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Autore: Moonage Daydreamer    19/07/2013    2 recensioni
Ero l'emarginata più emarginata dell'intera Liverpool: fin da quando era bambina, infatti, le altre persone mi tenevano alla larga, i miei coetanei mi escludevano dai loro giochi e persino i professori sembravano preferire avere a che fare con me il meno possibile, come se potessi, in uno scatto di follia, replicare ciò che aveva fatto mia madre.
(PRECEDENTE VERSIONE DELLA STORIA ERA Lucy in the Sky with Diamonds, ALLA QUALE SONO STATE APPORTATE ALCUNE MODIFICHE.)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Savoy Truffle.


Le prime settimane in Germania passarono alla velocità della luce, e ben presto cominciai ad abituarmi ai nuovi ritmi che la nostra vita aveva preso, tant'è vero che presto non risentii più nemmeno della mancanza di sonno.
Nonostante ciò, non c'erano consuetudini fisse: ogni giorno poteva accadere qualsiasi cosa, ed era questa, per assurdo, l'unica abitudine che avevamo. Lì ad Amburgo ci trovavamo ad affrontare situazioni che mai ci eravamo immaginati, nel bene e nel male, Tutto accadeva e cambiava velocemente come un fiume in piena in cui turbinavano situazioni quasi normali (la colazione al bar tutti insieme, le serate all'Indra) e scherzi, divertimenti, a volte risse con i crucchi, cazzate urlate alle quattro del mattino in mezzo alla strada.
Di certo non si poteva dire che non ci stessimo godendo i nostri vent'anni.
In quel vortice surreale imparai, meno lentamente di quanto mi fossi aspettata, ad accettare tutto quello che mi capitava, dal tugurio in cui vivevamo agli spettacoli osceni che si presentavano davanti ai miei occhi tutti i giorni e ben presto niente poté più scandalizzarmi. Anche perché la mia presenza non inibiva certo i miei compagni di viaggio, che, se si presentava l'occasione, non la rifiutavano di certo.
C'era soltanto una cosa di cui proprio non riuscivo a capacitarmi: ogni giorno che passava si accumulavano nelle stanze dei ragazzi cumuli di cose fetide su cui non volevo indagare ulteriormente, senza contare il disordine che regnava sovrano in quegli ambienti che già erano messi male di loro. Era vero che passavamo lì dentro soltanto le poche ore in cui dormivamo, ma così si superava ogni limite umanamente sopportabile!
 - Ogni giorno che passa, questo posto assomiglia sempre di più ad un porcile. - osservai una sera, dopo che fummo tornati dall'Indra.
Finsi di non vedere una fetta di pizza buttata in un angolo chissà quanto tempo prima.
- Che ci vuoi fare, siamo cinque maschi che vivono insieme. - replicò Stu buttandosi sul divanaccio.
- Sei tu quella fuori posto. - gli fece eco George. - Aliena! -
Sbuffai:- Certo che dare una pulita ogni tanto non farebbe male né all'ambiente né a voi. -
- Be', ma noi lavoriamo tutti i giorni. - disse Pete.
- Fare le pulizie non è  tutta questa gran fatica, né mentale né fisica. -
- Allora potresti farle tu. - propose  Paul dopo essersi scolato quello che restava di una bottiglia di birra.
Lo fulminai con lo sguardo, ma lui scrollò le spalle divertito.
- In fondo stai vivendo completamente a scrocco. Pulire è il minimo che potresti fare per guadagnarti il pane.  - rincarò John, che entrava in quel momento nella stanza, ma che a quanto pareva non si era perso la conversazione. Il suo tono, però, era tutto tranne che un tono di scherzo.
Trattenendo a stento l'irritazione, mi voltai verso di lui e gli rivolsi un sorriso languido .
- John, lo sai che farei qualsiasi cosa per te. - dissi e gli appoggiai le mani sul petto, poi avvicinai le labbra al suo orecchio, ma tenni la voce abbastanza alta perché anche gli altri mi sentissero. - ma non sono venuta qui per farvi da serva, quindi muovi le manine sante e rimboccati le maniche. -
Gli diedi le spalle con un sorriso soddisfatto dipinto sulle labbra, mentre una parte di me si chiedeva se avessi esagerato.
No, se l'era decisamente meritato.
Gli altri infatti, cominciarono ad applaudire ridendo e mi comunicarono la loro approvazione. Feci una riverenza, poi ne approfittai per raccogliere un pacchetto di patatine che George, in preda all'ilarità, aveva fatto cadere da sopra il suo letto a castello.
- E comunque, per quanto riguarda il lavoro, domani ho un colloquio con il signor Koshmider. -
Un secondo dopo erano tutti immobili e mi guardavano con occhi spalancati; persino George aveva smesso di mangiare.
Arrossii violentemente quando mi resi conto della gaffe.
- Vuoi farti assumere come ballerina? - ci scherzò su Paul dando voce ai pensieri di tutti e guadagnandosi così la seconda occhiataccia in meno di cinque minuti.
- No, idiota! - esclamai diventando ancora più rossa. - come cameriera al Kaiserkeller, che per giunta è anche più bello dell'Indra! -
 John, al quale era evidentemente passato il malumore, si sdraiò sul suo letto e mi guardò di sottecchi: - Sarà, ma non sono del tutto convinto... -
- Ti piacerebbe, eh? - lo sfidai, ma un secondo dopo mi ritrovai a fare uno sbadiglio molto poco fine. - Va be', io vado a letto, che domani ho una giornata importante. -
- Quindi il discorso pulizie è sospeso. - disse John mentre cominciavo ad uscire dalla stanza.
- Fate quello che volete. - risposi - Ma sappiate che se non fate un po' d'ordine io non metterò più piede qui dentro. -
- Ragazzi, fuori lo champagne: abbiamo finalmente trovato il modo di liberarci di lei! - esclamò John balzando improvvisamente in piedi.
- Ma quanto sei simpatico... - mormorai sarcastica.
- Lo so. - replicò lui e mi fece un occhiolino che fece svanire ogni voglia che avevo di fare ironia.
Il ragazzo lo percepì e sorrise compiaciuto. Si accostò allo stipite della porta e vi si appoggiò. Avrei voluto avvicinarmi e cercare un contatto fisico, ma lui mi precedette.
- Va' a dormire, Mitchell, che domani hai una giornata importante. -
Chiuse la porta e mi piantò lì due a zero. Rimasi qualche secondo immobile, in preda all'incredulità, cercando di capire se fosse uno scherzo.
- Sei uno stronzo, Lennon. - commentai quando riuscii a riprendermi.
- So anche questo, grazie per il complimento! - rispose lui allegro dall'altra parte della porta.
- Quando vuoi. - mi ritrovai a rispondere ridacchiando.
Mi chiesi cosa avessi fatto di male per meritarmi un ragazzo simile, poi mi rassegnai e andai a dormire.

