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Autore: Shin83    11/07/2013    5 recensioni
[College!AU]
Tony è un nerd atipico, conta i giorni che lo separano dal MIT e si ubriaca alle feste.
Steve è il capitano della squadra di basket, fidanzata perfetta, vita perfetta. All'apparenza.
Che succede quando questi due mondi collidono?
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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So tell me when you look in my eyes
Can you share all the pain and happy times
'Cause I will love you for the rest of my life

 
 
Era passato più di un mese da quel particolare San Valentino e Steve si sentiva un’altra persona.
Da allora i suoi incontri con Tony, avevano fatto numerosi passi avanti, ma c’era qualcosa che ancora lo bloccava dall’avere un rapporto completo con lui, più che altro perché si sentiva profondamente insicuro.
Tony aveva la fama di essere uno piuttosto libertino e lui, a parte Peggy, aveva avuto una sola ragazza al liceo, con la quale non era andato troppo oltre. Non era mai stato con un ragazzo, prima di allora. Tony era il suo primo tutto.
Aveva capito molto bene che il suo fidanzato aveva una certa esperienza, al contrario suo. Era normale che quella situazione lo mettesse decisamente a disagio, visto che non si riteneva all’altezza delle possibili aspettative di Tony, ma allo stesso tempo però, aveva paura che se non si fosse dato una mossa, il suo ragazzo si sarebbe potuto stancare di lui.
 
Si vedevano ancora nella privacy delle loro stanze anche se spesso capitava loro di vedersi per caso in biblioteca. Avevano anche preso gusto alle fughe in centro, approfittando di un passaggio da parte di Peggy quando andava a Washington, così da potar stare insieme ogni tanto anche all’aria aperta.
Andavano da Starbucks, dove potevano tenersi per mano mente facevano la fila senza dover far finta di conoscersi appena, come invece accadeva al locale del campus. Ogni tanto andavano al cinema, anche se spesso e volentieri il film non lo guardavano, visto che finivano per distrarsi in altro modo.
 

***

 Tony aveva preso l’abitudine di andare a vedere le sue partite di basket quando giocavano in casa, e quello rendeva Steve estremamente felice.
Purtroppo però, dopo un paio di match la presenza di Tony sugli spalti non fu notata solo da Steve.
Avevano appena vinto l’ennesima partita e stavano festeggiando felici nel pub del campus. Steve era rimasto un poco in disparte, quando vide Bucky avvicinarsi a lui.
L’amico lo salutò con una pacca sulla spalla. “Il desaparecido Rogers! Gran bella gara, eh?”
“Ehi, bello! Assolutamente sì!” rispose il ragazzo, glissando sull’epiteto con cui era stato chiamato.
“Dì un po’, ma che fine hai fatto ultimamente? Ti si vede solo agli allenamenti e stai diventando più irreperibile di un Senatore. Stai facendo pratica già da ora a fare l’avvocato di successo?”
“Ma no! Sto solo studiando un sacco, sai, Harvard.” Mentì Steve, cercando di mantenere un’espressione neutra, evitando di far trasparire la sua preoccupazione.
“Il nostro bravo soldatino diligente! Forza, che le solite sbronze con gli amici non ti chiuderanno le porte a Legge.”
“Ma sai come sono fatto,” sorrise forzatamente Steve, deciso a non cedere agli incoraggiamenti dell’amico.
Il ragazzo sospirò, cambiando bruscamente argomento. “A proposito di studio… Abbiamo dei nuovi tifosi, a quanto pare.”
Steve capì immediatamente a cosa si stesse riferendo Bucky, deglutì ma fece finta di nulla.
“Ah sì?”
“Sì, quello scemo di fisica, SfiggyStark, è da un po’ di tempo a questa parte che lo vedo sugli spalti a importunare Peggy, tra l’altro. Non avrà mica una cotta per uno di voi due?”
A quel punto la preoccupazione di Steve arrivò al livello di guardia, e riuscire a rimanere impassibile stava diventando sempre più difficile.
“No, non ci avevo fatto caso. Non bado più di tanto a chi viene a guardarci,” lo addolorava mentire così spudoratamente al suo migliore amico, ma ancora non riteneva i tempi maturi per dirgli tutta la verità, sia sul suo futuro che su Tony.
“Occhio, allora. Quello sta cercando rogne, se la meriterebbe una ripassata, già da quando si è presentato alla festa a gennaio, gli è andata bene che ero già mezzo ubriaco e che c’era Sharon che mi spogliava con gli occhi, altrimenti…”
Steve alzò un sopracciglio, cercando di mascherare la frustrazione del discorso dell’amico. “Bucky, non ti sembra di esagerare? In fondo non ha fatto nulla di male.”
“Esiste, ecco che ha fatto di male. E poi fa troppo lo sbruffone per essere un cazzo di nerd sfigato. Dovrebbe stare al suo posto.”
A quel punto, Steve perse la pazienza. “Non ti azzardare a mettergli le mani addosso. Mi ha aiutato a passare l’esame di Fisica II, sono in debito con lui,” disse, forse con troppa concitazione.
Bucky lo guardò di sbieco, con un’aria un po’ perplessa. “Se non ti conoscessi bene, direi che sei una checca con un debole per quel reietto, Steve.”
Il ragazzo gli rivolse uno sguardo tra il frustrato e il deluso. “Bucky, certe volte mi domando se vieni dalle caverne o se sei uno studente di una delle migliori università del paese.”
“Quanto sei noioso quando reagisci così, Rogers,” rispose Bucky scoppiando a ridere e stringendo un braccio al collo dell’amico. “Andiamo a prenderci qualche birra e vediamo se ti passa questa pesantezza.”
Steve si lasciò riluttante trascinare al bancone dall’amico per ordinare due pinte di Guinness.
 
