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Autore: aloneinthedark92    19/07/2013    1 recensioni
Salve a tutti, sono Aloneinthedark, sono nuovo e vorrei proporvi questa mia prima storia nel contest di Naruto, dove tre ragazze del nostro mondo vengono trasportate nel mondo di Naruto per compiere un lungo e pericoloso viaggio. Che cos'avranno a che fare col misterioso Albero della Vita? Che cosa vorranno da loro un gruppo di ninja, traditori del villaggio della Cascata? Bene, se vi ho incuriosito almeno un po' non vi rimane che leggere la storia, mentre io vi auguro buona lettura e mi scuso per eventuali errori grammaticali e descrizioni dei personaggi. A presto! XD
Genere: Avventura, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Era una mattina soleggiata sulla città di Boston, il cielo color turchese era sgombro dalle nuvole. I cittadini, dopo una notte passata a dormire, iniziavano le loro attività quotidiane: chi camminava lungo le strade per ammirare le vetrine oppure godersi la calda giornata, chi salutava i propri cari per andare al lavoro e chi, bloccato nel traffico ed in ritardo al lavoro sbraitava contro gli altri nervosamente chiedendo strada oppure suonava ripetutamente il clacson. In una piccola villetta bifamigliare gialla a due piani, alla periferia del conglomerato urbano, i suoi abitanti, una piccola famiglia composta da quattro persone si apprestava ad iniziare la giornata: al piano terra vi erano la madre ed il padre, la prima era una donna sulla quarantina d’anni di età alta, magra, capelli lunghi fino alle spalle, ricci e corvini che facevano da cornice ad un volto giovanile che metteva in risalto i suoi occhi verde acqua marina, vestita con una tuta da ginnastica per la sua abituale seduta di jogging mattutina, anche se al momento era indaffarata sui fornelli, mentre il secondo era un uomo sulla cinquantina d’anni, alto, magro, fisico asciutto e robusto, capelli corti e biondi con la frangia all’insù grazie ad una quantità industriale di gel, occhi azzurri acqua marina, vestito con una camicia bianca ed una giacchetta nera, cravatta attorno al collo rossa ed un paio di blue jeans, seduto a tavola ed intento a leggere il giornale con il viso completamente affondato in esso; al piano superiore invece vi erano le figlie, una ragazza di sedici anni bassa e magra, capelli lisci e biondi fino alle spalle, occhi come quelli del padre e vestita con una felpa blu ed un paio di jeans che si trovava in bagno a finire di truccarsi, mentre l’altra, una ragazza di diciassette anni alta, magra, capelli come la sorella ma ricci, occhi marroni si trovava ancora nel letto, a dormire profondamente. A svegliarla però ci pensò la sveglia, posta sul comodino vicino al letto e caricata dalla stessa la notte prima, che iniziò a trillare; all’inizio tentò di ignorarla, ma quando si trovò al limite della sopportazione, sbuffò e le diede una manata in modo che si spegnesse e tornasse la pace, e così fu. Soddisfatta, si girò dall’altra parte borbottando un “cinque minuti e mi alzo” con voce assonnata e forte accento inglese. Ma il suo riposo non durò a lungo perché la madre, non vedendola arrivare, urlò dalla cucina: -Sarah, svegliati dormigliona o farai tardi anche oggi a scuola! E la colazione è pronta!- Di malavoglia e sbuffando, si mise a sedere sul letto e dopo essersi stiracchiata un paio di volte con annessa stropicciata di occhi, scese dal letto e si diresse in bagno, lasciato libero in precedenza dalla sorella minore. Una volta lì si lavò e si vestì, gettando il suo pigiama nella cesta dei rifiuti e guardò l’orologio, che segnava un quarto alle otto. All’improvviso si sentì sveglissima e preoccupata: avrebbe perso l’autobus anche oggi se non si fosse data una mossa. Così, veloce come un razzo, scese le scale e volò in cucina, afferrò una fetta di bacon, una di pane che imburrò con della marmellata di ciliegie e se la mise tra i denti mentre con le mani si versava una tazza di caffe, il tutto correndo sul posto come una forsennata. –Buongiorno, cara, siamo di fretta anche oggi?