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Autore: pdantzler    31/01/2008    4 recensioni
Harry capita per sbaglio in casa di Piton nell'estate del quinto anno, dopo la morte di Sirius. Costretti a una convivenza forzata, i due scopriranno molte cose l'uno dell'altro. Traduzione a opera di Starliam ed Allison91
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Ecco qua il nuovo capitolo. Termina in un modo che credo vi lasceràa curiosi di sapere al più presto come continua... cercherò di accontentarvi al più presto!
Lilica: il seguito si chiama "A time and place to learn".
Divertitevi!
Starliam



Harry rimase immobile per alcuni terribili secondi, sentendo il suo cuore che pulsava con forza nelle orecchie. Era morto.

Piton lo avrebbe ucciso. Piton lo avrebbe fatto a pezzi. Dimentica di aver guardato nel suo Pensatoio, di aver rubato nel suo magazzino privato a Hogwarts, ed essere stato irrispettoso durante le lezioni; dimentica di essere piombato in casa sua; dimentica il fatto di aver ignorato le istruzioni di Piton – dimentica tutto. Questa era la cosa peggiore che Harry potesse fare, a parte bruciare l’intera casa. Dopo che Piton avrebbe finito con lui, affrontare Voldemort sarebbe stato come un picnic pomeridiano.

I ritratti stavano tutti parlando tra di loro con fervore, e Harry sapeva che era solo questione di tempo prima che Piton arrivasse lungo il corridoio con il mantello svolazzante e domandasse cosa fosse successo. Harry sentì un rumore di passi all’estremità del corridoio. E perse del tutto la calma. Corse verso l’altro lato del corridoio, ignorando le urla dei ritratti che lo invitavano a rimanere dov’era in modo che il padrone potesse vedersela con lui.

Col cuore che batteva forte, Harry si infilò in una porta aperta. Era il salotto in cui era arrivato dal camino maledetto. Oh, adesso quella maledizione era niente, in confronto a quello che avrebbe fatto Piton.

Se avesse potuto trovare un po’ di Polvere Volante, Harry avrebbe potuto provare ad andarsene dalla casa. Non per sempre, solo quanto bastava perché Piton si calmasse e si rendesse conto che il suo invadente ospite non voleva distruggere il suo laboratorio di Pozioni.
Harry iniziò a cercare fra le varie scatole e i vasi sullo scaffale sopra il camino. Nessuno aveva usato il camino come collegamento alla Metropolvere da anni, ma Harry era troppo sconvolto per pensare razionalmente.

“Harry James Potter!” La voce di Piton risuonò nel corridoio. “Dove sei? Esci fuori in questo istante!”
“E’ andato nel salotto”, intervenne un ritratto in suo aiuto.
Nel pieno del suo terrore, l’unico pensiero coerente di Harry fu che avrebbe fatto a pezzi quel ritratto, se fosse sopravvissuto alla furia di Piton.
“Grazie”, la voce piena di rabbia di Piton si avvicinava sempre di più.

Harry sentì il panico scorrere in tutto il corpo, e non riusciva a ricordare un’altra occasione in cui si era sentito così terrorizzato. Anche la battaglia al Ministero della Magia impallidiva, al confronto. Fece l’unica cosa che gli sembrava appropriata in un’occasione come questa: si nascose. Più tardi, avrebbe potuto ammettere che era stata una cosa sciocca, infantile; ma al momento sembrava l’unica opzione. Strisciò dietro al divano e si accovacciò dietro di esso, appoggiato al muro, avvolgendo le braccia alle gambe e attendendo impaurito.

Sì, per adesso era nascosto. Forse poteva restare nascosto per i prossimi giorni. Snapdragon Manor era grande, ed era sicuro che sarebbe riuscito a trovare dozzine di posti dove nascondersi, quando avesse sentito Piton avvicinarsi. Harry aveva imparato a nascondersi da Dudley per dieci anni; non sarebbe stato molto diverso, a parte il fatto che Piton gli avrebbe lanciato una fattura mentre Dudley si divertiva a prenderlo a cazzotti.

Dei passi arrabbiati risuonarono nel salotto. Harry cercò di rimanere zitto e immobile, respirando così piano che forse Piton non l’avrebbe sentito. Non muoverti, non agitarti, rimani tranquillo. “So che sei qui, Potter”, il tono di Piton era acuminato come un chiodo e freddo come il ghiaccio. “I ritratti hanno detto che sei venuto da questa parte, e non c’è uscita da questa stanza. Esci da qualunque posto tu ti stia nascondendo, e intendo dire adesso”.

Piton aveva mai detto qualcosa che non intendesse? Harry avrebbe dovuto chiedergli perché insisteva a finire ogni discorso affermando che intendeva quello che diceva. Ammesso, ovvio, che fosse vissuto abbastanza da farlo.

