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Autore: Melanto    01/02/2008    4 recensioni
Fuggire. Reazione immediata dinanzi ad un dolore troppo grande per essere affrontato a viso aperto. Camuffare la sofferenza in voglia di lavorare. Poi partire. Cambiare persino continente per ricostruire precari equilibri su cui camminare in punta di piedi. Dimenticarsi di tutto: amici, famiglia... assopire i ricordi e cullarli come bambini, perché non facciano troppo male, per ricaricare le certezze. E poi... e poi tornare, per affrontare il passato ed i sensi di colpa.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Yoshiko Yamaoka
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Huzi - the saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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PRE-NOTA: prima di lasciarvi alla lettura del capitolo, mi premeva scusarmi con voi lettori per i futuri rallentamenti negli aggiornamenti a causa dei lavori alla tesi.
Tenendo conto che è sperimentale, per la maggior parte del tempo resto intrappolata in box-loculi e laboratori, quindi, la possibilità di scrivere si riduce ai minimi storici. Per questo, tutte le mie produzioni, subiranno un brusco rallentamento, Huzi compresa. (ma sappiate che sono felicissima della tesi! *__*)

Huzi

- Capitolo 15 -

Buio.

“Non si vive di soli ricordi.”
“Non si vive di soli ricordi.”

Eco di voci e frasi confuse.

“Dovresti rifarti una vita.”
“Non devi consumare la tua vita dietro ad un ricordo.”
“Non si vive di soli ricordi.”

I volti di Rita, suo padre ed Hiroshi comparivano e scomparivano in quel luogo a-dimensionale, continuando a ripetere i loro consigli come sconnesse cantilene.
Rivide sua madre piangente in cucina per lui, che era sempre via e non chiamava mai, e la sua ansia di ricevere una terribile notizia gli si riversò addosso, sentendosi pieno di angoscia.
“Mi dispiace…” mormorò, osservando quell’immagine singhiozzante prima che scomparisse, ritornando alle ombre.
Le voci continuavano a rimbombargli nella testa, bombardandolo con le stesse frasi senza dargli tregua.
Disperato, si strinse il capo tra le mani, turandosi le orecchie per non sentirli.
“Smettetela!” gridò con rabbia e dolore. “Voi non potete capire! Io non posso dimenticarmi di lei! Non voglio farlo!”.
E tutto tacque all’improvviso, mentre lui continuava a restare con gli occhi serrati ed il viso nascosto nelle mani.
Altre mani sfiorarono le sue, facendogli volgere lo sguardo al loro proprietario.
Un sorriso solare ed occhi luminosi.
Yoshiko.
“Ho fiducia in te.” gli disse, ed era sincera, per poi cominciare ad allontanarsi, continuando a sorridergli. La sua immagine che lentamente sbiadiva sotto il suo sguardo totalmente confuso ed il cuore in burrascoso contrasto.
E poi…
E poi l’oscurità scomparve come fosse un velo strappato dal vento, lasciandolo solo.
Paesaggio intorno e, come un’eco, rumori lontani della realtà mutevole; uccelli, foglie, il suo stesso respiro, mentre poteva avvertire una solida consistenza sotto i piedi, volgendo al suolo lo sguardo.
I passi nella lava fredda che costeggiava i fianchi del vulcano si imprimevano in impronte profonde qualche centimetro, mentre tutt’attorno la vegetazione cercava di ricrescere dove era stata spazzata via in un attimo.
E quando alzò gli occhi, l’enorme complesso del Nevado del Ruiz si stagliò con la sua solita imponenza davanti a lui.
Inarcò un sopracciglio con perplessità, riconoscendo il punto su cui restava fermo. Prima vi sorgeva Navidad; qualche rudere spuntava dove il lahar non era riuscito ad arrivare. Guardò ai suoi piedi, proprio lì avevano ritrovato Aiko. Il luogo esatto.
“Alla fine è sempre qui che torno, vero?” la sua voce aveva una strana eco, eppure il senso di impotenza davanti a quella montagna non c’era più.
“Perché sei un testardo.” sentenziò con calma una donna al suo fianco che, fino a pochi attimi prima, non c’era. E quella donna era…
“Aiko?” mormorò quasi non credendo ai suoi occhi, mentre la vedeva sorridergli.
“Ciao.” gli disse ed i suoi occhi si fecero lucidi per l’emozione improvvisa di averla di nuovo lì, bella come prima che il vulcano gliela portasse via per sempre.
Temendo che potesse scomparire, sollevò una mano a sfiorarle delicatamente il viso, quasi avesse paura che si frantumasse come cristallo sotto al suo tocco, invece le vide socchiudere gli occhi, tenendogli il palmo appoggiato contro la guancia.
“Mi sei mancata… così tanto…” mormorò ancora, con voce spezzata.
“Lo so.”.
“Ma… perché siamo qui?” e si guardò intorno senza capire. Lei mosse lo sguardo al Ruiz.
“Perché, volente o nolente, sono legata a questo posto nei tuoi ricordi e, come sei riuscito a liberarti di lui, è giunto il momento che lasci andare anche me.”.
Disse quelle parole con una calma totalmente innaturale, come innaturale era tutta quella situazione, ma lui riuscì a sentirsi ugualmente perduto per ciò che stava dicendo.
Allarmato, le prese il viso con entrambe le mani. “Ma… ma Aiko, cosa… questo è… è impossibile… io…”.
Shhh…” lo fermò senza smettere di sorridere amorevolmente “E’ giusto così. Ti ringrazio per tutto l’amore che mi hai dato, tesoro, e non aver paura: io resterò per sempre con te, in un angolo del tuo cuore.” disse, sfiorandogli il petto con un dito. “Ma adesso devi riprendere in mano le redini della vita che hai perduto su questa montagna e lasciare che io appartenga al passato.”.
“Non puoi chiedermi questo…” sussurrò, mentre tutte le lacrime che si era sforzato di trattenere in quella giornata cominciarono a scivolare via dai suoi occhi senza che potesse in alcun modo fermarle. “Non puoi…”.
“Sì invece. E so che tu ce la farai, ne sono sicura.” poi avvicinò i loro visi, bisbigliando le ultime parole. “Datti una possibilità, tesoro, hai ancora tanto amore dentro di te, non lasciare che muoia dietro il mio ricordo. Devi vivere anche per me.”.
Yuzo si specchiò nei suoi occhi, leggendovi così tanta tranquillità che l’unica cosa che fu in grado di fare fu stringerla forte per l’ultima volta, di sentirla ancora tra le sue braccia prima che scomparisse per sempre.
Prima che la sua vita ricominciasse senza di lei.
Il Nevado del Ruiz non sarebbe più tornato a tormentare i suoi sogni. 