- esclamò il padre, ridendo poi di gusto per la sua battuta mentre riceveva un occhiataccia dalla figlia. –Non farci caso, cara- disse invece la madre- si è soltanto svegliato con la voglia di fare battute. Bene, visto che sei di fretta ti lascio stare, ma ricorda le mie raccomandazioni: non fare tardi a scuola, ascolta sempre quello che ti dicono i professori e prendi appunti, comportati bene, ma soprattutto..- -..Non fare a botte con i maschi- completò la frase la figlia, esasperata-  si, mamma, me li avrai fatti diecimila volte questi discorsi, li so a memoria e ti prometto che farò la brava. Vi voglio bene- Dopo aver schioccato un bacio sulla guancia ai genitori uscì dalla porta principale, sbattendosi la porta dietro di se, dopodiché percorse il vialetto di sassi fino a trovarsi in strada. Ma era troppo tardi: il veicolo stava già ripartendo dalla fermata dell’autobus, poco distante dall’ingresso della loro casa. Sarah sospirò: ancora una volta aveva fatto tardi, e tutta per colpa della sua voglia di dormire. Era inutile anche che rincorresse il mezzo per cercare di fermarlo e salire: il conducente, un uomo alto, magro, capelli bianchi e stempiato con dei penetranti occhi neri come la pece non vedeva di buon occhio i ritardari, ligio com’era agli orari; una volta ci aveva litigato per essere arrivata mezzo secondo in ritardo, e lui aveva sbraitato qualcosa sui giovani che non avevano più rispetto ne degli orari ne dei vecchi. Sbuffò: doveva prendere la via più lunga. Così iniziò a correre per Boston, zigzagando tra gli spazi delle auto ferme incolonnate ed i vicoli, passando per i cantieri finchè, qualche minuto dopo, raggiunse destinazione: la High School of Boston. Si fermò sull’ingresso, piegata in due sulle ginocchia ed ansimando per riprendere fiato dopo quella folle corsa, ma non ne ebbe tempo perché la campanella suonò. Sobbalzò, presa alla sprovvista: non poteva permettersi un altro ritardo, altrimenti il professore di Fisica, tale Mark Anderson, le avrebbe rifilato la solita noiosa ramanzina mattutina su quanto fosse indisciplinata e quanto fosse importante arrivare puntuali in classe al suono della campanella. Sbuffò, dopodiché scattò verso l’ingresso, sgomitando tra la calca di studenti e senza badare alle loro proteste, riuscendo infine ad entrare. Continuò la sua folle corsa per i corridoi finchè arrivò alla porta della sua aula. L’aprì ed entrò come un fulmine, richiudendosela alle spalle.
-Ce l’ho fatta!- urlò al settimo cielo, levando le braccia al cielo per esultare- ce l’ho.. Oh, cavolo- la sua gioia fu però interrotta dalla vista di un uomo alto, magro, capelli castani corti ed arruffati, occhi neri come la pece e sottili quasi come un elfo, naso aquilino, vestito con giacca nera e cravatta a righe bianca e rossa, con in mano un cronometro, sguardo indifferente. –Complimenti, signorina Collins- disse, con tono piatto ma sguardo severo- il suo ritardo di oggi è di trenta secondi dopo il suono della campanella, siamo in via di guarigione sul suo ritardo cronico, ma ancora non ci siamo. Le consiglio di prendere il suo posto di fianco alla signorina Collins e farsi spiegare quello che ho detto fino ad ora- Con un sospiro, Sarah fece quello che le era stato detto, sedendosi vicino ad una ragazza alta, magra, capelli castani e mossi fino alle spalle, occhi azzurri come il ghiaccio e vestita con una felpa bianca ed un paio di blue jeans, mentre davanti aveva sua sorella. –Grazie per avermi aspettato, sorellina cara- sibilò arrabbiata nella direzione di quest’ultima che rispose, prendendola in giro e facendole la linguaccia: -Se tu non avessi il vizio di dormire troppo non lo perderesti il pullman- ricevendo un occhiataccia dalla bionda. Sospirò: possibile che non gliene andasse bene una? Quanto avrebbe voluto trovarsi da un'altra parte, qualunque essa sia, basta che sia lontano da quella noiosissima lezione e, perché no, vita. Si ritrovò a fissare fuori dalla finestra, la guancia appoggiata alla mano sinistra, il piccolo alberello in mezzo al giardino scolastico, preso a calci dal bidello scozzese che imprecava sul suo schifoso lavoro ed il misero salario.
