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Autore: risakoizumi    13/07/2013    2 recensioni
La mia breve vita è stata un susseguirsi di momenti di gioia e infelicità.
La sofferenza è quella che ricordo meglio e che è stata al centro delle mie giornate per lungo tempo.
Una volta ero soltanto l’ex ragazza di Sam dal cuore spezzato e che nessuno sopportava.
Adesso mi sento una persona diversa.
Sono più forte, sento che niente può distruggermi. Sono padrona della mia vita. La triste e collerica ragazza di La Push si è trasformata in una persona nuova.
Osservo il ragazzo che sta in piedi accanto a me. I suoi occhi sembrano sorridermi, come sempre.
"Sei pronta?" mi chiede, prendendomi per mano.
"Sì". Ricambio la sua stretta sicura e familiare.
Il momento è arrivato, ma non ho paura. Santo cielo, sono Leah Clearwater! Dovrebbero essere loro ad avere paura di me!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Sento bussare forte alla porta e mi sveglio di soprassalto. Mi alzo dal divano e sono già pronta a reagire in un secondo: il cellulare cade a terra. Ops. Lo prendo e lo poso su un tavolino accanto al divano, mentre qualcuno continua a bussare insistentemente alla porta. Stavo sognando Sam, come sempre: non riesco a tenerlo fuori dalla mia testa nemmeno quando dormo. Mio fratello mi ha permesso di dormire quando era quasi l’alba, ha voluto sapere proprio tutto quello che è successo nei minimi dettagli e ha fatto un sacco di domande alle quali non ho saputo dare delle risposte. A giudicare dalla luce schermata dalle tende, ora deve essere pieno giorno. Apro la porta stropicciandomi gli occhi. Con il volto sorridente e lo sguardo luminoso c’è Alex sulla soglia. Appena mi vede gli sfugge un verso di spavento. << Che orrore! >> esclama.
Aggrotto le sopracciglia e gli sbatto la porta in faccia. Riprende a bussare.
<< Non voglio farti spaventare di nuovo aprendo la porta >> dico tranquilla sdraiandomi sul divano.
<< Leah! Scherzavo, su! Apri!  >>.
<< No >>.
<< Apri! >>.
<< No! >>.
Lo sento allontanarsi. Bene, se n’è andato. Che insolente, come osa dirmi “che orrore”? Nemmeno ci conosciamo! Ecco di nuovo dei passi che si avvicinano.
<< Oh no, sei ancora qui? >> mi lamento.
Una chiave gira nella serratura e la porta si apre. Riecco Alex, con quel sorriso a trentadue denti.
<< Non ti sarai offesa, spero… ehi, bel pigiama. Non l’avevo notato >>.
<< Ma no, figurati. Evviva la sincerità! >> dico a denti stretti.
<< La verità, anche se dolorosa, è sempre meglio di una bugia >>.
<< Io penso che ti manchi qualche rotella >>.
<< Grazie! Visto? Non ti senti meglio dicendo quello che pensi? >>.
Mi alzo in piedi, mettendomi di fronte a lui e faccio un verso di scherno. << E che sei piuttosto bassino >>.
<< Grazie, anche se vorrei precisare che sono alto un metro e ottantatré centimetri quindi, forse … >>.
<< E che questi capelli ricci ti diano un’aria un po’ femminile >>. In realtà gli stanno benissimo: invidio i suoi ricci neri.
<< … sei tu che sei troppo alta per essere una ragazza. Un’aria femminile? Grazie, tutti mi dicono che ho un viso angelico >>.
<< Sicuro di essere un maschio? Sai, ti ho visto parecchio dal momento che sfoggiavi la tua nudità con tanta noncuranza, non vorrei offenderti ma sento di dover dire la mia sulla tua virilità… >>. In realtà la sua virilità è appostissimo, ma avendo offeso il mio orgoglio mi sento in dovere di ricambiare.
M’interrompe bruscamente. << Adesso stai offendendo anche la mia virilità? >> esclama con tono piccato. << Bene. Credo che questa storia della verità ti abbia dato alla testa >>.
<< Mi sembra di ricordare che abbia iniziato tu >> affermo soddisfatta. I ragazzi sono tutti uguali: basta fare strane insinuazioni sui loro attributi ed è fatta.
<< Che ne pensi di una tregua? >>.
<< Devo pensarci su >>.
<< Dai, ti ho persino portato la colazione! >>. Esce in corridoio e rientra spingendo un carrello con un vassoio.
Incrocio le braccia al petto alzando un sopracciglio soltanto.
<< Cos’è quello sguardo scettico? Ti assicuro che non c’è veleno di vampiro dentro >>.
Il mio stomaco, forse stimolato dal profumo proveniente dal vassoio, inizia a brontolare.
<< Direi che la nostra tregua è iniziata allora. Sto morendo di fame >> ammetto.
Alex mi porge il vassoio prendendolo dal carrello e io lo afferro sedendomi all’elegante tavolino rotondo di fronte alla finestra. Ci sono una tazza di cioccolata fumante, una tazza di latte freddo, croissant di ogni tipo, marmellata, pane, burro, pasticcini, cereali, toast e burro d’arachidi. Inizio a mangiare dimenticando quasi la presenza di Alex, che apre le tende, facendo entrare la luce del sole in quella lussuosa suite e che poi si siede su un bracciolo del divano a osservarmi. Mi ingozzo di quel delizioso cibo, ignorandolo.
<< Continuando così finirai per strozzarti >> mi rimprovera divertito.
