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Autore: Egwene    25/09/2004    1 recensioni
** Prima di leggere questa storia, vorrei dire che si riferisce al periodo in cui i genitori di Harry andavano a scuola, ma non racconta di loro. Ho pensato di scrivere di Remus Lupin perché è il mio personaggio preferito insieme a Sirius Black. Lo spunto mi è venuto leggendo la fanfict di Emily Silvia Doe (bellissima, complimenti! ^___^) Perciò mi scuserete, anche lei naturalmente, se ho preso un personaggio (peraltro poco inportante) dalla sua, perché non sapevo che nome inventare! Ovviamente i personaggi sono inventati tranne i soliti quattro malandrini! Vi ringrazio tutti in anticipo...ho appena aggiornato...mi raccomando!! Buona lettura(o divertimento ?)Baci, Egwene => **
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Lucius Malfoy, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Severus Piton, Sirius Black, I Malandrini
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Voci…urla…grida…oscurità…luce…sangue…un volto…più nulla. Jillian si svegliò nel letto in infermeria sudaticcia e con un ricordo vivido nella mente. Se era lì vuol dire che non era stato un sogno. Vuol dire che aveva davvero la ferita al braccio, e in effetti era fasciato e sembrava rotto. Vuol dire che Sirius, James e Peter si erano davvero trasformati in tre animali distinti. Vuol dire che Remus si era davvero trasformato…in un lupo mannaro. L’ultima affermazione le aveva fatto male al cuore. All’inizio della scuola pensava di amarlo, poi aveva pensato che fosse solo suo amico. E ora che le faceva male il cuore pensava di amarlo di nuovo. Era in uno stato di shock completo. Come poteva essere davvero un licantropo? E come aveva, anzi, come avevano potuto tenerglielo nascosto? Credeva che ormai fossero davvero amici, credeva che si meritassero la fiducia l’un l’altro e invece…Ma forse, pensandoci bene, neanche lei sarebbe andata a dire a una persona a cui teneva una cosa del genere…A cui teneva?! Stava inventando cose di cui solo lei sembrava essere convinta. A cui teneva…immaginiamoci…però una possibilità c’era. Una su un milione. Scostò le tendine per guardare se c’era qualcun altro, ma l’infermeria sembrava deserta se non per lei. Era ancora notte e pensò di scendere per vedere in che condizioni era. Non appena mise il piede a terra vidi la stanza diventare verde e la testa, come tutto il resto, cominciò a girare senza preavviso, facendola quasi cadere a terra. Le venne addirittura un conato di vomito. Si avvicinò verso una finestra appoggiandosi per non cadere e osservò la luna. Quella maledetta luna che in quel preciso istante odiava più di ogni altra cosa. Sbatté inconsciamente un pugno sul vetro e per poco non urlò quando sentì un gemito provenire da un letto con le tende accostate. In punta di piedi si avvicinò, le scostò e si ritrovò Remus davanti agli occhi. Quasi pianse. Era messo peggio del solito, sembrava che gli fosse passato un tosaerba sopra la faccia. Dei passi nel corridoio…Si catapultò nel letto e finse di dormire rendendosi conto che non aveva riaccostato le tende di Remus. Grosso errore… “ Vede preside?” disse Madama Chips con fare agitato “ Li ho trovati davanti all’infermeria. Naturalmente li deve aver portati qualcuno, ma non ho idea di chi possa essere.” “ Stanno bene?” chiese Silente mentre Jillian vedeva la luce di una candela esaminarla oltre gli occhi chiusi. “ In un certo senso. La signorina Thornton è molto pallida e debole perché ha perso molto sangue, ha un braccio rotto e molte lesioni e contusioni. Il signor Lupin invece è pieno di ferite e aveva anche un pezzo di legno infilato in una gamba.” “ Non credo che per lei sia un problema guarirli, vero?” “ Certo che no” rispose affrettata “ Quello che non riesco a capire è come sia possibile che il signor Lupin si sia trasformato quando la luna brilla ancora così vividamente nel cielo.” “ Non riesco neanch’io a capacitarmene. Forse il fato ha voluto che in questa ragazza ci sia qualcosa che riesce a fermare la trasformazione.” “ Dice che allora è meglio non cancellarle la memoria con un incantesimo?” “ Direi di no. Direi proprio di no.” Rispose Silente con voce argentea “Questa storia potrebbe portare a degli inaspettati sviluppi” e uscirono continuando a parlare. Allora era così? Qualcosa in lei l’aveva fermato. Ma cosa? Quanto avrebbe voluto che lui fosse sveglio ad ascoltare la conversazione, forse non l’avrebbe odiata per il resto della sua vita. Chiuse gli occhi nel tentativo di dormire ma non riuscì. Tutti i pensieri continuavano a turbinarle in testa, oltre all’emicrania, mille domande le venivano in mente, tutte, ovviamente, senza risposta. Forse se avesse avuto meno pensieri nel cervello, si sarebbe accorta che in quel momento non era l’unica in veglia notturna, che non era l’unica che si stava preoccupando. ***** Avrebbe dovuto intuirlo che