Il giorno dopo il colloquio con il signor Koshmider andò bene, e il tedesco mi assunse. Il che fu una fortuna, perché ormai conoscevo bene il lavoro di cameriera, e quindi potevo svolgere le mie mansioni senza difficoltà, e inoltre mi diede un po' di solitudine. Per quanto volessi bene a tutti i miei amici, infatti, stare con loro ventiquattro ore su ventiquattro cominciava ad essere pesante.
Avevo bisogno dei miei spazi e finalmente potevo pensare ad altro. Per tutte quelle settimane ero stata talmente assorbita dagli eventi legati ai ragazzi che non avevo più pensato a tutte quelle cose senza le quali prima non potevo passare una giornata: le storie e i disegni. Servendo ai clienti del Kaiserkeller osservavo i volti di ciascuno di loro e mi immaginavo come dovesse essere la loro vita, sforando tutte le volte nel fantastico e nell'assurdo.
Nonostante la mia difficoltà nei rapporti sociali, in breve tempo feci amicizia con una mia collega, Karla, una ragazza tedesca della mia età, altissima e stupenda, con i capelli castani e gli occhi azzurri.
Il suo carattere solare mi impediva di chiudermi in me stessa, sebbene fosse un po' superficiale, e poi avere un po' di compagnia femminile mi faceva un gran bene, anche perché Karla mi fece visitare la Amburgo per bene e mi portò a fare shopping. O ci provò, almeno.
- Avanti, devi comprare qualcosa! - esclamò lei mentre passavamo davanti ad una fila di negozi.
Sospirai : - Non ho soldi da sprecare in vestiti. -
La tedesca mi guardò scandalizzata: - Ma soldi investiti in abiti o scarpe non sono sprecati! -
- Mah...- mormorai scettica, quando un negozio all'improvviso attirò la mia attenzione.
Era una vecchi libreria e in vetrina, accanto ad alcuni libri dai titoli in tedesco c'era un taccuino molto spesso, che sembrava anche piuttosto antico, dal momento che aveva le pagine ingiallite e la copertina di cuoio un po' rovinata. Sopra erano incise alcune parole.
- Cosa c'è scritto? - chiesi alla tedesca.
- La citazione di Shakespeare, quella che fa “tutto il mondo è un palcoscenico” eccetera eccetera. -
- E' assurdo citare Shakespeare in tedesco! - esclamai.
- Ti faccio notare che siamo in Germania...- ribatté lei.
- Aspettami qui un secondo. - le dissi, appena prima di entrare nella libreria; ovviamente ne uscii con il taccuino sottobraccio.
- Meno male che non avevi soldi da buttare! - mi rimbeccò Karla.
Feci spallucce: - Ognuno ha le sue priorità, che ci vuoi fare. -
Lei scosse la testa sorridendo. Passeggiammo un po' per le strade di Amburgo, godendoci la giornata.
- Comunque, ieri sera sono andata a vedere il gruppo dei tuoi amici. - disse ad un tratto, come se se ne fosse ricordata in quel momento.
- E cosa ne pensi? - le chiesi, concentrando tutta l'attenzione su di lei.
- Sono davvero bravi, anche se fanno un rock poco duro per la Germania. Si vede che voi in Inghilterra avete le orecchie delicate. - rispose, poi scrollò le spalle. - Comunque vale la pena solo per vederli! Voglio dire... non ne vedi tanti di tedeschi così! -
Sorrisi, constatando che effettivamente di tizi vestiti da teddy boy non ce n'erano molti, anche se probabilmente la ragazza si riferiva ad altro.
- Prima o poi devi presentarmeli. - mi ordinò quindi.