“Potter, sono serio”, il tono di voce di Piton prese una sfumatura omicida. “Conterò fino a tre, e farai meglio a saltare fuori, o vedrai, ti troverai in punizione con me ogni sera per tutto l’anno scolastico. Uno – punizione per tre ore ogni sera. Due - vedrò se è possibile farti stare in punizione in ogni ora libera che potrai avere. Tr-

“D’accordo”- Harry saltò fuori dal suo nascondiglio - “Sono qui, ma è stato un incidente, lo giuro. Io non... ow!”

Piton aveva teso il braccio e aveva afferrato Harry per un orecchio. Il professore era livido, più arrabbiato di quanto Harry lo avesse mai visto prima, compresa quella volta al terzo anno in cui Black era stato liberato insieme a Fierobecco.

“Ti farò alcune semplici domande,” disse Piton con voce di seta, facendo correre dei brividi lungo la schiena di Harry. “Se mi rispondi sinceramente, potrei anche lasciarti vivere fino a domattina. Quando prima sei passato lungo il corridoio, la porta era aperta?”

“No,” Harry si trovò ad appoggiarsi alla mano di Piton per alleggerire la pressione all’orecchio, “ma non era chiusa a chiave”.
“Hai sentito che cosa ho detto, riguardo alle porte che sono chiuse?” la voce di Piton era diventata ancora più melliflua.
“S…sì, ma…”
“E, Potter,” la voce di Piton era ormai ridotta a un sussurro, “hai capito che cosa intendevo quando ho detto di non entrare nelle stanze le cui porte sono chiuse?”
“Sì”. Harry stava diventando rosso, le sue guance erano rosa di vergogna.
“Quindi tu hai aperto la porta e sei entrato, sapendo perfettamente che non avresti dovuto entrare. Hai deciso che era divertente iniziare a giocare con le pozioni, mescolando insieme le cose per vedere cosa succedeva?”
“No, ho visto il mantello sullo scaffale in cima…” Harry si bloccò improvvisamente, realizzando che si era perduto con le proprie mani.
Una luce furiosa brillò negli occhi di Piton. “Quindi, sei andato a cercare il tuo mantello, non è così? Hai deciso di trovarlo, a dispetto dei miei avvertimenti che non ne avresti avuto bisogno. Era sullo scaffale più alto. Hai cercato di arrampicarti sugli scaffali per prenderlo?”
“Sì, ma l’ho rimesso subito a posto, appena ho visto che non era il mio. Poi gli scaffali hanno iniziato a cadere dalla parete. Sono saltato giù e sono corso verso la porta, e tutto è esploso”. “Quindi non solo mi hai disobbedito di nuovo, ma ti sei messo in pericolo perché, di nuovo, tu ne sai più di me. Stai iniziando a vederci uno schema, Potter?”

Harry distolse lo sguardo. La sensazione di disagio allo stomaco si stava facendo sempre più grande.

“Hai una vaga idea di quanto tempo abbia impiegato per mettere insieme quel magazzino?” continuò Piton, stringendo le dita e facendo trasalire Harry dal dolore. “Hai una vaga idea di quanto mi sia costato? Per fortuna, ho un’altra piccola riserva accanto al mio laboratori al piano di sotto; ma tengo dozzine di fiale e bottiglie di valore quassù. Gli ingredienti per fare la pozione che ti ho dato per impedirti di bruciare la notte scorsa venivano da questo magazzino”.

“Mi dispiace!” gridò Harry. Si sentiva malissimo, come se avesse avuto un cratere dentro lo stomaco che non poteva essere riempito, e diventava sempre più rosso, e forse Piton lo avrebbe ucciso, così non si sarebbe più sentito così male. Aveva rovinato tutto: ogni volta che qualcuno cercava di aiutarlo, Harry riusciva a rovinare tutto.

Piton non provò dispiacere per lui. “Credimi, Potter, stai per avere la punizione peggiore che avresti mai potuto immaginare. Sapevi cosa ti ho detto, ma hai continuato a fare di testa tua, ignorando i miei ordini. Questo rientra nella piena disobbedienza. Non ti ho parlato dei diversi tipi di disobbedienza perché mi piaceva sentirmi parlare, l’ho fatto perché avresti pensato alle tue azioni e alle conseguenze che hanno, e non mi avresti disobbedito! Ma poiché insisti a comportarti come un bambino, ti tratterò come se lo fossi. Per i prossimi due giorni, quarantotto ore complete, non ti allontanerai dalla mia vista. Visto che non ci si può fidare a lasciarti solo, io rimarrò con te e starò a vedere come ti comporti. Starai seduto con me nel mio laboratorio di Pozioni mentre lavoro, verrai nel mio studio quando scriverò le lettere, e la notte dormirai sul divano nella mia camera. Alla fine dei due giorni, se penserò che puoi stare di nuovo per conto tuo, sarai libero di tornare alla tua tabella con alcune restrizioni. Altrimenti, rimarrai accanto a me fino all’inizio della scuola”.

