Dietro
la Maschera.
Machiavelli respirò
l’aria satura dei diversi odori di
Reims. Gli sembrava che fosse passata una vita intera da quando aveva
accolto
Richard Anderson in casa sua.
Eppure non rimpiangeva
quei giorni noiosi che avevano
preceduto quell’avvenimento.
Continuò a camminare
senza una meta precisa, pensando a
tutto meno che alle vie che stava percorrendo. Di questo passo si
sarebbe
ritrovato come minimo a un miglio da casa, ma non aveva importanza.
Non aveva voluto
compagnia per quella sera. Aveva ordinato
a Dagon di non seguirlo, anche se dubitava che effettivamente il suo
segretario
avesse obbedito. Non capiva appieno il senso del messaggio che Alypion
aveva
lasciato, e anche se la curiosità era una qualità che non gli era mai
appartenuta, non avrebbe sopportato di non seguirlo, durante un periodo
che a
quanto pareva stava diventando piuttosto pericoloso.
Pericoloso e intrigante.
Machiavelli non aveva
smesso un attimo di pensare alle
informazioni che gli erano arrivate.
Non erano notizie da
prendere alla leggera.
I Veglianti avevano
riottenuto gli Occhi. Questo voleva
dire che avevano riacquistato la capacità di osservare le diverse
realtà
presenti nei Regni d’Ombra, anche quelli più remoti, con la forza delle
loro
menti.
I Veglianti erano figli
di Crono, che, a quanto aveva
potuto capire Machiavelli, non erano mai stati amati dal loro padre.
Secondo la
leggenda, i Veglianti avevano l’abitudine di raccontare un po’ troppo
spesso e
ad un po’ troppi individui gli avvenimenti che succedevano nei vari
Regni,
appartenenti a diversi Antichi Signori.
Si erano guadagnati
presto l’odio di tutti loro. Compreso
il loro padre, e le loro labbra erano state cucite con la tela di
Aracne.
Probabilmente tutti gli
Antichi Signori erano stati
contenti di vederli nelle grinfie di Ade.
Machiavelli non avrebbe
saputo dire che aspetto avessero.
Ma sapeva che erano
esseri neutrali.
E che se Ade aveva
concesso loro di riavere gli Occhi,
doveva avere le sue buone ragioni.
E qui si arriva alla
Lancia…
Machiavelli trattenne
uno sbuffo spazientito. Alypion non
era stato per niente esauriente nel suo messaggio.
L’italiano poteva solo
fare un sacco di supposizioni.
Sapeva che altre Antiche Armi erano state rubate, e per questo si
poteva
pensare che alla Lancia fosse successa la stessa cosa.
Questo spiegava perché
ai Veglianti erano stati concessi
gli Occhi.
Se potevano vedere il
presente di ogni Regno d’Ombra,
potevano ritrovare la Lancia di Odino. E probabilmente gli Oscuri
Signori
avrebbero concesso loro la libertà, se ci fossero riusciti.
O almeno così avrebbero
detto. Avevano l’abitudine di
mentire spesso, e Machiavelli sapeva che i Veglianti lo avevano
imparato a
proprie spese. Se fosse stato in loro, avrebbe già cercato di sfruttare
l’occasione con un piano b.
Più rifletteva su questi
avvenimenti e più le domande
continuavano ad affollargli la mente.
Chi aveva rubato la
Lancia di Odino? Che piani avevano gli
Oscuri Signori per ritrovarla? E che cosa avrebbero potuto pensare di
fare i
Veglianti, adesso che avevano riavuto i loro Occhi?
Non che potessero fare
molto. Di certo Ade li teneva sotto
stretta sorveglianza, soprattutto quando loro celebravano i loro riti
divinatori.
Machiavelli di colpo
comprese i sentimenti di Richard
Anderson, costretto anche lui a tener testa alle sue mille domande.
Che parte aveva il
“giovane figlio degli homines”
menzionato nel messaggio? E chi era, soprattutto?
