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Autore: DulceVoz    23/07/2013    3 recensioni
Nel regno di Amapola, sulle coste di Buenos Aires, si organizza la festa di compleanno per il debutto in società della principessa ed erede al trono, Violetta. Il re, German Castillo, dopo la scomparsa della regina Maria ha bandito la musica e la danza moderna dal piccolo borgo, e non permette alla figlia nemmeno di varcare le mura del castello... ma presto, tutto cambierà... Violetta, uno spirito libero, conoscerà il giovane misterioso, Leon Vargas, il principe Thomas Heredia, la sua nuova istitutrice, Angie e tanti nuovi amici che cambieranno la sua vita... e poi... una grande sorpresa potrebbe sconvolgere l'esistenza non solo alla ragazza... ma di tutto il regno...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa, Violetta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il giardino del castello era illuminato da forti faretti che permettevano che l'ampio spazio avesse luce in ogni angolo. Una grande folla si era riunita al di sotto del maestoso balcone reale, in attesa di conoscere questa principessina, curiosi di vederla, di ascoltarla e di notare se assomigliasse anche alla tanto amata regina Maria.
“- Sono nervosa, Leon!” Violetta era in preda al panico, ormai nel vasto salotto al piano di sopra, attendendo solo che arrivasse il padre per iniziare il suo discorso pubblico. “- Non chiamarmi così di fronte al re o mi butterà di sotto!” rise il giovane Vargas, ancora con la maschera della festa. “- Sì, hai ragione!” rise lei, prendendogli le mani, dolcemente. “- Andrà tutto bene, parla con il cuore e non potrai sbagliare. Tutta Amapola di adorerà, ne sono certo. Ma adesso devo andare dai ragazzi, di sotto… buona fortuna, amore mio!” le sussurrò Leon, schioccandole un dolce bacio sulla fronte. “- Tesoro, sei pronta?” German arrivò nella sala con un foglio tra le mani, vistosamente nervoso e seguito da Maria, che osservò Violetta teneramente, Angie e Angelica che erano piuttosto tese. “- Violetta, io…” tentò di iniziare la regina mentre la ragazza le faceva posto su un piccolo sofà rosso porpora, tenendo lo sguardo basso. Non riusciva a credere di star seduta accanto a sua madre… la sua mamma era lì e lei aveva ancora i suoi forti dubbi che si trattasse sul serio della regina Maria. “- Mi dispiace per come mi sono comportata, scappando in quel modo ma… è tutto  così assurdo!” esclamò la principessa, levandosi la maschera del ballo. “- Lo so, tesoro. Lo è anche per me, lo è un po’ per tutti. Lo capisco, tranquilla. Prenditi tutto il tempo che ti serve… e poi hai avuto così tante notizie, tutte insieme… anch’io avrei reagito come te!” sorrise, rassicurante, Maria, cingendole le spalle con un abbraccio, esitando un po’, per non darle l'impressione di correre troppo… doveva essere lei a sentire che quella fosse sul serio la sua mamma… non voleva metterle fretta, dopo quello che aveva passato era anche comprensibile che fosse ancora scossa. Ad un tratto, la porta si spalancò di colpo con un botto che fece sobbalzare tutti. Jade entrò, come una furia, nella sala, con aria stizzita come mai.
“- Ma che bella famigliola felice! Bravi! German, non posso credere che stia dando retta a questa bugiarda! Sta fingendo! Lei non è Maria e tu ci stai cadendo come un pollo!”. Il re la fissò, sgranando gli occhi per la sorpresa e nervoso per quel tono che stava tenendo la donna. “- Come osi rivolgerti a me così? E a lei, soprattutto?!” urlò il re, avvicinandosi alla donna, dopo che Roberto gli aveva raccontato che era stata lei, con l’aiuto di suo fratello a rinchiudere Lidia in quella dispensa, per farla licenziare così da allontanarla per sempre da palazzo. “- Le credi senza prove! Si sarebbe potuta inventare la bella storiella della piccola naufraga dal nulla! Vuole solo rubarmi il ruolo di futura regante!” strillò, con la sua vocina gracchiante, la mora che dimostrò a tutti che, in fondo, tanto tonta non era! “- Che cosa succede qui? Sorellina, calmati… ragioniamo con calma! Anche se Jade non ha tutti i torti, Sire!”. Matias, sentendo quel baccano era corso nella sala al piano di sopra, ancora con una tartina nella mano destra e un dolce nella sinistra. “- Ma con quale coraggio vi sentite ancora in diritto di parlare? Io, fossi in voi, andrei via da qui! Avete fatto una cosa ignobile rinchiudendo mia sorella lì dentro! Solo perché temevate di perdere il vostro posto qui a palazzo! Siete spregevoli! Non ho parole per quello che avete combinato!” Angie si era avvicinata ai due, fuori di sé per la rabbia e diventando paonazza in viso. “- E tu… tu sapevi… sono sicura che c’entri con le menzogne che va dicendo in giro questa ipocrita!” gridò ancora Jade, indicando Maria che prese un sospiro profondo e si alzò, affiancando la sorella che stava già per azzuffarsi con la mora… era partita in quarta come al solito, ma la più grande delle Saramego la trattene per un braccio. “- No, Angie… lasciala perdere. Non ne vale la pena!” disse, con una calma impressionante, la donna, ferita ma senza darlo a vedere. Superò i La Fontaine, soddisfattissimi del fatto che la regina avesse lasciato la sala e che la più piccola delle sorelle Saramego si fosse calmata, nonostante continuasse a guardarli malissimo, per poi correre fuori, dietro alla maggiore.
