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Autore: Porrima Noctuam Tacet433    18/07/2013    2 recensioni
[I segreti di Nicholas Flamel, l\'immortale.]1994, Reims.
Un curioso e sfortunato giornalista si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Quanto sarà disposto a rischiare per ottenere le risposte che cerca?
Riuscirà ad avere la sua intervista?
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Dee, Niccolò Machiavelli, Nicholas Flamel, Nuovo personaggio, Perenelle Flamel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dietro la Maschera.

 

Machiavelli respirò l’aria satura dei diversi odori di Reims. Gli sembrava che fosse passata una vita intera da quando aveva accolto Richard Anderson in casa sua.

Eppure non rimpiangeva quei giorni noiosi che avevano preceduto quell’avvenimento.

Continuò a camminare senza una meta precisa, pensando a tutto meno che alle vie che stava percorrendo. Di questo passo si sarebbe ritrovato come minimo a un miglio da casa, ma non aveva importanza.

Non aveva voluto compagnia per quella sera. Aveva ordinato a Dagon di non seguirlo, anche se dubitava che effettivamente il suo segretario avesse obbedito. Non capiva appieno il senso del messaggio che Alypion aveva lasciato, e anche se la curiosità era una qualità che non gli era mai appartenuta, non avrebbe sopportato di non seguirlo, durante un periodo che a quanto pareva stava diventando piuttosto pericoloso.

Pericoloso e intrigante.

Machiavelli non aveva smesso un attimo di pensare alle informazioni che gli erano arrivate.

Non erano notizie da prendere alla leggera.

I Veglianti avevano riottenuto gli Occhi. Questo voleva dire che avevano riacquistato la capacità di osservare le diverse realtà presenti nei Regni d’Ombra, anche quelli più remoti, con la forza delle loro menti.

I Veglianti erano figli di Crono, che, a quanto aveva potuto capire Machiavelli, non erano mai stati amati dal loro padre. Secondo la leggenda, i Veglianti avevano l’abitudine di raccontare un po’ troppo spesso e ad un po’ troppi individui gli avvenimenti che succedevano nei vari Regni, appartenenti a diversi Antichi Signori.

Si erano guadagnati presto l’odio di tutti loro. Compreso il loro padre, e le loro labbra erano state cucite con la tela di Aracne.

Probabilmente tutti gli Antichi Signori erano stati contenti di vederli nelle grinfie di Ade.

Machiavelli non avrebbe saputo dire che aspetto avessero.

Ma sapeva che erano esseri neutrali.

E che se Ade aveva concesso loro di riavere gli Occhi, doveva avere le sue buone ragioni.

E qui si arriva alla Lancia…

Machiavelli trattenne uno sbuffo spazientito. Alypion non era stato per niente esauriente nel suo messaggio.

L’italiano poteva solo fare un sacco di supposizioni. Sapeva che altre Antiche Armi erano state rubate, e per questo si poteva pensare che alla Lancia fosse successa la stessa cosa.

Questo spiegava perché ai Veglianti erano stati concessi gli Occhi.

Se potevano vedere il presente di ogni Regno d’Ombra, potevano ritrovare la Lancia di Odino. E probabilmente gli Oscuri Signori avrebbero concesso loro la libertà, se ci fossero riusciti.

O almeno così avrebbero detto. Avevano l’abitudine di mentire spesso, e Machiavelli sapeva che i Veglianti lo avevano imparato a proprie spese. Se fosse stato in loro, avrebbe già cercato di sfruttare l’occasione con un piano b.

Più rifletteva su questi avvenimenti e più le domande continuavano ad affollargli la mente.

Chi aveva rubato la Lancia di Odino? Che piani avevano gli Oscuri Signori per ritrovarla? E che cosa avrebbero potuto pensare di fare i Veglianti, adesso che avevano riavuto i loro Occhi?

Non che potessero fare molto. Di certo Ade li teneva sotto stretta sorveglianza, soprattutto quando loro celebravano i loro riti divinatori.

Machiavelli di colpo comprese i sentimenti di Richard Anderson, costretto anche lui a tener testa alle sue mille domande.

Che parte aveva il “giovane figlio degli homines” menzionato nel messaggio? E chi era, soprattutto?

Effettivamente Niccolò si sentiva proprio sulla stessa barca di Richard. Perché avrebbe fatto meglio a non chiedersi nulla, ma non aveva intenzione di farlo.