Scrollo le spalle. << Non so se sai cosa voglia dire morire letteralmente di fame >>. Non aggiungo altro perché il richiamo del cibo è troppo forte.
<< Lo so benissimo, fidati. Sono in giro da un bel po’>>.
Continuo a mangiare senza dire nulla.
<< E così ieri sera mi hai salvato. Non l’avrei mai detto che nel corso della mia esistenza un giorno una ragazza mi avrebbe soccorso … >>.
<< Sottovaluti il nostro sesso >>.
<< Può darsi. Sono un tipo all’antica >> scherza.
<< Questi croissant sono buonissimi! >> non riesco a trattenermi dall’esclamare.
Alex ridacchia. << Certo che lo sono. Dopotutto ti trovi in uno dei più lussuosi hotel dello stato >>.
Quando ingoio l’ultimo boccone e tracanno l’ultima goccia di latte, mi riposo. Mi sento sazia, molto sazia.
<< Caspita, scommetto che ti hanno cacciato da casa perché non ne potevano più di sfamarti >>.
<< Come fai a dire che mi hanno cacciato da casa? >>.
<< Andavi in giro tutta sola per San Francisco con uno zaino. Hai detto che ci sono altri due branchi, ma tu non sei con loro a quanto pare. In questa città non ci sono mai stati mutaforma. Allora ne ho dedotto che fossi stata cacciata o fossi scappata >>.
<< Che bravo, allora hai un po’ di cervello, non ci avrei mai scommesso su >>.
<< Sei fortunata ad avere incontrato un ragazzo che, oltre a essere bello, ha anche un gran cervello. Non ne esistono molti, sai >>.
<< Hai ragione, queste sono le fortune della vita. Sto per commuovermi per la gioia >>.
<< Se vuoi ti lascio un po’ da sola per darti il tempo di riprenderti >>.
<< Mi sono già ripresa >>.
<< Pur di non stare lontana da me fingi di esserti già ripresa. Ora sono io quello commosso >>.
<< Se vuoi puoi andartene tu allora … sai, giusto il tempo di riprenderti. Prenditi tutto il tuo tempo che vuoi, eh! >>.
Alex ridacchia. << Allora ti hanno cacciato? >>.
<< Abbiamo fatto tutta questa inutile conversazione per ritornare al punto di partenza? >>.
<< Già >>.
Sospiro pesantemente. << Sono fuggita da casa >> confesso a malincuore.
<< Perché ? >>.
<< Per cambiare aria >>.
<< Da dove vieni? >>.
<< Forks. Stato di Washington >>.
Alex annuisce pensieroso. << Ne ho sentito parlare. Ho sentito dire che i Volturi sono venuti a Forks lo scorso inverno a causa della trasformazione di una bambina in vampiro >>.
<< E’ vero, sono venuti >>.
<< Quindi c’è stato uno scontro con i Volturi? >>.
<< Noi e altri succhiasangue avremmo dovuto combattere contro i Volturi, ma non c’è stata nessuna battaglia alla fine >>.
<< Cosa? Voi e i succhiasangue? Vi siete alleati con i succhiasangue? >> chiede sbalordito.
<< Sì >>.
<< Perché?>>.
<< Stai facendo decisamente troppe domande >>.
<< Sto solo cercando di capire chi sto ospitando. Hai presente quella faccenda di non fare entrare a casa degli sconosciuti? >>.
<< Questa non è una casa, è un hotel. E’ pieno di gente sconosciuta >> obietto.
<< Per me lo è. Io ci vivo >>.
<< Vivi in un hotel? >>.
<< Diciamo di si >>.
<< Che bugiardo. Avevi detto che non volevi portarmi a casa tua o cose del genere e invece è proprio quello che hai fatto >>.
<< Mai fidarsi di un uomo >> confessa, strizzandomi l’occhio.
<< E il tuo amico – hai detto che l’hotel è di un tuo amico o mi sbaglio?- è d’accordo? >>.
<< Certamente. In realtà non è un mio amico, è mio padre >>.
<< Tuo padre? Questo posto è di tuo padre? >>.
<< Sì >>.
Mi alzo dalla sedia e esco fuori, nella veranda. Alex mi segue. Quasi non ci credo, c’è una lussuosa piccola piscina proprio fuori dalla suite. Quella non è una veranda, sembra un giardino; un giardino a decine di metri dal suolo, fuori da una suite. Oltrepassando le sdraio, la piscina e quel magnifico giardino, mi affaccio dalla balaustra. C’è una vista mozzafiato: da una parte la città e dall’altra l’oceano.
<< Mi stai forse dicendo che questo posto è tuo? >> chiedo alzando un po’ la voce.
Si mette al mio fianco, appoggiando le mani sul davanzale.
<< Scommetto che adesso ti sembro più affascinante >>.
Emetto un lamento. << Ecco l’ennesimo figlio di papà viziato >>.
Alex ridacchia. << E’ vero: siamo dannatamente ricchi. Abbiamo molti lussuosi hotel sparsi per gli U.S.A. e un po’ in giro per il mondo >>.
<< Non oso immaginare quanto costi una notte in queste suite >>.
<< Per chi mi salva la vita è gratis >>.
Resto in silenzio a osservare la città. Una leggera e piacevole brezza marina mi scompiglia i capelli.
<< Mi stai dicendo che posso stare qui gratis? >>.
Annuisce. << Per tutto il tempo che lo desideri. Anche per decenni se vuoi >>.
Sorrido, guardandolo di sottecchi. Ha il viso rivolto verso il panorama della città di San Francisco.
