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Autore: Rubus idaeus    19/07/2013    1 recensioni
La lezione di chimica e biologia all'università era diventata particolarmente frequentata da quando l'insegnamento della materia era stato affidato al novello professore, fresco di laurea, Raymond John Andrews, un giovane intraprendente ed estremamente brillante che aveva ottenuto la cattedra senza particolari difficoltà suscitando l'invidia dei colleghi rivali più anziani.
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Luglio.

Era una calda, anzi, cocente giornata di inizio luglio. Svolgevo tranquillamente il mio turno di lavoro nella libreria di mio zio in Piccadilly Road. Erano le quattro e stavo in quel momento sistemando alcuni volumi nello scaffale della narrativa e sbuffavo maledicendo la maleducazione della gente che prendeva i libri e li lasciava sul tavolo o peggio li rimetteva negli scaffali nel posto sbagliato. Improvvisamente scorsi nella fila di librerie dopo la mia, attraverso gli spazi tra i libri, una capigliatura scura, avrei potuto riconoscere quei capelli tra mille. Non potevo crederci. Era proprio lì, che mi dava le spalle, intento a sfogliare un libro di Dickens. Analizzai la sua figura mascolina e slanciata, accarezzai con lo sguardo la schiena coperta dalla sua camicia azzurra, ammirai le larghe spalle che si sollevavano e si abbassavano quasi impercettibilmente a seconda del respiro. Mi permisi di osservare anche le gambe, avvolte in uno stretto paio di jeans blu scuro, erano davvero belle gambe da atleta. Si passò una mano tra i capelli: probabilmente recentemente li aveva tagliati perchè me li ricordavo più folti e fluenti. Notai che aveva le dita lunghe e affusolate, dita da pianista quasi, e portava un sottile anello recante una pietra bianca nel dito medio della mano sinistra.

-Joyce!

Tuonò d'un tratto una voce rauca alle mie spalle. Per lo spavento lasciai cadere a terra tutti i libri che portavo impilati in mano.

-Che cosa stavi facendo?

Mi rimproverò mio zio, il proprietario, con le mani sui fianchi e guardandomi con occhi minacciosi.

-Stavo mettendo in ordine i libri.

Risposi sforzandomi di tenere un tono di ovvietà. Ingoiai tutta la saliva che avevo in bocca e sperai che non avesse capito cosa stessi facendo in verità. Lui aggrottò semplicemente le sopracciglia e se ne andò, lasciandomi da sola a raccogliere i libri da terra. Che figura.

-Joyce, che sorpresa..

Sollevai lo sguardo a rallentatore e me lo trovai davanti, con stampato in faccia un sorrisino divertito, che faceva capolino da dietro lo scaffale. Doveva proprio trovarci gusto nel vedermi in difficoltà. Accennai un sorriso di saluto e mi rimisi immediatamente all'opera. Poi ecco che inaspettatamente lui si piegò sulle ginocchia e si mise gentilmente ad aiutarmi.

-Lasci, non è necessario.

-Si figuri.

Eravamo così vicini, avvertivo il calore del suo respiro, sentivo il suo profumo, occhi negli occhi, mi persi ancora una volta del blu delle sue iridi. Pensai e penso ancora adesso che quell'uomo doveva aver venduto la sua anima al diavolo per avere degli occhi così belli e ammaliatori. Avrei potuto restare ad ammirarli per il resto della vita.

Mi porse i libri ed io mi limitai a ringraziarlo con lo sguardo, dato che le mie corde vocali sembravano momentaneamente fuori uso. Ci alzammo.

-L'ho pensata molto.

Mi confessò arrossendo e sorridendomi con una dolcezza disarmante. Feci appello a tutto il mio autocontrollo per non arrossire di rimando e non lasciarmi affascinare dall'espressione suadente e melodrammatica che il suo viso aveva assunto.

-Joyce, mi piacerebbe davvero molto che lei, beh, insomma, sarei lieto se accettasse di uscire con me.

Prima ancora che io potessi rispondere o reagire in qualche modo continuò ridendo:

-So che le sembra strano uscire insieme ad un suo professore, la capisco, però, vede...

Abbassò la testa.

-Ci tengo davvero.

Lo guardavo e in lui non vedevo niente di un professore, vedevo davanti ai miei occhi un uomo innamorato di me, di me! Sapevo perfettamente che se non avessi accettato il suo invito lui ne avrebbe sofferto e io mi sarei portata dietro il rimpianto fin nella tomba quindi cercando di non cedere all'imbarazzo risposi con un filo di voce:

-Farebbe molto piacere anche a me.

Il suo volto si illuminò come una lampadina e le sue labbra si stirarono in un sorriso entusiasta.

-Stasera?

-Va bene.

-Alle otto?

-D'accordo.

-La passo a prendere io, mi dia il suo indirizzo.

Dopo averlo informato riguardo a dove abitavo, mi diede un leggero bacio sulla guancia e se se andò senza smettere di sorridermi, non distolse lo sguardo da me finchè non fu fuori dalla libreria.

-Chi era quello?

Chiese curioso mio zio.

-Il mio professore di chimica e biologia.

Risposi chiudendo gli occhi e sorridendo.

  
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