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Autore: Gio_1    13/07/2013    0 recensioni
Isabelle e il suo grande cuore, che la porta in Africa per più di un anno ad aiutare bambini bisognosi.
Isabelle e sua madre, grande manager musicale
Isabelle e il suo essere rimasta isolata dal mondo, da una realtà che non le appartiene, fatta di lusso sfrenato, animi corrotti e bellezze rifatte
Isabelle e il ballo in maschera
Isabelle e Harry
Isabelle e Liam
Isabelle che si trova tra due fuochi, uno più ardente dell'altro, che la divorano e la consumano, due fuochi che però sono così accattivanti, così coinvolgenti, da renderla succube, da renderla incapace di fare una scelta.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non c’è luogo più affascinante dell’Africa. Nel suo cuore più profondo  riesce a regalarti paesaggi meravigliosi, luoghi incontaminati, meraviglie inesplorate. Ma dell’Africa non ci sono solo i paesaggi stupendi, c’è anche la gente, persone che nonostante la loro difficile condizione hanno sempre una ragione per andare avanti, per sorridere, per continuare a lottare per restare aggrappati alla vita. In questi due anni, ho imparato molto da loro e ora che il mio volontariato è finito non ho proprio voglia di tornare a casa, nel mondo “civilizzato”, lì dove per un unghia spezzata ci si dispera o perché se piove e ci si rovina la messa in piega si scatena una tragedia. I miei genitori non vedono l’ora che ritorni, loro erano contrari a tutto questo.
 “Mia figlia non può sprecare anni della sua vita andando in Africa.. sei una Blanchet non puoi abbassarti a un tale livello!”
 Le parole dei miei rimbombano ancora nella mia mente, e sono seguite dalle liti furibonde che seguivano alle loro affermazioni senza senso. Non hanno mai compreso la mia voglia di fare del bene, il mio desiderio di aiutare gli altri senza avere niente in cambio. Per loro non esiste il “dare, senza ricevere”, se si fa una cosa, è perché si deve avere qualcosa in cambio. Per i Blanchet è sempre stato così! Per loro è stato inconcepibile che la loro primogenita, preferisse scappare in qualche paesello sperduto dell’Africa piuttosto che mandare avanti l’impresa della famiglia.
“Isabelle, vieni è arrivato il pulmino!” la mia caposquadra mi riporta alla realtà.
“Arrivo subito! Voglio solo salutare i bambini un'altra volta!” così dicendo corro verso le altalene che noi volontari avevamo costruito. La cosa più bella di questi due anni sono stati proprio loro, i bambini. Non credo che ci sia al mondo nessun adulto, che abbia almeno un decimo della loro voglia di vivere, del loro altruismo, della generosità, del loro essere pienamente consapevoli di come sia dura e difficile la vita, ma nonostante questo meritevole di essere vissuta a pieno.
“Isabelle! Ti lasciamo qui!” mi gridano dal pulmino oramai in moto.
Un ultimo saluto e a malincuore mi accomodo su uno di quei sedili consunti e per niente confortevoli, preparandomi ad affrontare tre lunghe ore di viaggio, per arrivare all’aeroporto.
L’aeroporto mi sembra così strano, tutta questa tecnologia che mi circonda. In questi due anni ho quasi dimenticato cosa fosse internet o la televisione. Raramente avevamo notizie di cosa accadesse nel mondo, e forse era meglio così, visto che le poche volte che arrivavano notizie non erano affatto piacevoli.  I familiari li si poteva sentire una volta a settimana, quando si andava nel paese che distava un ora dal villaggio in cui noi prestavamo aiuto. I miei genitori hanno dovuto adattarsi, e con il passare del tempo hanno accettato la mia decisione, e non hanno nemmeno fatto tante storie quando gli ho detto che prolungavo di un altro anno la mia permanenza in Africa. Ora però sono ben felici di riavermi a casa, sono settimane che preparano una festa qui, una festa lì, una cena di bentornato. La figliol prodiga che torna a casa! Il viaggio in aereo sembra non finire più e la stanchezza accumulata in questi due anni tutto ad un tratto si fa sentire, fino a farmi crollare in un sonno profondo senza sogni.
“Attenzione, il comandante prega di allacciare le cinture, stiamo iniziando la nostra discesa verso Londra.”
La voce stridula della hostess che proviene dall’altoparlante mi sveglia.
“La temperatura è di 15 gradi e sono le 18.30”
15 gradi? Io sono in shorts e canottiera! Ho la vaga impressione che il mio ritorno sarà abbastanza traumatico dal punto di vista del clima.



Finalmente l’aereo atterra e recuperate le valigie mi dirigo verso l’uscita. Ovviamente tra la folla non scorgo il volto dei miei genitori, ma dell’autista personale della famiglia. Philip. Quasi come un secondo padre per me.
“Signorina Isabelle! Che bello rivederla! La trovo meravigliosamente!” dice rivolgendomi un sorriso raggiante
“Philip!” grido buttandogli le braccia al collo “Ma è possibile che ti devo sempre ricordare che tutta questa formalità con me non attacca!?”
“Lo so, lo so. È che era da tanto che non le parlavo signorina, quindi ora dovrò abituarmi nuovamente!”
“Ecco, farai bene a farlo!” dico ricambiando il suo sorriso.
Non penso che il mio arrivo potesse essere migliore. Voglio davvero tanto bene a Philip. È una persona meravigliosa, disponibile, dolcissima, pronta ad aiutarti ad ascoltarti nel momento del bisogno. Penso che ancor prima di essere presa in braccio da mio padre appena nata, sia approdata tra le braccia di Philip. La mamma non ha mai saputo, e sospetto anche voluto, tenermi in braccio, per paura di rovinarsi le unghie, o perché le faceva male la schiena.