<< Attento, potrei seriamente prendere in considerazione l’offerta >>.
<< Sono serio. Però … >>.
<< C’è un però? >>.
<< Vorrei sapere cosa ti ha portato qui, a San Francisco >>. Gira il viso per guardarmi intensamente.
<< Chiamalo pure fato >>. Continua a fissarmi, senza sbattere ciglio.
Mi mordo il labbro inferiore e incrocio le braccia al petto. << Sono partita perché non potevo continuare a vivere lì. Il fatto che io sia venuta proprio in questa città è stato un caso >>.
<< D’accordo mi farò bastare questo per ora >>. Arriccia le labbra insoddisfatto.
Rientriamo dentro. Alex si butta sul divano, prende un telecomando, preme un pulsante e da un mobile esce un enorme televisore a schermo piatto.
<< Sono quasi le undici! E’ tardi! >> esclamo guardando un elegante orologio a pendolo vicino al televisore.
<< Non credevo che avessi da fare considerando che se non ti avessi svegliato io staresti ancora dormendo >>.
Lo ignoro. << Devo uscire >>.
<< Per fare cosa? >>.
<< Che ti importa?! >>.
<< Perché devi fare la difficile con ogni domanda che ti faccio? >>.
<< Fai troppe domande! >>.
<< Ti aspetto qui >>.
<< Non credi di essere un po’ invadente? >>.
<< Naaa >>.
Mi infilo in bagno e mi vesto, indossando una maglietta rossa e un paio di jeans. Ops, sono senza scarpe! Mi sciacquo il viso, mi lavo i denti e mi spazzolo i capelli. Quando esco dal bagno Alex è ancora sdraiato sul divano. Si alza e mi guarda indicando un giornale che tiene in mano. << Cerchi lavoro? >>.
Scatto in avanti e glielo strappo dalle mani. << Dove l’hai preso? >>.
<< Dal tuo zaino … >>.
<< Frughi tra le cose della gente? >> chiedo basita.
<< Lo zaino era aperto e il giornale era quasi caduto fuori, non lo definirei “frugare” >>.
<< Mi fai saltare i nervi >>. Stringo i denti.
<< Perdi la pazienza troppo facilmente! Hai presente quella cosa chiamata autocontrollo? >>.
<< Hai presente quella cosa chiamata privacy? >>.
<< Hai presente quelle cose chiamate scarpe? Sei scalza >>. Indica i miei piedi. E ora cosa c’entrano le scarpe?
<< Già, le ho rotte quando mi sono trasformata per salvarti il culo! >>.
<< Te ne comprerò un paio nuove >>.
<< Non ce n’è bisogno >> dico calmandomi.
<< Se stai cercando lavoro vuol dire che hai bisogno di soldi, no? >>.
<< Non ho bisogno di soldi, voglio trovare un lavoro perché è così che fanno le persone che non sono ricche per vivere in questo mondo. Ho dei soldi, ma si finiranno, prima o poi >>.
<< Questa mi sembra una frecciatina rivolta a me … allora è vero che stai cercando lavoro! >>.
<< Sei esasperante! >>.
<< Grazie >>.
<< Non è una cosa positiva >>.
<< Per me lo è >> ribatte. << Quel pigiamino con i coniglietti era davvero carino. Perché l’hai tolto? >>.
Prendo un cuscino e glielo tiro. Lo afferra al volo.
<< Pessima mira. Davvero sei un essere sovrannaturale? >>.
Prendo un vaso e glielo lancio più forte. Lo ferma appena in tempo, a un millimetro dal naso.
<< Come non detto >>. Scuote la testa. << Che caratteraccio! Vieni con me, ti presento il proprietario dell’hotel >>.
<< Intendi tuo padre? >>.
<< Sì. Gli ho già parlato di te e vuole conoscerti >>.
<< Uhm, ok >> dico perplessa.
Usciamo dalla suite.
Persino ora che è giorno quel piano dell’hotel mi sembra poco movimentato.
<< Non ci sono altre persone qui? >>.
<< Non mettiamo mai gli ospiti in questo piano. Qui ci viviamo >>.
Giriamo più e più volte per i corridoi; sembra un labirinto infinito. Infine arriviamo davanti a una porta con una targhetta: Thomas Harvey. Alex apre la porta senza bussare e entra, facendomi cenno di seguirlo. Quella stanza è un ufficio, ci sono scaffali e scaffali di libri, diverse poltrone nere davanti a una lunga scrivania color mogano, una grande finestra dietro la scrivania. La stanza è molto elegante ma c’è un po’ di disordine: fogli, penne, libri aperti. Un forte odore di inchiostro e di vecchi tomi impregna l’aria. Un giovane uomo, seduto su una sedia di pelle nera dietro alla scrivania, alza lo sguardo dal computer con un cipiglio.
<< Alex, quando imparerai a bussare? >> sbotta con una voce burbera.
<< Papà, ti ho portato la nostra ospite >>.
Papà? Sembra suo fratello non suo padre.
L’uomo si alza, la sua fronte si distende e un sorriso compare sulle sue labbra. E’ giovane, sulla trentina: ha i capelli biondi corti e gli occhi simili a quelli di Alex ma azzurri. Sembra una persona estremamente calorosa. Fa il giro della scrivania e si piazza davanti a me.
<< Leah! Che piacere! >>.
<< Ehm … >>.
<< Ti presento mio padre, Thomas Harvey! >> mi dice Alex.
