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Autore: didi93    12/07/2013    1 recensioni
Bella si è appena trasferita a Seattle per allontanarsi da un passato che le condiziona la vita quando incontra Edward, l’unico con il quale sente di potersi aprire. Per un attimo crede di aver trovato nell’amore la sua salvezza, ma anche lui nasconde qualcosa…
Dal cap. 4
Tutto intorno a me era buio. Attesi che i miei occhi si abituassero all’oscurità, scostai piano le coperte e scesi dal letto, evitando accuratamente ogni rumore. Faceva freddo e il pavimento era gelato. Riuscivo a capire dove mi trovassi, era la mia vecchia camera, le pareti ancora dipinte di rosa come quando ero bambina, gli oggetti perfettamente in ordine sugli scaffali. Ogni cosa era uguale a se stessa, tutto esattamente al proprio posto…tranne me.
Dal cap. 7
Mi guardò per un po’ senza parlare, poi, tenendomi le mani sui i fianchi, mi si avvicinò. Credetti che stesse per baciarmi. In realtà volevo che lo facesse, ma non accadde, si fermò a pochi centimetri dal mio viso, accostò la guancia alla mia e mi sussurrò all’orecchio. -Ho una voglia terribile di baciarti.-
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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CAP 15
E' passato un bel pò di tempo ma rieccomi qui;) buona lettura!

Il Natale era volato via senza lasciare traccia, trascorso con Rose e Jasper in un’atmosfera malinconica e sospesa. Non avevo idea di come o con chi l’avessero passato i miei genitori, ormai da due mesi non avevo più loro notizie, né mi andava di tornare a casa. Mancava una settimana esatta all’otto gennaio, il giorno del mio diciannovesimo compleanno e, tra ammiccamenti, discussioni segrete e parole sussurrate, avevo il terribile sospetto che Rose e Jasper mi stessero organizzando una festa a sorpresa.

Ero seduta in cucina, su uno degli sgabelli attorno al bancone, come ogni mattina, intenta a leggere un libro e sorseggiare caffè, quando lo squillo del cellulare mi riscosse. La mia mente corse subito a lui, prima di ricevere l’ennesima delusione.
-Ciao Angela.-
-Ciao Bella! Come va?-
-Bene, grazie.-
-Sei scomparsa, abbiamo provato a telefonarti un sacco di volte ma…-
-Giusto, scusami. Avrei dovuto richiamare…-
-Beh comunque volevo dirti che, se ti va di venire, stasera c’è una festa a casa di Jessica, alle nove.-
-D’accordo, ci sarò.-
-Bene, allora a stasera.-
-Ciao.-  chiusi la chiamata e scacciai dalla mente il pensiero che avrei potuto rivederlo. Mi chiesi se avessi accettato solo per questo motivo. Certo che no! Avevo accettato perché Rose era di nuovo preoccupata per la mia “triste solitudine”, così l’aveva definita.
Era passato un po’ dall’ultima volta che avevo parlato con Edward e, nonostante il dolore che mi aveva causato, nonostante mi avesse dimostrato di non tenere minimamente a me, non riuscivo ad odiarlo e non potevo fare a meno di sperare che stesse bene.

Due ore prima della festa, ero in accappatoio, intenta a svuotare l’armadio alla ricerca di qualcosa da indossare, con una cura assolutamente insolita per me. Niente. Uscii dalla mia stanza e mi diressi in camera di Rose, non avevamo esattamente la stessa taglia, ma avrei trovato qualcosa che andasse bene. Rintracciai un vestito nero con le maniche arricciate a tre quarti lungo fin sopra al ginocchio, era aderente, di tessuto sintetico e fasciava le spalle in uno scollo a barchetta in pizzo ricamato. Perfetto. Lo indossai, legai i capelli in una coda alta e mi ritrovai a fronteggiare il problema delle scarpe, avevo solo scarpe da ginnastica e un paio di ballerine. La porta d’ingresso si aprì. Sentii le chiavi tintinnare mentre venivano depositate nella ciotola e qualcuno salire le scale. Rose entrò in camera mia mentre, indecisa, mi guardavo allo specchio.
-Wow, ti sta benissimo!-
-Non ti dispiace se l’ho preso in prestito, vero?-
-Certo che no.- mi squadrò per un attimo -Manca qualcosa…-
Sparì dietro l’angolo. Tornò con in mano un paio di orecchini lunghi formati da una serie di piccole pietre verde smeraldo e me li porse.
-Sono perfetti con questo vestito! Però sei scalza…-
-Ehm…si, ho solo scarpe da ginnastica…-
-Forse posso aiutarti anche in questo, ho un numero in più rispetto a te, però ho un paio di scarpe eleganti che mi sono sempre state piccole.-
Uscì di nuovo e, al ritorno, depositò sul letto una scatola aperta dalla quale fuoriuscivano un paio di scarpe col tacco nere in vernice lucida.
Le indossai e mi guardai allo specchio. Sembrava non mancasse nulla. Mi stupii dell’immagine riflessa, da tempo non mi importava più di apparire bella, l’unica cosa di cui constatavo i progressi era la mia tristezza. Che cosa stavo facendo? Sapevo bene la risposta, mi preparavo con tanta cura a ricevere un’altra delusione. Era del tutto insensato quello che mi stava capitando, lui mi aveva fatto del male e non riuscivo a non amarlo, per quanto mi sforzassi, anzi, al contrario, vivevo in una perenne attesa, nella continua speranza che cambiasse idea, che mi facesse entrare a far parte del suo mondo.
 