Karla non dovette aspettare molto prima che si presentasse l'occasione di soddisfare la sua richiesta.Poco tempo dopo, infatti, l'Indra fu fatto chiudere per disturbo della quiete pubblica, e i Beatles vennero trasferiti dal signor Koshmider al Kaiserkeller.
Alla fine non ne fui affatto scontenta, perché mi piaceva la loro musica, e ogni tanto mi incantavo a guardarli. Miglioravano di giorno in giorno.
Karla fu entusiasta di conoscere i membri del gruppo, e qualche giorno più tardi mi rivelò di essersi presa una cotta per Pete, e nemmeno lui sembrava disinteressato.
Alla fine del mese Karla propose di andare ad una fiera che si sarebbe tenuta qualche giorno dopo, e fummo tutti entusiasti dell'idea.
Ci andammo di domenica, e fortunatamente il giorno era soleggiato, ma ventilato, cosicché non era troppo caldo per stare in giro parecchie ore di fila.
C'erano giostre e banchetti colorati pieni di dolciumi, e ovunque si vedevano gruppi di ragazzi che si divertivano e bambini che ridevano. Solo entrare nell'area della fiera ti riempiva di buonumore. La confusione era davvero molta e ciascuno di noi voleva fare una cosa diversa.
- Abbiamo tutta la giornata, riusciremo a fare tutto. - disse Paul con fare tranquillo, mentre Pete prendeva per mano Karla e si allontanava con lei. Sul momento, però, nessuno ci badò.
- Cominciamo da lì. - dissero Paul, John e Stu contemporaneamente e si diressero ciascuno in una direzione diversa, scomparendo nella folla prima che io e George potessimo cercare di fermarli.
-Che facciamo? - chiese il ragazzo quando ci rendemmo conto di essere rimasti da soli. - Li cerchiamo? -
- Nah, sono tutti maggiorenni e vaccinati. - replicai io.
- Bene, allora andiamo ai banchetti dei dolci! - esclamò contento George.
Mi afferrò per il braccio e mi trascinò con sé. C'erano dolci di tutti i tipi, di tutte le forme e di tutti i colori, e se ben presto il mio amico ebbe in mano un sacchetto di caramelle stra-pieno, il mio non era tanto più piccolo.
- Ehi, ma dov'è la tua amica? - chiese ad un certo punto George.
Lo guardai sbigottita:- Karla? Con Pete, credo: per lo meno, si sono allontanati insieme. -
- Peccato, ma del resto è lui quello bello del gruppo... - commentò, poi emise un sospiro esagerato e mi circondò le spalle con un braccio. - Ah, cara la mia Anna, ci sono uomini che sprofondano nell'alcol dopo simili delusioni amorose, ma io sarò più maturo e mi getterò sui biscotti di quel banco là in fondo. -
- Ma se hai già speso una fortuna in caramelle. - gli feci notare ridendo.
- Giusto. - disse lui, poi sorrise. - Vuol dire che me li offrirai tu! -
Alzai gli occhi al cielo, ma poi lo accontentai, a patto che li condividessimo.
- Consideralo il mio regalo di Natale anticipato. - disse lui.
- Vorrei farti notare che sono biscotti comprati con i miei risparmi! - esclamai.
- Vero, questa volta ti do ragione. Ti devo un favore. -  ammise George.
- Andiamo a provare qualche giostra, prima che tu mi riduca all'osso spillandomi anche gli ultimi centesimi per comprarti cibo? - proposi.
Il ragazzo grugnì tutta la sua disapprovazione, ma poi accettò.
Girammo un po' a vuoto, poi svoltammo un angolo e ci ritrovammo davanti Karla e Pete, avvinghiati l'uno all'altro appoggiati contro un lampione.
- Forse è meglio se facciamo un altro giro... - sussurrai e ritornai sui miei passi, subito seguita dal mio amico.
- Pazienza. - mormorò con un finto tono sconsolato. - Melody era meglio. -
- Stai scherzando? Melody?! Sembra un nome da cartone animato! - esclamai stupefatta.
- Lei ha detto di chiamarsi così, anche se effettivamente, ora che mi ci fai pensare... tanto non è che abbiamo parlato granché. -
Lo guardai scandalizzata e lui ridacchiò :- Te ne sei persa di cose, amica mia!-
- Non fare tanto il figo, adesso, perché non vorremmo mai che Melody sapesse che sei ancora minorenne, vero? - replicai.
George fece finta di non aver sentito e cambiò argomento:- Senti, ma tu e John non avete mai... -
- Ma queste cose non dovresti chiederle a lui?! - replicai imbarazzata.
- Sì, ma non è che dica sempre la verità, soprattutto su questi argomenti. -
- Immagino; sì, comunque sì. -