Un respiro troncato nell’attimo in cui riaprì gli occhi, e gli sembrò di riemergere da uno stato di apnea, dal fondo di un oceano fatto di rimorsi in cui si era lasciato affondare con lentezza estrema, fingendo di stare ancora a galla. Ora che aveva di nuovo e davvero guadagnato la superficie, inquadrando il soffitto che ancora tremolava nei lievi bagliori del mattino, inspirò profondamente, incamerando tutta l’aria che i suoi polmoni potevano contenere.
Solo un sogno.
Diverso da quelli che era abituato a rivivere ogni sacrosanta notte e che lo avevano tormentato per quattro anni.
Niente dolore, paura o impotenza. Nessun massacrarsi il cuore in maniera autolesionista e masochista.
Solo un addio.
Quello che non era riuscito a darle quattro anni prima, che si era rifiutato di darle con tutta l’anima e la forza che aveva in corpo.
Credeva che sarebbe stato terribilmente difficile, assolutamente insostenibile, ed invece… erano bastate poche parole, il suo sorriso meraviglioso ed un abbraccio. L’ultimo.
Espirò.
E si sentì leggero.
Consapevole che il suo tempo stava riprendendo a scorrere in quell’istante, che la perdita era superata, che il dolore era finito. Che era libero.
Libero da tutti i: ‘Forse avrei dovuto…’.
Libero da tutti i: ‘E’ stata colpa mia…’.
Libero da tutti i: ‘Non ho saputo proteggerla…’.
Affrontati e sconfitti, come i suoi ricordi.
E adesso, avrebbe dovuto imparare a ricostruire sulle macerie che aveva definitivamente sepolto.
Lentamente si portò la mano al viso, sentendo gli occhi bruciare con insistenza e le immagini non smettevano di tremare. Li coprì con il braccio, mentre lacrime scivolavano lente dagli angoli.
Le ultime, che la sera prima non si era concesso, le lasciò fuggire ora che era da solo, quando Yoshiko non avrebbe potuto vederlo perché, ne era sicuro, si sarebbe intristita e lui non voleva.
Respirando a fondo ancora un paio di volte si tirò a sedere, asciugando il viso con il dorso della mano su cui lo sguardo si fermò.
Le fedi rosse, trafitte da un tiepido raggio di sole filtrante nel primo mattino, brillavano dell’oro con cui erano fatte, come anelli di sangue e lava.

“…e non aver paura: io resterò per sempre con te, in un angolo del tuo cuore…”

“Lo so, Aiko.” soffiò, sfiorandole con le dita. Un sorriso leggero. “Adesso lo so.”.
Lentamente le sfilò, racchiudendole nel palmo, e per un momento si sentì come nudo e smarrito, circondato da una terra straniera, ma l’unico straniero era lui e ritrovare l’equilibrio ed un nuovo ritmo sarebbe stata la sua prossima impresa, più difficile di una scalata per pendii e vulcani, ma l’importante era aver fatto un passo.
Appoggiò i cerchietti sulla superficie del tavolino con delicatezza. “Grazie.” disse e si alzò, dirigendosi al bagno per sciacquarsi il viso e ricominciare, finalmente.

