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Autore: Xiyouji    26/09/2004    1 recensioni
La fan fiction è stata composta cercando di rimanere aderenti il più possibile al manga di Kazuya Minekura. Ogni riferimento non meglio chiarito andrà dunque ricercato all'interno della storia originale! leggete e commentate!
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 17

CAPITOLO 17

 

La giornata volgeva al termine mentre Maya rimaneva seduta sul balcone dell’ufficio di Tenpou, riflettendo. Ormai stavano aspettando Kazue da almeno due ore, ma della donna non si era vista neanche l’ombra. Konzen aveva raggiunto la casa di Tenpou per ultimo, ma neanche lui aveva idea di dove si trovasse la ragazza.

“Mi piacerebbe proprio sapere che fine ha fatto quella spigolosa…” bofonchiò Kenren, in preda ad un attacco di noia con i fiocchi.

Avevano deciso di trovarsi tutti insieme quel pomeriggio e Kazue si era dimostrata d’accordo.

“Ken…” lo rimproverò Tenpou, guardando eloquentemente il generale: data la situazione, non era certo il caso di fare dell’umorismo.

“Che si sia dimenticata dell’appuntamento?” ipotizzò ancora il moro.

“Impossibile! Non sarebbe da Kazue!” obiettò Maya. In effetti, un simile comportamento non era proprio da lei.

“Potrebbe aver avuto un contrattempo…” suggerì la donna, dubbiosa.

“Che voi sappiate, doveva forse incontrare Nataku?” domandò Konzen, un po’ preoccupato.

“No… me ne avrebbe accennato! E comunque, anche se fosse, sarebbe già dovuta arrivare. Gli incontri con Nataku sono sempre brevi a causa di Li Touten.” Sottolineò la ragazza.

“Già…” affermò Kenren. Nonostante i continui battibecchi con la cugina di Nataku, doveva ammettere che le era affezionato, senza contare che si divertiva troppo a stuzzicare quell’indole così integerrima e rigorosa. “Però… tu, Konzen, dovresti impegnarti un po’ di più…” insinuò il generale.

“Che cosa stai cercando di insinuare?” sibilò il biondo.

“Beh… alla fine dei conti… è sempre la tua fidanzata! Dovresti dedicarle molte più attenzioni…” alluse l’altro maliziosamente.

“Tu… razza di depravato! Fatti gli affari tuoi!” sbraitò Konzen.

“Ma perché te la prendi tanto? È risaputo che le donne necessitano di attenzioni costanti e non credo che Kazue faccia eccezione, per quanto mi sorprenda che possa essersi innamorata di un tipo come te!”.

Il nipote di Kanzeon Bosatzu stava già per afferrare il colletto della divisa del militare impudente, quando Maya s’intromise tra i due e, guardandoli con aria truce, disse: “La volete smettere voi due? Vi sembra il momento giusto per azzuffarvi?”. I due litiganti smisero di colpo: in effetti, c’era ben poco su cui scherzare; se Kazue non si faceva viva, poteva significare che fosse accaduto qualcosa di grave.

Konzen lasciò andare il moretto e si accostò alla finestra poco distante da lui; “Ma dove può essere finita? Appena la vedo le sente! Che motivo ha di far preoccupare le persone in questo modo? Quasi mi sembra di avere a che fare con Goku!” pensò tra sé.

“Sentite… è perfettamente inutile restare qui ad arrovellarci… non credete che sarebbe meglio andare fino a casa sua? Magari la sua domestica saprà darci le informazioni che cerchiamo.” Propose Tenpou, che continuava a restare imperturbabile.

“Mi sa che Ten ha ragione… non risolviamo nulla restando qui! Però… non possiamo neanche presentarci tutti insieme a casa di Kazue! La domestica penserà ad un’invasione!” obiettò Maya.

“Che ne dite se io vado da lei mentre voi la cercate un po’ in giro?” propose Kenren.