Effettivamente Niccolò
si sentiva proprio sulla stessa
barca di Richard. Perché avrebbe fatto meglio a non chiedersi nulla, ma
non
aveva intenzione di farlo.
Machiavelli si passò una
mano sui capelli candidi,
fermandosi sotto a un lampione.
Adesso avrebbe dovuto
fare veramente attenzione. i
Veglianti stavano cercando la lancia, con ogni probabilità, ma non era
detto
che non scoprissero anche di Richard, e allora sì che Machiavelli
sarebbe stato
in guai seri.
Perché se fossero venuti
a sapere del giornalista,
avrebbero certamente scoperto anche che lui aveva un metodo infallibile
per
spiarlo, e che quindi sapeva dov’era Flamel e non aveva detto niente.
Sarebbe stato proprio un
peccato. Secoli di vita, una vita
ricca di conoscenza, buttati via per un errore, un istinto, un gioco.
Machiavelli si bloccò di
colpo, in mezzo a un marciapiede.
Spostò lo sguardo incolore sulla luce arancione del tramonto, poi si
voltò e
prese una strada secondaria per dirigersi verso casa.
Un gioco? Sì, solo
questo.
E quando si gioca con
giocatori abili, è necessario essere pronti a sacrificare i pedoni.
*
Otto giorni prima.
Machiavelli aprì la
porta del piccolo e in apparenza insignificante negozio di antichità.
Dagon lo seguiva, in
silenzio, ascoltando il tintinnio dei campanelli appesi allo stipite
della
porta, e osservando con noncuranza la strada deserta.
Il negozio era colmo
di oggetti di ogni genere e dimensione. Strumenti musicali, mobili
incrostati
di sporco e dai cassetti difettosi, barattoli e posate, libri e erbe
appese al
soffitto, calendari di ogni nazionalità, lampade, gioielli che
spiccavano con
la loro lucentezza tra quegli oggetti inquietanti e bisognosi di una
bella
pulita.
Dagon non si sarebbe
mai sognato di toccarne nemmeno uno.
Ma Machiavelli sì, e
la creatura fece appena in tempo a frapporsi tra l’immortale e un
agghiacciante
teschio di legno e dai denti d’oro.
« Cosa posso fare per
voi?»
Dagon si voltò al
suono di una voce gracchiante ed eccitata, Machiavelli lo scostò per
guardare
in faccia la proprietaria del negozio.
Era una donna alta,
ma leggermente ricurva. I capelli erano di un biondo sbiadito, lunghi
fino alla
vita, e il viso era solcato da poche rughe profonde. Gli occhi strabici
si
erano puntati subito sull’italiano, senza degnare della minima
attenzione
Dagon.
Machiavelli le andò
in contro, il sorriso della donna era sempre più aperto. Evidentemente
non gli
capitava spesso di ricevere clienti.
« Che cosa le serve?
»
La donna osservò
l’italiano da capo a piedi, soffermandosi sul volto calmo e cordiale.
« Niente che mi possa
offrire la proprietaria di un negozio. Ho bisogno di una fattucchiera.»
L’italiano si sentì
osservato con occhi adoranti e malsani, ma non mosse un muscolo.
« Faccio al caso suo,
signore. »
Niccolò sorrise
gentilmente.
« Ne ero certo. » La
donna divenne tutta rossa e lusingata. Machiavelli non la riteneva
affatto
degna del nome di fattucchiera, ma per quel che gli serviva poteva
andare.
« Desidererei
acquistare qualcosa che possa permettermi di spiare qualcuno, qualcosa
che sia
immune dagli incantesimi che bloccano la divinazione. »
Non usò molti giri di
parole, e la donna parve felicissima di questo.
« Anche lei allora è
uno stregone! »
Machiavelli dubitava
che quella donna potesse sapere molto di magia. Chissà com’era venuta a
conoscenza di quel poco che sapeva. Non si poteva dire che non fosse
esperta
negli oggetti stregati della Nuova Generazione, però. Era uno dei
motivi per
cui Machiavelli aveva deciso di stabilirsi a Reims.