Thomas prende la mia mano. << Ti sono grato per aver salvato quello scavezzacollo di mio figlio. Tende a essere piuttosto impulsivo. E’ da decenni che cerco di insegnarli un po’ di buon senso. Poi ultimamente è proprio peggiorato … >>. Thomas si ferma all’improvviso, fulminato dallo sguardo ammonitore che gli sta lanciando il figlio.
<< Allora cosa possiamo fare per te? >> chiede gentile, lasciandomi la mano.
<< Le ho già detto che può stare qui tutto il tempo che vuole >> mi anticipa Alex, facendo girare distrattamente un mappamondo sulla scrivania.
<< Ottimo! >>.
<< Non credo che rimarrò molto >> intervengo, sentendomi un po’ a disagio.
<< Come ha detto Alex, puoi restare quanto vuoi. Qualsiasi cosa ti serva basta chiedere. Ti serve qualcosa? >>.
Faccio per dire di no ma Alex mi precede. << Le serve un lavoro. Oltre a delle scarpe nuove >>.
<< Un lavoro? Perché ? >> chiede perplesso Tom.
Che razza di domanda è? Mi serve per guadagnare soldi!
<< Dice che lei non è nata ricca e quindi le serve un lavoro. Credi che si riferisse a me con questa frase, papà? >>.
<< Possibile >> dice Tom ridacchiando.
<< C’è un posto qui, no? >>.
<< Lo possiamo trovare >>.
<< Ehm, scusatemi se vi interrompo, ma mi sento leggermente estromessa dalla conversazione >> prorompo.
Alex e Tom si lanciano uno sguardo complice, ridendo. Credo che la risata sia una prerogativa di questa famiglia.
<< Cara Leah, se hai bisogno di soldi basta chiedere! L’incolumità di mio figlio vale parecchio >>.
<< Non si preoccupi signor Harvey … >>.
<< Chiamami Tom, odio le formalità >>.
<< Non preoccuparti Tom, preferisco lavorare che avere del denaro senza fare nulla >>.
<< Sei sicura? Perché noi … >>.
<< Insisto >> lo interrompo, in fretta.
<< E’ raro trovare ragazzi così volenterosi al giorno d’oggi! >> esclama ammirato Tom.
Gli sorrido debolmente.
<< Allora avrai il tuo lavoro! Puoi iniziare quando vuoi >>.
<< La ringrazio! Questo pomeriggio va bene? >>.
<< Certo! Piuttosto, Alex mi ha detto che sei una mutaforma, è vero? >>. I suoi occhi brillano di curiosità.
<< Sì >>.
<< Papà, non mi credi? >> esclama offeso Alex.
<< In più di trecento anni non ne ho mai incontrati, scusa se ho i miei dubbi! >>.
<< Trecento? >>.
Padre e figlio mi guardano. << Sì, siamo piuttosto giovani >> dice Tom. Giovani? Io direi vecchi decrepiti.
<< Anche se mio padre ama togliere anni dalla sua età! Ne ha quasi quattrocento in realtà! >> aggiunge Alex.
Tom sospira lanciando un’occhiataccia al figlio. << Anche tu ti stai avvicinando ai quattro secoli >>. Poi torna a guardare me. << Leah, sono davvero curioso. Stasera ceneremo insieme, vorrei saperne di più, se non ti dispiace >>.
Annuisco stranita. << Va bene >>.
<< Bene papà, adesso noi andiamo, ti lasciamo al tuo lavoro >>.
<< Grazie. A dopo Leah, è davvero un piacere averti con noi al Tom’s >> mi sorride bonario e si risiede alla sua scrivania.
<< Grazie a te, Tom >>.
Alex ed io usciamo dall’ufficio chiudendo la porta alle nostre spalle e ci dirigiamo verso l’ascensore.
<< Sembri pensierosa >>.
<< Tuo padre ha quattrocento anni? E’ un licantropo, vero?  Sembra simpatico >>. Anche Tom aveva quel particolare e indescrivibile odore che ho sentito la sera prima quando ho incontrato Alex.
<< Certo che lo è. Ha trecentosettantasette anni, per l’esattezza. Non farti ingannare dal suo affascinante e affabile aspetto, la verità è che è stato un padre crudele >> rivela in tono melodrammatico.
<< Non dimostra i suoi quasi quattrocento anni >> scherzo. << Piuttosto io direi che non è stato abbastanza crudele visto il risultato che ha ottenuto con te >>.
<< Che cosa vorresti insinuare? Ok la smetto, in realtà siamo molto legati ed è stato un ottimo padre >> sussurra Alex, << ma non dirglielo o si monterebbe la testa >>.
<< Manterrò il segreto >> bisbiglio solennemente.
<< Spero di potermi fidare di te >> mormora Alex.
<< Fai bene a dubitare. Perché stiamo continuando a sussurrare? >>.
<< Non lo so >>. La voce di Alex è a stento udibile.
<< Fine del momento dei sussurri. A proposito: ma tu quanti anni hai se tuo padre ne ha quasi quattrocento? >> chiedo con tono normale. Tutto quel sussurrare mi stava facendo saltare i nervi.
 Scrolla le spalle. << Io ne devo compiere trecentoquarantasei >>. Sta ancora usando un filo di voce.
<< Caspita! Puoi smetterla di sussurrare? >>.
Ride. << Vuoi forse dirmi che tu hai l’età che dimostri? >> chiede scettico smettendo finalmente di mormorare.
<< Veramente ho meno anni di quelli che dimostro >>.
<< Cosa? >> esclama incredulo.