Machiavelli si passò una mano sui capelli candidi, fermandosi sotto a un lampione.

Adesso avrebbe dovuto fare veramente attenzione. i Veglianti stavano cercando la lancia, con ogni probabilità, ma non era detto che non scoprissero anche di Richard, e allora sì che Machiavelli sarebbe stato in guai seri.

Perché se fossero venuti a sapere del giornalista, avrebbero certamente scoperto anche che lui aveva un metodo infallibile per spiarlo, e che quindi sapeva dov’era Flamel e non aveva detto niente.

Sarebbe stato proprio un peccato. Secoli di vita, una vita ricca di conoscenza, buttati via per un errore, un istinto, un gioco.

Machiavelli si bloccò di colpo, in mezzo a un marciapiede. Spostò lo sguardo incolore sulla luce arancione del tramonto, poi si voltò e prese una strada secondaria per dirigersi verso casa.

Un gioco? Sì, solo questo.

E quando si gioca con giocatori abili, è necessario essere pronti a sacrificare i pedoni.

 

*

Otto giorni prima.

Machiavelli aprì la porta del piccolo e in apparenza insignificante negozio di antichità.

Dagon lo seguiva, in silenzio, ascoltando il tintinnio dei campanelli appesi allo stipite della porta, e osservando con noncuranza la strada deserta.

Il negozio era colmo di oggetti di ogni genere e dimensione. Strumenti musicali, mobili incrostati di sporco e dai cassetti difettosi, barattoli e posate, libri e erbe appese al soffitto, calendari di ogni nazionalità, lampade, gioielli che spiccavano con la loro lucentezza tra quegli oggetti inquietanti e bisognosi di una bella pulita.

Dagon non si sarebbe mai sognato di toccarne nemmeno uno. 

Ma Machiavelli sì, e la creatura fece appena in tempo a frapporsi tra l’immortale e un agghiacciante teschio di legno e dai denti d’oro.

« Cosa posso fare per voi?»

Dagon si voltò al suono di una voce gracchiante ed eccitata, Machiavelli lo scostò per guardare in faccia la proprietaria del negozio.

Era una donna alta, ma leggermente ricurva. I capelli erano di un biondo sbiadito, lunghi fino alla vita, e il viso era solcato da poche rughe profonde. Gli occhi strabici si erano puntati subito sull’italiano, senza degnare della minima attenzione Dagon.

Machiavelli le andò in contro, il sorriso della donna era sempre più aperto. Evidentemente non gli capitava spesso di ricevere clienti.

« Che cosa le serve? »

La donna osservò l’italiano da capo a piedi, soffermandosi sul volto calmo e cordiale.

« Niente che mi possa offrire la proprietaria di un negozio. Ho bisogno di una fattucchiera.»

L’italiano si sentì osservato con occhi adoranti e malsani, ma non mosse un muscolo.

« Faccio al caso suo, signore. »

Niccolò sorrise gentilmente.

« Ne ero certo. » La donna divenne tutta rossa e lusingata. Machiavelli non la riteneva affatto degna del nome di fattucchiera, ma per quel che gli serviva poteva andare.

« Desidererei acquistare qualcosa che possa permettermi di spiare qualcuno, qualcosa che sia immune dagli incantesimi che bloccano la divinazione. »

Non usò molti giri di parole, e la donna parve felicissima di questo.

« Anche lei allora è uno stregone! »

Machiavelli dubitava che quella donna potesse sapere molto di magia. Chissà com’era venuta a conoscenza di quel poco che sapeva. Non si poteva dire che non fosse esperta negli oggetti stregati della Nuova Generazione, però. Era uno dei motivi per cui Machiavelli aveva deciso di stabilirsi a Reims.

« Forse.» sorrise lui, mentre la donna lo osservava colma di entusiasmo.

Sparì dietro una tendina, di colpo. Quando tornò, portava con sé un libro molto sottile, rilegato in pelle nera, con qualche striatura rossastra.

Gli occhi di Machiavelli lampeggiarono e l’aria si riempì di un sottile sentore di serpente.

La donna tese le braccia verso di lui, per porgergli il quaderno.

« Ci scriva sopra il nome della persona e questa apparirà sulla carta, lì dove si trova, potrà osservare i suoi movimenti, e le sue parole saranno riportate nella pagina dietro. »

La donna era al settimo cielo, osservando l’espressione soddisfatta di Machiavelli.