La bocca di Harry si spalancò, ma non riuscì a emettere alcun suono.

“In più, per la prossima settimana andrai a letto alle otto e farai dei lavori di casa per dimostrarmi quanto sei dispiaciuto. Se sento qualunque lamentela piagnisteo, aumenterò la punizione. E poi mi accompagnerai a Diagon Alley per rimpiazzare gli ingredienti che hai distrutto. Per farla brave, sarai il più bravo, servizievole e considerato che puoi, o sarai un Potter davvero infelice”.

Harry annuì, cercando di sembrare più contrito e miserabile possibile. Si sentiva male: era stato stupido e sconsiderato distruggere il laboratorio di Piton. Harry si ricordò di quanto si era sentito turbato, quando al secondo anno qualcuno aveva frugato il suo dormitorio alla ricerca del diario di Riddle. Era stata Ginny ed era posseduta, ma Harry ricordava quanto lo aveva fatto arrabbiare il fatto che qualcuno avesse messo le mani fra le sue cose, del tutto indifferente ai suoi sentimenti e ai suoi interessi. Non era stata una bella sensazione, e Piton probabilmente si sentiva ancora più frustrato, dal momento che aveva bisogno del magazzino per il suo lavoro, sia come professore che come spia.

“Mi dispiace, davvero”, insisté Harry. “Prometto che in futuro la ascolterò, sono serio”.
“Lo vedremo,” ringhiò Piton. “Oh, e un’altra cosa”. Spinse Harry verso il divano e si sedette, prima di tirarselo sulle ginocchia.

“Oh, no!” protestò Harry, pieno di paura e di vergogna. Aveva dimenticato che era lo stesso divano sul quale Piton lo aveva punito la prima volta. Perché aveva scelto quella stanza per nascondersi? Se si fosse nascosto da qualunque altra parte, a Piton forse non sarebbe tornato in mente quanto Harry odiasse essere punito in quel modo.
Accio Riga” disse Piton, con un certo piacere vendicativo nella voce.

Harry incrociò le braccia arrabbiato, non una cosa semplice da fare quando stai steso sulle ginocchia di qualcuno. Che Piton lo punisse era una cosa, ma Harry sapeva che se si fosse voltato a guardarlo, il professore avrebbe avuto in volto un sogghigno deliziato, contento di avere una scusa per colpire di nuovo il suo pupillo.

Non è giusto, disse una vocina dentro Harry. Hai distrutto il suo magazzino di pozioni, e sei sorpreso che voglia darti qualche sculacciata?
Sì, ma userà una riga invece della mano, e non dovrebbe sembrare così soddisfatto quando mi punisce. E’ l’unica persona oltre a Gazza e alla Umbridge che si diverte a fare del male, assaporando la punizione come il bastardo sadico che è.
Gli hai disobbedito, ribatté la vocina. Hai sentito cosa aveva detto, e hai fatto l’opposto. Ti avevo avvertito di non entrare, ma tu l’hai fatto. E se il mantello sullo scaffale fosse stato il tuo, si sarebbe accorto che era scomparso, e sarebbe venuto a cercarti. Qui non siamo a Hogwarts, dove puoi dare la colpa ad altri studenti: siete solo voi due.

Va bene, ma comunque, non dovrebbe essere così contento. Potrebbe apparire almeno un po’ dispiaciuto dal fatto che deve sculacciarmi di nuovo, dal momento che non volevo causare tutto questo.

Oh, piantala, replicò la voce. Hai distrutto una parte della sua casa. Ti meriti ogni momento della punizione che ha in serbo per te. Infatti, dovrebbe usare una cintura ora, non una sottile riga. Così, quando inizia, accetta la tua punizione come un uomo.

Tutti questi pensieri gli passarono per la mente in pochi secondi, ma Harry ebbe appena il tempo di rassegnarsi al suo destino prima che Piton abbassasse la riga con un “crack”.
Harry trattenne il respiro e si rese conto che la sua coscienza aveva sbagliato su due punti. Prima di tutto, la riga non era sottile proprio per nulla. Harry non poteva vederla, ma era come una spessa asse di legno che veniva sbattuta sul suo sedere indifeso. Secondo, non c’era alcuna possibilità che potesse prendere il tutto come un uomo, dal momento che il secondo e il terzo colpo gli fecero bruciare gli occhi e riusciva a malapena a trattenersi dal voltarsi per cercare di proteggersi.