« Forse.» sorrise
lui, mentre la donna lo osservava colma di entusiasmo.
Sparì dietro una
tendina, di colpo. Quando tornò, portava con sé un libro molto sottile,
rilegato in pelle nera, con qualche striatura rossastra.
Gli occhi di
Machiavelli lampeggiarono e l’aria si riempì di un sottile sentore di
serpente.
La donna tese le
braccia verso di lui, per porgergli il quaderno.
« Ci scriva sopra il
nome della persona e questa apparirà sulla carta, lì dove si trova,
potrà
osservare i suoi movimenti, e le sue parole saranno riportate nella
pagina
dietro. »
La donna era al
settimo cielo, osservando l’espressione soddisfatta di Machiavelli.
Tra tutti gli
oggetti, Niccolò non avrebbe mai immaginato quello. Era rarissimo, ce
n’erano
pochi al mondo. Pochissimi. Non aveva bisogno di provarlo, ma lo fece
ugualmente, per sicurezza.
La donna lo prese
come un atto di gioiosa impazienza, e non di diffidenza nei suoi
confronti.
Gli porse un
foglietto.
« Questo è il nome
segreto del quaderno. È protetto da un incantesimo. Se lo pronuncia il
quaderno
verrà distrutto con un’esplosione. È un meccanismo di difesa. »
Qualche minuto dopo,
Machiavelli e Dagon erano in strada.
L’italiano spostò
sulla sua guardia del corpo gli occhi freddi e penetranti.
Spietati.
« Occupatene prima di
dopodomani, Dagon. E dopo ripulisci il negozio da tutto ciò che ti
sembra
utile. »
*
Niccolò arrivò di fronte
alla strada che si poteva
benissimo osservare dalla finestra del suo salotto, e non rimase
sorpreso di
vedere Dagon già sulla soglia del portone in legno.
L’italiano lo raggiunse,
non staccando gli occhi dai suoi
occhiali da sole.
« Mi hai seguito? »
Dagon non abbassò il
capo, ma Machiavelli sapeva che aveva
spostato gli occhi in un’altra direzione, anche se non poteva vedere
attraverso
i suoi occhiali.
« Dovevo farlo. »
rispose laconico il segretario.
Non sapeva cosa
aspettarsi da Machiavelli. Ma era certo che
non gli piacesse essere seguito a sua insaputa. Non temeva la sua
reazione, si
fidava della sua logica fredda e riflessiva, ma qualcosa gli fece
comunque
sentire una punta di sollievo quando lo vide annuire, pensieroso.
« Sei un bravo
segretario. » disse l’immortale, ma non
abbandonò l’espressione severa.
« Però non farlo più»
L’italiano aprì la porta
e si rimise la chiave in tasca.
Dagon alzò di scattò la
testa e la mano, contemporaneamente,
strinse il braccio di Niccolò con le dita affusolate. Machiavelli lo
osservò
interrogativo.
Il segretario lo scostò
appena e lo precedette su per le
scale, nessuno dei due osò rompere il silenzio. L’italiano si tolse un
guanto,
all’erta.
*
La situazione stava
diventando snervante.
Richard non faceva altro
che tamburellare i piedi per terra
da più di mezz’ora, guardandosi intorno con gli occhi nervosi.
Aveva sperato che le
circostanze lo avrebbero portato a
vivere esperienze un po’ più dinamiche, e invece, adesso che aveva
trovato
qualcuno che, ne era sicuro, sapeva molto più di ciò che lasciava
intendere,
aveva iniziato a capirci ancora meno di prima.
Stephen e sua moglie si
erano rinchiusi in una stanza
adiacente al salotto.
Richard non poteva
sentire le loro voci, ma non gli era
difficile immaginare di cosa stessero discutendo.