“- Jade qui se c’è una falsa ipocrita quella sei proprio tu!” strillò, inaspettatamente Violetta, meravigliandosi anche lei di quella frase… insomma… aveva ancora i suoi dubbi sulla questione della Mendoza eppure quella frase le era venuta dal cuore, come se, in fondo al suo animo, credesse cecamente all’identità di Lidia.
“- Mocciosa impertinente! Chi ti da il diritto di parlarmi così?” strepitò la mora, avvicinandosi con aria di sfida anche alla ragazzina che, senza perdersi di coraggio, la fissò intensamente. “- Io ce l’ho il diritto. Tu non sei una reale come me… e nemmeno come mia madre o mia zia! Speravi di sposare mio padre e di avere un erede maschio che mi soffiasse il trono. Pensavi non l’avessi capito? Non sono così stupida. Ma, cara mia ti è andata male! Ed ora, se non vuoi essere arrestata per sequestro di persona per quello che hai fatto a mia madre… vattene!” esclamò Violetta, accorgendosi poi di quello che aveva detto… ‘mia madre’… lo aveva detto sul serio? Sì, lo aveva ripetuto per ben due volte! Cominciò a respirare affannosamente, un po’ per il nervosismo un po’ perché si era appena resa conto di averla ritrovata. Sì, era così. Ormai basta scuse, basta illusioni, basta paure. Era lei, ed era sicura di crederci sul serio. Il re non disse nulla, osservò prima la figlia e poi i due La Fontaine. Angelica fissava la principessa soddisfatta: se c’era una cosa di cui era certa è che il temperamento lo aveva ereditato tutto dalle tre donne di Camelias.
“- E tu lasci che tua figlia mi tratti così? No, guarda non dire nulla! Mi hai deluso, German!” si lagnò la La Fontaine mentre il re continuava a fissarla, convinto che la figlia avesse ragione. In fondo aveva sbagliato ad ingannare Jade. Lui non l’aveva mai amata… ma, d’altronde, lei stava lì solo per conquistarsi il posto di Maria, magari cercando di rubare anche quello di sua figlia. E poi, come si era rivolta alla sua bambina e a sua moglie! Quella era la vera Jade La Fontaine, la stessa che aveva chiuso Lidia, ancora allo scuro del fatto che quella fosse sua moglie, nella dispensa, per pura gelosia. “- Mi dispiace. Io non ti ho mai amato e sono desolato di averti fatta soffrire. Ma anche tu, mi pare, non sia mai stata una persona sincera. E’ finita.” Sentenziò l’uomo, facendo sì che la donna lo fissasse con aria disgustata. “- Me ne vado io, mio caro. Tu non mi meriti! Addio!” strillò, furiosa, uscendo dalla stanza, seguita dal fratello che tentò di convincerla che avesse detto una stupidaggine. Non volle sentire ragioni. Se ne andò in camera a fare le valige, intenzionata a lasciare Amapola per sempre.
“- Papà mi dispiace per quello che le ho detto ma…” iniziò Violetta, mentre suo padre fissava ancora la porta, teso per quella situazione e per quel discorso che lo attendeva. “- No, hai fatto benone!” intervenne sua nonna, accarezzandole i capelli e facendo scappare un sorrisino tirato anche al re.
