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Autore: littlepony94    18/07/2013    1 recensioni
gli dei e le dee esistono.
e se fossi una di loro ?
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Non-con, Triangolo
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Quel sogno (o è meglio definirlo incubo) mi aveva sconvolto la giornata.
Mi ero svegliata di soprassalto alle 5 e non ero più riuscita a prendere sonno, per questo avevo deciso di fare una corsa, prima di andare a scuola, per schiarirmi le idee.
Ma non ero riuscita nel mio intento.
Nel mio cervello si ripeteva la scena onirica di quella notte: un ragazzo estremamente affascinante, capelli neri e lucenti occhi verdi, mi trascinava su per una scala tutta d'oro, lunghissima, arrivava fino al cielo.
Era difficile stargli dietro, il ragazzo rideva e percorreva la scala dorata quasi correndo ma senza lasciarmi mai la mano. 
La sua risata mi entrava nelle orecchie e mi toglieva qualsiasi ansia o paura, era come se mi fidassi di lui.
Al vertice della scala appariva un enorme cancello, anche'esso dorato e lentamente si stava aprendo per permetterci di entrare.
Ma proprio in quel momento, un'incredibile sensazione di terrore si impadroniva di me, mi liberavo dalla stretta del ragazzo e, voltando le spalle al cancello, cominciavo a correre giù per la scala.
Il ragazzo in poco tempo mi raggiungeva e cominciava a dirmi, sempre ridendo: "tornerò a prenderti, vedrai, e allora andremo insieme nel posto dove le persone come noi meritano di stare."
Io correvo senza voltarmi, anche se sentivo che era poco dietro di me.
Raggiungevo la fine della scala dove mi aspettava un altro ragazzo: biondo, con gli occhi azzurri, anche lui bellissimo.
Stava per dirmi qualcosa anche lui ma proprio in quel momento mi ero svegliata, sudata e terrorizzata.
Tornata dalla corsa mattutina, entrai a casa silenziosamente, mia madre, mio padre e mia sorella dormivano.
Mi docciai in fretta e, vestita solamente con la biancheria, mi sdraiai di nuovo sul letto.
I due ragazzi del sogno mi terrorizzavano, dicevano che mi avrebbero portato via (ma dove?), ma allo stesso tempo mi affascinavano.
Avevo da poco compiuto 19 anni e credevo di non aver paura di nulla e invece temevo due miei coetanei, frutti della mia immaginazione.
Scossi la testa, sorridendo.
Quanto potevo essere ridicola ?
 
Mi alzai dal letto ridacchiando, aprii l'armadio e cominciai a vestirmi per andare a scuola. 
Dopo essermi vestita con T-shirt e pantaloncini, le converse ai piedi, coda di cavallo e trucco leggero, mi guardai allo specchio soddisfatta.
Capelli biondi di media lunghezza, occhi verdi, magra ma con le curve.
Non mi consideravo bella ma riuscivo a pensare che c'era di peggio in giro.
Presi la borsa con dentro diario, astuccio e quaderno e scesi in cucina dove mi aspettava la famiglia riunita.
La mia sorellina più piccola avrebbe iniziato quel giorno il liceo, io dovevo fare l'ultimo anno e mi sarei diplomata in estate.
Mio padre era un importante imprenditore e mia madre faceva la casalinga a tempo pieno, "professione" per lei assai impegnativa.
"Venus, tesoro, vuoi i cereali o le frittelle ?"
"Prendo un po' di cerali, mamma" risposi, sbadigliando.
"Anche io voglio i cereali !"
"No, Danae, adesso mangerai le frittelle che mi hai chiesto di prepararti cinque secondi fa, prima che tua sorella entrasse in questa stanza !"
Mia sorella era sempre la solita, cambiava idea all'infinito.
Mi sedetti accanto alla "bestiolina" che aveva cominciato a sbuffare ripetutamente.
Non stranitevi per i nostri nomi, nostra madre è una grande appassionata di mitologia greca e latina.
Il nostro gatto si chiama Zeus.
Finii i cereali in fretta
"Danae, vieni con me in autobus ?"
"No, vado in macchina con papà"
Bene, non avrei avuto la scocciatrice tra i piedi.
Avere 18 anni e una sorella di 14 è davvero faticoso.
Non sono solo un modello per lei, mi ruba anche i vestiti dall'armadio.
Uscita di casa, mi infilai le cuffie nelle orecchie, aspettai qualche minuto l'autobus e arrivai in anticipo di 5 minuti a scuola.
Entrai in classe, ancora non c'era nessuno e questo mi rallegrò dato che riuscii scegliere il banco dove sedermi.
Appoggiai la borsa e osservai i miei compagni entrare.
Arrivarono le mie amiche, Franny e Millie, e ci salutammo come se non ci fossimo sentite o viste per anni, anche se eravamo uscite il giorno prima dato che Millie doveva parlarci del suo nuovo ragazzo, che aveva conosciuto in vacanza, ma di cui si era già stancata.
Era fatta così: appariva frivola e sciocca, ma a chi la conosceva bene si rivelava estremamente profonda e riflessiva.
Franny invece era la classica ragazza seria: studiosa e con la testa sulle spalle.
Io ? un mix delle due. 
Ero sempre solare e amichevole, ma nascondevo un lato timido e irrequieto.
Adoravo studiare ma anche divertirmi.
Con i ragazzi non ero proprio fortunata, ne soffrivo ma evitavo di pensarci troppo.
 