Finalmente prendiamo l’ascensore e, mentre scendiamo, entrano molti ospiti, così non possiamo continuare la conversazione. Arriviamo a piano terra: la hall è strapiena, gente alla reception, gente che esce, uomini e donne dall’aspetto facoltoso che si aggirano in tutte le direzioni. Alex fa un cenno di saluto a due donne e a un uomo della reception – non c’è più Jack- e usciamo all’aria aperta.
Il licantropo riprende la conversazione. << Quanti anni hai? >>.
<< Ne devo fare ventuno ma fisicamente, da quando mi sono trasformata, ne ho venticinque >>.
<< Sei una bambina! >>.
<< E tu sei un vecchio >>.
La fossetta spunta sulla guancia di Alex. << Io avrò ventuno anni per sempre >>.
<< Sono più grande di te! >>.
Alex mi lancia uno sguardo perplesso.
<< Intendo fisicamente >>.
Scoppia a ridere.
<< Non c’è niente da ridere >>.
<< Sì, invece >>.
<< No >>.
<< Cammini scalza adesso? >> mi chiede cambiando discorso.
<< Non preoccuparti, ho la pelle dura. Non dimenticarlo >>.
Un taxi si ferma davanti a noi e una donna bionda, che indossa degli occhiali scuri e un vestito rosso corto con dei tacchi dello stesso colore, scende dall’auto. Un uomo prende le sue valigie dal taxi. La donna si toglie gli occhiali e lancia uno sguardo d’apprezzamento a Alex, che ricambia l’occhiata, poi entra nell’hotel. Alex la segue con gli occhi fin quando non scompare oltre la porta girevole.
<< A qualsiasi razza apparteniate voi componenti del sesso maschile siete tutti uguali >>. Scuoto la testa disgustata.
<< Siete voi componenti del sesso femminile che con le vostre tecniche di seduzione ci tentate >> ribatte Alex. Iniziamo a incamminarci lungo il marciapiede.
<< Io non ho mai usato alcuna tecnica di seduzione >> dico sprezzante.
Alex sghignazza, tanto per cambiare.
<< E ora cosa ci trovi di tanto divertente? >>.
<< Proprio non ti ci vedo con dei tacchi mentre sperimenti delle tecniche di seduzione, sei così piccola! Ah scusami, fisicamente sei più grande >> mi prende in giro.
<< Va al diavolo >>.
Camminando arriviamo in un negozio vicino: Alex mi compra delle scarpe da ginnastica, insistendo per pagarle lui. Le metto subito.
<< Grazie, ma non ce n’era bisogno >>.
<< Le hai rotte per colpa mia >>.
Siamo a metà settembre ma la temperatura è abbastanza alta; il sole illumina la città prepotentemente, riscaldandola. Camminiamo lungo il marciapiede affollato di gente di ogni tipo, ognuno alle prese con i propri problemi e le proprie preoccupazioni, tutti troppo indaffarati per guardarsi attorno a osservare il mondo. E intanto il loro tempo passa e non potranno averlo più indietro.  Forse dovrei essere io quella fortunata: ne avrò anche troppo di tempo da passare in questo mondo. Eppure per me non è così: la vita è una continua sofferenza senza fine intervallata da pochi istanti di felicità. In fondo cos’è la felicità se non la temporanea mancanza di dolore? Queste persone intorno a me sono fortunate, non io: grazie alla loro umanità, che una volta possedevo anche io, porranno fine alle loro pene molto tempo prima di me, se mai mi sarà concesso di morire. Invecchierò mai? Potrò mai amare qualcuno quanto amo Sam? Potrò mai avere dei figli e vederli crescere? Tutte le risposte a queste domande che rimbombano nella mia mente sono uguali e riassumibili in un unico e semplice monosillabo: no. Ma ho ancora la speranza: forse un giorno riprenderò possesso della mia vita e della mia umanità e non sarò più un animale e un vicolo cieco della sopravvivenza della specie. Sono proprio pessimista, quanta amarezza nella mia ancora breve vita!
<< Sono piuttosto affamato, ti va di fermarci a mangiare qualcosa? >> chiede Alex.
<< Ok >>.
Entriamo in un fast food e ci sediamo in uno dei pochi e stretti tavolini rossi liberi.
Una cameriera con una divisa rossa e un grembiule bianco si avvicina per prendere le ordinazioni. Alex ordina una quantità immane di cibo.
<< Sei una ragazza carina. Come ti chiami? >> le chiede dopo aver ordinato, guardandola come se fosse l’unica in quell’affollato locale. Come fa a guardarla così? Quello è lo sguardo con cui mi guardava Sam. La differenza è che quello di Alex è finto, quello di Sam era sincero. Ecco, sto di nuovo pensando a Sam.
La ragazza arrossisce e ridacchia. << Janna >>.
<< Janna, uno splendido nome. Sono molto affamato, ti sarei davvero molto grato se ci portassi tutto più in fretta possibile >> le strizza l’occhio, sorridendo.
<< Come desidera >>. Rossa in viso e con il cuore in tumulto - lo sento benissimo - Janna si affretta verso la cucina.
Ancora sorridendo, Alex si gira a guardarmi. E’ seduto di fronte a me e io scuoto la testa.
<< Perché scuoti la testa? E’ vero che sono affamato >>.
<< Janna, uno splendido nome >> lo imito sfottendolo.
<< Sei invidiosa perché invece ho definito il tuo nome insignificante? >> chiede avvicinandosi impercettibilmente.
Mi avvicino anche io a lui. << Non immagini quanto. Sto morendo di invidia >>.
<< Secondo me fai un eccessivo abuso del sarcasmo >>.