Steve evitò di parlare di quella discussione sia con Tony che con Peggy.
Non voleva mortificare il suo ragazzo, costringendolo a farlo sentire in colpa e di conseguenza facendolo smettere di andare alle partite. Forse era una decisione un po’ egoista, ma lui voleva vederlo sugli spalti, gli dava la carica per giocare meglio.
E dirlo a Peggy avrebbe significato rischiare di farsi fare una gigantesca ramanzina sulla loro poca cautela. Quindi, l’unica soluzione era tenersi per sé quella faccenda.
Mancava poco più di un mese alla fine del campionato, due settimane in più se fossero riusciti a qualificarsi per la finale, mancava davvero poco per mandare tutto a puttane.
 

***

 Quel giovedì sera Steve stava preparando il borsone per la trasferta in California di quel week end, la mattina dopo sarebbero dovuti partire estremamente presto e voleva che fosse tutto pronto prima di andare a dormire. Sospirò sconsolato al pensiero che erano due giorni che non vedeva Tony;  oltre ad essere stato impegnato su un progetto molto importante, aveva dovuto sostituire per un paio di lezioni il professor Hofstadter, lontano dall’università per una conferenza.
Stava piegando alcune magliette sul divanetto che aveva in camera, quando squillò il telefono. Sorrise quando lesse il nome che appariva sul display.
Steve, ti trovo in camera?” Esordì Tony con un certo entusiasmo nella voce, non appena Steve rispose alla chiamata.
“Sì, sono qui, sto preparando il borsone per la trasferta.”
Fra cinque minuti sono lì da te, ok?
“D’accordo,” rispose Steve, chiudendo la telefonata con un sorriso stampato sulle labbra.
Esattamente cinque minuti dopo, sentì bussare alla porta e senza neanche chiedere chi fosse, andò ad  aprire.
Quello che si trovò davanti fu uno spettacolo un po’ curioso: un Tony che sventolava una busta di carta e con i lineamenti del volto visibilmente stremati, con i capelli arruffati, occhiaie, ma con un’espressione in viso inequivocabilmente felice.
Tony entrò, non c’era più bisogno che Steve gli facesse segno per accomodarsi, e mentre il suo ragazzo richiudeva la porta, esclamò: “E’ fatta! Mi hanno preso! Mi hanno preso! Da settembre sarò ufficialmente uno studente del MIT!” Gli occhi nocciola del ragazzo erano lucidi per la gioia.
A Steve si illuminò il viso a quella notizia, quindi abbracciò il suo ragazzo, con tanta foga che lo sollevò da terra.
“Lo sapevo, lo sapevo che ti avrebbero preso, era solo questione di formalità!”
L’altro non rispose, si limitò a stringergli le braccia al collo e baciarlo.
Dopo qualche minuto di effusioni, Tony si staccò a malincuore dalla bocca di Steve. “Forse è il caso di mettermi giù.”
Il suo entusiasmo era tale che aveva dimenticato che stava tenendo il suo fidanzato sospeso a qualche centimetro dal pavimento.
“Ops, scusa!” Rise e fece ritrovare a Tony il contatto col suolo.
“A te non è arrivato nulla?” domandò speranzoso il ragazzo, ancora troppo su di giri per far scomparire il sorriso dalle labbra.
Steve scosse la testa, cercando di sembrare il più tranquillo possibile, anche se dentro di sé il terrore iniziava a pervaderlo. “No, ancora niente, ma arriverà. Anche nel caso in cui l’esito fosse negativo, devono comunicarmelo.”
“Non esiste esito negativo, Steve. Tu hai del talento e sarebbero dei gran coglioni se rifiutassero la tua domanda.”
Steve sorrise genuino al complimento. “Tu, piuttosto, l’hai detto a tuo padre?” Gli chiese, prendendolo per mano e accompagnandolo verso il letto per sedersi.
“No, tu sei il primo a saperlo. Devo dirlo anche a Pepper e Bruce. Ma capirai, so già cosa mi risponderà il vecchio quando glielo dirò. ‘Non credere di aver fatto nulla di eccezionale, Anthony, sei solo entrato al MIT, non hai mica salvato il mondo.’” Disse, cercando di imitare goffamente la gestualità e la voce del padre. “Ma non me ne frega niente, quello che mi importa è che tu sia orgoglioso di me è che quella cazzo di Yale si sbrighi a srotolarti il tappeto rosso.”
Steve lo guardò con una punta di dispiacere, sapeva che non era vero che non gli importasse dell’opinione di suo padre, lo accarezzò soltanto e cercò di mantenere il tono spiritoso della sua ultima battuta, “Addirittura il tappeto rosso?”
“Mi sembra il minimo, per il mio uomo,” disse Tony molto languidamente, spingendo Steve a sdraiarsi sul letto.
“Hai la faccia devastata Tony. A quando risale la tua ultima dormita?”
“A quando te la sei svignata l’ultima volta,” rispose il ragazzo, iniziando a baciargli il collo.
“Quindi due giorni fa…”
“Mmm, credo di sì, giorno più, giorno meno,” disse, mentre sfilava la maglietta a Steve e affondava il viso tra i suoi pettorali, mordicchiandogli i muscoli.
“Hai bisogno di riposarti,” lo ammonì il ragazzo, che però, iniziava a cedere alle attenzioni del suo fidanzato, sentendo un certo formicolio nelle parti basse.
“Ho bisogno di te. Sono due giorni che non ci vediamo e non ti vedrò per almeno altri tre, ho bevuto un Americano da venti prima di telefonarti, avrò autonomia ancora per un pezzo. Il sonno può aspettare, ora la mia priorità si chiama Steve Rogers e devo festeggiare la mia ammissione al MIT.” Rispose risoluto, alzando momentaneamente la testa dal torso del suo ragazzo, ma sfilandogli nel frattempo i pantaloni della tuta.
“Tony, tu devi – Ah!” Steve non fece in tempo a finire la frase che Tony aveva fatto sparire anche i boxer  e aveva affondato la testa in mezzo alle sue gambe.
Dopo un attento e minuzioso scambio di opinioni, i ragazzi finirono per addormentarsi stremati e nudi verso le dieci di sera.
Dopo qualche ora Steve si svegliò di soprassalto credendo di non aver sentito la sveglia, invece era ancora solo mezzanotte. Puntò quindi l’allarme per le cinque e poi si alzò cautamente dal letto per farsi una doccia veloce e finire di sistemare il borsone. Dopodiché, molto a malincuore, cercò di svegliare il suo fidanzato.
“Tony, Tony sveglia,” gli sussurrò in un orecchio accarezzandogli la guancia per non destarlo troppo all’improvviso.
Dopo un paio di richiami, Tony diede segni di vita mugugnando qualcosa di incomprensibile.
“Mi scoccia doverti mandare via, ma alle cinque e mezza passa Bucky a prendermi per partire con la squadra. Se dovesse trovarti nudo nel mio letto, credo che ci siano buone probabilità che possa scoppiare la terza guerra mondiale,” gli disse, sempre a bassa voce.
“Ok,” fu la risposta biascicata di Tony, mentre si stropicciava gli occhi e cercava di tirarsi su dal letto; era troppo intontito dal sonno per pronunciare altro.
Steve lo aiutò a recuperare i suoi jeans e la felpa che erano sparpagliati in mezzo ai suoi sul tappeto e si rivestì.
“Spaccate il culo alla West Coast,” riuscì a dire alla fine Tony.
“Faremo del nostro meglio.”
“Chiamami.”
“Certo. Buonanotte Tony e scusa ancora.”
Steve aprì la porta e controllò che non ci fosse nessuno nel corridoio prima di far uscire furtivamente il suo ragazzo dalla stanza.
Quando Steve richiuse l’uscio ci si accasciò contro e sussurrò nel vuoto: “Ti amo, Tony.”
 

