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Autore: Kolja    17/07/2013    1 recensioni
"A differenza di tutti gli altri miei concittadini, che trepidano all’idea del reality più crudele dell’anno e vedere gli altri combattere fino alla morte manda loro in ecstasy, io odio gli Hunger Games. Ventiquattro ragazzi vengono tolti dalle loro famiglie, dai loro amici e costretti a uccidersi uno contro l’altro, per cosa, poi? È vero, il vincitore poi diventa ricco e pieno di fama, ma gli altri? Morire per divertire gli abitanti di una città? Anche se è una realtà così lontana dalla mia, provo il dolore delle famiglie dei tributi morti.
Ma ovviamente sono pensieri che tengo per me, o verrei prima portata da uno psicologo e poi accusata di ribellione."
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sveglia suona anche per me, finalmente. Sono due ore che mi rigiro nel letto pensando a tutto e a niente. Mi chiedo costantemente perché i miei genitori si ostinino a costringermi ad alzarmi alle undici, e non prima, anche se io alle nove sarei già in piedi pronta ad affrontare la giornata, e l’unica occasione in cui mi sono svegliata alle undici è stata quando avevo la febbre e mi ero rifiutata  di prendere i miracolosi medicinali che andavano in voga in quel periodo. Poi mi ricordo il perché di questo strano ordine. Mia mamma dice sempre: “Dormire tanto fa prevenire le occhiaie. Vuoi a dodici anni le occhiaie? E ti ricordo che il correttore è aumentato di prezzo!” Allora, siccome è facile illudere coloro che mi hanno messo al mondo,  ogni mattina resto nel letto fino alle undici, leggo un libro, penso, e quando la sveglia suona,  esco dalla stanza con aria assonnata, magari sbadigliando.
Appena esco dalla stanza trovo i miei genitori seduti a tavola. Osservo il posto vuoto a tavola ma poi scacchio via il pensiero dalla testa. Non adesso, non stare male adesso, mi dico. Mi siedo sulla sedia di mogano e tra tutte le prelibatezze sulla tavola, scelgo la solita cioccolata calda con biscotti al cioccolato. Non importa se mi dovrò sentire ogni volta: “ Basta con quei biscotti, Viriana!” o “La linea, Viriana!” , quando uno andrà al lavoro e l’altra da amiche o a far shopping, ruberò un altro paio di biscotti e li mangerò in camera.
Sono le undici e mezza e non si sono alzati da tavola. Strano. Allora chiedo: “Come mai non siete andati a lavoro?”
Ricevo come risposta una risatina isterica. “Sciocchina, possibile non lo ricordi? Oggi iniziano gli Hunger Games!”
Oddio. Me n’ero dimenticata. Poi faccio mente locale. Oggi è il giorno della mietitura e da mezzogiorno alle due è quasi d’obbligo rimanere davanti alla televisione e vedere i volti dei poveri ragazzi che vedremo morire nei giorni seguenti.
A differenza di tutti gli altri miei concittadini, che trepidano all’idea del reality più crudele dell’anno e vedere gli altri combattere fino alla morte manda loro in ecstasy, io odio gli Hunger Games. Ventiquattro ragazzi vengono tolti dalle loro famiglie, dai loro amici e costretti a uccidersi uno contro l’altro, per cosa, poi? È vero,  il vincitore poi diventa ricco e pieno di fama, ma gli altri? Morire per divertire gli abitanti di una città? Anche se è una realtà così lontana dalla mia, provo il dolore delle famiglie dei tributi morti. 
Ma ovviamente sono pensieri che tengo per me, o verrei prima portata da uno psicologo e poi accusata di ribellione.
 
A mezzogiorno in punto la televisione proietta  il simbolo di Capitol City e parte l’inno nazionale. Noto mio padre mettere la mano al petto e cantare sotto voce. E poi la solita storiella sulla ribellione avvenuta in passato a sulla nascita dei Giochi della fame. Tutto quello che sento è “bla-bla-bla”.
