Once
Upon a December
Feste e
balli, fantasie
È il ricordo di sempre.
Ed un canto, vola via
Quando viene Dicembre
(Quando viene Dicembre, Anastasia)
Nella fredda
notte che precedeva
il Natale, la Famiglia Vongola aveva deciso di organizzare un ballo.
Era una
semplice formalità
mondana, in cui tutti gli esponenti delle più importanti
famiglie alleate si
riunivano, per rinnovare la propria alleanza con la potente
organizzazione
gestita da Vongola Primo.
Naturalmente,
Giotto e i suoi
Guardiani, essendo coloro che avevano dato il via alla festa, erano
tutti
presenti, e, di conseguenza, Alaude si trovava, contro la sua
volontà, in
quella sala sfarzosa, in un elegante abito d’epoca, troppo
scomodo per uno
abituato ad indossare i comodi vestiti dell’agente segreto.
Tra le mani
la maschera che, a
detta di Asari, sarebbe servita a creare un’atmosfera
più magica, in quella
notte di neve.
Tuttavia,
quello non era il posto
adatto a lui: non era nella sua indole restare in mezzo alla gente;
parlare con
sconosciuti di cose di cui nemmeno gli importava; restare in vista,
sotto gli
occhi di tutti.
Lui era il
tipo di persona che
disdegnava la compagnia altrui, che ricercava la solitudine e il
silenzio.
Che agiva
nell’ombra, senza
rivelarsi fino all’ultimo, disperato, secondo.
Così,
incurante delle apparenze e
delle buone abitudini, il Guardiano della Nuvola si
allontanò da tutto quel
rumore, da quel mondo fatto di abiti eleganti e danze, rifugiandosi
nella
grande terrazza affacciata sul giardino.
Era,
incredibilmente, deserta:
probabilmente il freddo aveva scoraggiato anche i più
romantici.
Sospirando
per la tanto agognata
solitudine, Alaude si appoggiò alla ringhiera, incrociando
le braccia, e
lasciando che i suoi occhi grigi vagassero, senza una meta, tra quella
infinita
distesa di neve che era diventato il giardino.
-Che ci fai
qui? Non hai freddo?-
Una voce fin
troppo familiare
interruppe la quiete della sua solitudine.
-Vattene.-
Non si prese
la briga di
rispondergli: non aveva alcuna intenzione di dare corda a quello strano
individuo che rispondeva al titolo di Primo Boss dei Cavallone.
Il nuovo
arrivato ridacchiò,
abituato alle uscite scontrose dell’altro, prendendo
quell’unica parola,
intrisa di un non poco velato astio, come un invito a restare. E
probabilmente
era davvero così.
Incurante
dello sguardo di
disapprovazione che ricevette dalla Nuvola, il giovane Boss si
avvicinò al
ragazzo, appoggiandosi anch’esso alla balaustra con la
schiena, dando le spalle
alla magia del giardino, e concentrando la sua attenzione
all’altrettanto incantata
visione che, le coppie danzanti all’interno del grande
salone, andavano a
ricreare.
-Splendida
festa, vero?-
Cavallone
Primo sorrise dolcemente
all’altro, sapendo già la risposta che avrebbe
ottenuto.
-No-
Eccola
lì, la lapidaria negazione
di tutto ciò che era umano, che trasmetteva calore,
incarnata in una semplice
sillaba che, tanto spesso, aveva sentito pronunciare da quelle labbra
costantemente arricciate in una smorfia disapprovante.
Un nuovo
sorriso nacque in
risposta.
-Sai,
Alaude, forse dovresti
imparare ad apprezzare queste cose: le feste, la compagnia, gli
amici…-
-Non mi
interessa.- Il ragazzo dagli
occhi chiari lo interruppe, emanando lapidario la sua sentenza
–Non mi piace
stare tra la gente.-
Il Boss lo
osservò per qualche
secondo con gli occhi carichi di qualcosa che non sapeva se prendere la
sfumatura
della dolcezza.
--Beh, sei
qui con me ora. In
effetti,sei quasi sempre con me, no?-
Se non fosse
stata pronunciata
con così tanta sicurezza, il ragazzo avrebbe reagito
attaccando senza alcuna
pietà, a quella che sembra, da ogni punto di vista,
un’insinuazione.