***

 Il weekend in California era passò molto in fretta, Steve era stato sulla costa occidentale solo in occasione delle partite. Anche se non aveva mai visto granché, ogni volta che ci tornava, se ne innamorava. Il clima piacevole che c’era nel sud dello stato, nonostante fosse marzo inoltrato, lo metteva sempre di buonumore.
Anche se era profondamente un “ragazzo dell’Est” non gli sarebbe dispiaciuto vivere a Los Angeles o dintorni.
Una volta Tony gli aveva parlato di una sua villa a Malibu, da allora aveva una tremenda voglia di andarci; magari, chissà un giorno il suo ragazzo ce l’avrebbe portato.
 
Vinsero senza troppi sforzi anche quella partita, e  tornarono al campus  la domenica sul tardi, Tony troppo occupato in laboratorio per andare a trovare Steve.
 
Il lunedì mattina Steve saltò deliberatamente le lezioni per dormire fino a tardi, lusso che non si concedeva quasi mai. Quando si svegliò andò poi a fare una corsa per distendere un po’ i nervi, visto che iniziava a sentire la tensione per la famosa lettera da Yale.
Avendo vinto il match con la UCLA, l’allenatore accordò alla squadra il pomeriggio libero. Steve avrebbe voluto passarlo con Tony, magari sarebbe andato a trovarlo in laboratorio facendogli una sorpresa, tanto da quelle parti i suoi amici non ci passavano neanche per sbaglio.
Ma non aveva fatto i conti con la sorpresa che lo attendeva al rientro al dormitorio.
La custode, Maria, lo chiamò molto concitata quando lo vide passare dal gabbiotto della portineria.
“Rogers! Rogers! C’è posta per te! E la busta è bella pesante, sai cosa vuol dire?”
Steve, incuriosito dall’euforia della donna, le si avvicinò perplesso. “No, signorina Hill, cosa vuol dire?”
“Busta pesante uguale notizie positive! Qui qualcuno andrà a… “ Si girò la busta tra le mani, per fare la scena di verificare il nome del college, anche se lo sapeva già benissimo. “Yale!”
Steve cercò di frenare gli entusiasmi, ma i suoi occhi tradirono la sua euforia.
“Grazie signorina Hill, speriamo abbia ragione,” rispose con garbo e sorrise con educazione.
“Certo che ce l’ho,” concluse la donna molto convinta facendogli l’occhiolino.
Steve aspettò di essere in camera sua prima di aprire la busta. Sentiva il proprio cuore aumentare i battiti in maniera impressionante, il respiro farsi corto mentre continuava a ripetersi Steve, se ti fai prendere un colpo adesso, alla scuola d’arte non ci vai di sicuro.
Si rigirò il plico un paio di volte fra le mani, soppesandolo e si decise dunque ad aprirlo dopo essersi passato le mani, che stavano sudando parecchio, sui pantaloni della tuta.
 

Egregio Mr. Rogers,
 
Con la presente, l’università  di Yale è lieta di informarLa…
 
… che la sua domanda di iscrizione alla Scuola di Specializzazione in Arte è stata accettata.

 
Le ginocchia gli cedettero e si accasciò sul divanetto, con gli occhi velati di lacrime di gioia e un solo pensiero in testa.
Devo dirlo subito a Tony.
 