Tra tutti gli oggetti, Niccolò non avrebbe mai immaginato quello. Era rarissimo, ce n’erano pochi al mondo. Pochissimi. Non aveva bisogno di provarlo, ma lo fece ugualmente, per sicurezza.

La donna lo prese come un atto di gioiosa impazienza, e non di diffidenza nei suoi confronti.

Gli porse un foglietto.

« Questo è il nome segreto del quaderno. È protetto da un incantesimo. Se lo pronuncia il quaderno verrà distrutto con un’esplosione. È un meccanismo di difesa. »

Qualche minuto dopo, Machiavelli e Dagon erano in strada.

L’italiano spostò sulla sua guardia del corpo gli occhi freddi e penetranti.

Spietati.

« Occupatene prima di dopodomani, Dagon. E dopo ripulisci il negozio da tutto ciò che ti sembra utile. »

*

Niccolò arrivò di fronte alla strada che si poteva benissimo osservare dalla finestra del suo salotto, e non rimase sorpreso di vedere Dagon già sulla soglia del portone in legno.

L’italiano lo raggiunse, non staccando gli occhi dai suoi occhiali da sole.

« Mi hai seguito? »

Dagon non abbassò il capo, ma Machiavelli sapeva che aveva spostato gli occhi in un’altra direzione, anche se non poteva vedere attraverso i suoi occhiali.

« Dovevo farlo. » rispose laconico il segretario.

Non sapeva cosa aspettarsi da Machiavelli. Ma era certo che non gli piacesse essere seguito a sua insaputa. Non temeva la sua reazione, si fidava della sua logica fredda e riflessiva, ma qualcosa gli fece comunque sentire una punta di sollievo quando lo vide annuire, pensieroso.

« Sei un bravo segretario. » disse l’immortale, ma non abbandonò l’espressione severa.

« Però non farlo più»

L’italiano aprì la porta e si rimise la chiave in tasca.

Dagon alzò di scattò la testa e la mano, contemporaneamente, strinse il braccio di Niccolò con le dita affusolate. Machiavelli lo osservò interrogativo.

Il segretario lo scostò appena e lo precedette su per le scale, nessuno dei due osò rompere il silenzio. L’italiano si tolse un guanto, all’erta.

*

La situazione stava diventando snervante.

Richard non faceva altro che tamburellare i piedi per terra da più di mezz’ora, guardandosi intorno con gli occhi nervosi.

Aveva sperato che le circostanze lo avrebbero portato a vivere esperienze un po’ più dinamiche, e invece, adesso che aveva trovato qualcuno che, ne era sicuro, sapeva molto più di ciò che lasciava intendere, aveva iniziato a capirci ancora meno di prima.

Stephen e sua moglie si erano rinchiusi in una stanza adiacente al salotto.

Richard non poteva sentire le loro voci, ma non gli era difficile immaginare di cosa stessero discutendo.

Per un attimo prese in considerazione l’idea di andarsene, di certo avrebbe limitato i rischi.

Ma poi come avrebbe potuto arrivare alla verità? Non era pronto a rinunciare alle sue domande.

Quella città e quel nome erano gli unici indizi che aveva, gli unici che quel tipo canuto gli aveva lasciato, ed era difficile fidarsi di chiunque, ma non aveva altro in mano.

Richard ebbe un sobbalzo quando Stephen e Amanda si decisero a farsi vedere, ma cercò di riprendere un certo contegno nel minor tempo possibile.

L’uomo si sedette di fronte a lui, Richard non abbassò lo sguardo, cercando però di tenere d’occhio anche Amanda.

Seguirono vari secondi di silenzio.

Alla fine Stephen sospirò e appoggiò i gomiti sulle ginocchia.

« Ascolta, Richard…» iniziò, cordialmente, in un tono che voleva essere rassicurante, ma che mise sul chi vive il giornalista.

« Hai detto che sai in che guai si trova Nicholas Flamel. Io gli sono molto legato, e perciò penso che io e te dovremo fidarci l’uno dell’altro, da questo momento in poi. Entrambi potremmo avere informazioni utili all’altro, non pensi? »

Richard annuì, chiedendosi dove volesse arrivare quell’uomo, se volesse davvero rivelargli ogni cosa.