Tuttavia si
limitò a sospirare,
sfinito.
-Non conta.
Tu sei solo uno stupido
cavallo.-
Cavallone
ridacchiò piano,
divertito da quell’insulto così familiare, da
essere diventato ormai un
complimento.
-Allora..-
iniziò, mentre si
allontanava dalla ringhiera, per poter osservare meglio il proprio
compagno -…non
ci sarà nulla di male nel ballare con questo stupido
cavallo, no?-
E, senza
abbandonare il sorriso,
tese la mano verso l’altro, in un invito più che
esplicito ad assecondare
quella richiesta bizzarra.
Alaude lo
osservò spaesato per
qualche secondo.
-Tu sei
pazzo, Cavallone.-
Ma,
nonostante tutto, strinse tra
le sue quelle dita tese.
*****
Hibari
Kyouya spalancò gli occhi.
Il ricordo
del primo Guardiano
della Nuvola era galoppato prepotentemente all’interno della
sua mente, quasi
come fosse un sogno che non poteva aspettare la notte per essere
vissuto.
Sospirando,
il presidente del
comitato disciplinare osservò lo stesso giardino che aveva
visto in quelle
memorie che, ormai, poteva considerare sue.
Quasi come
il ricordo i una vita
lontana, già vissuta.
Era
sorprendente quanto fosse
forte il legame che, grazie agli anelli, si era creato tra loro e la
prima
generazione di Vongola, nonostante tutti gli anni passati.
La musica
che giungeva fino a
quel balcone, ricordò a Hibari il motivo principale per cui
si era rifugiato in
quel luogo –solo in un secondo momento si rese conto che,
forse, era quello il
filo conduttore che aveva dato il via a quel viaggio nel mondo dei
ricordi.
Dopotutto i
balli non erano certo
qualcosa di adatto a lui: un’accozzaglia di erbivori che
trovavano una scusa
banale per poter fare ancora più gruppo del solito, ecco
cos’era in realtà
quella che Yamamoto Takeshi aveva definito “una vera
festa”.
-Che ci fai
qui? Non hai freddo?-
Le parole
che giunsero,
inaspettate, a peggiorare il malumore di Kyouya, fecero sobbalzare
più del
dovuto il Guardiano, sorpreso maggiormente dalla totale uguaglianza con
quelle
ascoltate nel ricordo di Alaude, che dall’identità
di chi le aveva pronunciate.
Sembrava
assurdo, ma il legame
tra la Nuvola e i Cavallone era un’altra di quelle cose che
non era cambiata.
Dino
Cavallone, Decimo Boss della
famiglia omonimo, gli si avvicinò, andando ad appoggiarsi
alla ringhiera in una
posa così simile a quella del suo antenato che, per un
secondo, le due immagini
si sovrapposero, tingendo di nero i biondissimi capelli del giovane
uomo.
E Kyouya
percepì distintamente un
secondo cuore, da qualche parte, perdere un battito assieme al suo.
-Vattene.-
Rispose, ma
senza crederci
davvero.
Non appena
sentì l’altro
ridacchiare, tuttavia, il ragazzo si lasciò scappare un
breve e invisibile
sorriso: sapeva già come sarebbe andato a finire.
Finiva
sempre così, dopotutto.
Il copione
continuò a essere
seguito, modificando le varianti del caso, ma il ricordo di quel ballo
finì per
trasformarsi nella realtà anche per loro, mentre, dal cielo,
cominciava a
cadere la neve.
°Note°
Oh
una D18!
Oh una CavallonePrimo/Alaude!
Oh
una nuova schifezza!
Mi
amo quando riesco a scrivere porcherie del genere: credo di aver
raggiunto il
livello peggiore e poi batto me stessa! Sono fantastica.
Non
so da dove mi sia uscita, considerando il prompt
iniziale…Anastasia…io davvero
boh.
Ma
eccola qui!
Questa
cosa orribile partecipa alla
challenge multifandom indotta su faccialibro dal gruppo
“Fanfiction Challenge”.
Non
ho altro da dire in mia discolpa.
Baci,
Seki