Provò a chiamarlo una prima volta, ma senza risposta. Si stava agitando troppo, quindi decise di andarsi a fare una doccia, anche per rinfrescarsi dalla corsa di poco prima.
Dopo essersi sciacquato, indossò un paio di jeans, una maglietta nera de Il Trono di Spade e la felpa con la zip della squadra. Si sedette alla scrivania e tirò fuori dal cassetto alcuni dei suoi schizzi per guardarli; il suo preferito era un ritratto di Tony che gli aveva fatto un pomeriggio mentre si era appisolato e non sapeva neanche della sua esistenza, li sfogliò sorridendo e sentendosi finalmente veramente orgoglioso di sé: era sì il capitano della squadra di basket, ma l’arte era una delle cose a cui teneva moltissimo e sapere che era riuscito a raggiungere uno degli obiettivi più importanti della sua vita lo riempiva di soddisfazione.
Fissò il cellulare per qualche minuto e provò a richiamare il suo ragazzo; quella volta, al terzo squillo Tony rispose con la voce impastata dal sonno.
Steeebe?
“Stavi dormendo?”
Ehm, sì, no. Sono tornato dal laboratorio alle cinque stamattina, mi ero appoggiato sul letto. E’ successo qualcosa Steeebe?
“Devo parlarti, Tony…”
Vieni da me, dai.
“Sto arrivando.”
Giusto il tempo di attraversare il corridoio che univa le due ali del dormitorio, che Steve bussò alla porta di Tony.
“Entra pure, è aperto,” rispose con voce flebile il ragazzo dietro la porta.
Steve irruppe nella stanza sventolando la lettera d’ammissione e proclamando: “E’ arrivata anche a me! Andrò a Yale!”
Tony, che era ancora sdraiato a letto assonnato, scattò a sedere. “Fammi vedere, vieni qui!”
Steve, che era rimasto un po’ imbambolato in mezzo alla stanza, quando il suo ragazzo gli disse di avvicinarsi si fiondò a sedersi accanto a lui sul letto, sfilandosi le scarpe e porgendo la busta a Tony.
“Ce ne andremo da qui, Steve, ce ne andremo e faremo quello che sognamo da anni!” gli disse appoggiando la lettera sul comodino e avvinghiandosi al collo del ragazzo per abbracciarlo.
“Non vedo l’ora, Tony,” gli rispose, ricambiando l’abbraccio.
Tony era in boxer e canottiera, sicuramente appena rientrato dal laboratorio si era spogliato e si era infilato a letto, i jeans e la felpa erano tutti ammucchiati sul pavimento di lato al letto. Da lì a poco, anche i vestiti di Steve raggiunsero il pavimento.
I due ragazzi iniziarono a baciarsi, ma quella volta il loro intreccio di lingue sembrava avere qualcosa di diverso, una passione e un desiderio nuovi. La consapevolezza che i loro sogni stavano per realizzarsi da lì a poco aveva dato loro una sorta di nuova vitalità.
Tony riuscì a sbarazzarsi in fretta della felpa di Steve, mentre l’altro ragazzo aveva iniziato a mordicchiare e succhiare il collo di Tony.
“Tu proprio non ce la fai a stare lontano dagli Stark, eh, Steve?” Rise Tony, quando vide che stava indossando una maglietta con la testa di lupo stemma della casata sua omonima.
“Direi proprio di no.” Gli sussurrò all’orecchio leccandogli poi il lobo e scendendo verso l’incavo tra il collo e la spalla per ricominciare a baciarlo.
Tony continuò a spogliarlo, sbottonandogli i jeans e sfilandoglieli, guardando il corpo dell’atleta che lo sovrastava: le gambe muscolose ma sottili e i bicipiti che spuntavano dalle maniche della maglia. “Steve perché sei così bello?”
“E tu perché parli così tanto?”
“Perché ho la bocca libera,” disse malizioso. Steve sollevò la testa e vide che Tony lo guardava con occhi di sfida. Ricambiò lo sguardo con un ghigno e gli morse il labbro inferiore, prima di iniziare leccargli le labbra e infilargli nuovamente la lingua in bocca come se non lo assaporasse da chissà quanto tempo.