non sarebbe potuta restare in infermeria per molto tempo, ma non voleva perdere le speranze. Ogni giorno per una settimana erano venute a trovarla Rosy, Grace e Lisa a turno per informarla sui compiti e sugli avvenimenti, ma non succedeva niente da richiedere un resoconto dettagliato. Più che altro si insospettirono di come si era fatta così male. Jillian raccontò infatti di essere caduta per le scale la notte, ricordandosi di aver lasciato una cosa nella sala comune ed era caduta sopra il povero Remus rovesciandogli una sedia in testa. La cosa meno convincente che si potesse inventare. Per i tre giorni che Remus restò in infermeria non si parlarono neanche e quando lo venivano a trovare James, Sirius e Peter lei faceva finta di dormire e loro la evitavano accuratamente. La prima mattina, poi, dovette fare un lungo discorso con il preside sul come e perché si era trovata lì e cosa era successo nei minimi dettagli. Un tormento. Così passarono i giorni e arrivò domenica sera. “ Domani potrai fare ritorno a scuola. Il braccio si deve ancora rinforzare ma le ferite sono guarite completamente o quasi. Non c’è da preoccuparsi, insomma.” le disse sorridente Madama Chips mentre l’aiutava ad infilarsi la camicia della divisa. “ Si, ma…non posso proprio resta qui ancora qualche giorno?” “ Ma mia carta, non ci sarebbe nessun motivo. E poi i tuoi compagni saranno felici di riaverti tra loro!” Siiiii, come no. Non voleva, non voleva e non voleva. Ma non voleva cosa esattamente? Non farsi vedere mai più da quattro persone. Aveva paura delle loro reazioni. Era fermamente convinta che le avrebbero detto di tutto, se non completamente ignorata. Salì le scale distrattamente e urtò contro qualcuno. “ Ma guarda chi c’è!” disse questo qualcuno. Era Alison. “ Che cosa ci fai qui in giro con questo bel tempo? Quei quattro ti hanno già scaricato perché rompevi troppo le scatole? Magari ti hanno rotto loro il braccio? O forse sei davvero così stupida da cadere per le scale?” e scoppiò a ridere glacialmente. “ Ti risponderei volentieri se non fosse per il fatto che non ho voglia di parlare con un’idiota!” e tirò dritto avanti. Tentennò un po’ davanti al ritratto della Signor Grassa finché questa si arrabbiò perché doveva andare a trovare la sua amica Violet qualche piano più sotto. Così le toccò dire la parola d’ordine ed entrare. La sala era ovviamente piena perché ormai fuori faceva buio presto e soprattutto freddo. Questa sarebbe stata l’ultima settimana prima delle vacanze di Natale. Entrò silenziosamente dentro e sgattaiolò su fino alla sua camera dove trovò le altre tre intente a leggere riviste. “ Finalmente sei uscita! Come va?” esclamò Grace vedendola. “ Tutto a posto ma mi gira la testa e credo che non verrò a cena stasera. Mi conviene ripartire direttamente con le lezioni” e fece un sorriso sforzato. Dopodiché dopo un’oretta in cui non fecero niente, le altre se ne andarono, per fortuna di Jillian. Non aveva voglia di dire né fare niente. La cosa era preoccupante. Si ficcò a letto e tirò le tende. Non sapeva cosa fare. Come doveva comportarsi in classe. Fare finta che non fosse successo niente? No. Avrebbe aspettato che facessero loro la prima mossa. Si addormentò escogitando un piano per evitarli e si risvegliò credendo di aver dormito cinque minuti. Non andò nemmeno a colazione ma si preparò davanti alla porta dell’aula di storia della magia. Così dopo una settimana a pensare che questo momento non arrivasse mai, arrivò. E ad un certo punto li vide. Stavano ridendo tra loro, arrivando con il resto della classe. Come aveva previsto non la salutarono né rivolsero gli occhi verso di lei e Jillian sentì il mondo sgretolarsi mentre entrava nell’aula con passo strascicato. Era così triste sapere che non poteva farci niente. Si sedette con Grace e accanto e dietro si sedettero gli altri quattro. Perché l’avevano fatto?! Volevano farla soffrire di più? Il professore cominciò il lungo decalogo sulle leggi dei goblin e la classe iniziò ad assopirsi prendendo qualche appunto ogni tanto. Tranne Jillian. Per distrarsi ascoltava ogni cosa e scriveva ogni minima parola che sentiva, senza badare se qualcuno le parlava o meno. “ Ma mi ascolti?!” le disse più forte Grace. “ Non capisco perché tu ne stia prendendo così tanti, dato che sono inutili…” l’ammonì l’amica “ Cosa? Non è che puoi dirmela dopo sennò perdo pezzi…!” “ Ho capito. La botta ti ha fatto rincitrullire completamente.” Jillian sapeva che la stavano ascoltando, si sentiva osservata, come se aspettassero che facesse un passo falso, ma non voleva dargli un’occasione, nemmeno una. Però…e se le volevano dire qualcosa che non fosse mandarla in quel paese? Doveva capire. E se per farlo avesse dovuto rompere definitivamente i rapporti con loro avrebbe dovuto rischiare lo stesso. Come dice il detto ‘chi non risica non rosica’.
  
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