Amanda non sembrava particolarmente felice di sostenere quella conversazione, ma il ragazzo si sforzò di ignorarla.

« Però…» continuò Stephen. Richard trattenne una smorfia. Lo sapeva, che prima o poi sarebbe saltato fuori il “però”. « Devi crederci quando ti diciamo che noi rischiamo molto più di te. E dovremmo essere sicuri che tu non ci tradisca il alcun modo, quindi… ti va di iniziare tu a raccontarci che cosa ti è successo. »

Richard non poteva dire di essere sorpreso.

Sospirò, rassegnato. Stephen aveva parlato come se il ragazzo potesse scegliere. Ma non era del tutto vero.

Le opzioni erano due. Raccontare tutto ciò che gli era capitato a degli sconosciuti, e rischiare. Oppure lasciare perdere tutto, andarsene, cambiare nome, nascondersi. Senza sapere nemmeno da che cosa o da chi si stava nascondendo.

Non era sicuro di potersi fidare, anche se sapeva che l’uomo canuto gli aveva salvato la vita. Peccato che lo stesso uomo, a quanto aveva capito, era  una specie di “collega” di quello che lo voleva eliminare.

Avrebbe potuto fingere che fosse stato tutto un brutto sogno, ed era un alternativa allettante.

Ma lasciar perdere non era nella sua indole.

Richard sospirò rassegnato, e con la sensazione di star facendo la più grande idiozia della sua vita, si apprestò a raccontare.

*

« A cosa devo la visita? »

Machiavelli non aveva voglia di sedersi. Osservava  l’essere disteso sul divano davanti a lui con cupo interesse.

L’emissario di Aton aveva un aspetto quasi umano, anche se ancora per poco tempo, probabilmente. La pelle ambrata era in netto contrasto con le labbra, tinte di rosso cupo.

I capelli scendevano fino alla vita ed erano pressappoco dello stesso color cremisi.

Gli occhi erano fin troppo incavati, due fosse completamente nere.

Dagon chiuse la porta, e per precauzione anche le persiane delle finestre. Accese la luce e Machiavelli poté puntare gli occhi sul ghigno dell’emissario.

« Aton ha un compito per te, Niccolò Machiavelli. »

L’italiano non batté ciglio davanti alla voce profonda della creatura. Si fece attento, pronto a cogliere ogni sfumatura della conversazione.

« Di che si tratta? »

« Prima devo raccontarti una storia, italiano. »

E Machiavelli aveva la netta impressione di essere già informato su molte delle cose che l’emissario gli avrebbe rivelato di lì a poco.

« Vi ascolto. »

La creatura ghignò di nuovo.

« È stata rubata un’altra delle Antiche Armi. »

Machiavelli decise che poteva anche non fingersi sorpreso, visto che già prima di ricevere il messaggio si era aspettato che prima o poi qualcuno avrebbe cercato di rubare altre Armi.

« Pensavo che gli Antichi Signori potessero contare su sistemi di sicurezza più efficienti. » commentò, sarcastico.

« Non ho mai visto nessuno più attento di Odino quando si tratta di ciò che possiede. Non riesco ad immaginare come questo ladro abbia fatto a rubarla del suo Regno d’Ombra. »

Per un attimo la creatura parve profondamente infastidita dal commento dell’immortale, ma si controllò perfettamente e pochi istanti dopo sul suo viso era riaffiorato il ghigno.

« Gli Oscuri Signori hanno deciso di permettere ai Veglianti di usare gli Occhi, per ritrovare la Lancia sono disposti a fare qualsiasi cosa. »

Ecco il momento giusto per ostentare un’espressione sorpresa.

Machiavelli sapeva esattamente come fare, e conosceva alla perfezione se stesso, sapeva come avrebbe reagito se non avesse saputo nulla. Gli occhi leggermente sgranati per meno di un secondo, lo sguardo limpido e concentrato di chi ci mette poco ad annoiarsi così come ad interessarsi.

Machiavelli pensò che non si sarebbe mai stancato di essere soddisfatto di trovare veritiere le supposizioni che faceva. Ma si domandava anche quale fosse il suo ruolo in quella storia, e forse conosceva già la risposta.

L’emissario parve soddisfatto e desideroso di lasciare l’immortale sulle spine.

Dopo vari momenti di silenzio, in cui Machiavelli fece finta di riflettere sui Veglianti, l’emissario si decise a continuare.