Il ragazzetto tirocinante, con due occhiali che erano fondi di bottiglia, sbadigliò per l’ennesima volta, mentre una lacrima da sonno spuntò all’angolo dell’occhio.
La asciugò rapidamente, dando poi un’occhiata sconsolata a Rita che, imperterrita, continuava a sezionare sismogrammi con sguardo attento e vigile.
“Dottoressa, ma non abbiamo ancora finito?!” piagnucolò, mentre dai vetri delle finestre del laboratorio filtravano i primi raggi di sole che tentavano di superare la coltre di nubi che ancora copriva il cielo di Nankatsu.
“C’è ancora luce, Takumi.” rispose l'interpellata senza nemmeno voltarsi.
Il ragazzo incrociò le braccia al petto, mettendo il broncio. “Certo, dottoressa: è l’alba!”
Lei gli mollò una sonora pacca sulla spalla. “E allora?! C’è tempo!”
“Tempo?! Ma non dormo da ventiquattro ore! Non posso reggere un’altra giornata! Crollerò!”
Rita sbuffò, rilassandosi contro lo schienale della sua poltrona e alzando gli occhi al cielo. “Ah! Maronn’! siti tutt’uguali![1] Possibile che non esista un maschio che riesca a starmi dietro?!” poi lo guardò, puntandogli un indice sotto al naso “Lagnati di meno e lavora di più, Pisellino… e vammi a prendere un caffè!” ordinò, afferrando la tazza vuota e mettendogliela davanti.
Il giovane scosse il capo non intenzionato a cedere. “Io sono un tirocinante, non il suo schiavo!”
“Finché sarai affiancato a me, sì!” sorrise, consapevole di avere il coltello dalla parte del manico “E mo’ vamm’a’ piglià stu cafè![2]”
Takumi grugnì, afferrando la tazza e trascinandosi verso l’uscita, quando la vocina della sismologa lo raggiunse. “Con molto zucchero, caro.” cinguettò, facendolo imprecare e richiudere la porta alle sue spalle con lei che ridacchiava perfida.
Poi si stiracchiò, distendendo le braccia non riuscendo più a trattenere un sonoro sbadiglio. Non aveva voluto ammetterlo davanti a quel novellino, ma anche lei era cotta ed i sismogrammi le ballavano davanti agli occhi. Però, come un certo vulcanologo di sua conoscenza, non era intenzionata a gettare la spugna; non ancora almeno.
Si diede un paio di buffetti per svegliarsi, tornando a concentrarsi sullo schermo davanti a lei e decidendo di fare un raffronto comparato dei sismogrammi dei vari eventi in esame. Aprì rapidamente le varie schede, affiancando i tracciati e cominciando ad individuare per l’ennesima volta gli arrivi delle varie onde P, S e superficiali[3]; frequenze, periodi, tempi di inizio e fine degli eventi, velocità. Sembrava di vagare a vuoto alla ricerca di un’oasi nel deserto!
Non c’era niente di-…
Lo sguardo di Rita ebbe un guizzo improvviso e si avvicinò maggiormente al monitor.
“E questo cos’è?” mormorò, facendo scorrere gli occhi agli altri tracciati e poi controllando la stasi prima degli eventi.
Si diede una rapida spinta al tavolo, facendo vagare la sedia dotata di rotelle ad un altro computer. Rapidamente pescò tracciati risalenti a qualche mese prima, un periodo sufficientemente lontano da quello dell’attuale instabilità e relativo sempre alla stessa zona. Lo passò tramite rete al suo computer e tornò al monitor precedente, richiamando i sismogrammi registrati nell’intervallo di tempo tra i vari eventi delle ultime due settimane, li confrontò con quello preso come ‘campione’.
Gli occhi che vagavano rapidamente tra le immagini, scrollò le tabelle piene di valori e si tolse lentamente le lenti tonde, mormorando un “Cazzo.” prima di mandare tutto in stampa.
Mentre l’apparecchio sputava fogli su fogli, lei fece una stima approssimativa di quello che aveva trovato, passandosi una mano nella folta capigliatura color carota e, più andava avanti, più la situazione diveniva peggiore delle loro più nere previsioni.
Con un sospiro si appoggiò alla sedia, incrociando le mani in grembo; il ronzio della stampante in funzione.
“Houston... stamm ‘nguaiat![4]”

L’acqua gelida sul viso lo svegliò del tutto e rimase ad osservare per qualche secondo il suo riflesso nel vetro dello specchio, con le gocce che scivolavano dal mento, prima di afferrare un asciugamano e passarlo sulla pelle, lasciando poi il bagno.
Lo sguardo si soffermò sulla porta della camera da letto per qualche istante. Lentamente si mosse per raggiungerla.
Gesti silenziosi e controllati per socchiuderne l’uscio senza fare il minimo rumore e scivolare all’interno della stanza avvolta dall’ombra.
Piano, si avvicinò al letto e, come la sera prima, rimase ad osservare la sua addormentata ospite. Con delicatezza le sistemò le coperte che, nel sonno, aveva allontanato e sorrise nel vederle distendere una smorfietta contrariata, aggrappandosi stretta alle coltri.
Da quando aveva conosciuto Yoshiko il suo universo era stato stravolto, ed era bastato così poco che non gli sembrava ancora possibile. Dopo anni che era rimasto arenato a fissare con rimpianto quello che si era lasciato alle spalle, lei era riuscita a fargli volgere lo sguardo in avanti, dove il futuro, per quanto incerto, si era attirato il suo interesse, mentre il passato tale sarebbe rimasto.
E lei…
Lei era come l’ago della bussola, puntato all’orizzonte ad indicare la via da seguire per non perdersi di nuovo e tornare ad arenarsi. Lo faceva star bene con le piccole cose: un sorriso, quattro chiacchiere attorno ad un caffè, lo stupore e la genuina sorpresa nei suoi occhi per ciò che non conosceva.
La sola compagnia.
Il suo calore umano.
E tenerla stretta, sentire la sua presenza tra le braccia era come arrivare alla fine del viaggio, era come arrivare a casa.
E lui…
I quesiti della sera prima si riproposero con decisione, ma questa volta era sicuro delle sue risposte.
Cosa provava per Aiko?
L’aveva amata davvero, fino in fondo, ed un pezzo di cuore le sarebbe appartenuto per sempre.
Cosa provava per Yoshiko?
Affetto e riconoscenza per tutto quello che inconsapevolmente aveva fatto e stava ancora facendo per lui.
Protezione perché non avrebbe permesso a niente e nessuno di farle del male.
Era attratto da lei?
Sì. Anche se temeva che vivessero in realtà troppo differenti: Yoko era giovane, piena di entusiasmo e sogni da realizzare, mentre lui viveva otto anni più avanti o forse…
Forse non era quello il vero problema, ciò che lo lasciava nell’indecisione, quanto piuttosto: avrebbe avuto il coraggio di amare di nuovo? Di darsi quella possibilità di cui Aiko gli aveva parlato in sogno?
Forse era un passo ancora troppo lungo ed avventato per lui che solo il giorno prima aveva affrontato i suoi fantasmi.
Forse doveva prendersi ancora un po’ di tempo…
“…ti ho battuto…” parole borbottate in un mugolio arrivarono dalle coperte, mentre la sorella di Misaki si rigirava “…sono più catastrofista di te…” senza svegliarsi e facendolo sorridere di gusto.
Sognava di quando le aveva fatto provare il simulatore e ne sembrava entusiasta, visto il sorriso leggermente accennato sulle labbra.
E Yuzo adorava vederla sorridere.

