Questa fanfiction
l’ho cominciata parecchio tempo fa, scrivendo i primi due capitoli, ma solo di
recente l’ho ripresa. Non l’ho ancora completata, ma mi manca poco, quindi
spero di poter aggiornare con sufficiente regolarità, probabilmente una volta a
settimana. Lo spunto da cui prende origine la storia potrebbe persino essere
serio; ma il resto, beh… lo vedrete. Quello che ho cercato di fare è stato
scrivere una fic comico-demenziale in cui però le gag e le caricature dei personaggi non scalzino
necessariamente via la trama. Giudicate voi se ci sono riuscito. Buona lettura!
E, ah, prima che me lo dimentichi: l’ho già detto, ma
non mi stancherò mai di ripeterlo.
Se siete
membri del MOIGE, non leggete questa fanfiction.
E’ meglio per tutti.
Davvero.
Qualcuno pensi ai
bambini!
di Gan_HOPE326
1 – La telefonata
La dottoressa Elvira Galimberti
rincasò che già era buio, stanca ma soddisfatta per l’ennesimo lavoro ben
svolto. Ogni giorno la sua professione la costringeva a faticare in modo
incredibile, a viaggiare su e giù in ogni angolo del pianeta, ad avere a che
fare con persone di ogni genere, ma non le importava
di tutto questo, perché era cosciente del fatto che ogni goccia del suo sudore
era versata per un fine lodevole: la tutela dei minori dalle mille violenze che
il mondo esterno usava loro. Riceveva in continuazione segnalazioni
di soprusi, abusi e prepotenze varie, e sempre era pronta a dare una mano e la
sua consulenza professionale di psicologa infantile e assistente sociale con
una esperienza di anni. Gettò sul tavolo il fascicolo del caso che l’aveva
portata fino in Giappone, da dove era appena tornata. Un bambino di nome Conan Edogawa, il cui becero
tutore, un energumeno poco affidabile, sedicente investigatore privato, tale Goro Mohori, lo aveva cresciuto
in mezzo agli orrori più spaventosi, costringendolo a frequentare le scene del
crimine anziché le stanze dei giochi. Quel povero bambino era
stato tanto plagiato da queste terribili esperienze da sviluppare una doppia
personalità, sostenendo di essere in realtà Shinichi Kudo, un liceale scomparso alcuni anni prima, tornato all’infanzia
per colpa di un fantascientifico farmaco sperimentale… Elvira scosse la
testa. Il piccolo avrebbe portato per tutta la vita i
segni di quegli squilibri.
“Comunque,
un altro caso risolto” si disse per tirarsi su. Accese
“Era un uomo semplice. Era un uomo buono. Ha combattuto per
difendere tutto ciò che amava da un nemico spietato, ed ha perso la vita. Ma
non verrà mai dimenticato: il suo volto è scolpito
nella pietra.
Massimo Ghini è…
Il TERZO HOKAGE.
Domenica e lunedì, alle 21.05, su…”
Lo squillo del telefono coprì la voce dello speaker,
impedendo alla dottoressa di sentire su quale rete avrebbe potuto seguire
quella storia commovente. Poco male, non l’avrebbe vista comunque.
Non amava questo genere di film.
-
Pronto?
– chiese alzando la cornetta. Stranamente, sul momento non rispose nessuno.
Dall’altro lato si udivano solo brusii confusi e strani sibili.
-
C’è
nessuno? – insisté, e stavolta ebbe risposta.
-
Ssssssalve… io mi chiamo… ehm… Ajeje Brazo.
-
Prego?
A…che?
-
Ajeje.
-
E di cognome?
-
Brazo. Dunque, la chiamo per ssssegnalarle un fatto
di esssstrema gravità. Un
luogo dove i bambini ssssono cosssstretti
a fare cosssse terribili…
Elvira tese le orecchie e impugnò il proprio taccuino
personale. Al solo sentire cose del genere, non poteva trattenere la propria
brama di intervenire.
-
Mi
dica tutto.
