbe fatto notizia, se non fosse stato per lo stemma P.d.P. sulla fiancata, e proprio lo stemma della fiancata radunò vicino alla pista un nugolo di giornalisti. Non gli erano mai piaciuti i giornalisti. Avrebbe voluto prenderli a male parole, per poi andarsene, ma avrebbe fatto notizia. Doveva stare attento anche a quello che diceva. E cosa ancora più importante, tutto ciò lo aveva distratto dal pensare che stava per rimettere piede
in Scozia dopo quasi vent'anni.
"Signor de'Paperoni come mai è tornato in Scozia"
"Una domanda per noi mister"
"Signor de'Paperoni è vero che sta preparando la successione al suo impero finanziario?"
"Mister de'Paperoni quali sono i suoi rapporti con il presidente Johnson dopo la rivolta operaia?"
E giù così. Cercava di non sentire fino  a quando non avrebbe sentito la frase giusta
"Signore, la sua auto è pronta" Finalmente. Sgattaiolò dentro l'auto, chiuse i finestrini e se ne andò.
Glasgow era cambiata: non era più la città industriale di una volta, zeppa di minatori e di povertà, ricordo di un'infanzia che non rimpiangeva. La città sembrava contagiata da quello spirito che veniva da sud, da Liverpool e Londra, spirito che non capiva ma non disprezzava. Ma non aveva tempo per questo: Rannoch Moor non era vicina e la strada non era agevole, perciò l'auto si allontanò velocemente dalla capitale scozzese e sparì verso le Highlands. La brughiera non era cambiata molto, sempre tutta uguale, piena di erba e torba, ma non ci fece molto caso. Con la testa ormai era già a Colle Fosco.
Quando l'auto rallentò, nei pressi di MacDuich, fu preso da un colpo al cuore. La cittadina era in qualche modo cambiata, c'erano edifici nuovi e più moderni, ma era insieme uguale, con le stesse vie. le
stesse persone, la stessa atmosfera. C'era una delicatezza nel tutto, nel paese fondato dal suo clan, che lo faceva commuovere. Era tentato di scendere ed abbracciare idealmente la sua terra, ma si trattenne. Neanche questa era la destinazione. Pochi minuti dopo il suo ingresso, l'automobile targata PdP incominciò un'ulteriore salita, l'ultima, che termminava all'inizio della monumentale brughiera intorno al Castello de'Paperoni. Siccome era impossibile proseguire con le quattro ruote, Paperone congedò l'autista e gli disse di tornare a MacDuich. Non gli dispiaceva attraversar quella terra. Poteva ancora sentire le grida dei Wiskervilles quando scapparono per colpa del fantasma del duca Quaquarone, e ancora gli si gonfiava di orgoglio il petto. Chissà dov'erano finiti. Immerso nei suoi pensieri, arrivò al portone e bussò. Passarono secondi che sembrarono ore, poi si aprì. Paperone riuscì appena a mormorare:"Matilda..." Matilda non disse una parola, ma gli fece cenno di entrare. Il castello era finalmente in ordine, riportato i fasti di un tempo passato, ed era anche merito dei suoi soldi, dato che era di suo padre. Dopo la morte di Piva, però era stata sua sorella a prendersene cura, e doveva ringraziarla. Non gli uscivano parole dalla gola, e solo un gallo cedrone dall'esterno rompeva un silenzio altrimenti assordante. 
Matilde si mise a preparare del tè, poi finalmente parlò:"Cosa ci fai qui?" "Lo sai benissimo" "Certo che lo so, ma se riesci a dirlo potresti iniziare a liberarti di quella cappa di orgoglio che ti soffoca"
Matilda, evidentemente, non aveva ancora dimenticato il modo in cui era stata trattata. La parziale riappacificazione durante il funerale di Ortensia evidentemente non bastava. E, cosa ancora più dolorosa, aveva ragione. "La lettera" provava a parlare, ma non ci riusciva. Dannazione! Sembrava un adolescente al rrimo amore! Perchè si stava facendo umiliare così? "La lettera, devo averla..." "Quale lettera?" Girò il coltello nella piaga Matilde "BASTA MATILDE! TI PREGO!" Abbassò al voce fin quasi a sussurrare "Hai capito benissimo cosa intendo. Ho ricevuto la tua lettera, e questa lettera parlava di un'altra lettera, e..."
Matilde pose fine a quello stillicidio "Sì, ti ho scritto di aver ritrovato un appunto di nostro padre, che volle scrivere una specie di lettera-testamento da indirizzare a te, e la diede ad Ortensia, la
quale te l'avrebbe dovuta consegnare al momento più opportuno. Non credevo che ancora avessi un cuore, ma evidentemente c'è ancora qualcuno a cui tieni, seppur morto. Vuoi quindi ritrovare le ultimi parole scritte da nostro padre?" Paperone farfugliò qualcosa. Matilde lo prese come un sì:"A quanto ne so, Ortensia diede il documento al marito, Quackmore, che gestendo i tuoi affari poteva contattarti più facilmente. Ma anche lui è morto da molti anni. Quindi per ritrovarla dovrai seguire le sue tracce. Se hai davvero intenzione di intraprendere questa ricerca, ti auguro buona fortuna."
Senza più aprire bocca, Paperone si alzò e corse fuori.
Aveva un viaggio da compiere.
  
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