“Datti una possibilità…”

Fece per allungare una mano verso di lei, in un gesto istintivo ed automatico, quando il cordless nel salotto prese a trillare, rompendo il silenzio della casa ed attirandosi di scatto la sua attenzione.
Con movimenti calibrati si ritrasse, lasciando la stanza senza fare il minimo rumore e poi correre lungo il corridoio e rispondere all’irrispettoso telefono prima che il suo continuo squillare svegliasse Yoshiko.
“Sì, sì! Sto arrivando!” borbottò, afferrando il cordless al volo “Pronto?!”.
Doveva essere di sicuro Rick deciso a rompergli il-…
“Ciao Yuzo, perdona l’ora, sono Taro.”.
- Taro?! - fu il primo pensiero seguito da un - Cristo! - nel rendersi conto del fatto che Yoko non gli avesse telefonato la sera prima per avvisarlo che sarebbe rimasta da lui. Ed anche a Yuzo era passato di mente, dato che non era stata una cosa prevista.
“E' da ieri che Yoshiko ha il cellulare spento, non è che per caso tu… l’hai…” e a giudicare dal tono serio e preoccupato con cui gli stava parlando, il Prof capì che sarebbe andato su tutte le furie.
“Ciao, Taro.” cominciò, portandosi una mano alla fronte “Lo so, scusami, è stata colpa mia che non le ho ricordato di avvisarti.”.
Incertezza nella voce della metà pacata della Golden Combi nel ripetere “A-avvisarmi?”.
“E’ da me. Sta dormendo.”.
Solo il cielo sapeva quanto fosse costata a Taro quella telefonata al suo vecchio compagno di squadra. Quanto avesse atteso prima di farla e rimandata fino al possibile, sperando che, nel frattempo, sua sorella si mettesse in contatto con lui dicendogli che era andata al cinema o che era stata con Saya in giro, al ristorante, in capo al mondo addirittura!
Tutto pur di non sentire proprio quella conferma che Yuzo gli aveva dato, che Yoshiko era da lui, che avevano trascorso insieme tutto il tempo. E chissà da quanto! Dalla sera? O magari dal pomeriggio, dopo l’Università? Quanto… quanto tempo passavano in compagnia anche quando lui non era in città per poter ‘vigilare’, quanto erano divenuti ‘amici’… più vicini di quando era ritornato ad Iwata di sicuro e… e…
Inspirò a fondo, stringendo con forza il pugno e cercando di calmarsi. Grazie a Dio, sapeva che Yuzo era una persona affidabile e non l’avrebbe mai toccata nemmeno con un dito… forse. In quel momento, Taro non riusciva ad essere sicuro di niente, tranne del fatto che la situazione non potesse andare avanti in alcun modo e lui era l’unico a poter intervenire prima che fosse troppo tardi, prima che Yoko sapesse la verità su…
“E’ che… ieri ha scoperto ciò che è successo sul Ruiz e così… le ho parlato di Aiko.”.
- Maledizione! - la sua mente si ritrovò a gridare quel pensiero, mentre riusciva a tenere serrate le labbra con un enorme sforzo di volontà per non imprecare a voce alta.
Era arrivato in ritardo. Sarebbe dovuto intervenire prima, ma lui aveva davvero sperato con tutto il cuore che la situazione si risolvesse da sola, in maniera differente ed invece… come al solito era stato un dannato ottimista. Ed ora, avrebbe dovuto agire di conseguenza.
“Davvero?” disse con un tono mortalmente neutro e le risposte che Yuzo gli diede sancirono la decisione definitiva. Ora nemmeno Azumi avrebbe potuto fermarlo.
“Sì, le ho detto dell’incidente…” e Taro sapeva che il Prof non ne aveva mai parlato con nessuno, da quando era avvenuto, nemmeno con Yayoi. Lo sentì sorridere. “…è incredibile, ma… è stato molto più facile di quanto avessi mai immaginato. Tua sorella è davvero una persona speciale.”
Un asettico “Lo so.” fu la risposta, mentre tutta la situazione sembrava precipitare all’improvviso per quelle rivelazioni, per l’ultima frase che aveva pronunciato ed il tono che aveva usato. Non poteva permettere che Yuzo si innamorasse di Yoshiko, sarebbe stata la catastrofe.
“Mi rendo conto che tu ti sia preoccupato e ne sono davvero mortificato.” continuò a scusarsi il Prof “Ma vorrei che non te la prendessi troppo con Yoko: stravede per te e ti avrebbe avvertito sicuramente, solo che…”.
L’aveva chiamata con il suo diminutivo: avevano già tutta questa confidenza? Si domandò Taro, studiando tutte le sue parole.
“…non pensavamo che il tempo passasse così in fretta e, quando ho visto che si era fatto tardi, lei si era già addormentata.”.
“Decido io come comportarmi con mia sorella.” e quella frase gli uscì con una durezza maggiore di quella che avrebbe voluto, non riuscendo poi a trattenere un profondo sospiro col quale riuscì a liberarsi, seppur solo in parte, della tensione che aveva addosso.
“Sì, certo. Ovviamente.” rispose Yuzo, picchiettando nervosamente un dito sul mobile “Ad ogni modo, ti faccio chiamare subito appena si sveglia, va bene?”. Non poteva certo biasimarlo di essere furente, sperò solo che riuscisse a calmarsi un po’ ora che sapeva che Yoko stava bene e non le era accaduto nulla di male.
“Sì… sì, va bene.” accordò Taro, prendendo un profondo respiro prima di aggiungere “Senti, Yuzo…” era la scelta migliore “…nel pomeriggio verrò a Nankatsu e…” anche a costo di farsi odiare da Yoshiko “…vorrei scambiare due chiacchiere con te, hai qualche minuto da dedicarmi?”
Il Prof si grattò un sopracciglio, dando un’occhiata all’orologio appeso al muro. “Ma certo, nessun problema. Va bene per le 18, più o meno?” domandò, facendo un po’ mente locale sul lavoro che lo stava aspettando all’FVO.
“Perfetto.” accettò Taro ed il dado fu tratto “Ti aspetto a casa, allora.”
“Ok, a più tardi.”.
“Buon lavoro.”.