“Pensavo che fossi davvero troppo grande per questo tipo di punizione”, disse Piton fra una sculacciata e l’altra. “Dopo tutto, stai per compiere sedici anni, e questa è una punizione più adatta a un bambino di otto o nove anni. Comunque, sembra farti effetto più di ogni altra cosa”.
Harry cercò di non piangere, era troppo grande per piangere, e non voleva rinforzare l’opinione di Piton che fosse una punizione appropriata. Ma Piton faceva sul serio, e alla decima sculacciata, Harry iniziò a sentire delle lacrime che iniziavano a uscire. Alla ventesima, a Harry non importava più della sua dignità o dell’orgoglio, gli importava solo di quando Piton avrebbe smesso.

“Va bene, va bene”, si lamentò Harry, contorcendosi pietosamente per cercare di evitare la riga. “Giuro che non ow! disobbedirò ancora. Lo giuro, giuro che starò buono!”

“Oh, promesse, promesse”, lo canzonò Piton, senza fermarsi un attimo. “Nel momento in cui vedi un’opportunità, parti senza pensare, dimenticando ogni regola, preoccupandoti solo di fare quello che vuoi in quel momento. Ma quando vieni scoperto, ecco le lacrime e gli occhioni da cucciolo triste. Ora, smettila di agitarti, e lasciami finire. Confermo, gli unici momenti in cui ti comporti bene sono dopo che ti ho sculacciato a dovere. Dovrei farlo tutte le mattine, per essere sicuro che tu non mi dia preoccupazioni per il resto della giornata.”

“No!” Harry sembrava disperato. “Non lo faccia! Per favore, mi comporterò bene, deve credermi.” Le lacrime gli scorrevano liberamente sulle guance, e non si preoccupava neanche di spazzarle via. “Non devo fare niente del genere”, rispose Piton. “Mi fermerò quando penserò che hai capito il messaggio, disobbediente, arrogante, orribile piccolo moccioso.”

Quattro sculaccioni dopo, e Harry finalmente si spezzò, la sua risoluzione si fece in pezzi, e iniziò a piangere disperatamente. Anche dopo che Piton gli ebbe dato un ultimo bruciante colpo sui suoi pantaloni, ed ebbe messo via la riga, Harry non fece nessun tentativo di muoversi, ma rimase lì, in lacrime e pieno di rimorsi. Si aspettava che Piton lo tirasse su e lo mettesse a sedere sul divano per un’altra ramanzina. O peggio, che lo mandasse a mettere il naso nell’angolo e lo lasciasse lì per un lungo periodo di tempo, a pensare su come migliorare il proprio comportamento. O che gli urlasse di andarsene dalla stanza, in modo da non vederlo più.

Ma Piton non fece nessuna di queste cose.

Scosse la testa, commentando: “Davvero, Potter, porti più guai di quelli che vali”. Ma mentre parlava aiutò Harry a mettersi in piedi, una mano ferma su entrambe le braccia perché non cadesse.

Pieno di rimorso, Harry rimase in piedi, le lacrime che scorrevano ancora, e sentendosi come un ragazzino punito a dovere. Per qualche ragione sconosciuta, desiderava essere accanto a qualcuno, chiunque, pur di non sentirsi solo nella sua miseria. Odiava la sensazione di solitudine, più forte che mai da quando Sirius era morto.

“Avanti, Potter, calmati,” disse Piton, piuttosto severamente; ma mentre parlava, pose una mano sulla spalla di Harry e la strinse per confortarlo.

Più tardi Harry sarebbe arrossito e avrebbe distolto lo sguardo, ripensando a quello che fece subito dopo. Era stato davvero così immaturo, così infantile… se Ron lo avesse scoperto, Harry non sarebbe mai più riuscito a guardarlo negli occhi. Ma lì nel salotto, Harry abbandonò ogni pensiero logico: strinse entrambe le mani attorno al polso di Piton e appoggiò la testa sull’avambraccio del professore. Era così bello sentirsi vicini a qualcuno, senza più la sensazione di essere completamente perso e solo al mondo.

Piton per poco non si scansò al contatto del ragazzo, ma poi sospirò profondamente. “Su, su”, disse, a disagio; dando a Harry delle pacche sulla schiena, “smettila di agitarti così. E sono ancora estremamente arrabbiato con te. Avanti, sei davvero troppo grande per piangere così”.

Harry si scostò, la sensazione di conforto ormai scomparsa. “Prima, mi dice che mi comporto in maniera infantile e devo essere punito come un bambino, e adesso sono troppo grande? Si metta d’accordo con se stesso!”

Piton lo afferrò per la nuca, lo voltò di lato e gli affibbiò due forti sculacciate sul sedere. “Non tenere quel tono con me, ragazzo; o ti troverai di nuovo sulle mie ginocchia finché non avrai imparato un po’ di rispetto. Ora andiamo a vedere se possiamo salvare qualcosa del magazzino”.