« Così gli Oscuri Signori hanno scoperto l’attuale locazione di Gugnir. Si trova in questo Regno d’Ombra, immortale, e il tuo compito è trovarla e riportarla a me. »

*

Nicholas Flamel rimase in silenzio per vari secondi, cercando di mettere ordine nel cervello e assimilare bene tutte le informazioni. Richard aveva appena finito di raccontare la sua storia, e Nicholas era rimasto a bocca aperta.

« Ragazzo… sei stato davvero sfortunato. »

Era l’unica frase che gli sembrava opportuna, ma capì che non lo era affatto, appena vide l’espressione cupa di Richard.

« E molto stupido. » aggiunse Perenelle. « Non avresti dovuto metterti alla ricerca di Nicholas Flamel. »

Richard alzò il mento con fierezza, stupendo i due immortali.

« Mi sono accorto di essere in un mare di guai, signora, non c’è bisogno che me lo ripeta. Metta in conto che io senza che voi due rispondiate alle mie domande non me ne vado di qui.  »

I due immortali si scambiarono uno sguardo.

« Io capisco come ti senti, Richard. » disse Nicholas, gentilmente. « Ma se vuoi davvero che noi ti aiutiamo, devi finire di rispondere a tutti i nostri dubbi. »

Nicholas non voleva che Richard si stancasse di parlare proprio adesso. Sentiva che c’era qualcosa che non tornava, qualcosa fuori posto.

Richard annuì freddamente.

« Bene, allora… » cominciò l’Alchimista. « L’uomo che ti ha ospitato, e il suo segretario… potresti descrivermeli? »

Richard annuì e riportò alla memoria tutti i ricordi di cui disponeva.

« Ecco… il segretario non si faceva vedere in faccia. Era sempre coperto da un cappello che teneva in modo da gettare ombra sul volto. In più l’ho visto sempre in stanze molto poco illuminate. Invece, quello che doveva essere il suo datore di lavoro… » il ragazzo fece una pausa, riflessivo, mentre Nicholas e Perenelle si facevano sempre più attenti.

« Lui si è fatto vedere. È alto, con la barba molto corta e curata… i capelli bianchi e gli occhi grigi. »

Richard vide i suoi interlocutori sbarrare gli occhi.

« Lo conoscete? » chiese, in preda all’agitazione.

« Cosa puoi dirci del suo comportamento? » chiese la donna, ignorando completamente la sua domanda.

Richard, un po’ irritato ma speranzoso, annuì senza esitazioni.

« Io mi sentivo un po’ a disagio. Non riuscivo a sostenere il suo sguardo… »

Nicholas alzò una mano per frenarlo, perché sapeva già le cose che gli avrebbe detto dopo.

« E cosa ti ha detto, precisamente?»

« Emh… mi ha detto che sapevo troppo… e che non dovevo avere paura di lui, ma che non poteva dirmi chi era o come si chiamava… mi ha detto che… » Richard deglutì, rabbrividendo « che se avesse voluto uccidermi lo avrebbe già fatto, e non dovevo fare domande. Poi…»

Richard si ricordò all’improvviso un dettaglio che lo aveva colpito particolarmente.

« Mi ha detto anche che non poteva raccontarmi la sua storia, perché era troppo lunga. E quando gli ho detto che ero abituato a sentire storie lunghe lui si è messo a ridere. »

Nicholas e Perenelle si scambiarono un sorrisetto divertito, con l’infelice esito di irritare ancora di più il giornalista.

Richard si morse il labbro. Aveva già raccontato tutto per filo e per segno, di come l’uomo alto e canuto lo aveva portato via e ospitato, di come aveva sentito la voce dell’altro uomo sulle scale mentre stava scappando col segretario, di come si era ritrovato in tasca il biglietto.

Adesso era il loro turno.

« Adesso tocca a voi! » affermò, glaciale e con una autorità che normalmente non avrebbe usato.

« Volete dirmi chi erano quei due uomini che ho incontrato?»

*

« Dagon, credo che a questo punto dovrei riconsiderare la situazione. » disse Machiavelli, certo che l’emissario fosse ormai lontano. « e i miei piani, soprattutto. »

L’immortale era impassibile, ma non per questo indifferente. Dagon sapeva che non avrebbe preso alla leggera una situazione del genere.