Poco dopo decisero che canottiera e maglietta erano decisamente di troppo e se le tolsero a vicenda, Steve amava quel corpo minuto ma allo stesso tempo perfetto, adorava assaggiare ogni volta la pelle di Tony che, a sua volta amava percorrere con la lingua ogni singola traccia dei muscoli di Steve.
Ormai il desiderio che aveva per Tony era troppo, lo devastava al punto di superare le insicurezze che lo tormentavano. Decise in quel momento che quello che facevano di solito non era abbastanza, che voleva qualcosa di più profondo e intimo da condividere con il suo ragazzo.
Steve si spostò dalla bocca di Tony per esplorare prima il collo, poi il petto e infine scendere sempre più giù.
Lo liberò anche dall’intimo e gli lasciò una serie di baci sull’inguine, prendendo in mano il sesso del ragazzo e iniziando a massaggiarlo e a baciarlo.
“Sì, Steve, ti prego, continua,” ansimò Tony.
Steve  tornò ad accarezzarlo con le mani, risalendo per tutto il suo petto con la bocca fino ad arrivare al suo orecchio. “Tony, voglio fare l’amore con te.”
“Pensavo non me l’avresti mai detto.”
Tony allungò le braccia per togliere i boxer blu a Steve, per poi aprire il cassetto del comodino per cercare un condom e il lubrificante. Steve lo sentì muoversi per cercare quello di cui avevano bisogno, ma non riuscì a staccarsi dal suo petto e dal suo corpo, cospargendo la pelle di baci e morsi. Si lasciò guidare dalle mani esperte del suo ragazzo, versandosi del liquido vischioso sulle dita e avvicinandole all’apertura di Tony. Non aveva idea di cosa stesse facendo, ma per fortuna il suo fidanzato gli spiegò cosa doveva fare e lo guidò, infondendogli tutta la tranquillità di cui aveva bisogno. Steve cominciò a prepararlo molto lentamente, cauto e preoccupato di fargli male, ma i gemiti che dopo un poco arrivarono alle sue orecchie lo convinsero di quanto Tony stesse godendo.
Quando ormai era immerso con tre dita nel corpo del suo ragazzo, sentì Tony aprire la bustina del profilattico. Con il fiato corto si avvicinò a lui per lasciare che il suo ragazzo glielo mettesse.
“Steve, vai, ti prego,” gemette Tony prendendo nuovamente il lubrificante per cospargere il sesso di Steve.
“Sei pronto? Sicuro?”
“Sì, ti scongiuro, non ce la faccio più.”
Tremante ed eccitato, Steve si sdraiò sopra Tony, sentendo le gambe de suo ragazzo stringergli la vita, ed entrò lentamente dentro di lui, cercando dopo qualche attimo di prendere il ritmo.
Tony andò subito a cercare la mano di Steve e man mano che la velocità delle spinte aumentava, strinse le dita del suo ragazzo tra le sue fino quasi a farle diventare bianche. Non si dissero nulla, gli unici rumori nella stanza erano i loro gemiti affannosi e il suono dei loro corpi che strusciavano l’uno contro l’altro. Tony fu il primo a venire, e Steve se ne accorse nel momento in cui lo sentì stringersi attorno a lui e un’ondata di piacere lo travolse. Sentì le mani di Tony andare a stringergli le natiche e ad affrettare le sue spinte e un paio di attimi dopo anche lui si lasciò andare. Si abbandonò stremato e ansante sul corpo di Tony, lasciando che il suo ragazzo gli sfilasse il profilattico e lo facesse accoccolare contro di lui.
Stanco e felice, Steve si strinse al suo fidanzato e accarezzandogli il pizzetto gli sussurrò: “Ti amo.”
Tony lo guardo e sorrise, gli baciò la fronte e lo strinse ancora più forte a sé.
 