 
 
“- Ti prego, Maria, aspetta! Non vorrai mica ascoltare quella pazza della La Fontaine? Noi ti crediamo, non devi dimostrare nulla a nessuno! Fidati!” Angie rincorreva nel corridoio che portava alle camere della servitù la regina che attraversò l’ormai vuota sala del gran ballo. Tutti erano già saliti nella camera antistante al salone per assistere come in prima fila al discorso. Solo Leon, insieme a Federico che aveva deciso di fargli compagnia, si era recato nel giardino, confondendosi tra la folla del popolo per non farsi notare dal re… si era proposto anche Andres per accompagnarli di sotto ma, per evitare di farsi riconoscere, lo avevano lasciato dentro con Andrea e il resto del gruppo.
“- No, forse Jade ha ragione…” borbottò, con gli occhi lucidi, l’altra donna, aprendo di fretta una porticina nell’ala più sperduta del palazzo e sedendosi sul suo letto, non di certo quello che sarebbe spettato ad una regina. Era la camera di Lidia Mendoza, dove aveva passato tutti quei mesi da quando lavorava a corte. “- No, dico… sei impazzita? Su cosa avrebbe ragione, sentiamo!” la rimproverò la sorella minore, sedendosi su una sedia sgangherata, di fronte all’altra. “- Non ho prove, Angie! Io ricordo tutto, adesso… ma voglio dimostrare di essere sul serio chi sono e non posso farlo!” si lamentò l’altra, stendendosi di colpo sul letto, in orizzontale. “- Per l’ultima volta, Maria: non hai bisogno di dimostrarci nulla! Noi ti abbiamo sempre creduto! Ed ora che anche la tua amnesia è scomparsa abbiamo la conferma di ciò che pensavamo!” sorrise Angie, andandosi a sedere sul duro materasso, accanto a lei. “- Aspetta! Io ce le ho le prove!” gridò, d’un tratto Maria, mettendosi seduta al centro del letto e alzandosi di colpo, lasciando la sorella scioccata da tale frase. La vide inginocchiarsi sotto ad esso a cercare qualcosa. “- Maria, stai bene?” chiese Angie, affacciandosi verso la maggiore, a testa in giù, restando seduta. “- Mai stata meglio!” disse affannando l’altra, tirando qualcosa di pesante da sotto alla coperta che pendeva fino al pavimento. Una borsa da viaggio, stracciata e molto malandata che puzzava di salsedine, apparve da lì sotto. “- Questa immagino fosse con te in aereo! Guarda, qui c’erano le cifre ‘M’ e ‘S’ ma sono semi cancellate, nemmeno si distinguono più!” indicò la sorella minore, andandosi a sedere a terra, accanto all’altra. “- Sì ma non intendevo questo… aspetta…” esclamò l’altra, scavando nella valigia a mano ed estraendone vari oggetti. Uno specchietto rotto, un pettine, una fune, un rossetto semi distrutto… niente che ad Angie apparve utile per provare la vera identità della Mendoza. “- Eccola! Sapevo di averla portata con me!”. Da un doppio fondo del borsone, uscì, finalmente, l’oggetto che la regina cercava. “- Se German aveva chiuso tutti i miei oggetti in quella torre io non potevo avere questa in questa borsa!” esclamò lei, fissando una foto, mezza strappata e un po’ ingiallita, la stessa  immagine che aveva visto sull’isola e da cui non si separava mai… Angie la osservò e un sorriso le si disegnò sul viso. Erano lei da ragazzina e sua madre con Violetta, da bambina, per la mano. Si ricordava addirittura quando la stessa sorella l’aveva scattata! “-  Questa la volevi per tenerla sempre con te. Anche quando sei partita te la sei portata via! Per questo non la trovavamo più tra le tue cose… l’avevi con te anche nel giorno dell’incidente!”  disse la minore, sgranando gli occhi per la sorpresa. “- Adesso andiamo o ci perderemo il discorso! Questa la portiamo con noi… corri!” urlò la più giovane, tirandosi la maggiore fuori da quella semplice stanzetta che, da quel momento in poi, non sarebbe più stata camera sua.