Inaspettatamente, Niccolò si voltò verso di lui e sorrise con un’espressione innocente che non ingannava nessuno.

O meglio, ingannava gran parte della popolazione umana, ma non Dagon.

« Sai, avevo pensato di prendere Flamel prima di Dee, servendomi di Richard. Ma adesso…»

Alzò le braccia con i palmi aperti, con la faccia di chi è appena stato derubato del suo pupazzo preferito.

« Non è più possibile. Vedi, sono molto impegnato, al momento. »

Bisogna scegliere che partita giocare…

« E quindi, sono costretto a lascar perdere, o il rischio di essere scoperto sarebbe troppo elevato. »

Machiavelli unì le dita davanti al mento, riflessivo.

« Se malauguratamente dovesse capitare che Dee raggiunga i Flamel mentre sono assente, potrebbe pensare che io ho lasciato scappare il giornalista. »

« Di fatto è ciò che è successo» affermò Dagon, un velo di rimprovero nella voce.

Machiavelli lo guardò divertito.

« Non è necessario che lo sappia. Inoltre… » aggiunse, sorridendo affabile. Dagon non potè fare a meno di lasciarsi sfuggire uno sbuffo divertito.

« L’inglese ha avuto la straordinaria idea di affidare a me il compito di trovare Richard… direi che non è educato farlo aspettare tanto, non credi? »

Machiavelli si prese ancora qualche minuto per pensare ad ogni aspetto della questione. Adesso che non poteva più tenere d’occhio da vicino Richard, era costretto a ribaltare la situazione.

Avrebbe detto a John Dee la locazione di Richard, senza specificare che anche i Flamel si trovavano nello stesso posto. Avrebbe fatto finta di non essersi accorto del dettaglio.

Quando Dee sarebbe arrivato avrebbe trovato anche l’Alchimista e la Fattucchiera, e probabilmente avrebbe capito subito l’inganno di Machiavelli. Avrebbe intuito che l’italiano aveva indirizzato il giornalista verso i due immortali, ma non avrebbe avuto niente in mano, per provarlo.

Era troppo rischioso lasciare vivo Richard. Dee avrebbe potuto interrogarlo e scoprire tutte le menzogne di Machiavelli.

Però come si poteva allontanare il giornalista dai Flamel e ucciderlo senza che i due lo sapessero?

La questione era più complicata del previsto. bastava un errore, un solo errore, per ritorcere la situazione contro Machiavelli.

L’unica possibilità che aveva era aspettare che Richard uscisse da solo da quella casa. Ucciderlo, occultare il cadavere. E dire a Dee dove si era trovato prima di morire.

Probabilmente, notando la scomparsa di Richard, i coniugi Flamel si sarebbero allarmati e avrebbero cambiato città.

Poi Machiavelli avrebbe aiutato Dee nelle loro ricerche, dicendogli che alcuni suoi informatori avevano intercettato i loro movimenti.

Una parte del merito sarebbe stata sua. 

Però, intanto, avrebbe dovuto partire per ordine degli Oscuri Signori per recuperare la Lancia. Avrebbe potuto continuare a spiare Richard. Il giornalista non poteva rimanere in quella casa per sempre, e appena uscito per qualunque futile motivo, Dagon lo avrebbe sistemato.

Ah, e poi il suo segretario avrebbe anche dovuto fare in modo che il Mago trovasse il cadavere.

« Dagon, tu non potrai seguirmi in questo viaggio. Ho altri piani per te. »

Richard Anderson pensò Machiavelli, mentre un angolo della sua bocca si piegava in un piccolo sorriso sono spiacente… ma non mi servi più.

*

Tre giorni dopo.

Richard Anderson si svegliò tranquillo.

Strano.

Era sicuro che non avrebbe più dormito bene per i prossimi dieci anni a venire, dopo aver saputo tutto quello che doveva sapere su ciò che gli era successo.

Ovviamente, quelli che aveva scoperto essere Nicholas e Perenelle Flamel, e a questo pensiero sentì il petto scuotersi in un sussulto, non gli avevano rilevato tutto.

Ma solo ciò che lo riguardava strettamente. E gli era bastato.

Per due giorni non aveva avuto il coraggio di mettere piede fuori da quella casa, anche se nemmeno lì si sentiva a suo agio completamente, e le tisane alle erbe di Perenelle servivano a poco.