Yuzo pigiò lentamente sul tasto rosso che mise fine alla conversazione, tirando un profondo sospiro. Tutto sommato non era andata malissimo, anche se il risveglio di Yoshiko non si preannunciava proprio uno dei migliori. Appoggiò il cordless sul supporto, grattandosi un sopracciglio e pronto a dirigersi in cucina per preparare il primo caffé della giornata.
“Sono appena le 7 e sei già al telefono?” la voce della sorella di Misaki lo raggiunse assonnata, ma non per questo meno ironica. Il Prof la vide sbucare dal corridoio che si stropicciava un occhio ancora a mezz’asta e l’aria un po’ intontita.
Sorrise. “Che fai in piedi? È presto, perché non dormi ancora un po’?” e la raggiunse, poggiandole affettuosamente la mano sulla testa e spettinandole ancora di più i capelli già scompigliati.
Lei rispose al suo sorriso e scosse il capo, dicendo solo “Uni.” mentre cercava di far carburare il cervello in tempi non giurassici. Poi reclinò leggermente la testa da un lato. “Caffé?”.
Ed il Prof ammiccò ai suoi comportamenti. “Sintetica, ma efficace.” disse pensieroso “In questo momento potrei prenderti in giro e tu non reagiresti. Interessante.” ed entrò in cucina seguito da lei che sembrava più uno zombie che un essere umano.
“Non sfottere.” si limitò a rispondere, collassando su una sedia con una mano a puntellare il viso.
“Almeno, hai dormito bene?” domandò Yuzo, mentre caricava la macchinetta, dandole le spalle. Rapidamente cavò una sigaretta da uno dei pacchetti sparsi per casa e che era appoggiato su una mensola accanto al piano cottura. La accese, sfruttando la fiammella sotto la caffettiera e tornò ad osservare la sorella di Misaki che esibì uno dei suoi sorrisi solari, assaporando un “Benissimo.”. Come se fosse ancora sotto le pesanti coperte, al caldo. Oppure, come se fosse ancora sul divano, stretta nel suo abbraccio. Ed era lì che nei suoi sogni aveva riposato, con il suo corpo a darle calore ed i suoi battiti come quieto sottofondo. A dire il vero, nemmeno ricordava come ci fosse arrivata in camera: c’era solo un vago ricordo di sospensione e leggerezza, poi più nulla.
Il Prof espirò una densa nuvoletta di fumo, sorridendo a sua volta, mentre la tranquillità di Yoko si rifletteva anche su di lui, lasciandogli quel piacevole senso di benessere che aveva ricominciato a provare da quando l’aveva conosciuta. Lentamente tornò a rivolgere le sue attenzioni al caffé, cavando un paio di tazzine quando la ragazza aggiunse.
“A proposito, mi illumineresti su come sono tornata in camera? Ho un vuoto…”.
“Ti ci ho portato io: ti eri addormentata sul divano.” spiegò lui, spegnendo il fuoco, mentre il caffé disperdeva il suo aroma forte e forse fu quell’odore inebriante o, molto probabilmente, le parole pronunciata da Yuzo a far svegliare completamente Yoshiko, che assunse immediatamente una postura più composta, mentre le guance le si imporporarono visibilmente.
Ecco spiegato il senso di sospensione: il Prof l’aveva portata in braccio.
Dio! Che vergogna!
Il tintinnare della tazzina che veniva poggiata sul tavolo la fece sobbalzare, mentre sentiva ancora il viso caldo al solo pensiero.
“Zucchero?” si sentì domandare.
“Sì, uno.” abbozzò un sorriso imbarazzato e cercò di non guardare Yuzo che si era seduto di fronte a lei, rimestando il liquido con il cucchiaino, facendo scivolare lentamente la tazzina verso di lei.
“Prima che inizi a scusarti, ti dico subito che: a) non mi hai causato fastidi  e b)… sei leggera come una piuma.”.
Ed il rossore, che era quasi del tutto scemato, tornò ad imporporarle vivacemente le guance. Detestava quando riusciva a metterla in difficoltà con tale nonchalance!
Cercò di concentrarsi sul caffé, portandosi la tazza alla bocca e sorseggiandolo piano con fare distratto, ma era impossibile non riuscire ad avvertire i suoi occhi che la scrutavano, quasi con attesa, anche se non sapeva di cosa. Ed il sentirsi così osservata  – da  lui, per giunta! – la metteva in imbarazzo.
Dal canto suo, Yuzo sembrò non accorgersi della soggezione che le stava involontariamente incutendo e continuava a seguirne tutti i movimenti. Quando Yoshiko appoggiò la tazzina nuovamente sul tavolo, lui rimase in silenzio ancora un attimo prima di chiederle “Com’era il caffé?”.
“Ah… ottimo.” cercò di dissimulare la difficoltà, sentendolo poi sospirare, mentre intrecciava le dita ad altezza mento con la sigaretta che disperdeva fumo.
“Ti devo dire una cosa…” riprese il Prof “…ma non farti prendere dal panico, ok?” e lei annuì, levando finalmente lo sguardo su di lui con notevole perplessità, ma anche un filo di ansia: aveva un’espressione così seria e le sopracciglia aggrottate.
Un nuovo e breve silenzio di attesa li divise, poi lui affermò. “Era con Taro che stavo parlando al telefono prima.”.
La preoccupazione scomparve dallo sguardo di Yoko che avrebbe voluto tirare quasi un sospiro di sollievo. “Ah, con Taro?” fece eco sorridendo. E lei che per un attimo aveva pensato che stesse per annunciarle chissà quale catas-…
Un momento.
Il cervello riavvolse gli ultimi concetti per elaborarli con maggiore calma.
Aveva detto… Taro?
Taro suo fratello?
Quello che ieri si era dimenticata di-…
Gli occhi le si allargarono a poco a poco, mentre balzava in piedi in preda al panico ed urlando un “Ommioddio! Taro!”.
Yuzo alzò lo sguardo al cielo, sorridendo. “Appunto.”.