“- Finalmente! Si può sapere dove eravate finite? Aspettavano solo voi…” Pablo era sull’uscio del salotto che dava sul balcone, Maria, senza dire nulla si fiondò nella stanza con un sorrisino rivolto all’uomo e alla sorella. “- Abbiamo la prova, una foto che aveva sempre con sé, anche durante quel viaggio! E’ sul serio lei!” strillò Angie, gettando le braccia al collo del fidanzato. “- Sul serio? Peccato che questa prova non sia uscita fuori prima!” rise lui, stringendola a sé e pensando a quante peripezie si sarebbero evitate se quell’inizio fosse saltato fuori dall’arrivo della Mendoza a palazzo. “- Sono davvero felice per te, ti amo!” esclamò lui, prima di baciarla dolcemente. “- Ti amo anch’io! Ma ora entriamo in sala… inizia il discorso e sono sicura che il re ci sorprenderà e che mia nipote non sarà da meno…” sorrise lei, accarezzando il viso di Pablo. “- Ah, aspetta! Manca una cosa!” gridò lui, prendendole la pochette dalle mani. “- Che cosa?” chiese lei, curiosa, osservandolo scavare nella borsetta che, fino a qualche istante prima, aveva lei tra le mani. “- Questa. Ora non devi più nasconderti, Angeles Saramego. Principessa, Angeles Saramego.” Disse il moro, andando alle sue spalle e chiudendole la collana di Camelias. “- Sì. Ora possiamo andare sul serio! Prego, principessa!” esclamò Pablo, porgendole il braccio mentre lei fissava ancora il ciondolo. “- Hai ragione, come sempre! Andiamo, principe Galindo!” sorrise lei, mettendosi sottobraccio ed incamminandosi verso la sala.
 
 
Il balcone si aprì e dal basso si levò subito un boato. Nel buio della notte tutto il popolo era riunito al di sotto del palazzo e attendeva con ansia quel discorso. Qualche voce era già trapelata ma, ovviamente, tutto era molto confuso. La regina Angelica era a palazzo? Ed anche sua figlia minore Angeles? E poi si erano rincorse così tante voci sulla faccenda di Lidia, di Maria… Insomma, solo in quel momento tutti avrebbero potuto sapere la verità e caprici qualcosa in più su quell’intricata faccenda! La presentazione della principessa era riuscita a passare quasi in secondo piano e l’euforia della gente era molta.
“- Buonasera, popolo di Amapola!” Il sovrano, German Castillo era apparso sul balcone reale, provocando un altro levarsi festoso di grida e saluti. “- Questa sera avremmo dovuto presentare esclusivamente mia figlia, la futura erede al trono Violetta Castillo ma, il corso degli eventi mi porta a parlarvi prima di un’altra faccenda che mi sta molto a cuore.” Sospirò il re, prendendo fiato prima di continuare il suo discorso con il suo solito tono fermo che, però, stava per cedere il posto ad uno meno serioso e più teso, quasi commosso: “- Questa sera, a palazzo, è tornata una donna, anzi tre donne, molto amate da tutti. La prima è stata Angelica Fernandez, regina di Camelias che io, ingiustamente, ho costretto a vivere segregata nel suo regno, come sovrana simbolica. Ho capito di aver sbagliato e mi dispiace, sinceramente, per quello che ho fatto. Spero di cuore che questa donna magnifica possa mai perdonarmi. Un’altra grande donna, invece, è stata al mio fianco per molti mesi ma, sempre a causa della mia cocciutaggine, non le ho consentito di rivelarmi la sua vera identità… la principessa Angeles Saramego, una  persona meravigliosa che, sempre a causa dei miei errori, ha passato la sua infanzia in Europa, lontana dalla sua famiglia reale. In un certo senso è come se fosse ritornata anche lei quest’oggi.” Già a quelle parole il pubblico sembrava immobilizzato, molti flash di fotografi illuminavano la notte, tra la folla, e tutti ascoltavano attentamente, attendendo di sapere chi fosse la terza donna di cui il sovrano aveva inizialmente parlato. Lui stesso si rese conto di ciò che stava dicendo solo in quell’istante. Si stava scusando pubblicamente e, anche se non era nel suo stile, capì che era l'unica cosa giusta da fare. Si era reso finalmente conto di aver commesso fin troppi errori e doveva rimediare, subito. “- La terza… beh, la terza è una donna che ognuno di noi, per tutto questo tempo, ha creduto scomparsa tragicamente in un incidente aereo. Tutti abbiamo sofferto tantissimo, io in primis… non sto qui a spiegarvi come sia riuscita a tornare,  a quello si dedicheranno per mesi e mesi i giornali