La lezione fu noiosa e passò lentamente; a parte i secchioni, col passare delle ore nessuno prestava più ascolto a quello che diceva il professore e ben presto si iniziò a parlottare tra vicini, coinvolgendo anche quelli di altri banchi, scambiarsi messaggi tramite bigliettini di carta e lanciarsi, quando il professore non guardava, palline imbevute di saliva, creando un brusio di sottofondo al quale Mark non vi diede peso, continuando a parlare nonostante non avesse più il controllo della classe. Alla fine della terza ora, la campanella suonò, annunciando l’intervallo, e la folla di vocianti studenti si riversò nel cortiletto, mentre il bidello si prendeva una pausa dal suo lavoro tracannando una bottiglia di birra. Appena uscite, Sarah e Lisa si rifugiarono nel loro angolo preferito, un fazzoletto di cortile vicino all’alberello dove sapevano che nessuno le avrebbe disturbate ed iniziarono a parlare. Ad interromperle fu un grido che richiamò la loro attenzione: -Ehi, sono qui!- si volsero nella direzione da cui proveniva, e videro una ragazza alta, magra, capelli castani lunghi mossi fin oltre le spalle, occhi marroni e vestita con una camicetta bianca ed un paio di pantaloni blu a strappi. –Mati, era ora che arrivassi, sei sempre la solita ritardataria!- esclamò Sarah, ma la nuova arrivata rimbeccò, ridendo: -Senti da che pulpito arriva la predica!- punta sul vivo, la ragazza arrossì e gonfiò le guance, indispettita, mentre le altre due scoppiavano a ridere, ed anche la terza si unì. Finito di ridere, ripresero a parlare, spettegolando di gossip sulle star, ragazzi, trucchi e look, finchè la campanella risuonò nell’aria, annunciando la fine dell’intervallo. Tristi, gli studenti ricominciarono a sciamare nell’edificio, pronti a sorbirsi altre noiose ore di lezione prima di poter tornare a casa. Anche il trio si unì, ma ad un tratto Matilde indicò qualcosa con la mano, mentre i suoi occhi diventavano a cuoricino e la bava fuoriusciva dalla bocca. Lisa e Sarah sospirarono, avendo già capito di che cosa si trattava ma girandosi ugualmente nella direzione indicatagli dalle amiche e vedendo un ragazzo alto, fisico tonico e muscoloso messo in risalto da una t-shirt bianca, capelli biondi corti ed arruffati, occhi verde chiaro. –Ci risiamo- esclamò la sorella maggiore, scuotendo la testa rassegnata, mentre l’amica esclamava: -Ragazze, sapete chi è quello????- e Lisa ribatte, seguendo il gesto della sorella: -Certo che lo sappiamo, lui è..- -.. Matthew White, il ragazzo più bello della scuola nonché capitano della squadra di baseball!- completò la frase l’amica, alla quale si unironole due sorelle per prenderla in giro sul suo amore che provava nei confronti del giocatore, dopodiché la mora sospirò, continuando a guardare e sbavare il ragazzo. –Mati, coraggio, dobbiamo andare- disse ridacchiando la sorella minore, trascinandola di forza;  seguirono la folla ed entrarono nell’edificio scolastico, con la ragazza che, vivendo in un mondo tutto suo, continuava ad elencare le qualità del, a sua detta, suo futuro marito mentre le altre due eran costrette ad ascoltarla. Purtroppo, essendo in quelle condizioni di delirio totale, non guardava dove stesse andando e sbattè contro un ragazzo alto, fisico asciutto ma tonico, capelli lunghi e biondi, occhi blu come il mare con indosso una semplice t-shirt verde e pantaloncini gialli che veniva nella direzione opposta sorseggiando del caffè e si scontrarono, finendo per terra, mentre il caffè si rovesciava sulla camicia della ragazza, macchiandola. –Idiota!- ululò furiosa quest’ultima, guardando la macchia espandersi- guarda che cos’hai fatto alla mia camicia preferita! Perché non guardi dove cammini?!