La campanella ci informò che la prima ora era iniziata.
Il responsabile della nostra classe, David Sullivan, insegnante di letteratura inglese, la mia materia preferita, entrò in classe con il suo solito atteggiamento da svampito e dentro di me risi divertita da quel 50enne con la testa fra le nuvole.
Avevamo appena iniziato a parlare del nuovo orario e dei corsi pomeridiani preparatori per l'esame che avrebbero avuto luogo ogni giovedì pomeriggio dalle 17 alle 19 (cosa che mi rendeva tutt'altro che contenta), quando bussarono alla porta della classe e, senza aspettare che il signor. Sullivan rispondesse "avanti", entrò il preside, un uomo grassoccio e con una voce acuta, terribilmente fastidiosa.
L'avevo sempre paragonato ad un maiale ma, con quel completo grigio topo, mi ricordava più un grosso e vecchio elefante africano.
 
Immediatamente fu seguito da altre due persone.
Il mio cuore si fermò per un attimo, per riprendere a battere alla velocità della luce.
 
I ragazzi che seguivano il preside erano quelli del mio sogno.
 
Prima veniva il biondo, con quel suo sguardo e quel sorriso che erano dolci come il miele, seguito subito dopo dal ragazzo moro, occhi di un verde scuro come l'erba nel sottobosco e labbra rosse come fragole mature.
Rimasi incantata a guardarli, il mio sguardo incrociò quello del ragazzo moro e lui mi rivolse un sorriso così sensuale che non riuscì a non arrossire e ad abbassare lo sguardo e così non notai che il biondo fulminava il moro con uno sguardo tutt'altro che dolce.
 
Il preside li presentò alla classe.
Erano fratellastri.
I genitori, mr. e mrs. Dolloway,  vivevano in città ma avevano deciso di mandare a vivere i figli nella nostra cittadina per evitare che fossero stressati dai frenetici ritmi della metropoli e quindi eccoli là.
"Forza, ragazzi, presentatevi alla classe, non ho, purtroppo, tutto il tempo del mondo" li apostrofò il preside.
Avanzò prima il moro, spavaldamente
"Mi chiamo Ares Dolloway, piacere di conoscervi.
E questo è mio fratello.."
"So presentarmi da solo, Ares" lo interruppe il ragazzo biondo . "Io sono Ermes Dolloway, sono davvero lieto di poter fare la vostra conoscenza".
Il popolo femminile della classe era decisamente in adorazione.
Vedevo lo sguardo famelico di Millie puntato su Ares, mentre addirittura Franny posava uno sguardo sognante su Ermes.
 
Millie, seduta al banco davanti a me, si voltò per commentare
"Mamma mia, quanto sono belli ! Tu dovresti essere più contenta però,  esistono persone con nomi più strani dei tuoi !" e si voltò di nuovo a guardarli, ridacchiando.
 
Nonostante gli sguardi di tutte le ragazze, rivolti verso di loro, i due sembravano avere occhi solo per me.
Questa cosa mi imbarazzava da morire.
E come se non fosse bastato questo, Ares si sedette dietro di me, Ermes di lato. 
Non mi aspettavo nulla di buono.
  
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