“Per me…” borbottò Tenpou, facendo spallucce, “Io resterò qui… non si sa mai, magari arriva!”.

“Io andrò a vedere di Goku… potrebbe essere andata da lui, anche se non mi spiego la ragione… inoltre, è meglio che tenga d’occhio quella piccola peste!” disse Konzen.

“Bene! Allora io farò un giro qui attorno… ci sono alcuni posti dove va sempre quando vuole restare sola. Comincerò da quelli!” propose Maya.

“Perfetto! Troviamoci qui tra un’ora. E speriamo di averla trovata!” affermò Kenren, che stava già infilando la porta d’uscita.

Quando Kenren raggiunse la casa di Kazue, la domestica lo accolse con aria a dir poco inquieta.

“Sono venuto a cercare la somma Kazue… è in casa?” domandò il generale, rimanendo perplesso dall’accoglienza riservatagli; in effetti, la donna continuava a guardarlo con apprensione e la cosa lo metteva vagamente a disagio. “Beh… che cosa c’è?” sbottò il generale, “Ti ho chiesto se la somma Kazue è in casa…”.

“Sommo Kenren… ecco… vede… non so come dirglielo…” farfugliò quella.

“Dirmi cosa? Avanti donna, rispondimi e basta!”

“Il fatto è che la mia signora non è ancora tornata.” Spiegò la domestica, tormentandosi le mani, nervosa.

“Quindi non è in casa… beh, ti ci voleva tanto per dirmelo?!” commentò Kenren, non spiegandosi l’atteggiamento della donna.

“Sommo Kenren… lei non capisce! Il fatto è che la mia signora è uscita questa mattina molto presto, ma non si è più fatta vedere! Inoltre, sono scomparsi anche l’arco e la faretra che teneva appesi al muro!”

“Non capisco dove tu voglia andare a parare! Che cosa c’è di strano in tutto questo?”

“Tutto è cominciato ieri. È tornata a casa con un’aria così afflitta… non ha detto neanche una parola e si è rinchiusa nel suo studio! Quando è uscita non ha voluto neppure mangiare! E questa mattina, quando sono andata in camera sua, lei non c’era già più e il suo arco era sparito…” spiegò la domestica.

“Un momento… stai dicendo che non ha lasciato detto nulla? Non ha detto dove andava?”

“Se lo avesse detto forse non mi starei preoccupando tanto!” sbottò la donna, sorprendendo il suo interlocutore.

“E hai detto che è da ieri che va avanti…” precisò il generale, cupamente.

La donna annuì.

“Dannazione!” sibilò Kenren, stringendo i pugni, “Se è andata da sola a quell’appuntamento… giuro che gliela faccio pagare!”.

“Come?!” fece la domestica, con tanto d’occhi.

“Ah… no, niente! Lascia perdere! Senti, ora io vado, ma se la tua signora dovesse tornare, dille di venire subito alla casa del sommo Tenpou, d’accordo?”

“Come volete…” mormorò quella, osservandolo sparire lungo il corridoio.

 

Non troppo lontano da lì, Maya stava perlustrando uno dei tanti giardini del palazzo, nella speranza di poter trovare l’amica. Era immersa nelle sue preoccupazioni, quando si accorse della presenza di altre due persone che discutevano piuttosto animatamente. La donna fece appena in tempo a nascondersi dietro ad uno dei tanti alberi, quando si rese conto che uno di quei due aveva un’aria spiacevolmente familiare.

“Dannato…” sibilò con odio riconoscendo Li Touten nella sagoma che le dava le spalle. La sola vista di quell’individuo le faceva venire il voltastomaco. Chissà di cosa stavano parlando? Si appiattì contro il tronco dell’albero e cercò di afferrare alcuni pezzi di conversazione, sperando di non essere notata.