Scrollo le spalle, allontanandomi.
<< Adesso riprendiamo il discorso di prima >>.
<< Che discorso? >>.
<< Perché non avete combattuto contro i Volturi? Come avete evitato la battaglia?  >>.
Sospiro pesantemente. << La bambina non era un vampiro. Era un ibrido umano- vampiro >>.
Alex aggrotta le sopracciglia, confuso.
<< Ti spiego: nella nostra cittadina di Forks vivono dei vampiri che hanno deciso di non nutrirsi di umani, ma di bere sangue animale. La nostra comunità di mutaforma anni fa fece un patto con loro: non li avrebbero uccisi se non avessero mai morso un umano. Così noi conviviamo pacificamente con questo clan di succhiasangue >>.
<< Convivete … pacificamente … con i succhiasangue? >>. Sembra sconvolto.
<< Già, non credere che sia facile, fanno un odore nauseante! A proposito, tu lo senti? >>.
<< Sì, fanno puzza anche per me >> risponde affascinato.
Torna la cameriera a interromperci, con un vassoio pieno di cibo ipercalorico. Alcuni dei tavoli accanto ci lanciano delle occhiatacce: ci ha serviti prima nonostante siamo arrivati dopo. Chissà perché.
<< Serve altro? >> chiede la cameriera guardando tuttavia solo Alex. Forse non si è nemmeno accorta che si sono anche io.
<< Per ora può bastare, grazie >>. Le prende la mano e le da un bacio sul dorso. La ragazza sembra sul punto di svenire. Si allontana tremante. Scoppio a ridere.
<< Che cos’hai da ridere tu? Te l’avevo detto che sono un conquistatore nato >>. Inizia a mangiare compiaciuto.
<< Niente >> rispondo, quasi senza fiato per le risate. Sgranocchio le patatine, le porzioni sono molto abbondanti. << Sei davvero utile. Guarda che porzioni ci ha portato >>.
<< Devo pur sfruttare in qualche modo tutta questa bellezza >>.
Faccio una smorfia.
<< Allora mi stavi raccontando questa storia dei Volturi, se non mi sbaglio >> prorompe, impaziente.
Ancora con questa storia. Prima gli dirò tutto, prima potrò lasciarmi alle spalle quel covo di rincretiniti di Forks. << Te lo dirò il più brevemente possibile, poi preferirei non parlarne più. Questi vampiri, mangiatori di cervi e animaletti vari, non uccidono gli umani. Uno di loro ha addirittura sposato un’umana, perché se ne è innamorato. Il succhiasangue e l’umana hanno avuto la fantastica idea di consumare il matrimonio e lei è rimasta incinta – non chiedermi dettagli tecnici su questo perché non li so e non ci tengo a saperli. Dicevo, hanno fatto sesso, lei è miracolosamente sopravvissuta, ha avuto una figlia che è uscita da  in maniera molto cruenta. Dopo il parto, se così si può definire quel macello, lei stava morendo ma sono riusciti a farla diventare una succhiasangue, e così hanno potuto formare una famigliola felice. I Volturi però hanno saputo della piccola succhiasangue e sono arrivati per ucciderla perché i bambini immortali sono vietati, eccetera eccetera. Tuttavia lei lo è solo per metà. Siamo riusciti a non combattere perché la famiglia del mostriciattolo ha chiamato noi mutaforma come alleati e altri succhiasangue per testimoniare che il mostriciattolo cresceva come un normale umano. I Volturi avrebbero voluto distruggerci lo stesso, ma a quanto pare sono più vigliacchi di quanto credessimo perché si sono spaventati per l’esercito estremamente talentuoso che abbiamo messo su, così se ne sono andati. Fine della storia >>.
Do un morso a un grosso cheeseburger, mentre Alex mi fissa come cercando di assimilare tutte le informazioni. Apre la bocca un paio di volte e poi la richiude.
<< Quei succhiasangue non hanno violato il patto trasformando l’umana? Voglio dire, l’hanno morsa, no? Anche se era una situazione particolare >>.
<< Sei più sveglio di quanto pensassi >> borbotto.
<< Come mai non avete ucciso voi per primi quella specie di ibrido? >> insiste Alex.
Mi tocca parlargli dell’argomento che per me è il più doloroso di tutta la faccenda.
<< Non abbiamo potuto perché quel deficiente del mio alpha ha avuto un imprinting con lei >> dico in tono tetro.
<< Un imprinting? Esistono davvero? Wow! >>. Sembra entusiasta.
<< Sì, esistono, e ti assicuro che non sono affatto rari come narrano le leggende. Praticamente tutti hanno avuto il maledetto imprinting >>. Le mie parole suonano amare alle mie stesse orecchie.
<< L’imprinting è una specie di colpo di fulmine, no? >>.
<< No, l’imprinting è una stronzata che la natura ha inventato per non so quale perverso motivo >>. In realtà forse lo so. E’ stato creato per assicurare la procreazione e la trasmissione del gene. Una stronzata comunque.
Continuo a mangiare nel frattempo. << Quindi il tuo alpha ha avuto l’imprinting con la semi-succhiasangue? >> domanda basito.
<< Bè forse l’ha avuto perché era innamorato della madre della piccola semi-succhiasangue >>.
<< Addirittura. E avendo lui avuto l’imprinting vi siete riappacificati con la famiglia >> conclude Alex.
<< Così pare >>.
<< E avete combattuto al loro fianco contro i Volturi. Ora è tutto più chiaro! >>.
<< Non dirmi che anche tu eri innamorata del tuo alpha! >> aggiunge, come se avesse avuto un’idea illuminante.