Presi l’autobus e raggiunsi facilmente la casa di Jessica, facendo affidamento sulle indicazioni che mi aveva dato Angela poco prima al telefono. Era una villetta di modeste dimensioni ma molto carina, in legno bianco. Attraversai il cortile, raggiunsi il patio e suonai il campanello.
-Bella!- Jessica comparve sulla porta con un bicchiere di carta in mano avvolta in un vestito rosso scintillante e scollato fino all’inverosimile. –Wow stai benissimo! Finalmente non ti vedo in jeans!-
-Grazie, stai bene anche tu.-
-Dai entra, ti presento gli altri!-
Mi prese sotto braccio e mi condusse in un ampio salone. Al centro campeggiava un tavolo ricolmo di bicchieri di carta, birre e vassoi con ogni genere di tramezzini. In un angolo c’erano qualche sedia e un paio di divani, la musica era alta e la luce soffusa. Una ventina di persone erano sparse qui e lì. Jessica indicò un ragazzo e una ragazza che, nella penombra, non riuscivo a riconoscere, in piedi dal lato opposto della sala. La seguii.
-Ciao Bella! Come va?- esclamò Angela.
-Tutto bene.-
-Lui è Jecob.- mi indicò il ragazzo accanto a lei.
-Sono Jake, piacere di conoscerti.- fece eco lui porgendomi la mano.
-Io sono Bella.-
-Se mi scusate mi allontano un attimo.- disse Jessica mentre il campanello suonava di nuovo.
-Vengo con te.- fece eco Angela.
-D’accordo .Allora Jake vi lasciamo chiacchierare, sono sicura che avete molte cose in comune.- concluse Jessica ammiccando.
Lui rise –Non farci caso.- precisò rivolto a me appena si furono allontanate.
-Tranquillo, non ci faccio caso.-
Mi diedi ad osservare uno per uno i gruppi di ragazzi sparsi nella sala, con la segreta speranza di riconoscere il suo volto.
-Cerchi qualcuno?-
Mi accorsi solo allora che Jacob mi stava osservando.
-No, no nessuno.-
-Da quanto tempo conosci Jessica?-
-Da poco, sono in città da qualche settimana.-
-Lavori qui? O vai qui al college?-
-No, diciamo che sono in vacanza.-
Sorrise. –Beh, beata te allora. Io studio legge, ma farebbe piacere anche a me prendere un anno sabatico. -
-Non lo chiamerei così…-
-Perché?-
-E’un brutto periodo per me, a dire il vero.-  
-Ah…in tal caso mi dispiace.-
-Già, per stasera avevo deciso di non pensarci.-
-Forse in questo posso aiutarti.-
Sorrisi. –E come?-
-Prima di tutto con la mia compagnia.-
Disse questa frase con un tono così falsamente serio che mi fece scoppiare a ridere.
-Ma soprattutto…- continuò – con uno dei succhi di frutta super-alcolici di Jessica.-
-Wow, ci sto.-
-Torno subito.-
Si allontanò  e tornò poco dopo con due bicchieri di carta in mano. Me ne porse uno e assaggiai il liquido fresco e dolce.
-Davvero buono.-
-Come vedi stai già meglio.- sentenziò sorridendo.
Un ragazzo, appoggiato alla parete di fronte, sembrava mi stesse fissando. Sentii una voragine formarsi al posto dello stomaco mentre realizzavo di chi potesse trattarsi. Mi sembrò che stesse venendo nella mia direzione. Jacob disse qualcosa ma non lo stavo più ascoltando.
-Bella, posso parlarti un attimo?- Edward era in piedi di fronte a me, con l’espressione dura e il viso contratto.
-Dimmi.-
-Posso parlarti in privato?-  lanciò a Jecob un’occhiata avvelenata e fiammeggiante.
–D’accordo. Scusami Jake, torno subito.-
Jacob annuì perplesso mentre mi allontanavo insieme ad Edward. Lo seguì fuori dal salone, nella prima delle stanze che davano sul corridoio buio. Chiuse la porta e l’unica illuminazione rimase quella della luce lunare che invadeva la camera attraverso i vetri del balcone.
-Che stai facendo?- chiese senza lasciar passare neppure un secondo.
-Non so di che parli.-
 –Si, certo.- disse sarcastico.
-E non so neanche che ci faccio qui.-
Feci per andarmene ma mi trattenne per un braccio.
-Chi era quel tipo?-
-Non credo siano affari tuoi.-
-Non c’è stato niente tra di noi? Non ha contato niente per te?-
Non riuscii a rispondere, quelle parole facevano male anche a me.
-Io sto impazzendo…- disse in un sibilo.
-Tu mi hai allontanata da te Edward e, onestamente, non vedo qual è il problema, non mi sembrava che ci tenessi così tanto a me. Mi hai presa in giro, anche se sapevi che stavo già male.-