Per un attimo prese in
considerazione l’idea di andarsene,
di certo avrebbe limitato i rischi.
Ma poi come avrebbe
potuto arrivare alla verità? Non era
pronto a rinunciare alle sue domande.
Quella città e quel nome
erano gli unici indizi che aveva,
gli unici che quel tipo canuto gli aveva lasciato, ed era difficile
fidarsi di
chiunque, ma non aveva altro in mano.
Richard ebbe un sobbalzo
quando Stephen e Amanda si decisero
a farsi vedere, ma cercò di riprendere un certo contegno nel minor
tempo
possibile.
L’uomo si sedette di
fronte a lui, Richard non abbassò lo
sguardo, cercando però di tenere d’occhio anche Amanda.
Seguirono vari secondi
di silenzio.
Alla fine Stephen
sospirò e appoggiò i gomiti sulle
ginocchia.
« Ascolta, Richard…»
iniziò, cordialmente, in un tono che
voleva essere rassicurante, ma che mise sul chi vive il giornalista.
« Hai detto che sai in
che guai si trova Nicholas Flamel.
Io gli sono molto legato, e perciò penso che io e te dovremo fidarci
l’uno
dell’altro, da questo momento in poi. Entrambi potremmo avere
informazioni
utili all’altro, non pensi? »
Richard annuì,
chiedendosi dove volesse arrivare
quell’uomo, se volesse davvero rivelargli ogni cosa.
Amanda non sembrava
particolarmente felice di sostenere
quella conversazione, ma il ragazzo si sforzò di ignorarla.
« Però…» continuò
Stephen. Richard trattenne una smorfia.
Lo sapeva, che prima o poi sarebbe saltato fuori il “però”. « Devi
crederci
quando ti diciamo che noi rischiamo molto più di te. E dovremmo essere
sicuri
che tu non ci tradisca il alcun modo, quindi… ti va di iniziare tu a
raccontarci che cosa ti è successo. »
Richard non poteva dire
di essere sorpreso.
Sospirò, rassegnato.
Stephen aveva parlato come se il
ragazzo potesse scegliere. Ma non era del tutto vero.
Le opzioni erano due.
Raccontare tutto ciò che gli era
capitato a degli sconosciuti, e rischiare. Oppure lasciare perdere
tutto,
andarsene, cambiare nome, nascondersi. Senza sapere nemmeno da che cosa
o da
chi si stava nascondendo.
Non era sicuro di
potersi fidare, anche se sapeva che
l’uomo canuto gli aveva salvato la vita. Peccato che lo stesso uomo, a
quanto
aveva capito, era una specie di
“collega” di quello che lo voleva eliminare.
Avrebbe potuto fingere
che fosse stato tutto un brutto
sogno, ed era un alternativa allettante.
Ma lasciar perdere non
era nella sua indole.
Richard sospirò
rassegnato, e con la sensazione di star
facendo la più grande idiozia della sua vita, si apprestò a raccontare.
*
« A cosa devo la visita?
»
Machiavelli non aveva
voglia di sedersi. Osservava l’essere
disteso sul divano davanti a lui con
cupo interesse.
L’emissario di Aton
aveva un aspetto quasi umano, anche se
ancora per poco tempo, probabilmente. La pelle ambrata era in netto
contrasto
con le labbra, tinte di rosso cupo.
I capelli scendevano
fino alla vita ed erano pressappoco
dello stesso color cremisi.
Gli occhi erano fin
troppo incavati, due fosse
completamente nere.
Dagon chiuse la porta, e
per precauzione anche le persiane
delle finestre. Accese la luce e Machiavelli poté puntare gli occhi sul
ghigno
dell’emissario.
« Aton ha un compito per
te, Niccolò Machiavelli. »
L’italiano non batté
ciglio davanti alla voce profonda
della creatura. Si fece attento, pronto a cogliere ogni sfumatura della
conversazione.