 Quasi mi strozzo. Se avesse messo un “ex” prima di “alpha” avrebbe fatto centro. << Nooo! >> esclamo inorridita. Io e Jake? Il solo pensiero mi fa ridere. Nella mia mente appare una scena comica.
“Leah, amore della mia vita non posso vivere senza di te!”.
“Jake, preferirei morire piuttosto che rinunciare a te. Sfiderò il Mostro di Loch Ness a duello per averti!”.
“Oh, che tesoro!”.
“ Ti amo e bla bla bla!”
“ Ma io ti amo di più e bla bla bla!”
Che scena ridicola e vomitevole. Magari potrebbe accadere in un universo alternativo in cui lui ha un po’ di sale in zucca o in uno in cui io ne ho di meno, giusto per essere allo stesso livello. Dio, quanto sono cattiva, meglio non pensare a queste cose quando capiterà di ritrasformarmi o Jake mi ucciderà. Dopotutto gli voglio bene.
Alex riflette un altro po’. << In pratica tu mi stai dicendo che dalle tue parti i vampiri fanno figli con gli umani e i licantropi fanno imprinting con questi figli dopo essersi fatti la madre umana? Ora capisco perché sei scappata. Sono matti! >>.
<< Finalmente qualcuno che la pensa come me >> dico con la bocca piena.
Alex fa una smorfia. << Almeno finisci di masticare >>.
Ingoio il boccone e gli faccio una linguaccia. Mi sento a mio agio nonostante il penoso argomento di cui stiamo parlando.
<< Un succhiasangue che ha fatto una figlia con un’umana … un mutaforma e un succhiasangue imparentati … non vedo l’ora di raccontare questa assurda storia a mio padre >>. Alex ridacchia.
<< Scommetto che nei suoi quattrocento anni non ha mai visto niente del genere >>.
<< Scommetto di no anch’io! >>.
<< Ma non è ancora finita! >>.
<< Non dirmi che c’è dell’altro! >>.
Annuisco solennemente. Non credevo che parlarne mi sarebbe venuto così facile. << Mia madre ha sposato il padre dell’ex umana, neo-succhiasangue, madre della semi-succhiasangue e ex innamorata del mio alpha! >>.
<< No! >> esclama incredulo.
<< E invece sì! >>.
<< Questa è una tragedia nella tragedia! Anche tu sei imparentata con i succhiasangue! >>.
<< Già >>.
<< E tuo padre? >>.
<< Morto >>.
Il sorriso di Alex scompare. << Mi dispiace >>.
<< Non preoccuparti >>. Restiamo in silenzio per un po’, mangiando tutto. L’atmosfera è cambiata, pensare a mio padre mi fa male. Dopo un po’ Alex inizia a litigare con me per le ultime patatine rimaste. Capisco che questo litigio serve per risollevare il mio morale. Lo apprezzo molto, questo licantropo forse non è così male come pensavo.
<< Tu hai mangiato di più mentre mi facevi raccontare tutta quella storia del cavolo! >> lo accuso.
<< Io sono più grande di te, ho bisogno di mangiare di più! >>.
<< Sei più alto di me di soli cinque centimetri, abbiamo bisogno entrambi di mangiare molto! >>.
<< Quanto sei alta? Un metro e settantotto centimetri? Bene, questi cinque centimetri in più che ho richiedono un maggiore apporto di calorie! >>.
Arriva la cameriera a salvare la situazione, portandoci altre due porzioni di patatine.
<< Queste le offre la casa >> sussurra timidamente. Chissà se le offre a tutti i clienti … io direi proprio di no. Peccato, mi stavo quasi divertendo a bisticciare!
<< Grazie, tesoro >>. Alex sfoggia di nuovo lo sguardo da conquistatore. La cameriera arrossisce di piacere e appoggia il conto sul tavolo, insieme alle altre due porzioni di patatine; poi si piega per mettere un foglietto nella tasca dei jeans di Alex. Infine si allontana, girandosi ogni tanto per guardarci. Alex prede il foglietto e io mi sporgo curiosa.
<< Lo vuoi forse tu il suo numero? >> sbotta, vedendo che mi sono sporta per guardare.
<< Non è il mio tipo >> scherzo.
<< Il mio sì, invece. Magari lo userò >> lo rimette in tasca.
<< Esiste qualcuno che non sia il tuo tipo? >> chiedo bevendo la coca cola con la cannuccia.
<< Diciamo che mi piacciono le belle ragazze di qualsiasi tipo. Tuttavia preferisco quelle minute, bionde e con gli occhi azzurri >>.
<< Questa è una splendida notizia. Ora posso davvero ritenermi al sicuro da te >> ironizzo stiracchiandomi.
Alex ride. << Non dirmi che avevi ancora qualche speranza >>.
<< Speranza! Che parolone! Certo che no! >> esclamo sprezzante. Ma che speranza! Il mio cuore purtroppo non è qui. E’ a Forks da quell’ingrato licantropo che ho avuto la sventura di amare.
<< Sai Leah, già mi piaci, però non in quel senso. Penso che diventeremo amici: l’ho capito immediatamente quando mi hai guardato male perché volevi sapere quale strana creatura fossi e io non ti ho risposto immediatamente >>.
Ricambio il sorriso. << L’amicizia richiede una conoscenza di gran lunga superiore alla nostra >>.
<< Avremo tutto il tempo di questo mondo. Dopotutto siamo immortali, no? >>.