-
Dunque, dovrebbe ssssapere… che c’è
questo villaggio, giusssto, e…
D’un tratto la dottoressa venne
assordata da un chiasso infernale. Il ricevitore doveva essere caduto a terra.
-
KABUTO,
CHE CAZZO FAI? DEVI TENERMELA TU
-
Mi
scusi, signor Orochimaru. Non succederà più, signor Orochimaru.
-
E
QUANTE VOLTE TI DEVO DIRE DI NON CHIAMARMI OROCHIMARU
SE SONO IN INCOGNITO! HO DATO UN NOME FALSO, NON HO
DETTO CHE MI CHIAMO OROCHIMARU, QUINDI
-
…Orochimaru, capito, signore.
-
L’HAI
FATTO DI NUOVO! IO TI AMMAZZO!
Ci fu un altro bel po’ di trambusto, sibilare di pugnali,
metallo contro metallo. Elvira non ci prestò
attenzione, perché non le importava da dove venissero le segnalazioni, purché
fossero vere le accettava anche se anonime. Però
quella situazione stava cominciando a farla spazientire.
-
Mi
scusi? C’è nessuno?
Si udì nuovamente la voce del tizio di prima, un po’ ansimante
come dopo un grosso sforzo, che brontolava qualcosa tipo “Kabuto,
ringrazia che sono al telefono con la dottoressa, sennò eri bello che morto”, prima
di tornare gentile e controllata:
-
Sssì… le dicevo… che in quessto villaggio i
bambini vengono trattati davvero male…
-
Che
tipo di maltrattamenti subiscono, scusi?
-
Oh,
lo vedrà di persona, sarebbe troppo lungo ssspiegarle
tutto adesso… e deve capire che per telefono non posso…Kabuto,
che c’hai da piangere, adesso?
-
Niente,
signore…- disse l’altra voce tra i singhiozzi - ma in
TV danno un promo della fiction sul Terzo Hokage, e mi sono commosso. Quell’uomo era veramente un
santo… era così buono… non riesco a immaginare quale
mostro degenerato possa avere ucciso un eroe così nobile…
-
Kabuto, razza di cretino, ti sei bevuto il cervello? SARUTOBI L’HO
AMMAZZATO IO!
La dottoressa si sentì in dovere di intervenire:
-
Mi
scusi, a me non importa della vita privata di chi mi dà
informazioni, ma questo mi pare troppo. Lei ha ucciso chi?
-
Eh?
Cossa? Coss’ha capito…? Io
ho detto… ehm…
-
Ha
detto: “Sarutobi l’ho ammazzato io”. – suggerì
l’altro, diligente.
-
KABUTO
STA’ ZITTO E VA’ A DARE DA MANGIARE AL SERPENTE!
-
Ma abbiamo finito i topini…
-
BUTTATICI
TU ALLORA, COSI’ RISOLVIAMO DUE PROBLEMI IN UN COLPO SOLO! NO, ASPETTA…
Troppo tardi. Il ricevitore rovinò nuovamente a terra,
stordendo la dottoressa, che si ripromise di riattaccare alla prossima
intemperanza.
-
PRIMA
APPENDI IL RICEVITORE DA QUALCHE PARTE! Ecco… lascialo qua, che lo tengo con la testa, perfetto… bene, và pure, bravo, và a
gettarti in pasto a Manda, eh? Allora, ssignora, mi ssscusi per l’interruzione… dicevo: io ho detto che ho ammazzato Sssarutobi…
ehm, sì… ma mica parlavo di una persssona vera… è il persssonaggio di un videogioco, ssa?
Un videogioco…
La dottoressa parlò con voce severa e autoritaria:
-
Vergogna,
signor Brazo! I videogiochi sono
espressione della violenza di questi tempi! Assieme ai cartoni
giapponesi, portano i bambini alla depravazione, al crimine, all’omosessualità
e poi, da grandi, lo sa cosa fanno invece di studiare? – tacque
per alcuni secondi, preparando la voce inorridita per il gran finale – SCRIVONO
FANFICTIONS!
