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Autore: Dhialya    22/07/2013    1 recensioni
Punti di vista. Sguardi alla vita.
Passati, presenti, futuri.
Capitolo l - Da piccolina non immaginava nemmeno com'era veramente il mondo reale, quello dei grandi; le difficoltà che avrebbe dovuto affrontare verso gli altri e - nemmeno se l'era immaginato, ma così era stato - soprattutto se stessa.
La vita aveva avuto sapori diversi in base a come l'aveva guardata. Probabilmente sempre al contrario.

Capitolo lll: -E' tutto a posto. Torna a giocare in cortile, va bene? Ti chiamo io per la cena.-
La bambina osserva la donna ed il sorriso che le rivolge ancora qualche attimo, pensierosa, poi si convince ed annuisce, voltandole le spalle.
Torna all'aperto e continua a giocare con la palla, da sola.
Ha in mente la faccia della mamma, ma lei le ha detto che va tutto bene e la mamma non dice mai le bugie. La sgrida qualche volta, ma non è una bugiarda.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Punto di vista ll – Sguardo – al – Presente.



La sensazione del sole bruciante sulla pelle ancora bianca.
Una coperta d'azzurro che sembrava non finire mai.
Quell'aria particolare che si percepisce sottopelle e rende più leggeri senza un motivo particolare.

Estate.


Era bella l'estate, era bello il senso di libertà delle vacanze, era bello non doversi preoccupare degli  orari, di doversi coprire troppo per non sentirsi gelare o degli impegni.
Era bello non stare in mezzo alla calca, alle gente, dover essere obbligati a sentire brusii e discorsi di persone sconosciute subendosi spintoni e occhiate.
Era bello non sentire il tempo come un peso, non sentirlo scorrere fin troppo lento.

Era bello, particolare.

Era bello, si, davvero, lo credeva davvero; anche se lei amava l'inverno e l'autunno poiché calavano su di lei come uno strato di protezione.
L'accoglievano come se andasse incontro alle braccia di un padre che ti stringe al petto per poi non lasciarti andare più, che ti racconta favole e scaccia via i mostri che si annidano nel buio – o almeno, così dovrebbe essere.

I mostri sotto al letto.

Il buio che opprime.

Il silenzio di una stanza.


Era strano che lei, ragazza grande ormai da anni e consapevole che i mostri non esistono sicuramente nei mobili, tornasse ad avere paura durante la notte del silenzio e dello scuro che la circondava.
Quello stesso colore che l'aveva accolta, l'aveva protetta, l'aveva fatta vivere, tempo prima.
Che l'aveva circondata e tenuta nascosta da sguardi indiscreti, che l'aveva fatta sentire al sicuro come in un bozzolo fatto solo per lei e che lei, e lei soltanto, potesse capire.

Profondo.

Ignoto.

Iniziava a temerlo, nella sua testa si accavallavano sensazioni sgradevoli e sensi di allarme che le facevano tenere gli occhi aperti a forza.

Qualcosa non andava.

Qualcosa non andava più.

Come se gli avesse fatto un torto e fosse diventato minaccioso, con le ombre che avrebbero solo voluto ghermirla per poi non lasciarla andare più.
Temeva giusto il tempo prima di addormentarsi, quando ritrovandosi su un materasso ci si mette a ragionare, a pensare, ad ascoltare il ticchettio di un orologio.

Aveva paura.
Paura come una bambina.

Aveva paura del buio.

O forse temeva se stessa e quello era solo un modo in cui l'angoscia e l'ansia si manifestavano, colpendo qualcosa e rendendolo protagonista quando realmente non c'entrava.
O forse solo gli ormoni ormai decisamente impazziti di quel periodo mensile.

È strano ritrovarsi dopo anni ad avere paura della notte, della casa che non viene scossa da un rumore, delle stanze inabitate.
Paura di ciò che dietro i mobili o le porte potrebbe celarsi e nascondersi.

È strano.

È irrazionale.

È inspiegabile.

È presente e terribilmente pesante, poiché oltre ad essere rinnegata dal giorno, iniziava ad essere esiliata anche dalle braccia della notte che l'avevano stretta e alleggerita – come l'estate fa con le persone.
È brutto, brucia come una lama di tradimento conficcata nella schiena.

Ed è invivibile.

















   
 
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