- ed il biondo, sbuffando: -Potrei farti la stessa domanda, a che diamine stavi pensando, principessa delle fate dei miei stivali? A causa tua ora il mio caffè e sparso sul tuo vestito, ed era l’unico che potevo permettermi! Ma sei fortunata che sono in ritardo per la lezione di Astro-fisica, altrimenti non l’avresti passata liscia. Ci vediamo!- poi, con una nonchalance che stette sui nervi a Matilde, si rialzò, si riassettò i vestiti con qualche pacca e si allontanò, alzando la mano destra come per salutare. –Io spero di non rivederti mai più invece, maleducato!- urlò con quanto fiato aveva nei polmoni la ragazza in direzione in cui andava il suddetto, rossa in viso e trattenuta dalle amiche- Perché se avrò questa sfortuna, non sarai così fortunato da tornare a casa tutto d’un pezzo!- Soltanto quando lui girò l’angolo si calmò, guardando disperata la macchia sull’indumento. –Che disastro, non posso mica andare in giro così.. Ehi, ragazze, che ne dite di accompagnarmi in bagno a pulire questo obrobrio?- -Ma, veramente noi..- fece Sarah, ma non ebbe il tempo di finire la frase che la mora le aveva afferrate per le braccia ed aveva iniziato a correre come una forsennata verso i bagni femminili, urlando felice come una pasqua: -Vedrete, sarà questione di pochi secondi!- dopodiché sparirono all’orizzonte del corridoio, lasciandosi dietro di se una nube di polvere sollevata al loro passaggio.
-Una questione di pochi secondi, eh?- sbuffò spazientita Sarah, appoggiata agli sporchi muri dei bagni femminili. Era mezz’ora esatta che si trovavano lì, mezz’ora che la loro amica strofinava con vigore la camicia con un pezzo di carta igienica imbevuta d’acqua, senza tralatro ottenere alcun risultato. –Non capisco- rispose delusa lei, continuando a guardare l’insistente macchia che si rifiutava di venire via- Questo metodo ha sempre funzionato, che ha questa macchia che non va?- e Sarah, spazientita e sarcastica: -Forse perché si tratta di caffè, genio? Senti, mi son stancata di aspettare, devo tornare in classe, la lezione di oggi è importante per me, se non recupero l’insufficenza i miei mi tirano il collo, mi dispiace-  Così aprì la porta ma quando fece per uscire l’amica le si attaccò alla gamba in stile koala, implorandola di non andarsene e rimanere lì con lei. –Ma sei impazzita!?!- urlò la bionda, tra il sorpreso e l’esasperato- lasciami andare subito la gamba, mi hai sentito!?- -No, devi rimanere qui con me, altrimenti che razza di amica sei!?- ribattè quella, rafforzando la presa sulla gamba. –Un amica che se perde questa lezione di psicologia rischia di essere linciata dai suoi genitori! Mollami, ho detto, staccati!- ma l’altra non volle sentire ragioni, rimanendo attaccata saldamente all’arto. Sarah sospirò, esasperata dal comportamento infantile dell’amica; voleva molto bene a Matilde, ma quando mostrava quell’aspetto infantile di sé avrebbe volentieri voluto strangolarla. Ma essendo ancora vietato uccidere la gente, in special modo le amiche, optò per neutralizzarla tramite il suo punto debole: il solletico, molto temuto dalla ragazza ed al quale non sapeva resistere. –Scusami, Mati, non volevo arrivare a tanto ma mi ci hai costretta tu- disse, mentre un ghigno compiaciuto le si allargava sul volto. Terrorizzata, quella esclamò: -No, aspetta, non vorrai mica..?- ma non riuscì a finire la frase che sentì delle dita farle un tremendo solletico d’apprima sui fianchi, poi sul collo ed infine sulla pancia, ripetendo quei continui gesti fino alla nausea. Matilde dal canto suo provò con tutte le sue forze a resistere ma trenta secondi dopo non ci riuscì più e scoppiò in un irrefrenabile risata, mentre la presa sulle gambe della bionda si allentava. –Allora- esclamò quella, trionfante- ne hai abbastanza o vuoi che continui?- -Sei… Ahahahah… Sei sle… ahahahah… sleale a ricorrere a… aahahahahah… questo stratagemma pur di… aahahahahhah… liberarti!