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Autore: keshirak    01/02/2008    1 recensioni
L'intento di questa fan-fiction è quella di raccogliere in forma di brevi one-shot alcune mie riflessioni su vari personaggi della Terra di Mezzo. I capitoli e i personaggi non sono legati tra loro, se non dal fascino che hanno saputo esercitare sulla mia fantasia. Buona lettura a tutti
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Io sono Eärnur e sono il Re. . .
Si ripeteva questa frase fino alla nausea mentre cavalcava a spron battuto verso Minas Morgul. Il vecchio Re aveva bisogno che quella convinzione che lo sorreggesse, aveva bisogno di sentire che le sue certezze lo accompagnavano e che quello che stava facendo era la cosa giusta.
Il suo regno non era stato lungo, e dopo l’entusiasmo iniziale dovuto alla sua fama di grande guerriero, il favore che godeva tra il popolo si era andato via via spegnendo. Era sempre stato un uomo d’azione, poco portato per le sottigliezze del governo e della politica, inoltre il suo carattere era irascibile e rancoroso e presto si era inimicato tutti i nobili e i principi di Gondor, sia per motivi politici che personali. Certo il popolo lo aveva amato, perché egli era alto, nobile e bello; ma ormai era vecchio e anche se ancora prestante non era certo in grado di competere con l’immagine della sua gioventù.
Il rumore degli zoccoli del suo cavallo lo riportò alla realtà, la Torre della Stregoneria era sempre più vicina ed il male palpabile che ne emanava lo fece tornare indietro nel tempo, quando aveva affrontato lo stesso male.
Anche all’epoca cavalcava, ma allora era l’irruenza della giovinezza e non il folle risentimento di un vecchio a guidarlo. Cavalcava in testa all’esercito di suo padre Eärnil II verso nord, per salvare il regno di Arnor dalla distruzione per mano del terribile Re Stregone di Angmar. Si sentiva bene nella sua veste di comandante, sul campo le decisioni erano facili da prendere ed egli riusciva ad esprimere al massimo le sue capacità. Inoltre in guerra era lontano da suo padre, lontano dai suoi consigli e dalla sua spregiudicata azione politica. Solo trent’anni prima Eärnil aveva sfruttato la sua popolarità ed il suo ascendente sul Sovrintendente Pelendur per farsi nominare Re di Gondor al posto di Arvedui, che oltre ad essere diretto discendente di Isildur era anche lo sposo di Firiel, unica figlia di Re Ondoher.

Tuttavia, il successo di Eärnil era stato sufficiente a far dimenticare a Pelendur le antiche leggi e a favorire l’ascesa del comandante vittorioso piuttosto che quella del legittimo Re. L’ironia della sorte voleva che adesso Eärnur fosse a capo dell’esercito che doveva soccorrere lo stesso Re di Arnor a cui suo padre aveva rubato il trono di Gondor.

La campagna contro Angmar fu cruenta ed ebbe successo solo in parte, dal momento che l’esercito di Gondor non fu in grado di salvare Arnor dalla distruzione, eppure per Eärnur furono grandi giorni, in cui mise in risalto tutte le sue grandi qualità di condottiero. In meno di due anni gli eserciti di Angmar erano stati sbaragliati e il Re Stregone era stato ricacciato nella fortezza di Fornost, che egli aveva strappato pochi mesi prima ad Arvedui, il cui fato era ignoto. L’assedio della città fu duro, ma non durò a lungo e presto Eärnur ebbe l’occasione di affrontare il Re Stregone in persona.

Il brivido che quell’incontro gli ricordava lo riscosse brevemente dai suoi pensieri, riportandolo al presente. Ormai era entrato nell’ombra di Minas Morgul, quella città che fino a poco meno di cinquanta anni prima era Minas Ithil, la splendente torre della Luna. Ora davanti a sé non vi era che una torre nera da cui baluginavano inquietanti luci malvagie e da cui filtrava in continuazione un’aura di disperazione. La stessa sensazione di disperazione che aveva provato più di settant’anni prima di fronte al Signore dei Nove.

I bardi avevano cantato che quando Eärnur e il Re Stregone si erano affrontati, il cavallo del primo si era impennato per la paura permettendo al Nazgul di fuggire. Questo era vero, ma non era andata esattamente così, il suo cavallo si era si impennato, ma i bardi non sapevano che egli sarebbe comunque riuscito a colpire il Nazgul,
se solo all’ultimo secondo non gli fosse mancata la forza nel braccio. Ancora oggi non riusciva a spiegarsi perché non era riuscito a colpire il Re Stregone, stava caricando con l’arma alzata, al culmine della sua furia. . . eppure nel momento di colpire era stato colpito da un tale freddo, da un tale senso di frustrazione, inutilità e disperazione che
non era riuscito a portare a termine il colpo. Inoltre il Re Stregone non era fuggito di fronte al comandante di Gondor, ma solo perché aveva visto Glorfindel cavalcare contro di lui, e questo gliel’aveva fatto capire chiaramente fissandolo con le sue orbite vuote prima di girare il cavallo e darsi alla fuga.

Il Re Stregone temeva Glorfindel, di fronte alla cui luce tutte le creature del male non possono che fuggire, salvo forse l’Oscuro Sire stesso, ma non certo lui.

Da allora aveva vissuto con quel ghigno malefico nella mente, da allora la voce di ogni suo dubbio era quella del Re Stregone. Il Re Stregone gli dava dello sciocco quando prendeva una decisione di governo, il Re Stregone gli dava del ridicolo quando amministrava la giustizia, il Re Stregone gli dava del vigliacco quando sceglieva una strategia in guerra. Ma soprattutto il Re Stregone era la voce che gli ricordava che lui non era il legittimo sovrano di Gondor; suo padre aveva rubato il trono ad Arvedui, condannandolo ad una tragica morte in mare, e lui non era altri che l’erede di un truffatore.

Aveva passato molte notti insonni, sognando Arvedui che malediceva lui e suo padre mentre la sua nave colava a picco nella baia di Forochel, sopraffatta da una terribile tempesta. Non sapeva quale destino attendesse gli uomini dopo la morte, ma in qualche modo sentiva che per lui non ci sarebbe stato un meritato riposo, il peccato
di suo padre lo perseguitava e l’avrebbe seguito anche nella tomba.

Per questo ora cavalcava a spron battuto verso la torre di Morgul, con la lunga barba bianca e i capelli al vento, perché aveva bisogno mettere a tacere il ghigno derisorio del Re Stregone nella sua testa, ma soprattutto aveva bisogno di provare a se stesso di essere degno di quel trono che occupava da sette anni e per il quale si era sempre sentito inadeguato.

La tenebra lo inghiottì del tutto mentre attraversava il nero cancello di Minas Morgul.

Io sono Eärnur e sono il re! si ripeté mentre la tenebra di Minas Morgul lo inghiottiva.

Eärnur, Eärnil, Arvedui ed il Re Stregone sono personaggi di proprietà di J.R.R Tolkien e dei suoi eredi e sono stati usati con la ferma intenzione di non recare offesa a nessuno.
  
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