La mietitura consiste, o almeno così fanno vedere a noi, che tutti i ragazzi e le ragazze dai dodici ai diciotto anni del Distretto si riuniscono nella piazza cittadina del Distretto, con i genitori e il resto della famiglia alle spalle, vengono proiettati nel maxischermo quello che vediamo anche noi (inno e storiella semi-commuovente sulla storia di Panem) e poi una simpatica mia concittadina, ognuna con la parrucca di un colore differente, estrae i nomi dei due tributi, prima le ragazze, poi i maschi, che rappresenteranno il Distretto, o nella maggior parte dei Distretti, i tributi che non torneranno più a casa.  La mietitura va in ordine dal distretto più vicino a quello più  lontano, di conseguenza la mietitura del Distretto 1 sarà la prima che vedremo e quella del 12 l’ultima.
La prima ragazza estratta si chiama Glimmer, è bellissima, pelle perfetta, occhi verdi, capelli biondi che le ricadono morbidi sulle spalle. “Oh mio dio che bella pelle!” commenta mia madre. È così bella da mettere in ombra il suo compagno, tanto che non ne ricordo il nome. 
I rappresentanti del Distretto 2 non potrebbero essere più diversi, una è bassa e magra, e quando viene estratta rimane per un attimo disorientata, l’altro, che invece si offre volontario è alto e muscoloso. Uno biondo e una castana. Cato e Clove.
Vedere il ragazzo del Distretto 2 offrirsi come volontario mi ha ricordato la storia dei Favoriti, probabilmente loro del Distretto 1, 2 e forse 4, saranno i vincitori.
Degli altri tributi non ricordo neanche un nome, forse perché sono nomi strani o perché non lasciano nel segno. Essi probabilmente moriranno per primi. L’unica che mi ricordo è la ragazza del 5, dai capelli rossi poco più chiari dei miei, che ha un’aria da furba.
Si procede distretto per distretto. Siamo quasi alla fine. Distretto 11. Qui, come nel 2, i tributi non potrebbero esser più differenti. La bambina/tributo si chiama Rue, ha la mia età, è così magra che un vento forte potrebbe portarla via, l’altro tributo invece si chiama Tresh, è grande e grosso e riscuote timore solo a guardarlo. All’improvviso provo una fitta di dolore al cuore nel vedere Rue piangere sul palco. So che, con ogni probabilità, non serve un vento forte per portarla via, ma solo un altro tributo, più grande e più forte di lei, che le porterà via la vita.
Sono quasi le due e finalmente la mietitura sta per concludere. Distretto 12, uno dei più poveri. Noto che la sala da bagno dei miei genitori è oro in confronta alla piazza cittadina di quel distretto, così povera e spoglia. Del resto anche la camicia da notte che indosso adesso vale più dei vestiti della maggior parte dei ragazzi. Di fianco al sindaco e a sua figlia c’è solo Effie Trinket, dell’unico vincitore di quel distretto, Haymitch, non c'è traccia. La donna dalla parrucca color fucsia estrae il nome della ragazza: Primrose Everdeen. La telecamera inquadra una bambina dai capelli biondi e gli occhi azzurri, che si spengono all’improvviso e si può leggere da qua timore nel suo viso. Viene portata sul palco quando accade l’inaspettato. Mai successo in quel distretto. Una ragazza dai capelli castani raccolti e dallo sguardo carico di spavento urla a gran voce: “Mi offro volontaria, mi offro volontaria come tributo!”. Tutti, compresi i miei genitori ed io, rimangono colpiti.  Effie fa salire la ragazza sul palco e questa dice il suo nome: Katniss Everdeen. Sicuramente sua sorella. Inquadrano solo per pochi secondi gli altri ragazzi che alzano le tre dita centrali della mano sinistra e le tendono verso la ragazza. Poi distolgono subito l’inquadratura e la concentrano sull’entrata di Haymitch, ubriaco come sempre. L’ultimo tributo estratto della giornata si chiama Peeta Mellark.
Riparte l’inno e si spegne la tele.
Sussurro: “Che la fortuna sia con voi”.

  
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