- ribattè la mora, tra una risata e l’altra. –Ma non ti ho ancora sentito dire “Mi arrendo”, percui immagino che dovrò continuare a torturarti- esclamò Sarah, che andò avanti. Alla fine Matilde fu costretta a mollare la presa, raggomitolandosi su se stessa per non subire altri attacchi e continuando a ridere come una matta, nonostante l’amica non le facesse più nulla; la bionda, invece, annuì soddisfatta: otteneva sempre ciò che voleva, con le buone o con le cattive. Così mosse un passo verso il corridoio, ma un verso di stupore pronunciato da sua sorella la fece voltare, allarmata, trovandosi davanti uno specchio che non rifletteva più le loro immagini, bensì un paesaggio tipico del bosco, pieno di alberi ed a giudicare dalla semi-oscurità doveva essere notte. –Ma che diavolo..?- esclamò, tra lo stupefatto e l’allarmato. Che diavolo stava succedendo? Quello non era un fenomeno normale che accadeva in tutte le scuole, doveva contattare qualcuno tipo gli acchiappa fantasmi. Ma a quanto pare Lisa ebbe un idea migliore della sorella: vedere di persona che cos’era quel coso. Così allungò la mano, e prima che la bionda potesse gridarle di fermarsi, toccò il vetro, mentre Sarah e Matilde trattennero bruscamente il respiro, aspettandosi di vederla risucchiata dentro oppure finire carbonizzata. Passarono alcuni secondi, ma non accadde nulla, e la sorella maggiore potè riprendere a respirare, più tranquilla; doveva trattarsi di qualche stupido che aveva sostituito il vetro con un poster ritraente un paesaggio di un bosco, altro che fenomeno paranormale! –Bene- disse, sollevata- abbiamo constatato che si tratta di uno scherzo, ora possiamo tornare alle nostre..- Non riuscì a finire la frase che un forte risucchio, proveniente dal vetro, iniziò ad attrarle verso di lui. Le ragazze urlarono, spaventate, cercando di aggrapparsi a qualcosa per evitare di venire risucchiate: Sarah allo stipite della porta, Matilde alla gamba della bionda, mentre Lisa, la più vicina delle tre, non fu così fortunata e sparì dentro al vetro. –Lisa!- urlò disperata la sorella, cercando di rimanere aggrappata alla sua ancora di salvezza con tutte le sue forze. –Non mollare!- urlò la mora, cercando di contrastare il forte rumore che produceva il risucchio, e la bionda urlò di rimando, sarcasticamente: -Ma dai!?- Ma si trovava allo stremo delle forze, le braccia e le dita iniziavano a dolerle urlando pietà per quello sforzo eccessivo. Non sarebbe resistita ancora a lungo, lo sapeva, e se quel risucchio non sarebbe terminato le forze l’avrebbero abbandonata, cadendo dentro allo specchio, quindi tanto valeva che mollasse subito, no? Eppoi Lisa era caduta dall’altra parte, qualunque essa fosse, e lei doveva proteggerla in qualità di sorella maggiore.. “Mi dispiace..” pensò, dopodiche chiuse gli occhi, stringendoli per la paura dell’ignoto, di qualunque cosa si potesse trovare di là, ma sapeva che l’avrebbero affrontato insieme. Allentò la presa, l’urlo disperato di Matilde che le chiedeva cosa stesse facendo risuonò lontano nelle sue orecchie finchè sentì la presa mancare e venire trasportata verso un altro mondo. Il bidello, udendo le grida delle tre ragazze accorse sul posto, vedendo spuntare dallo stipite della porta un paio di mani. –Ehya, ma che accidenti..?- esclamò, confuso; ma quando mosse un passo verso il bagno queste somparvero. Accelerò il passo, trovandosi ben presto davanti alla porta, senza vedere altro che un bagno vuoto ed uno specchio, sporco ed ingrigito dal tempo, riflettere la sua immagine. Rimase così per un po’, sentendosi pure scemo, poi estraette la fiaschetta che conteneva il suo liquore preferito e disse: -Ehya, da oggi basta birra, soltanto vino berrò- dopodiché la gettò nel bidoncino e se ne andò.