 

“La donna si è rivelata più tosta del previsto…” sussurrò il bieco individuo, guardandosi attorno con inquietudine. Si fidava di quel Li Touten come avrebbe potuto fidarsi di una serpe! Inoltre, nonostante tutte le precauzioni che aveva preso, sapeva fin troppo bene che poteva essere scoperto da un momento all’altro.

“Che ti aspettavi? Te lo avevo detto che era una guerriera!” rispose l’altro, con aria di sufficienza.

“Ma ha fatto fuori tutti i demoni che avevo assoldato prima di crepare! Quella maledetta!”

“Se l’hai sottovalutata… è un problema che non mi riguarda! Inoltre, non dovresti sentirti in colpa per quei demoni! Mi auguro solo che tu non ti sia fatto vedere!”.

“Ovviamente no! Per chi mi ha preso?!”

“Lasciamo perdere questo discorso… piuttosto, sei sicuro che sia morta?”

“Certo… nessuno sarebbe potuto sopravvivere a quell’incendio… tra l’altro, è stata proprio lei ad innescarlo! Una mossa degna di un lottatore formidabile, ma che le è costata un caro prezzo!”

“Bene. Me ne compiaccio! Sono sicuro che abbia apprezzato la fine che avevo scelto per lei!” sogghignò Li Touten, “A proposito, non devi darmi nulla?”.

L’altro lo squadrò con fare interrogativo, poi capì ed estrasse dalla tasca del proprio mantello un gingillo dorato.

“Ma che diavolo…” bisbigliò Li Touten, vedendosi mostrare sotto il naso una catenina a forma di serpente. “Che cosa significa questo…?” chiese al suo interlocutore, riconoscendo all’istante il gioiello. Già, che cosa ci faceva la catenina di Nataku nelle mani di quell’individuo?

“Lei mi aveva chiesto una prova… ma il fuoco aveva distrutto tutto! Dell’arco non era rimasto nulla…” si giustificò quello, ricordando come Li Touten si fosse raccomandato di poter avere l’arma della vittima come prova del successo dell’operazione.

“Arco, hai detto? Ma la donna in questione avrebbe dovuto portare con sé una katana, non un arco!” eccepì il dio, corrugando la fronte.

“Le posso assicurare che la donna non aveva con sé alcuna katana. Però con l’arco se la cavava decisamente bene!”.

Li Touten scosse vistosamente la testa: c’era qualcosa che non gli tornava in tutto quello! Poi, ad un tratto, il suo sguardo s’illuminò, come se avesse scoperto il segreto della vita eterna e cominciò a ridere sommessamente.

“Sommo Li Touten…”

“Taci, idiota! Ti ho già detto che non devi mai pronunciare il mio nome quando siamo soli!” sibilò quello, guardandolo con odio puro, “Quella che hai fatto ammazzare non era la somma Maya…”

“Ma, signore… come può essere? Nessun’altro sapeva dell’incontro!” obiettò.

“E invece sì… a questo avevo provveduto io! Anche se non mi aspettavo una simile risoluzione al problema…”.

“Ma se non era la somma Maya… allora chi era la donna che si è presentata all’appuntamento?”

“Niente meno che la mia adorata nipotina… la somma Kazue!” rispose Li Touten, il cui sorriso si stava allargando sempre più. “Non ti preoccupare… se pensi che sia addolorato per questo insperato scambio di persone, ti sbagli! In realtà, stavo giusto pensando ad un modo per rendere innocua quella stupida femmina!”.

“Ma, signore…” intervenne l’altro, fattosi mortalmente pallido.

“Adesso smettila! Ti ho detto che va tutto bene! Va’ ora, lasciami in pace. Quando avrò bisogno di te, ti contatterò. Per ora non farti più vedere, è chiaro?”.

Il losco individuo si allontanò, annuendo.

“E così… cara Kazue, ti sei tolta di mezzo da sola! Mai il destino fu tanto provvidenziale! Adesso dovrò solo pensare a come togliere di mezzo la tua degna amica…”.