“I-io… sono una donna morta! Mi scuoierà viva e ne farà rivestimento per il suo divano!” si allarmò Yoshiko, camminando avanti ed indietro per tutta la cucina, portandosi una mano alla fronte. “Come… come ho potuto dimenticarmi di avvisarlo?! Oddio! sarà andato su tutte le furie e…” una nuova associazione di idee si affacciò alla sua mente. Al volo afferrò una sedia sedendosi di fronte a Yuzo e portandosi una mano al viso. “Che ti ha detto?! Se l’è presa anche con te, vero?! Ti prego, dimmi che non ti ha rimproverato!”.
Ed il Prof cercava di non ridere nel vederla così agitata, ma si limitò a scuotere il capo lentamente.
“Non si è arrabbiato, ma era molto nervoso ed è comprensibile: era preoccupato per te.” cercò di rassicurarla col suo tono calmo, quando le vide aggrottare pericolosamente le sopracciglia ed assumere un cruccio mortificato. Lui alzò subito una mano “Non dirlo!” ma fu più forte di lei.
“Mi dispiace…”.
Yuzo sospirò “Lo sapevo.” per poi tornare a guardare i suoi occhi nocciola, sporgendosi verso di lei in tono confidenziale. “Non hai motivo di dispiacerti, non è successo nulla di grave, anzi, è anche colpa mia che non te l’ho ricordato.”.
Lei si mordicchiò un’unghia. “Non prenderti colpe che non hai.” disse con un sospiro “Piuttosto… aiutami a trovare un epitaffio carino per la mia lapide.”. Appoggiò il viso in una mano e puntò lo sguardo in un indefinito punto del tavolo, quando si sentì prendere delicatamente il mento con due dita. Gli occhi di nuovo verso il Prof che si era sporto ancora un po’, soffiandole uno “Scema.”. Ed era così vicino che il calore delle sue parole riuscì a sfiorarle le labbra, facendola arrossire come un tizzone.
Oddio! Le sarebbe bastato così poco per rubargli un bacio, sporgersi un respiro in più e… e distruggere ogni cosa, la complicità e l’amicizia che avevano raggiunto e Yoshiko non voleva rischiare così tanto.
“Gli ho detto che l’avresti chiamato appena ti fossi svegliata.” continuò Yuzo senza variare la loro distanza “Forza. Via il dente, via il dolore.” e sorrise, addolcendo il tono già rassicurante. “Ti striglierà un pochino, ma sono sicuro che gli passerà. Taro è sempre stato molto comprensivo.”.
“Già…” si limitò ad accordare lei in un mormorio, cercando di non fissare quelle labbra magnetiche ed arrossendo per il suo stesso, forte desiderio di annullare in maniera definitiva anche quell’ultimo spazio.
“Allora non preoccuparti, andrà meglio di quanto credi.” il Prof le lasciò il mento, afferrando le tazzine vuote ed alzandosi per sciacquarle; la sigaretta di nuovo pendente all’angolo della bocca. E, nel momento in cui non avvertì più il calore della sua pelle sul viso, le sembrò come se si fosse creato un vuoto attorno a lei.
Lentamente si volse a catturare la sua figura di schiena, mentre un’espressione imbronciata le intristì lo sguardo. Da quando i suoi sentimenti si erano evoluti in quel drastico modo senza che se ne accorgesse e potesse controllarli? Quante volte si era ripetuta di non illudersi troppo perché tra di loro non avrebbe potuto esserci nient’altro che una bella amicizia? Aveva solo sprecato il fiato con sé stessa visto che era passata dal ‘Mi piaci’ al ‘Ti amo’ senza rendersene conto. E cosa sarebbe successo quando lui sarebbe ripartito?
Al solo pensiero di vederlo andare via il senso di ansia, già forte per dove affrontare Taro, aumentò a dismisura e si costrinse a fare un respiro profondo prima di alzarsi e nascondere quel maledetto problema per permettersi di fronteggiarne un altro di più rapida soluzione.
“Ehi.” si sentì chiamare che era sulla soglia della porta della cucina “Non prendertela troppo per il suo rimprovero, va bene?”.
Lei si limitò ad annuire, sforzando un sorriso “Va bene.” e scomparve lungo il corridoio, emettendo un profondo sospiro. A passo lento arrivò in salotto, afferrò il cordless e si rannicchiò sul divano. Fissò l’apparecchio per qualche istante, prima di trovare il giusto coraggio per comporre il numero e portarsi la cornetta all’orecchio.
Nemmeno tentò di formulare un ipotetico discorso da fare al fratello o inanellare una serie di scuse, mentre all’altro capo squillava libero. Aveva così tante cose a cui pensare che non riusciva a focalizzarsi solo su di un problema per quanto ci provasse. Poi, l’eterno frullare di tutti i suoi sentimenti si interruppe all’improvviso quando una voce profonda rispose all’altro capo e già faceva presagire burrasca.
“Yoko.” sembrò più un’affermazione, quasi lo sapesse che era lei e la ragazza si ritrovò a masticare un: “Sì.”.
“Ti rendi conto di che ore sono?” era la prima volta che percepiva in Taro un tono così glaciale quando solitamente riusciva ad essere accorato anche nella rabbia. “Hai una seppur vaga idea di quanto io sia stato in ansia?”. Avvertirlo così freddo la fece sentire tremendamente in colpa.
“Mi dispiace…”.
“E’ il minimo.”.
“Perdonami, non volevo farti preoccupare. È che… avevo spento il cellulare e…” cercò di fornirgli una spiegazione senza entrare troppo nei particolari “…e poi mi è passato di mente…”
Yoshiko gli sentì tirare un sospiro nervoso.
“Sì, lo so. Yuzo mi ha raccontato tutto.” Taro si passò una mano sugli occhi. Quanto lo irritava ammettere di non sapere cosa realmente fosse successo tra loro e cosa si fossero detti.
“Perché non mi hai mai parlato di Aiko?” gli domandò sua sorella all’improvviso e a lui sembrò di scorgervi un filo di rimprovero che lo irritò.
“Perché avrei dovuto?” rispose infatti, leggermente piccato, anche se sperava che lei non venisse mai allo scoperto, che non le confidasse i suoi sentimenti per il Prof, altrimenti… non sarebbe mai riuscito ad andare fino in fondo alla sua decisione. E Taro era convinto che fosse la cosa più giusta da fare.