- Ma non qui ad Amburgo. -
- No. - risposi mentre mi chiedevo come fossimo arrivati a parlare della mia vita sessuale.
- Perché? -
Maledissi George e la sua curiosità :- Perché no. -
 - Non è una risposta. -
- Sì che lo è, fidati. -
- No. -
- Sì.-
Saremmo andati così all'infinito se per un caso fortuito non avessimo incontrato Paul, John e Stu, che nel frattempo si erano ritrovati.
- Avete notizie di Pete? - chiese Stu.
- E' leggermente impegnato, ma ben accudito. Non dobbiamo preoccuparci della sua salute. - rispose George prontamente.
- Hai capito il solitario! - commentò Paul. - Voi vi siete abbuffati? Ma che bravi. -
George scrollò le spalle: - Figurati, con questa qui... non ho visto una persona più golosa. -
- Ha parlato! - replicai.
Ridendo facemmo ancora qualche giro in giostra tutti insieme, poi ci rendemmo conto  che avevamo speso abbastanza soldi per un giorno solo e pensammo che fosse meglio tornare al Bambi.

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Salve a tutti!!!
Non ve lo aspettavate l’aggiornamento così presto, vero? Vi ho sorpresi, eh??
Comunque, non è che abbia molto da dire riguardo a questo capitolo, se non che mi sto togliendo la voglia di scrivere qualcosa di divertente (almeno per me), dopo secoli e secoli di paturnie mentali. Spero che ciò sia di vostro gradimento. 
Ci vediamo alla prossima.

 

Weasleywalrus93:  Hai visto che sono riuscita ad aggiornare in tempi accettabili? Yeeeh, che brava!! (Okay, no, basta!) Anche io ho adorato backbeat, e anche io odio i francesi. (queste somiglianze si fanno inquietanti…) Ti dirò, l’incubo mi sembrava davvero poco ispirato, ma sono contenta che abbia fatto effetto comunque… e sì, George è tenerissimo!

_mclennon_ : Oddio, grazie!!! Non so cosa dirti oltre a questo! Se ti può consolare anche io scrivo di notte, e in genere non comincio prima di mezzanotte. ( Sì, questa risposta fa schifo, ma i tuoi commenti mi hanno mandato in uno stato di esaltazione-cervello in pappa. )

Blackbjrd: Anche a me piace da matti quella scena ( “Non bisognerebbe farsi complimenti da soli!” “ Sta’ zitta, Voce della Coscienza, non ho richiesto il tuo consiglio.”) Comunque… in questa parte di Amburgo ho cercato di distogliere l’attenzione dalle pippe mentali di Anna (anche perché stanno passando) e concentrarmi su questi sei ragazzi di vent’anni in una città completamente diversa e ho provato ad immaginare cosa avrei fatto io al loro posto. Be’, lieta che il risultato ti sia piaciuto!

Come sempre, un gigantesco grazie a tutti i lettori.

Peace n Love.

  
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