 

 

“E così… cara Kazue, ti sei tolta di mezzo da sola! Mai il destino fu tanto provvidenziale! Adesso dovrò solo pensare a come togliere di mezzo la tua degna amica…” mormorò Li Touten, giocherellando con la catenina di Nataku tra le dita. Era talmente assorto nei suoi pensieri da non accorgersi affatto della presenza di Maya.

La donna lo stava guardando con una tale intensità da togliere il fiato. Era pallida, incredibilmente pallida e le sue mani sembravano tremare mentre le teneva appoggiate all’elsa della sua spada. Non aveva afferrato che un’infinitesima parte dell’oscuro discorso tra Li Touten e l’individuo sconosciuto, ma aveva riconosciuto all’istante la catenella d’oro con la quale Li Touten stava giocando tanto languidamente: era la stessa che Kazue le aveva mostrato la sera prima; era il regalo fattole da Nataku in occasione del loro incontro. Ed ora splendeva nelle mani di quel miserabile!

“Somma Maya…” fece il dio, riconoscendo la donna nonostante la luce del sole stesse già sparendo all’orizzonte. Un lampo di inquietudine attraversò gli occhi gelidi del padre di Nataku: lo aveva visto in compagnia di quell’individuo? O peggio, l’aveva sentito? Non avrebbe saputo dirlo con certezza, ma era chiaro che aveva capito qualcosa, perché la ragazza continuava ad osservare la collanina che teneva in mano.

“Qual buon vento…” continuò, come se nulla fosse.

“Voi… voi… quella catenina…” balbettò la dea, incapace di aggiungere altro.

“Oh, questa? Appartiene a mio figlio Nataku, deve averla smarrita giocando. Per fortuna, qualcuno l’ha ritrovata…” affermò il dio, ritrovando la sua proverbiale imperturbabilità.

Maya non riuscì a proferire parola: se quel verme di Li Touten era in possesso di quel gioiello, non poteva significare che una cosa… All’improvviso, capì che era del tutto vano continuare a cercare l’amica e un senso di impotenza s’impadronì del cuore della donna.

Kazue era andata all’appuntamento da sola e non avrebbe più fatto ritorno. Quella era la tragica verità. Purtroppo, non esistevano altre ipotesi, perché la cugina di Nataku non si sarebbe mai privata di un oggetto tanto caro, né lo avrebbe consegnato a Li Touten di sua volontà.

I due rimasero in silenzio, mentre il dio continuava ad osservare la giovane. Ad un tratto, la chiusura della catenina sembrò allentarsi e il sottile filo dorato scivolò via, riflettendo un’ultima volta il suo vivo luccichio.

“Dannazione!” imprecò Li Touten, guardandosi attorno. Con la scarsa visibilità che c’era a quell’ora, ritrovare quell’oggetto sottile sarebbe stato come cercare un ago in un pagliaio! Tanto più che il giardino era ricoperto di erba e di fiori rigogliosi. Il dio cominciò a cercare con determinazione, ma con scarsi risultati: della collanina neanche una traccia.

Maya rimase per qualche istante immobile, come stordita, a guardare la scena, poi qualcosa attirò la sua attenzione. Se si fosse trovata in un’altra posizione, non avrebbe potuto notare il luccichio che il gioiello produceva, riflettendo gli ultimi raggi di sole tra l’erba fitta. Tentando di non farsi notare da Li Touten, che cercava in altra direzione, si avvicinò e raccolse il sottile filo dorato, facendolo rapidamente scomparire nella tasca della sua divisa.

Senza dire una parola, si allontanò dirigendosi verso la casa di Tenpou. Come avrebbe fatto a dirlo agli altri? Ma soprattutto, come avrebbe fatto a dirlo a Konzen?

Li Touten la osservò con la coda dell’occhio mentre la giovane si allontanava: doveva trovare un modo efficace di sbarazzarsi di quella donna, perché era quanto mai evidente che doveva aver capito qualcosa.

 

  
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