“Allora signorina come è andata in Africa? Si è divertita?” caricatosi le mie due valigie in spalla si avvia verso la macchina
“Philip giuro che non ti risponderò finché non la smetti di chiamarti signorina! È fastidioso!”
“Come vuole lei signorina” dice sorridendomi mentre chiude la portiera alle mie spalle.
“Ah signorina..”
“Si Philip?”
“Mi sei mancata!” dice prima di chiudere la portiera
“Anche tu Philip!”
Mi ero dimenticata di quanto fosse bella Londra. Dal finestrino scorre veloce il paesaggio. I miei occhi, abituati ad alberi di baobab e capanne fatte di legno e paglia, sembrano impazzire nel rivedere la metropoli. È come se la vedessi per la prima volta, è come se mi innamorassi nuovamente. Per un attimo avevo dimenticato il fascino che la città esercitava su di me. Il paesaggio urbano lascia spazio alle verdi campagne appena fuori la città, alle ville di lusso circondate da alte mura e invalicabili cancelli. Mentalmente ripercorro gli inquilini delle ville, cercando di ricordare i ricordi legati ad essi. Villa Black. Proprietari: magnati del petrolio. Figli : due, entrambi femmine abbastanza antipatiche e piene di sé, non ci sono mai andata d’accordo e non credo che le cose siano cambiate. Chi nasce tondo non può morire quadrato. Villa Oleandro. Proprietari dell’azienda che produce concimi che fornisce tutta la gran Bretagna. Una figlia, abbastanza hippie, ma dal cuore grande. La mia migliore amica, la compagna di sventura che condivide una fama e una ricchezza mai desiderata. Annabelle. Insieme siamo state sempre chiamate “Le Belle”. Un giochino di parole alquanto fastidioso. Villa Rosintong, gioiellieri, un figlio maschio, Jack, figo stratosferico, mia prima e grande cotta adolescenziale. E dulcis in fundo, villa Blanchet, casa dolce casa. Più che casa, reggia dolce reggia! Mi sono sempre stupita di quanto fosse grande casa mia, e a cosa servissero 6 bagni, 10 camere da letto, 3 salotti, 2 sale da pranzo, cantina, soffitta, lucernaio, piscina, palestra, sala da ballo, campo da tennis e da golf e chi più ne ha più ne metta. I miei genitori sono sempre stati abbastanza megalomani. Il nome Blanchet è sempre stato associato inevitabilmente, al lusso, alle feste, alla casa discografica di mamma, al famoso giornale di papà e all’azienda petrolifera di nonno. Capostipite di una lunga progenie di imprenditori, in qualsiasi campo. Tuttora, con ancora ben impressi nella mente i villaggi fatti di capanne, la mia casa mi sembra ancora di più estremamente esagerata. La macchina si ferma davanti all’imponente cancello. Riconoscimento facciale e vocale.
“Chi è?” gracchia il citofono
“La tua datrice di lavoro fannullone! Apri questo dannato cancello, così posso venire a strapazzarti per bene!” grido nel citofono ancor prima che Philip possa aprire bocca.
“Isabelle!? Sei tornata!” gracchia sempre il citofono.
“Tu che dici? Altrimenti non sarei qui! Che ne dici di farmi entrare?” dico ridendo mentre osservo l’espressione esasperata di Philip
“Agli ordini sua maestà!” dice il citofono. Più che il citofono, a parlare è Mark. Ragazzo di 21 anni che è forse una delle poche persone che nonostante la giovane età, è riuscita ad impressionare mio padre. Genio della tecnologia, è riuscito a mettere a punto un sistema di sorveglianza che solo lui sa far funzionare. Mio padre, ovviamente, l’ha subito messo all’opera e segnato nel suo libro paga, che tra tutti i dipendenti “domestici” conta più di 50 persone! Mark è anche il figlio della domestica maggiore, come la chiamo io, la “capessa”, colei che dirige magistralmente tutti i domestici che lavorano in casa.
“Anche a Mark è mancata signorina! In realtà è mancata a tutti, e per tutti, intendo noi  delle retrovie. I vostri genitori non hanno mai esternato con noi i loro sentimenti a riguardo, ma immagino che anche per loro sia stata la stessa cosa.”
“Anche voi mi siete mancati tanto! E credo che i miei genitori siano stati abbastanza tranquilli senza di me.”
“Non si preoccupi, suo fratello si è dato da fare a tal punto da tenere ben occupati i suoi genitori tra feste, ragazze, macchine e quant altro è stato in prima pagina sui giornali scandalistici per parecchi mesi.
“Ma chi!? Luke?? Mio fratello? Quel ragazzino che non apriva nemmeno la bocca per respirare?!”
“Proprio lui, ragazzino non più di tanto visto che oramai ha 19 anni. Sono cambiate molte cose da quando lei è via signorina, ci sono molte novità!”
Eccome se ci sono! Se solo penso all’evoluzione che ha avuto mio fratello, ho paura ad immaginare il resto!
“Ah un’ultima cosa, giusto per avvisarla, sua madre ha organizzato una festa per il suo ritorno.”
 “Vedo che purtroppo questa malsana abitudine non le è passata..”
“Tutt’altro signorina! Oramai ogni settimana alla villa c’è una festa!”
la nostra conversazione viene interrotta nel momento in cui la macchina si arresta difronte l’imponente ingresso di casa. Solo ora mi accorgo del fermento che c’è nel giardino, e del via vai di fiorai e domestiche affaccendate.

  
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