Mi prese il viso tra le mani avvicinandosi pericolosamente  –Hai ragione.- disse appoggiando la fronte alla mia.
Mi appoggiai al muro, convinta che di lì a poco avrei perso l’equilibrio.
-Bella?-
-Sì?-
-Tu non ci crederai e hai tutto il diritto di odiarmi, ma non sai quanto mi dispiace.-
I suoi occhi si specchiarono nei miei e mi baciò. La sua lingua si spingeva a fondo alla ricerca della mia. Ricambiai il bacio stringendo tra le mani i suoi capelli, mentre respiravo di nuovo il suo profumo.
Si allontanò da me come per esaminare la mia reazione.
-Ti odio.- dissi con tutta la cattiveria che potevo.
 –Si, anch’io ti odio. Vorrei sapere che incantesimo mi hai fatto Bella!-
Le sue labbra si posarono di nuovo insaziabili sulle mie, le nostre lingue si volevano, si cercavano si intrecciavano e le sue mani percorrevano con foga la mia schiena. Mi sollevò da terra, gli allacciai le gambe intorno alla vita e la sua bocca si spostò sul mio collo, quasi sembrava che mi divorasse e la cosa non mi dispiaceva affatto. La sua mano si insinuò al di sotto del mio vestito, fino a slacciare il gancetto del reggiseno, sfiorò la mia pelle nuda ed ebbi un fremito. Sorrise mentre continuava a baciarmi. Mi prese in braccio e mi ritrovai d’un tratto sdraiata su quello che doveva essere un divano. Sentivo il suo peso sopra di me e mi sollevai per ritrovare le sue labbra mentre mi accarezzava la coscia, spostandosi pian piano all’interno, sempre più su. Sentii la sua mano calda sull’ombelico mentre le dita si insinuavano lentamente al di sotto della stoffa dei miei slip. Un misto di confusione e paura albergava ancora in un piccolo angolo della mia mente e un residuo di ragione mi  implorava di fermarlo, mentre con tutto il resto di me stessa disperatamente volevo che continuasse.
-Aspetta.- disssi con un filo di voce.
Si fermò e sollevò la testa per guardarmi, ma la stanza era troppo buia perché potesse vedere chiaramente il mio viso.
-Che succede?-
-Tu non provi niente per me e mi chiedo come mi sentirei domani.-
Si spostò e mi rimisi in piedi.
–Sembra che riesca sempre a distruggere tutto ciò che amo Bella.-
-Forse dovresti farti una domanda…-
-Cioè?-
-Se non provi niente per me perché ti comporti così?-
Scosse piano la testa.
-Devo andarmene.-
-Aspetta.- disse in un sussurro.
Uscii senza rispondere e mi rifugiai nella stanza di fronte chiudendo a chiave la porta. Accesi la luce. Era una camera da letto. Mi misi a sedere su una poltrona in velluto verde e respirai profondamente per calmarmi. Cosa stavo facendo? Il pensiero di tutto quello che era successo, che sarebbe potuto accadere, mi avrebbe torturata per un bel po’ e avrebbe accompagnato a lungo il mio perpetuo senso di colpa. Quando il respiro si regolarizzò mi alzai e mi diressi verso lo specchio appeso alla parete opposta. Esaminai attentamente la situazione. Un disastro ovviamente. Risistemai il vestito e sciolsi la coda. Non sapevo quanto tempo fosse passato ed era il caso che riapparissi alla festa. Feci un respiro profondo e uscii dalla stanza.
Jessica mi venne incontro appena entrai nel salone.
-Bella, dov’eri finita?-
-Ero uscita un attimo per…rispondere al telefono.-
-Tutto bene? E’ successo qualcosa?-
-No, niente di importante.-
Fui lieta che non avesse notato il rossore sul mio viso e passai in rassegna i presenti. Lui non c’era.
-Edward è andato via poco fa, aveva un’aria strana…- mi rivolse uno sguardo indagatore.
Le mie guance si accesero di più e questa volta Jessica non se lo lasciò sfuggire, ma non ebbe il tempo di dire nulla.
-Tutto ok Bella?- chiese Jake che, nel frattempo,ci aveva raggiunte.
-Certo.- abbozzai un sorriso.
-Beh Jess io vado, domani mi tocca alzarmi presto.- disse rivolto a Jessica.
-Vado via anch’io, sono un po’ stanca.- aggiunsi.
-Posso darti un passaggio se vuoi.- continuò Jacob.
-Se non è un problema, accetto volentieri.-
  
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