Ma quel giorno una calma apatica era scesa su di lui. Forse aveva accettato tutto. Forse non era più tanto spaventato, ma eccitato.

Ciò che aveva scoperto era oscuro, folle, assurdo. Ma era reale, e questo lo rendeva straordinario.

Si vestì in fretta e scese le scale, con un pensiero fisso in mente.

Erano giorni che non sentiva sua madre, gli aveva detto che sarebbe andato in vacanza e non ricordava nemmeno quale cittadina della Francia gli aveva indicato. Era l’ora di telefonarle, o non l’avrebbe mai perdonato, e suo padre non gli avrebbe dato pace per i prossimi tre mesi.

Ancora sconcertato e stupito dalla sua stessa serenità, si chiese distrattamente se Flamel gli avrebbe rilasciato un’intervista. Non per pubblicarla, non era ancora così idiota.

Però gli sarebbe piaciuto approfondire le esperienze di un uomo di seicento anni.

Passò dalla cucina e salutò una preoccupata signora Flamel, che non voleva più lasciarlo andare. Aveva solo bisogno di andare a comprarsi delle sigarette, per non rovinare il suo buonumore proprio sul più bello.

Perenelle ci pensò su. Proprio il giorno prima aveva effettuato qualche incantesimo di divinazione, spiando Dee e Machiavelli.

Il primo li stava facendo cercare in Belgio e nella Francia del Nord. Ancora non era arrivato a Montpellier.

Il secondo era su un aereo per il Perù.

E il tabacchino era vicino.

Osservando il ragazzo, contenta che avesse ritrovato un po’ dell’allegria e dell’entusiasmo giovanile, non se la sentì di preoccuparlo e lo salutò con un sorriso, scambiando con il marito uno sguardo di assenso col marito.

Richard le sorrise, si infilò la sua inseparabile giacca blu e uscì di casa.

*

« sta andando in un tabacchino, Dagon, supera la seconda strada a sinistra e svolta ancora a sinistra. Il tabacchino in questione è proprio all’angolo. Se decide di fare una passeggiata mattutina puoi anche procedere. Se no aspetteremo ancora.  »

Machiavelli sfogliò all’indietro il suo prezioso quaderno, lo sguardo d’acciaio.

« mi raccomando. Devi essere veloce. »

L’italiano chiuse la conversazione e si rilassò sul l’ampio letto della sua stanza d’albergo.

Avrebbe riposato solo un po’, prima di mettersi alla ricerca di Gugnir, la Lancia di Odino.

Il suo pensiero corse a Dagon. L’italiano era consapevole di aver fatto una mossa azzardata. Ma era la cosa migliore.

Certo, non poteva essere sicuro che Dagon riuscisse effettivamente a rapire Richard, ma a quell’ora non doveva esserci molta gente per strada, e se seguiva bene le sue istruzioni sarebbe dovuto riuscire nell’impresa.

Niccolò Machiavelli si accarezzò disinvolto la corta barba che gli incorniciava le labbra leggermente incurvate.

Riaprì il quaderno dopo dieci minuti. Richard stava uscendo dal piccolo negozio con un pacchetto di sigarette in mano. Si guardò intorno per un momento, poi si diresse verso alcuni giardini, allontanandosi dalla strada che lo avrebbe riportato verso casa, una sigaretta appena accesa in bocca.

Machiavelli annuì vittorioso. Era logico pensare che un tipo come lui non fosse abituato a stare per troppo tempo chiuso in casa. In più Niccolò sospettava che, una volta saputa tutta la verità, avrebbe inconsciamente abbassato la guardia.

L’immortale aspettava pazientemente quel momento.

Si ritrovò a pensare alle persone come lui, calcolatrici, fredde, spietate e senza affetti. Quelle che, come lui, preferivano tenere nascosto il loro vero volto, dietro un’espressione cordiale, elegante, affabile. Machiavelli molte volte si interrogava su se stesso, ma non fino in fondo. Temeva di trovare un altro volto sotto la faccia che per lui ormai era diventata quella vera.

Ma questo non era possibile. Una volta tolta la maschera, c’è il volto.

Ed erano quegli occhi spietati che si celavano dietro la maschera, perché Machiavelli non sentiva la minima traccia di rimorso. Niccolò sorrise, le iridi gelide.

Addio, Richard Anderson. 

 

 

 

 

  
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