Resistendo all’impulso di massaggiarsi il posteriore che bruciava,un Harry riluttante venne spinto nuovamente sul luogo del disastro. Per fortuna le sue lacrime si erano fermate, ma si sentiva sempre imbarazzato per il fatto di essere arrivato a tanto; come un bambino di due anni stanco, affamato e bisognoso di un pisolino che scoppia a piangere. Se Piton lo avesse raccontato a qualcuno… beh, Harry non era certo di cosa avrebbe potuto fare, ma sapeva che non sarebbe stato contento con Piton.

“Non capisco perché non possa usare la magia per rimettere tutto com’era prima”, tentò Harry, stando attendo a mantenere il suo tono di voce molto rispettoso. “Non può, per esempio, invertire il processo e riparare il vetro e far volare nuovamente le pozioni sugli scaffali? Ho visto Hermione riaccomodarmi gli occhiali, dopo che si erano rotti”.

“Non è così semplice”, ringhiò Piton, sempre spingendo Harry per la nuca. “Potrei accomodare una bottiglia, sempre che l’ingrediente all’interno non sia stato agitato troppo. Ma una volta che un ingrediente si mescola con altri, non si può annullare la mistura. Diventa una trasformazione chimica, non fisica.”
“Ma perché non…”

“No, non si può”, insisté Piton. “Non è come sciogliere del ghiaccio e poi farlo congelare nuovamente. Sarebbe come cuocere la carne e poi farla tornare cruda. La magia non può cambiare tutte le leggi della fisica, non importa quanti marmocchi fastidiosi lo vorrebbero. E aggiungici le componenti chimiche infiammabili che prendono fuoco quando la fiala si rompe e vengono agitate…”

Harry sentì stringersi la
mano sulla sua nuca.
“Potter”, Piton era tornato al suo sussurro omicida, “farai meglio a pregare che io trovi un ingrediente salvabile in quel disastro, o non potrai sederti per una settimana”.

Avvicinandosi alla porta, l’odore si fece terribile, e Harry cercò di non respirarlo. Il magazzino era nel disastro più completo: scaffali distrutti sul pavimento, vetri ridotti a schegge taglienti, cose orripilanti immerse in poltiglia viscida, e melma marrone che filtrava dal vetro e dal legno; e fumi puzzolenti rimasti a mezz’aria in lente, spesse nubi. Harry si sbatté una mano sulla bocca, sperando di non vomitare.
“Guarda, guarda!” disse Piton con voce dura.
Harry stava cercando di non farlo.

“Non fai mai niente a metà, vero?” Piton scavalcò ciò che rimaneva della porta, per osservare meglio il disastro. “fegati di pipistrello andati, ali di libellula distrutte… hai rotto la mia unica boccetta di polvere di corno di unicorno! Hai una vaga idea di quanto sia stato difficile procurarmela? Servirà metà del patrimonio dei tuoi genitori per rimpiazzare tutto, spero che tu sia contento”. Oh, questo era inatteso. Harry abbassò le spalle, sentendosi disperato. I soldi che I suoi genitori avevano guadagnato, risparmiato e messo via per il futuro, sarebbero stati spesi per rimpiazzare il magazzino delle pozioni del rivale di suo padre. Forse era giustizia poetica… in qualche modo.

“Niente, niente”, Piton sollevò uno scaffale e vi guardò sotto. “Rovinato, schiacciato, esploso… ah-ha! Una bottiglia di uova di drago in salamoia, intatta”. Levitò la bottiglia ancora intera fuori dalla stanza, nel corridoio.

Harry non sapeva se doveva offrirsi di aiutare o rimanere lì dove si trovava. Qualunque cosa avesse fatto, Piton gli avrebbe probabilmente urlato contro. Harry si accigliò, e si stropicciò velocemente il posteriore dolorante, mentre Piton stava frugando fra quelle che sembravano dita di maiale e cuori di drago macinati. Harry voleva arrabbiarsi, rimanere infuriato; ma il fatto era che Piton lo aveva lasciato vivere, per il momento. E Harry aveva imparato a essere grato delle piccole cose.

“Va bene”, Piton finalmente si alzò e si passò una mano fra i capelli neri. “Di un magazzino che conteneva 768 ingredienti perfettamente buoni, ho trovato quattro bottiglie ancora utilizzabili. Questo significa che devo trovare 764 nuovi ingredienti per settembre. E io che pensavo di passare un’estate tranquilla”.

“Ho detto che mi dispiace,” protestò Harry. “E non mi sono lamentato delle mie punizioni, di nessuna”.

“Perché se lo avessi fatto, avrei usato la tua lingua come sostituzione di qualche ingrediente”, sbottò Piton. “Bene, basta stare lì come un completo idiota. Andiamo giù a prendere i guanti protettivi; così puoi iniziare a pulire tutto mentre io scrivo le lettere per i nuovi ingredienti. Muoviti!”