-Sarh, svegliati! Svegliati, ti prego! Sarah!- Una voce.. sentiva una voce lontana che le chiedeva di svegliarsi. Ma era così bello dormire, sarebbe rimasta lì per sempre, in quello stato, addormentata.. La voce insistette: -Sarah, svegliati!- conosceva quella voce, l’aveva già sentita da qualche parte ma non riusciva a ricordare dove. Ma non aveva importanza, ora tutto quello che voleva era dormire, e quell’insistenza la stava disturbando. –Ancora cinque minuti..- mugugnò, agitando in aria le braccia. Cercando di colpire qualcosa di invisibile ma senza riuscirci. E fu un attimo: qualcosa di forte le colpì la guancia destra, arrossandogliela e facendogliela diventare calda. Poi fu il turno della sinistra a subire lo stesso trattamento. –Basta, così mi fai male!- si lamentò, mentre delle lacrime le si formavano agli angoli degli occhi. Ma qualunque fosse quella strana forza che le stava facendo questo non si fermò, continuando a colpire ritmicamente le sue guance finchè la bionda, come ripresasi da un sogno, scattò a sedere. La prima cosa che notò fu che non si trovava più nel bagno delle ragazze, bensì in un bosco, circondata da degli altissimi alberi e nella semioscurità- Stava sognando? Probabilmente si era addormentata di nuovo sul banco durante la lezione di matematica. Si diede un pizzicotto forte, ma sentì male; no, dunque non stava sognando. Ma allora dove accidenti era finita? E le sue amiche? Si volse, e i trovò a pochi centimetri dal muso di Matilde che sorrideva. Urlò con quanto fiato aveva nei polmoni, allontanandosi dalla mora e facendo 100 metri in due secondi, arrestando la sua corsa con la schiena contro il tronco di un albero. –Bensvegliata, dormigliona!- esclamò felice, affiancata dalla sorella minore e venendo fulminate con lo sguardo dalla bionda che borbottò, quando fu sicura che i battiti del cuore fossero tornati a norma ed i battiti del cuore si fossero stabilizzati: -Mai più- -Andata- rispose l’amica, sghignazzando. La raggiunse, aiutandola a rimettersi in piedi, poi si guardarono intorno, spaesate. –Ma dove accidenti siamo finite?- -Posso rispondere io per voi- ribattè una voce profonda e cavernosa, che mise in allarme le tre ragazze e facendole voltare giusto in tempo per vedere spuntare dalla boscaglia un uomo alto, fisico robusto, capelli lunghi fino alle spalle, corvini ed arruffati, occhi neri come la pece; indossava una strana divisa, aveva dei sandali neri ai piedi che lasciavano scoperte le dita ed una strana fascia attorno al braccio destro, ove spiccava uno strano simbolo somigliante ad una cascata tagliato a metà, mentre il volto era seganto dalle rughe e sfregiato da due enormi cicatrici, una ad x sulla guancia destra mentre l’altra gli attraversava l’occhio sinistro in verticale. –Tu chi sei? E che cosa vuoi da noi?- domandò dura Sarah, facendo sorridere malignamente l’uomo che ribattè: -Chi sono io non ha importanza per voi, signorine; ma se verrete con me vi dirò tutto quello che volete sapere su questo mondo e come ci siete arrivate- -Offerta allettante- ribattè la ragazza, ridendogli in faccia -ma ci vediamo costrette a rifiutare, non andremo con un uomo che non conosciamo- L’avversario prese male le sue parole, trasformando il ghigno in un espressione poco piacevole, mentre il volto si deformava a causa della furia. –D’accordo, ve l’ho chiesto con le buone e non volete ascoltarmi, allora sarò costretto a passare alle maniere pesanti!- -Siamo tre contro uno, stupido!- lo sbeffeggiò Matilde- cosa diavolo credi di fare?