« Di che si tratta? »
« Prima devo raccontarti
una storia, italiano. »
E Machiavelli aveva la
netta impressione di essere già
informato su molte delle cose che l’emissario gli avrebbe rivelato di
lì a
poco.
« Vi ascolto. »
La creatura ghignò di
nuovo.
« È stata rubata
un’altra delle Antiche Armi. »
Machiavelli decise che
poteva anche non fingersi sorpreso,
visto che già prima di ricevere il messaggio si era aspettato che prima
o poi
qualcuno avrebbe cercato di rubare altre Armi.
« Pensavo che gli
Antichi Signori potessero contare su
sistemi di sicurezza più efficienti. » commentò, sarcastico.
« Non ho mai visto
nessuno più attento di Odino quando si
tratta di ciò che possiede. Non riesco ad immaginare come questo ladro
abbia
fatto a rubarla del suo Regno d’Ombra. »
Per un attimo la
creatura parve profondamente infastidita
dal commento dell’immortale, ma si controllò perfettamente e pochi
istanti dopo
sul suo viso era riaffiorato il ghigno.
« Gli Oscuri Signori
hanno deciso di permettere ai
Veglianti di usare gli Occhi, per ritrovare la Lancia sono disposti a
fare
qualsiasi cosa. »
Ecco il momento giusto
per ostentare un’espressione
sorpresa.
Machiavelli sapeva
esattamente come fare, e conosceva alla
perfezione se stesso, sapeva come avrebbe reagito se non avesse saputo
nulla.
Gli occhi leggermente sgranati per meno di un secondo, lo sguardo
limpido e
concentrato di chi ci mette poco ad annoiarsi così come ad
interessarsi.
Machiavelli pensò che
non si sarebbe mai stancato di essere
soddisfatto di trovare veritiere le supposizioni che faceva. Ma si
domandava
anche quale fosse il suo ruolo in quella storia, e forse conosceva già
la
risposta.
L’emissario parve
soddisfatto e desideroso di lasciare
l’immortale sulle spine.
Dopo vari momenti di
silenzio, in cui Machiavelli fece
finta di riflettere sui Veglianti, l’emissario si decise a continuare.
« Così gli Oscuri
Signori hanno scoperto l’attuale
locazione di Gugnir. Si trova in questo Regno d’Ombra, immortale, e il
tuo
compito è trovarla e riportarla a me. »
*
Nicholas Flamel rimase
in silenzio per vari secondi,
cercando di mettere ordine nel cervello e assimilare bene tutte le
informazioni. Richard aveva appena finito di raccontare la sua storia,
e
Nicholas era rimasto a bocca aperta.
« Ragazzo… sei stato
davvero sfortunato. »
Era l’unica frase che
gli sembrava opportuna, ma capì che
non lo era affatto, appena vide l’espressione cupa di Richard.
« E molto stupido. »
aggiunse Perenelle. « Non avresti
dovuto metterti alla ricerca di Nicholas Flamel. »
Richard alzò il mento
con fierezza, stupendo i due
immortali.
« Mi sono accorto di
essere in un mare di guai, signora,
non c’è bisogno che me lo ripeta. Metta in conto che io senza che voi
due
rispondiate alle mie domande non me ne vado di qui.
»
I due immortali si
scambiarono uno sguardo.
« Io capisco come ti
senti, Richard. » disse Nicholas,
gentilmente. « Ma se vuoi davvero che noi ti aiutiamo, devi finire di
rispondere a tutti i nostri dubbi. »
Nicholas non voleva che
Richard si stancasse di parlare
proprio adesso. Sentiva che c’era qualcosa che non tornava, qualcosa
fuori
posto.
Richard annuì
freddamente.
« Bene, allora… »
cominciò l’Alchimista. « L’uomo che ti ha
ospitato, e il suo segretario… potresti descrivermeli? »
Richard annuì e riportò
alla memoria tutti i ricordi di cui
disponeva.