Piton fu bravo (o cattivo, a seconda dei punti di vista) a mantenere le sue parole. Per due ore, mentre Harry puliva, Piton rimase seduto davanti alla porta, sfogliando cataloghi di ingredienti per le pozioni, e segnando quelli che gli occorrevano. Harry cercava di lavorare in fretta, con le mani coperte da spessi guanti di cuoio e con un asciugamano incantato che gli copriva naso e bocca, per permettergli di respirare; ma il lavoro sembrava protrarsi per sempre.

La cosa che lo faceva più infuriare era la consapevolezza che Piton avrebbe potuto pulire tutto con un semplice movimento della bacchetta, se avesse voluto.

In realtà, Harry stesso avrebbe potuto pulire con un movimento della sua bacchetta; se il pipistrello troppo cresciuto glielo avesse permesso, invece di essere costretto in quel noioso lavoro di pulizia manuale per ore.

“Hai saltato una macchia”, Piton indicò con la sua bacchetta l’angolo più lontano, senza alzare lo sguardo.
Harry raddrizzò la schiena, passandosi il braccio sulla fronte sudata e abbassandosi l’asciugamano dalla bocca. “Il pavimento è macchiato in diversi punti. Cosa devo usare per pulirlo?”
“La tua lingua”, Piton continuò a non alzare gli occhi dal catalogo.
“Molto divertente”, ribatté Harry.
“Bene, ho uno spazzolino da denti che dopo potrai usare per strofinare tutto il pavimento”, commentò Piton.
“Probabilmente sarà più utile qui che sui suoi denti”.
Piton alzò lo sguardo. “Che hai detto?”
“Niente, sto pulendo”, Harry tornò rabbiosamente al lavoro.

Quando la stanza fu abbastanza pulita, tutto ciò che era rotto era stato buttato nella spazzatura, e il pavimento era libero (anche se bisognoso di una buona strofinata), andarono a cena. A Harry facevano male le spalle per aver tirato su tutti gli scaffali rotti, e la schiena gli doleva per essere stato chino tanto a lungo. Anche il sedere gli faceva male in modo incredibile, mentre cercava di sedersi senza agitarsi e senza mostrare il suo disagio. Poteva vedere Piton che cercava di non sogghignare, cosa che fece arrabbiare Harry il doppio.

Il momento peggiore di tutti fu quando Piton annunciò che era ora di andare a letto. Harry seguì cupamente Piton su per le scale, e oltre la porta della camera da letto principale. La stanza di Piton era stranamente comune e non degna di nota: colori scuri e piacevoli, costoso mogano con accenni di ferro scuro, una camera molto mascolina. Piton tese a Harry un pigiama e gli indicò il bagno. Un lungo bagno caldo era proprio quello che ci voleva per alleviare l’indolenzimento.

Harry si diresse in bagno, ma quando si voltò, vide Piton in piedi sulla soglia, le braccia incrociate e un’espressione rassegnata in volto.

“Ehi, mi devo spogliare, qui!” obiettò Harry.

“Ho detto che non lascerai la mia vista per due giorni”, replicò Piton con calma. “Per quello che ne so, potresti provare a allagare il bagno per vedere se puoi trasformarlo in una piscina coperta”.

“Non mi spoglierò con lei che guarda”, affermò Harry, incrociando anche lui le braccia.

“Oh, non fare il bambino, Potter. Hai fatto la doccia con altri ragazzi prima d’ora, e sono il Capocasa Serpeverde da anni. Non è che non ho mai visto un ragazzo nudo, prima; e tanto per tranquillizzarti, preferisco qualcosa di più femminile e adulto. Una donna piena di fascino, non un marmocchio mezzo cresciuto con problemi di comportamento”.

“Non l’ho mai vista interessata alle donne”, disse Harry sospettosamente; ma mentre parlava si tolse la maglia.
“A Hogwarts? Dove le uniche femmine sono studentesse minorenni e professoresse sposate o vecchie zitelle? Hai ragione, Potter, come puoi esserti perso il fatto che trovo le donne attraenti quando sono circondato da tali appropriati esempi?
Harry si stava togliendo le scarpe e i calzini, ma si fermò per un momento. “E Tonks? Non è né troppo giovane né troppo vecchia, ma lei non ne è mai sembrato interessato”.
“Proprio quello di cui ho bisogno, una mezza cartuccia di strega con i capelli che cambiano colore e la chiacchiera svelta. Fatti il bagno e smettila di infastidirmi con le tue domande”.
Harry era già nell’acqua calda e saponosa, che sfregava una spugna su una saponetta, quando si arrischiò a chiedere: “Ai Mangiamorte è permesso sposarsi?”
Piton, che adesso stava appoggiato all’architrave pieno di noia, guardò il suo pupillo pieno di sapone. “Prego?”
“Sì, insomma, ci si può sposare una volta diventati Mangiamorte?” So che Lucius Malfoy lo è, e anche Bellatrix, e sono entrambi sposati; ma pensavo che fossero diventati Mangiamorte dopo essersi sposati. Voglio dire, gli va bene che i suoi seguaci amino qualcun altro oltre a lui?”
“Non saprei”, rispose brevemente Piton. “Nessuno alle riunioni ha mai menzionato i matrimoni. E non pronunciare il nome di Bellatrix in questa casa”.
Harry sbatté le palpebre. “Non le piace Bellatrix? Pensavo…”
“Ho detto di non parlare di lei”, ordinò Piton, con voce dura. Gli occhi scuri lampeggiavano di furia, e Harry poteva vedere che Piton stringeva le mani a pugno al di sotto delle maniche della veste. “Basta parlare. Inizia a strofinare, e lavati quei capelli sporchi che ti ritrovi”.
Era un’eccellente opportunità per dire a Piton che si sarebbe dovuto lavare i suoi, di capelli; ma Harry annuì in silenzio e prese lo shampoo.