Yoko sbuffò un sorriso. “Già… perché?” suo fratello cercò di cambiare argomento.
“Stai andando all’Università?”.
“Sì, il tempo di cambiarmi e vado…” si passò una mano sulla tuta che stava indossando e che un tempo era appartenuta proprio ad Aiko.
“Allora buona lezione.”.
“Grazie.”.
La comunicazione poteva dirsi conclusa, quando Taro richiamò nuovamente la sua attenzione dopo qualche secondo di silenzio.
“Yoko?”.
“Sì?”.
E non seppe dirsi perché si sentì in dovere di specificarlo, forse perché presto sarebbe stato lui a doversi giustificare per il dolore che le avrebbe causato. “Se… se a volte posso sembrarti severo… è solo perché ti voglio bene.”.
Un genuino sorriso carico di affetto distese le labbra di Yoshiko. “Anche io te ne voglio, fratellone.”.
Eppure, nonostante tutto, Taro non riuscì a non sentirsi in colpa, sforzando un “Ciao.” prima di chiudere la comunicazione.
Yoshiko rimase a fissare la cornetta per qualche minuto con un senso di sollievo, dopotutto non era andata poi così male. Solo all’inizio suo fratello le aveva risposto furente, ma si era calmato quasi subito. Yuzo aveva avuto ragione e l’aver risolto almeno un problema la caricò di una piccola dose di ottimismo che sembrò risollevarle il morale.
Fece per muoversi e tornare in cucina, quando un luccichio attirò la sua attenzione e solo allora le vide, appoggiate sulla liscia superficie del tavolino: le fedi di Yuzo ed Aiko. In un primo momento, pensò di essersi sbagliata, visto che il Prof non se ne separava mai, nemmeno quando lavava i piatti, ma dopo una seconda occhiata si risolse che fossero proprio loro e lo stupore, la perplessità si dipinsero sul suo viso, lasciandola interdetta.
Perché Yuzo non le stava indossando?
Che le avesse dimenticate o lasciate incustodite per qualche momento?
Ma ogni ipotesi le risuonò impossibile a meno che… lui…
Una mano si mosse lentamente verso i due cerchietti immoti.
…non le avesse tolte di proposito…
E quella era l’idea più assurda di tutte.
“Già fatto?”.
La voce di Yuzo alle sue spalle la fece sobbalzare e ritrarre le dita, che avevano solo leggermente sfiorato il freddo oro rosso degli anelli; il cuore in gola per essere stata quasi colta sul fatto a profanare quelli che erano gli oggetti più importanti del Prof.
Yoshiko si volse ad osservarlo avvicinarsi a lei, mentre l’occhio le cadde sulla mano: il non vedere più le fedi al suo dito le fece una stranissima impressione.
“Ah, sì… fatto.” borbottò, esibendo un sorriso imbarazzato.
Lui si sedette sul bracciolo, asciugando le mani con uno strofinaccio. “Immagino che sia andata meglio del previsto, vero?”.
Yoko annuì, mordendosi il labbro, mentre cercava di studiare i suoi comportamenti e lo sguardo che, con insistenza, si posava sulla mano ‘nuda’.
“Era soprattutto preoccupato.”.
Quella stessa mano le si poggiò sulla testa in una carezza affettuosa.
“Hai visto? Non c’era nulla di cui aver paura.”. Le sembrò perfettamente rilassato, più di quanto non l’avesse mai visto e non fece nemmeno il gesto di riprendere gli anelli. “Preparati prima di fare tardi.” le disse infine, alzandosi e lei… lei doveva capire cosa stesse succedendo.
“Hai… hai dimenticato le fedi.” lo richiamò con quanto più coraggio avesse.
Yuzo si volse, inquadrando i due cerchietti e Yoshiko scrutò il suo viso dalla imperturbabile espressione. Ma durò giusto il tempo di un attimo.
“Grazie.” le rivolse un sorriso che non gli aveva mai visto: sereno, sincero fino in fondo mentre la malinconia nei suoi occhi sembrava solo un ricordo ormai. La sorella di Misaki gli vide prendere gli anelli ed allontanarsi lungo il corridoio. Meccanicamente si alzò anche lei, seguendolo con gli occhi fino alla camera da letto, ma quando ne uscì la sua mano era ancora nuda: non li aveva indossati, ma messi via, accantonato quella parte della sua vita… accantonato Aiko.
Ed il suo sguardo rimase perplesso quando lo vide farlesi contro, senza nemmeno tentare di dissimulare la sua sorpresa.
“Se te lo stai chiedendo…” l’anticipò Yuzo “…sì: sto bene.” ma Yoshiko scosse leggermente il capo.
“Ma… perché non le porti più?” domandò, non riuscendo a trovare una spiegazione.
“Perché il passato è passato.” le disse, accarezzandole una guancia e lei avvertì, calde, le dita sulla pelle. “E non ho bisogno di aggrapparmi ad un cerchio di metallo per ricordarmi di lei: Aiko sarà sempre con me.”.
In quel momento, il sorriso che gli distese le labbra era così bello e sincero che Yoko non riuscì a non rispondergli con un altro sorriso felice. Felice per lui, per la sua ritrovata stabilità, perché aveva smesso di tormentarsi per colpe che non erano sue. Perché aveva smesso di soffrire.
Il vulcanologo diede una rapida occhiata all’orologio. “Ma tu a che ora hai lezione?”.
“Alle 8, perché?” e Yoshiko continuava a godere del tocco della sua mano, viaggiando già mezz’aria.
“Perché sono le 7:30.”.
Al solito, la nuvoletta romantica le scomparve da sotto al sedere, facendola scattare sull’attenti.
Ahhhhh! È tardi!” e si precipitò in camera, afferrando gli abiti ormai asciutti. “Il mio regno per un bagno!” declamò, ripiombando nel corridoio, mentre il Prof se la rideva, vedendola eclissarsi come un fulmine all’interno del bagno, ma lui non sapeva che, dietro il suo travolgente entusiasmo, lei stesse celando la gioia per quell’inaspettato piccolo passo che accorciava ulteriormente la loro distanza e che era stato compiuto dallo stesso Yuzo.