-
Eh,
sssì, lo ssso, nemmeno a me
piacciono i videogiochi… eheh… è che Kabuto ne va pazzo, e allora ogni tanto gioco con lui… quando non è impegnato con l’Allegro Chirurgo…
Si sentì una vocina trionfante:
-
Signor
Orochimaru, ci sono riuscito! Guardi,
ho operato le braccia dell’omino senza fargli accendere il naso!
-
QUESTO
PERCHE’ MANCANO LE BATTERIE, PEZZO DI DEFICIENTE! ORA
STA’ ZITTO E…
D’un tratto la voce dell’uomo si fece
rauca, quasi un sussurro. Una voce che tentava di mantenersi calma nonostante
fosse sul punto di esplodere.
-
Ascolta, Kabuto, l’hai letta l’introduzione alla fanfiction? Sì, vero? Dice chiaro e tondo che io sto
cercando di mettere in atto un nuovo, diabolico piano per distruggere il
Villaggio della Foglia. Ma come faccio a metterlo in
atto davvero se tu continui a rompere le palle? Eh? Me lo dici? Dai, fa’ il
bravo bambino, torna a giocare e non seccarmi più, va bene?
La dottoressa, adesso, era davvero nervosa. Non fosse stato
per il fatto che c’era anche solo il lontano sospetto che ci fossero
di mezzo dei bambini maltrattati, avrebbe già mandato al diavolo da un pezzo
quei folli e la loro insulsa telefonata. Decise di farsi valere:
-
Insomma,
signore, un po’ di contegno! Mi dica dove devo controllare, e le assicuro che lo farò!
-
Dunque,
le do il posto esssatto… ssi chiama Konoha, al centro del Paese del Fuoco…
-
Non
conosco questa nazione. – commentò corrucciata la dottoressa. – E’ in Africa,
per caso?
-
Non
proprio… le mando una cartina via fax, d’accordo? Dovrebbe proprio vederlo… quando pensa di andare?
-
Domani
stesso, assolutamente! – esclamò Elvira con decisione – Sono
ancora in tempo per prenotare il volo, sono soltanto le 22.37…
-
Le
22.37? – la voce di Ajeje, o
Orochimaru che dir si voglia, si fece spaventata. –
KABUTO! HAI PUNTATO IL VIDEOREGISTRATORE PER QUEL FILM SU SKY CHE MI
INTERESSAVA?
-
Quale
film? – chiese l’altra voce, con l’aria di chi cade
dalle nuvole. – “Anaconda”?
-
NO!
-
“Mamba”?
-
NO!
-
“Il
cobra non è un serpente / ma un pensiero invadente…”?
-
NOO!
QUELLA E’ UNA CANZONE, NON UN FILM, SPECIE DI DECEREBRATO! PARLO DI “S.O.A.P.”!
-
Cheeee…?
-
“SNAKES
ON A PLANE”!
-
Ah,
quello… no, me lo sono scordato, in effetti.
-
BRUTTO…!!!
La comunicazione si interruppe
bruscamente e la dottoressa dovette abbassare la cornetta, che ormai emetteva
solo il debole tu-tu-tu del segnale di ‘occupato’. Si gettò
sulla poltrona e, con un sospiro, compose il numero di una compagnia
aerea low-cost per prenotare il biglietto.
Non importava se non sapeva cosa la
aspettasse.
Non importava che a darle la segnalazione fosse
stato una specie di pazzo sotto falso nome.
Non importava che la sua destinazione fosse un villaggio mai
sentito nominare di un paese mai sentito nominare e probabilmente inesistente
(sia il villaggio che il paese).
La dottoressa Elvira Galimberti
non sapeva bene che cosa avrebbe dovuto fare: ma, perdio,
qualunque cosa fosse, andava fatta, ed era suo preciso dovere farla!
Inforcò i temutissimi occhiali che le conferivano la sua
inconfondibile espressione da arpia e si preparò all’azione.
-
Konoha,
sto arrivando. – annunciò ad alta voce.