Trenta minuti dopo, Harry era nel suo nuovo letto appena fatto: un largo divano con un soffice cuscino, con coperte e lenzuola avvolte strettamente intorno a sé. Il suo corpo era stanco per la dura giornata di lavoro, ma la sua mente continuava a correre, impedendogli di lasciarsi andare al riposo. Perché Piton odiava Bellatrix? Aveva ucciso una delle persone che Piton odiava di più. E Piton gli avrebbe davvero permesso di andare a Diagon Alley pre prendere altre pozioni? E cos’era quel discorso che a Piton piacevano le donne? Non che Harry pensasse che al professore piacessero gli uomini o cose del genere: a essere sincero, non gli piaceva pensare che Piton potesse essere un tipo romantico a prescindere. Cercò di immaginarsi Piton corteggiare qualche donna nei sotterranei, dicendole che era bellissima mentre schiacciava scarafaggi per qualche orrida pozione.

“Per qualunque cosa tu stia sghignazzando”, disse Piton dalla scrivani dall’altra parte della stanza, “falla finita, e dormi”.

“E’ troppo presto per dormire”, si lamentò Harry, girandosi nel divano. Gli sembrava strano stare steso sul divano, cercando di addormentarsi mentre Piton lavorava alla sua scrivania. Ancora più strano era il fatto che Harry non trovava la cosa così sconcertante. Aveva fatto una cosa terribile ed era stato duramente punito, ma invece di stare lì a ribollire e a tramare vendetta, Harry un senso di sicurezza e di calore interno. Avrebbe dovuto essere arrabbiato; ma ciò gli avrebbe richiesto un mucchio di energia, ed era più divertente cercare di immaginare cosa sarebbe accaduto nelle prossime settimane che congiurare contro Piton, cosa che gli avrebbe creato ancora più problemi.

“Come ti senti?” chiese Piton, tenendo il segno di un grosso libro con il pollice.
“Dolorante”, brontolò Harry, cercando di trovare una posizione comoda sul divano.
Piton si alzò, e camminò fino a un largo guardaroba. Ci guardò dentro finché non trovò una bottiglietta tappata. Prese un grande cucchiaio e andò accanto al divano. “Tieni, prendi questa”, Piton versò una grande quantità di densa pozione scura sul cucchiaio, e lo tese a Harry.

“E’ schifosa, e non sono malato, sono solo indolenzito per aver pulito”, disse Harry categoricamente. Era ridicolo rifiutare, tanto sapeva che Piton gli avrebbe fatto prendere la pozione comunque, ma Harry non voleva fare tutto ciò che il professore diceva, solo perché era il suo guardiano. Il professore era un totale accentratore di controllo, assetato di potere come i vampiri sono assetati di sangue. Una volta che Harry fosse stato al gioco, Piton gli avrebbe succhiato via ogni rimanenza di vita autonoma.

“Immobilus”. Piton aveva preso la bacchetta con la mano libera, e Harry cadde all’indietro sul cuscino con un thud. Piton mise il cucchiaio sul tavolo e prese la bottiglia. “Penso che tu abbia bisogno di una dose maggiore di questa deliziosa medicina, per aiutarti a tenere a freno la lingua”. Piton iniziò a versare la pozione nella bocca aperta di Harry, e gli occhi di Harry si spalancarono all’orrendo sapore. Davvero, ogni pozione sembrava peggio della precedente, fatta apposta per torturarlo con il sapore orrendo. E adesso stava per soffocare, perché non riusciva a inghiottire sotto quell’incantesimo, e non poteva neanche dirlo a Piton, anche se dubitava che al professore sarebbe importato se il suo pupillo soffocava, purché lo facesse in silenzio.

Dopo aver versato nella bocca di Harry quella che sembrava mezza bottiglia di pozione, Piton tappò la boccetta e si tese verso Harry per chiudergli la bocca. Un po’ della medicina colò di lato da un angolo della sua bocca, ma Piton lo spazzò via con un fazzoletto pulito. “Perfetto, Potter, inghiottisci. I tuoi riflessi naturali funzionano ancora. Inghiottisci la pozione e poi puoi dormire”.