[1] “MARONN’… UGUALI!”: “Madonna! Siete tutti uguali!”

[2] “E… CAFE’!”: Ed ora vammi a prendere un caffè!”

[3]P, S e SUPERFICIALI: sono tre tipi di onde sismiche. Le onde P sono le onde Primarie, perché più veloci ed arrivano per prime. Le S sono le onde Secondarie, più lente delle P e arrivano per seconde. Le Superficiali (divise in Love e Rayleight) nascono, presso la superficie libera della terra, dall’interazione delle P e le S insieme. Ovviamente, sono più lente ed arrivano per ultime (sono anche le onde che fanno i danni maggiori perché il complesso moto delle particelle è fonte di un forte stress per il terreno).

[4]HOUSTON… ‘NGUAIAT!”: “Houston, siamo inguaiati!” (versione napoletana del più famoso: “Houston, abbiamo un problema!” XDDD)


 

…E poi Bla bla bla…

Qualcuno mi dirà che sono una vera carogna, soprattutto quando saprà che il pezzo iniziale sarebbe dovuto andare alla fine del capitolo precedente. Però, mi son detta: “Ma perché non far credere loro fischi per fiaschi?!*_*” (con tanto di risatina perfida!).
Quindi, ho preferito terminare la seconda parte del Capitolo 14 con l’idea che Yuzo non volesse lasciarsi Aiko alle spalle. XDDD
Lo so che ora mi odiate perché Taro si mette di mezzo! XDDD
Il prossimo capitolo vedrà lo ‘Scontro tra Titani’ già abbondantemente annunciato e credo che vorrete la mia testa! XDD
Ma, tralasciando ciò, vorrei scusarmi ancora con voi per i ritardi con cui arriveranno gli aggiornamenti.
Come detto nella nota iniziale, sto lavorando alla tesi che mi tiene impegnata fino al Venerdì. Quindi, la sera che torno a casa (perché resto nel mio loculo dal mattino fino alle 18 circa ogni giorno), sono a pezzi. Inoltre, ho ancora un esame da preparare e, trattandosi di Matematica e Fisica, non è proprio facile e leggero.
Insomma, cerco di fare il possibile per non far passare tempi giurassici da un capitolo all’altro, ma perdonatemi sin d’ora per la lentezza.

Angolino del “Grazie, lettori, grazie! XD”:

- Hikarisan: T__T grazie. Me commossa che reputi perfetto questo capitolo. Ci ho davvero buttato il sangue! XDDD Sembrava avercela con me, ma sono contentissima che, invece, sia riuscita a scriverlo decentemente. Ti dirò: i maschi sono lenti anche fuori dalle fic! Però, dai, Yuzo sta cominciando a svegliarsi un pochino, che ne dici?! XDDDDD
E non temere, Taro ha appena collassato! XDDDDDD *__* grazie ancora per seguire fedelmente questa storia.

- Eos: T___________T ecco un'altra che mi fa sempre commuovere con le sue recensioni. Grazie cara, per tutti i complimenti che fai a questa storia ed i suoi personaggi. Sono felicissima che i pg siano riusciti a colpire voi lettori per la loro caratterizzazione, lo sai che è una cosa cui tengo molto insieme con le ambientazioni.
E guarda che io ero peggio di Yoshiko, alla sua età! XDDD Credo sia un po' il periodo in cui si sogna ancora la Grande Storia D'Amore, mentre, con il senno di poi, si opta per i piedi di piombo.
Yuzo è un pg che mi somiglia molto. Solitamente, l'autrice mette di più una parte di sé nella protagonista, io, invece, la metto nell'uomo! XD Vuoi perché sono un 'maschio sbagliato', come dice mio padre, vuoi perché mi sono sempre identificata molto con lui, anche e soprattutto per il carattere (oltre alla sfiga!XD). In questa fic, mi ritrovo con quella difficoltà nel lasciarsi le cose indietro, nel rimuginarci fino alla nausea, forse in maniera masochistica. Continuo a farlo ancora adesso, mentre cerco di fare in modo che almeno lui se ne liberi: ed in questo capitolo, sembra aver fatto il passo giusto!^^


- Sakura-chan: XDDDDDDDD No, no. Tu fai PREVEGGENZA! Lo dimostra, per l'ennesima volta, anche la reccina che mi hai lasciato! Non sapevi che avrei srotolato un po' la matassa in questo capitolo, avevo lasciato la sospensione apposta (*_*perché sono carogna!)! Dimmi tu se questa non è preveggenza! XD Mentre io sono tempista ed arrivo puntuale a sciogliere le tue perplessità! XDDD *____* ehhhhhh, non per niente sei la mia betulla!*_*
Ad ogni modo, non essere troppo dura con Yuzino! Non credo sia una cosa facilissima dimenticare la persona che si è amato di più in assoluto e cancellarla con un colpo di spugna, soprattutto visto come è morta. Liberarsi dei sensi di colpa è davvero difficile, in special modo se ci si considera davvero i colpevoli (io sono un esempio lampante! XDDD).
Non temere per Taruccio tuo! XDDD Nel prossimo capitolo spiegherà i suoi motivi, che sono buoni et giusti. *sisì*
Grazie mille anche a te, tesssssssora!*______*


Ringraziandovi ancora per la vostra pazienza, vi rimando al prossimo capitolo! ^^Y

   
 
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