« Ecco… il segretario
non si faceva vedere in faccia. Era
sempre coperto da un cappello che teneva in modo da gettare ombra sul
volto. In
più l’ho visto sempre in stanze molto poco illuminate. Invece, quello
che
doveva essere il suo datore di lavoro… » il ragazzo fece una pausa,
riflessivo,
mentre Nicholas e Perenelle si facevano sempre più attenti.
« Lui si è fatto vedere.
È alto, con la barba molto corta e
curata… i capelli bianchi e gli occhi grigi. »
Richard vide i suoi
interlocutori sbarrare gli occhi.
« Lo conoscete? »
chiese, in preda all’agitazione.
« Cosa puoi dirci del
suo comportamento? » chiese la donna,
ignorando completamente la sua domanda.
Richard, un po’ irritato
ma speranzoso, annuì senza
esitazioni.
« Io mi sentivo un po’ a
disagio. Non riuscivo a sostenere
il suo sguardo… »
Nicholas alzò una mano
per frenarlo, perché sapeva già le
cose che gli avrebbe detto dopo.
« E cosa ti ha detto,
precisamente?»
« Emh… mi ha detto che
sapevo troppo… e che non dovevo
avere paura di lui, ma che non poteva dirmi chi era o come si chiamava…
mi ha
detto che… » Richard deglutì, rabbrividendo « che se avesse voluto
uccidermi lo
avrebbe già fatto, e non dovevo fare domande. Poi…»
Richard si ricordò
all’improvviso un dettaglio che lo aveva
colpito particolarmente.
« Mi ha detto anche che
non poteva raccontarmi la sua
storia, perché era troppo lunga. E
quando gli ho detto che ero abituato a sentire storie lunghe lui si è
messo a
ridere. »
Nicholas e Perenelle si
scambiarono un sorrisetto
divertito, con l’infelice esito di irritare ancora di più il
giornalista.
Richard si morse il
labbro. Aveva già raccontato tutto per
filo e per segno, di come l’uomo alto e canuto lo aveva portato via e
ospitato,
di come aveva sentito la voce dell’altro uomo sulle scale mentre stava
scappando col segretario, di come si era ritrovato in tasca il
biglietto.
Adesso era il loro
turno.
« Adesso tocca a voi! »
affermò, glaciale e con una
autorità che normalmente non avrebbe usato.
« Volete dirmi chi erano
quei due uomini che ho
incontrato?»
*
« Dagon, credo che a
questo punto dovrei riconsiderare la
situazione. » disse Machiavelli, certo che l’emissario fosse ormai
lontano. « e
i miei piani, soprattutto. »
L’immortale era
impassibile, ma non per questo
indifferente. Dagon sapeva che non avrebbe preso alla leggera una
situazione
del genere.
Inaspettatamente,
Niccolò si voltò verso di lui e sorrise
con un’espressione innocente che non ingannava nessuno.
O meglio, ingannava gran
parte della popolazione umana, ma
non Dagon.
« Sai, avevo pensato di
prendere Flamel prima di Dee,
servendomi di Richard. Ma adesso…»
Alzò le braccia con i
palmi aperti, con la faccia di chi è
appena stato derubato del suo pupazzo preferito.
« Non è più possibile.
Vedi, sono molto impegnato, al
momento. »
Bisogna scegliere che
partita giocare…
« E quindi, sono
costretto a lascar perdere, o il rischio
di essere scoperto sarebbe troppo elevato. »
Machiavelli unì le dita
davanti al mento, riflessivo.
« Se malauguratamente
dovesse capitare che Dee raggiunga i
Flamel mentre sono assente, potrebbe pensare che io ho lasciato
scappare il
giornalista. »
« Di fatto è ciò che è
successo» affermò Dagon, un velo di
rimprovero nella voce.
Machiavelli lo guardò
divertito.
« Non è necessario che
lo sappia. Inoltre… » aggiunse,
sorridendo affabile. Dagon non potè fare a meno di lasciarsi sfuggire
uno
sbuffo divertito.