Harry cercò, cercò davvero, ma non riusciva a far scendere quella roba schifosa. Piton sospirò (era sempre a sbuffare e soffiare in quella casa, sempre a sospirare per qualcosa, pensò Harry furiosamente). Comunque, gli occhi di Harry si spalancarono ancora di più, quando sentì delle fredde dita che gli accarezzavano la gola, e Piton che lo incitava: “Dai, Potter, puoi farcela. Inghiottisci. Ecco, bravo ragazzo”.

L’orribile pozione scese lungo la gola di Harry, lasciando un disgustoso saporaccio.

“Dal momento che non riesci ad obbedirmi nelle piccole cose” – Piton adesso era più severo – “Estendo il tuo periodo sotto la mia sorveglianza a tre giorni. In più…” Piton si interruppe all’improvviso, e il suo volto impallidì di dolore per un momento.

Harry provò una fitta di paura, ma non poteva muoversi, né dare voce alla sua preoccupazione.

La mano destra di Piton afferrò il polso sinistro, dove sotto la lunga manica della veste nera Harry sapeva che il Marchio Nero era impresso sulla sua pelle. Voldemort stava chiamando i suoi Mangiamorte a riunirsi.
Piton si ricompose, di nuovo calmo e risoluto. “Devo andare via per un po’. Per fortuna, per te è ora di dormire, quindi non devo preoccuparmi di cosa combini. Chiudi gli occhi e dormi, e io sarò tornato fra qualche ora”.
Harry cercò di parlare, di urlare, ma tutto quello che riuscì a fare su un basso suono gutturale. Cercò di parlare con gli occhi, ma l’ultima volta non aveva funzionato, e non si aspettava sul serio che funzionasse adesso.
“Potter, starò bene, per tuo dispiacere, ne sono certo”, disse Piton seccamente. Sistemò le coperte sulle spalle di Harry e spense le candele. “Il Signore Oscuro ultimamente non ha ucciso nessuno dei suoi seguaci: sono già troppo pochi, e ha bisogno di ogni singola persona viva e fedele. Adesso, rilassati e non ti preoccupare. Tornerò prima di mattina, altrimenti, gli elfi domestici si occuperanno di te”.

Harry fece di nuovo quel suono gutturale, pregando che Piton lo lasciasse parlare.

“Potter, non c’è niente che tu possa dire per convincermi a restare, o, come forse probabilmente preferiresti, per lasciarti venire con me. Rimarrai su quel divano perché sei in punizione. Buonanotte”.

Piton si smaterializzò con un forte crack, lasciando Harry tutto solo nella stanza buia. Harry fissò il soffitto, sbattendo velocemente le palpebre. Si rifiutava di piangere, non gli importava quello che Piton gli aveva fatto; ma la sensazione di bruciore agli angoli degli occhi era più forte della sua volontà di non mettersi a piangere.

Era solo l’intera realtà della faccenda che lo sopraffaceva. A volte Voldemort e la profezia sembravano un sogno lontano, qualcosa di cui preoccuparsi in futuro. Ma qui, a casa di Piton, era realtà. Piton era stato convocato a una riunione di Mangiamorte, e conoscendo la passione di Voldemort per fare del male, c’era una buona probabilità che il professore venisse torturato. E se veniva torturato fino al punto di fargli rivelare la vera località in cui si trovava Harry? E se i Mangiamorte fossero entrati a Snapdragon Manor quella notte, mentre Harry stava disteso sul divano, senza possibilità di difendersi? Riusciva a immaginare le spaventose maschere scivolare verso il suo letto, che si tendevano verso di lui con un freddo sorriso al di sotto.

Harry strinse gli occhi, cercando di scacciare l’immagine. Piton era più forte di quello che pensava: non avrebbe permesso che Harry rimanesse a casa sua, senza assicurarsi della sua sicurezza. E se Piton non avesse rivelato dove si trovava Harry e Voldemort lo avesse torturato fino a farlo impazzire, come i Paciock? Sarebbe stato portato al San Mungo, a passare il resto dei suoi giorni in una inerte pazzia, mormorando fra sé come i genitori di Neville.
E Harry ne sarebbe stato responsabile, come era responsabile per tutto il resto. Non era abbastanza che avesse rovinato la casa di Piton e la sua estate, adesso era certo che lo avrebbe anche fatto soffrire fisicamente.

Harry sentiva che la pozione iniziava a fare effetto; si sentiva già meno dolorante e più comodo, e il suo fisico voleva scivolare in un piacevole sonno. Ma si sforzò di mantenere gli occhi aperti. Non avrebbe dormito finché Piton non fosse tornato, non finché Piton fosse di nuovo nella sua camera, vivo e tutto intero.

Sarebbe stata una lunga notte per entrambi.

  
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