- Come in risposta, lo straniero schioccò le dita ed una dozzina di ninja uscirono allo scoperto, mettendosi dietro di lui e preparandosi ad attaccare. –Dovevi proprio chiederglielo, eh?- disse sarcastica sarah, mentre l’amica si faceva piccola piccola sotto lo sguardo omicida dell’amica ed implorando perdono. La bionda sospirò, esasperata: non sarebbe mai cambiata. Studiò la situazione: erano in tre contro dodici, e gli avversari, oltre ad essere in troppi e voler fare sul serio,erano anche più bravi di loro a combattere; l’unica era darsela a gambe. –Ok- bisbigliò, rivolta alle altre- al mio tre ce la diamo a gambe. 1..2..- -Basta bisbigliare- disse lo sconosciuto, divertito- qualunque tattica vogliate usare sarà vana contro i miei uomini, addestrati ad ogni evenienza. Arrendetevi e non opponete resistenza, è meglio per voi- -3!- urlò la bionda riccia, per poi iniziare a correre in direzione opposta al gruppetto. Sorpreso ed infastidito, l’uomo urlò: -Brutte..! Scappare non serve, vi troverò comunque, e quando questo accadrà rimpiangerete di essere nate! Uomini, prendetele!- Con un balzo i ninja sparirono, iniziando a saltare di ramo in ramo e raggiungendo in poco tempo i loro obbiettivi, lanciando coltellini affilati per fermarle ma mancando il bersaglio, conficcandosi nei tronchi degli alberi. –Dannazione!- imprecò Sarah- Ci sono ancora alle costole! Ma non si arrendono mai!?- -Risparmia il fiato e continua a correre!- ribattè Matilde. Una domanda continuava insistentemente a tornare nella mente delle tre ragazze: Chi erano quei tizi? Che cosa volevano da loro? E perché le volevano così disperatamente? Proseguirono, cercando di seminare invano i loro inseguitori, finchè il bosco si interruppe ed arrivarono sul ciglio di un burrone.
-Oh, no!- esclamò preoccupata Lisa- Siamo in trappola!- Vedendo che da lì non si poteva proseguire, le ragazze si voltarono verso il bosco per cercare un'altra via di fuga, ma furono raggiunte dai tizi che le circondarono, impedendo la fuga. Poco dopo arrivò anche il capo della banda, che si fece avanti e disse: -Arrendetevi e venite con noi, non avete altra scelta- ma le adolescenti rifiutarono l’invito, sostenendo di preferire morire piuttosto.
-Speravo che lo diceste- sussurrò allora l’uomo, mentre un ghigno compiaciuto gli si allargava sul volto, cosa che non piacque per niente al gruppetto; -Prendetele!- esclamò poi, rivolto ai suoi uomini che si preparono ad attaccare, mentre le ragazze arretrarono, pronte a vender cara la pelle in caso di battaglia. Una volta raggiunto il ciglio, però, la roccia si spaccò, facendole cadere nel vuoto; quando il capo si affacciò sul precipizio per vedere che fine avevano fatto i suoi obbiettivi, erano già sparite nell’oscurità.
Angolo Autore:
Ed eccoci qui al secondo capitolo di questa mia prima fiction su Naruto! I fatti si svolgono qualche ora prima rispetto al Prologo in modo da far capire in che modo le tre ragazze del nostro mondo fossero finite in quello di Naruto, dandogli anche un nome; unica precisione che vorrei fare e che nel testo mi son dimenticato di fare è che Sarah e Lisa sono nate a Boston, quindi sono americane, mentre Matilde è nata in Italia ma è andata a vivere col padre in America a causa di un divorzio tra i due. Bene, finita la spiegazione, vi auguro una buona lettura, sperando che vi divertiate quanto me durante la stesura, ed un buon proseguimento di serata! E se volete potete anche lasciare una recensione, anche negativa, così mi aiuta a crescere come scrittore e capire dove sbaglio e correggere i miei errori.
A presto
Aloneinthedark92
                  
  
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