<< Staremo a vedere. Può darsi che io non voglia diventare tua amica >> scherzo. Mi alzo per dirigermi verso la cassa.
Alex ridacchia, anticipandomi e andando velocemente a pagare. Decido di aspettarlo fuori, mentre lui continua a flirtare con la cameriera. Quando finalmente esce insisto per ripagarlo, ma lui non vuole saperne.
<< Non è col denaro che si conquista l’amicizia >> protesto.
<< Leah io sono ricco, tu sei povera. Lascia che paghi! >>.
<< Non è facendo pesare la nostra differenza di classe sociale che si conquista l’amicizia >>.
<< Sto solo dicendo la verità! >>.
<< Non è sottolineando le scortesi verità che si conquista l’amicizia >>.
<< Forse ho cambiato idea. Non voglio più esserti amico, conquistare la tua amicizia è più faticoso di quanto pensassi! >>.
Sghignazzo. Ci incamminiamo verso l’hotel. Insisto ancora per pagare fin quando cede.
<< Grazie >> gli dico, contenta per averla avuta vinta.
<< Non è da me far pagare una donna >> ribatte imbronciato.
<< C’è sempre una prima volta >> lo rimbecco.
Alza gli occhi al cielo. << Sei esasperante >>.
<< Se non mi sbaglio l’avevo già detto io a te, che sei esasperante. E tu l’hai scambiato per un complimento >>.
<< Allora ti dico che sei irritante! >>.
<< E’ la stessa cosa! Comunque non lo sarei se tu mi accontentassi immediatamente >>.
<< Ai vostri ordini generale Leah … qual è il tuo cognome? >>.
<< Clearwater >>.
<< Generale Clearwater. Al vostro servizio >>.
<< Dimmi un po’, che lavoro dovrò fare nell’hotel? >>.
<< Quello che preferisci >>.
<< Posso scegliere? >>.
<< Certamente! >>.
Arriviamo in hotel. C’è meno confusione di prima, ma è ben lontano dall’essere deserto come la notte.
<< Ti avrei volentieri chiesto se ti andava di visitare la città, ma dal momento che tu vuoi lavorare … >>.
<< Magari un’altra volta. Non credi che siamo stati troppo tempo in compagnia l’uno dell’altra? >>.
<< Ci siamo incontrati da meno di ventiquattro ore, cosa vuoi che siano? >>.
Apro la bocca per ribattere ma la richiudo. Neanche ventiquattro ore? Mi sembra che sia passato molto più tempo, quasi non ci credo.
Alex sospira pesantemente. << Ti assegnerò alla signora Krave, così vedrai il lavoro dell’hotel >>. Si dirige verso la reception e alza la cornetta di un telefono nero. << Camille? Scendi, ho una commissione urgente da assegnarti >>.  Posa la cornetta e torna da me, con le mani in tasca.
<< Dubito che piacerai a Camille, non sei molto femminile >> mormora Alex scrutandomi.
<< I tuoi apprezzamenti sono davvero singolari >>.
<< Infatti non sono apprezzamenti>>.
Gli do un pugno sulla spalla.
<< Signor Harvey! >> una donna minuta con un paio di occhiali da vista, una divisa nera, un grembiule bianco e i capelli raccolti in una severa crocchia si affretta venendo verso di noi. Ha la carnagione chiara, dei lineamenti molto regolari e sembra abbastanza carina, nonostante l’atteggiamento severo. Dimostra trenta-quaranta anni.
<< Cara Camille! >> la saluta Alex.
Camille mi accoglie lanciandomi un’occhiata di disprezzo, ma poi il suo sguardo si addolcisce posandosi su Alex.
<< Che cosa desideri, Alexander? >> chiede con tono mieloso.
<< Questa è Leah >> inizia il licantropo, indicandomi. La donna mi scruta severamente. << Da oggi lavorerà nel nostro hotel. Questo pomeriggio starà con te, ti aiuterà e vedrà in che cosa consiste il lavoro qui>> continua.
<< Non svolgo forse bene il mio lavoro da sola? >> sbotta quella squadrandomi con ostilità.
<< Certo Camille, tu sei la migliore, lo sai! Tuttavia, proprio perché tu sei il pilastro del nostro hotel, nonchè la migliore in assoluto, ti affido Leah. Lei ha bisogno di una guida sicura >>. Questo ragazzo eterno ventunenne ce l’ha nel codice genetico l’adulazione.
Quella sorride contenta. << D’accordo >>.
<< Alle diciannove Leah finirà di lavorare >>.
 Quella annuisce. << Vieni>> mi ordina freddamente, iniziando ad allontanarsi.
Alex mi fa cenno di andare e io inizio a seguirla, scrollando le spalle. Poi però lui mi blocca per il polso.
<< Che c’è? >> chiedo confusa.
<< Stasera ceni con me e mio padre. Ci vediamo alle venti davanti alla tua suite, d’accordo? >>.
<< Ok >>. Mi lascia il polso. << Buona fortuna >> sussurra divertito. Gli lancio un’occhiataccia e mi incammino dietro quella donna. Se gli sguardi potessero uccidere sarei già morta un paio di volte sotto l’esame degli attenti occhi verdi di Camille. Ho come l’impressione di starle già antipatica. Decido di darle il beneficio del dubbio mentre la seguo nell’ascensore. Dopotutto sono stata molto fortunata fino ad ora e magari la fortuna continuerà ad essere dalla mia parte. Con animo fiducioso, mi impongo di essere docile mentre le porte dell’ascensore si chiudono. L’ultima cosa che vedo è il ghigno di Alex.

   
 
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