« L’inglese ha avuto la
straordinaria idea di affidare a me
il compito di trovare Richard… direi che non è educato farlo aspettare
tanto,
non credi? »
Machiavelli si prese
ancora qualche minuto per pensare ad
ogni aspetto della questione. Adesso che non poteva più tenere d’occhio
da
vicino Richard, era costretto a ribaltare la situazione.
Avrebbe detto a John Dee
la locazione di Richard, senza
specificare che anche i Flamel si trovavano nello stesso posto. Avrebbe
fatto
finta di non essersi accorto del dettaglio.
Quando Dee sarebbe
arrivato avrebbe trovato anche
l’Alchimista e la Fattucchiera, e probabilmente avrebbe capito subito
l’inganno
di Machiavelli. Avrebbe intuito che l’italiano aveva indirizzato il
giornalista
verso i due immortali, ma non avrebbe avuto niente in mano, per
provarlo.
Era troppo rischioso
lasciare vivo Richard. Dee avrebbe
potuto interrogarlo e scoprire tutte le menzogne di Machiavelli.
Però come si poteva
allontanare il giornalista dai Flamel e
ucciderlo senza che i due lo sapessero?
La questione era più
complicata del previsto. bastava un
errore, un solo errore, per ritorcere la situazione contro Machiavelli.
L’unica possibilità che
aveva era aspettare che Richard
uscisse da solo da quella casa. Ucciderlo, occultare il cadavere. E
dire a Dee
dove si era trovato prima di morire.
Probabilmente, notando
la scomparsa di Richard, i coniugi
Flamel si sarebbero allarmati e avrebbero cambiato città.
Poi Machiavelli avrebbe
aiutato Dee nelle loro ricerche,
dicendogli che alcuni suoi informatori avevano intercettato i loro
movimenti.
Una parte del merito
sarebbe stata sua.
Però, intanto, avrebbe
dovuto partire per ordine degli
Oscuri Signori per recuperare la Lancia. Avrebbe potuto continuare a
spiare
Richard. Il giornalista non poteva rimanere in quella casa per sempre,
e appena
uscito per qualunque futile motivo, Dagon lo avrebbe sistemato.
Ah, e poi il suo
segretario avrebbe anche dovuto fare in
modo che il Mago trovasse il cadavere.
« Dagon, tu non potrai
seguirmi in questo viaggio. Ho altri
piani per te. »
Richard Anderson pensò Machiavelli,
mentre un
angolo della sua bocca si piegava in un piccolo sorriso sono
spiacente… ma non mi servi più.
*
Tre giorni dopo.
Richard Anderson si
svegliò tranquillo.
Strano.
Era sicuro che non
avrebbe più dormito bene per i prossimi
dieci anni a venire, dopo aver saputo tutto quello che doveva sapere su
ciò che
gli era successo.
Ovviamente, quelli che
aveva scoperto essere Nicholas e
Perenelle Flamel, e a questo pensiero sentì il petto scuotersi in un
sussulto,
non gli avevano rilevato tutto.
Ma solo ciò che lo
riguardava strettamente. E gli era
bastato.
Per due giorni non aveva
avuto il coraggio di mettere piede
fuori da quella casa, anche se nemmeno lì si sentiva a suo agio
completamente,
e le tisane alle erbe di Perenelle servivano a poco.
Ma quel giorno una calma
apatica era scesa su di lui. Forse
aveva accettato tutto. Forse non era più tanto spaventato, ma eccitato.
Ciò che aveva scoperto
era oscuro, folle, assurdo. Ma era
reale, e questo lo rendeva straordinario.
Si vestì in fretta e
scese le scale, con un pensiero fisso
in mente.
Erano giorni che non
sentiva sua madre, gli aveva detto che
sarebbe andato in vacanza e non ricordava nemmeno quale cittadina della
Francia
gli aveva indicato. Era l’ora di telefonarle, o non l’avrebbe mai
perdonato, e
suo padre non gli avrebbe dato pace per i prossimi tre mesi.