***

 Quella sera stessa Steve andò a trovare Peggy in camera sua per comunicarle la buona notizia di Yale.
Non appena la ragazza aprì la porta, si accorse immediatamente che c’era qualcosa di particolare nell’espressione del suo amico.
“Ciao Steve, qual buon vento.”
“Speravo di trovarti qui, Peggy. Mi hanno preso a Yale!” Le comunicò sorridendole e abbracciandola.
“Oddio, oddio! Congratulazioni tesoro!” Gli rispose la ragazza con genuino entusiasmo.
“Finalmente Pegs, basta bugie! Sono così felice.”
“E’ solo per Yale che hai quell’espressione beata in viso, o c’è altro che devi dirmi? Non la fai a Margaret Carter, mio caro Steven.”
Il ragazzo arrossì, al ricordo di quello che era successo giusto un paio di ore prima. “Ne vengo adesso dalla stanza di Tony…”
“E…?”
“E lo abbiamo fatto e io lo amo da impazzire, Pegs, oggi è il giorno più bello della mia vita.”


 


Scusandomi per l'osceno ritardo *si difende con lo scudo di Captain America*, eccovi il nuovo capitolo.

E' da quasi dieci giorni che sto dietro a questo capitolo per vari fattori: terrore, pigrizia e perdita graduale della mia facoltà di multitasking.
Pensavo di pubblicare Sabato, invece ieri mi sono presa a schiaffi da sola e mi son detta: Shin datti una mossa.
Eh sì, è anche merito (o colpa?) di Outlaw_ che mi ha messo "i carboni ardenti sotto ai piedi" e quindi eccovelo.

Grazie millissime, come sempre alla splendida Marti per il betaggio.

Cercherò di fare la brava e non metterci troppo per il prossimo, prometto.
  
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