Ancora sconcertato e
stupito dalla sua stessa serenità, si
chiese distrattamente se Flamel gli avrebbe rilasciato un’intervista.
Non per
pubblicarla, non era ancora così idiota.
Però gli sarebbe
piaciuto approfondire le esperienze di un
uomo di seicento anni.
Passò dalla cucina e
salutò una preoccupata signora Flamel,
che non voleva più lasciarlo andare. Aveva solo bisogno di andare a
comprarsi
delle sigarette, per non rovinare il suo buonumore proprio sul più
bello.
Perenelle ci pensò su.
Proprio il giorno prima aveva
effettuato qualche incantesimo di divinazione, spiando Dee e
Machiavelli.
Il primo li stava
facendo cercare in Belgio e nella Francia
del Nord. Ancora non era arrivato a Montpellier.
Il secondo era su un
aereo per il Perù.
E il tabacchino era
vicino.
Osservando il ragazzo,
contenta che avesse ritrovato un po’
dell’allegria e dell’entusiasmo giovanile, non se la sentì di
preoccuparlo e lo
salutò con un sorriso, scambiando con il marito uno sguardo di assenso
col
marito.
Richard le sorrise, si
infilò la sua inseparabile giacca
blu e uscì di casa.
*
« sta andando in un
tabacchino, Dagon, supera la seconda
strada a sinistra e svolta ancora a sinistra. Il tabacchino in
questione è
proprio all’angolo. Se decide di fare una passeggiata mattutina puoi
anche
procedere. Se no aspetteremo ancora. »
Machiavelli sfogliò
all’indietro il suo prezioso quaderno,
lo sguardo d’acciaio.
« mi raccomando. Devi
essere veloce. »
L’italiano chiuse la
conversazione e si rilassò sul l’ampio
letto della sua stanza d’albergo.
Avrebbe riposato solo un
po’, prima di mettersi alla
ricerca di Gugnir, la Lancia di Odino.
Il suo pensiero corse a
Dagon. L’italiano era consapevole
di aver fatto una mossa azzardata. Ma era la cosa migliore.
Certo, non poteva essere
sicuro che Dagon riuscisse
effettivamente a rapire Richard, ma a quell’ora non doveva esserci
molta gente
per strada, e se seguiva bene le sue istruzioni sarebbe dovuto riuscire
nell’impresa.
Niccolò Machiavelli si
accarezzò disinvolto la corta barba
che gli incorniciava le labbra leggermente incurvate.
Riaprì il quaderno dopo
dieci minuti. Richard stava uscendo
dal piccolo negozio con un pacchetto di sigarette in mano. Si guardò
intorno
per un momento, poi si diresse verso alcuni giardini, allontanandosi
dalla
strada che lo avrebbe riportato verso casa, una sigaretta appena accesa
in
bocca.
Machiavelli annuì
vittorioso. Era logico pensare che un
tipo come lui non fosse abituato a stare per troppo tempo chiuso in
casa. In più
Niccolò sospettava che, una volta saputa tutta la verità, avrebbe
inconsciamente abbassato la guardia.
L’immortale aspettava
pazientemente quel momento.
Si ritrovò a pensare
alle persone come lui, calcolatrici,
fredde, spietate e senza affetti. Quelle che, come lui, preferivano
tenere
nascosto il loro vero volto, dietro un’espressione cordiale, elegante,
affabile.
Machiavelli molte volte si interrogava su se stesso, ma non fino in
fondo.
Temeva di trovare un altro volto sotto la faccia che per lui ormai era
diventata quella vera.
Ma questo non era
possibile. Una volta tolta la maschera,
c’è il volto.
Ed erano quegli occhi
spietati che si celavano dietro la
maschera, perché Machiavelli non sentiva la minima traccia di rimorso.
Niccolò
sorrise, le iridi gelide.
Addio, Richard
Anderson.