e rotocalchi vari…” ridacchiò leggermente il sovrano, mentre tutti scoppiarono in una fragorosa risata. “- ... Ma per me è semplicemente un miracolo. Non ho altre spiegazioni per considerare ciò che mi è accaduto, che ci è accaduto, ritrovandola qui, con noi, sana e salva. Il destino prima ci ha fatto tanto soffrire e poi… e poi ha voluto regalarci la gioia di riaverla, così che, se vorrà, potrà tornare a regnare al mio fianco. Prima di presentarvela nuovamente, voglio chiedere scuse pubbliche a Cameilas, ad Angelica, Angeles, a mia figlia, per averle nascosto fin troppe cose. Chiedo scusa anche a voi, mio amato popolo, per avervi privato di troppo. Ma soprattutto chiedo scusa a lei, per aver commesso tanti errori in sua assenza. Salutate il ritorno ad Amapola… della regina Maria Saramego.” Un sospiro di sorpresa si levò dalla folla. Sul balcone apparve, in un abito elegantissimo una bella donna, bionda ma molto simile alla sovrana. Ci fu prima un brusio indefinito ma, per la curiosità di saperne di più, calò il silenzio in un istante, così che Maria potesse prendere la parola. “- Non avrei mai pensato di aver dovuto fare un discorso davanti a tutti voi, a distanza di anni. Posso semplicemente dirvi che gli ultimi trascorsi, sono stati di buio totale per me. Non è stato facile… non ricordavo nulla eppure, per pura casualità, sono ritornata proprio qui, da dove ero scomparsa tanto tempo fa, prima che quel maledetto aereo decollasse. Non vi voglio annoiare raccontandomi tutte le mie disavventure perché, credetemi, sono state davvero tante. Ma vorrei sul balcone accanto a me, mia sorella e mia madre, a cui ho sempre tenuto tantissimo.” Le due donne, a passo fiero, apparvero accanto alla regina, sorridendole dolcemente. “- Ma adesso, non voglio che si perda altro tempo… è la sua serata, quella della mia bambina. Lascio l’onore della presentazione a mio marito…” esclamò lei, guardando German che annuì con calma e che, solo dopo qualche secondo, realizzò il fatto che la donna lo avesse chiamato in quel modo… “mio marito”. Che il consiglio di Roberto avesse funzionato? Che parlare a cuore aperto e scusarsi pubblicamente fosse stato apprezzato da Maria? Non lo sapeva ma fu fiero di aver ritrovato quella grande donna che era sua moglie. “- E’ stata una serata movimentata ma è con immenso piacere che vi presento la futura regina di Amapola: Violetta Saramego Castillo!”. La principessa, ancora nella sala, sentì l’applauso che seguì al suo nome, sia fuori che nella camera, e impallidì.
“- Vai! E’ il tuo momento!” gridò Francesca, dandole una pacca sulla spalla. “- Forza, Altezza!” risero Lena e Nata, spingendola verso l’uscita al balcone. Violetta prese un grande e profondo sospiro e poi, con le gambe tremanti, riuscì ad affiancare i suoi genitori e i suoi altri parenti, sulla terrazza. Con tutto quello che era successo aveva completamente rimosso il discorso che si era preparata da mesi e poi… e poi adesso le sembrava alquanto inutile. In una notte, per lei, era cambiato tutto… quel monologo che aveva imparato a memoria, in passato, non andava più bene, era così fittizio così costruito. Guardò giù e si tenne saldamente alla fredda ringhiera in pietra per non svenire. Una folla si estendeva a perdita d’occhio, tutto intorno alla fontana, fino a fuori al cancello esterno. Con gli occhi, subito, cercò di individuare Leon ma era impossibile trovarlo. Era come cercare un ago in un pagliaio… ma, in fondo, si rese conto che lui c’era e anche se non riusciva a vederlo, la stava ascoltando. Un surreale silenzio era calato così, la ragazza, iniziò a parlare: “- Mi ero preparata un discorso per questa serata. Ma, sono successe così tante cose che, sono sincera… non ne ricordo una sola parola!”. Tutti scoppiarono in una fragorosa risata, lei compresa che si rese conto della figuraccia ma, senza perdersi di coraggio, subito continuò, in fondo, era stata fin da subito sincera: “- Avete già ascoltato il re, vi ha già spiegato quanto sia accaduto, quindi è inutile che ve lo ripeta anch’io. Devo ricordare che sono qui per parlare non di me, bensì del mio popolo, di Amapola. Devo presentarmi per la gente, per tutti voi, accorsi qui numerosi per conoscere la vostra futura regina. Vedete, noi siamo un popolo che non smette mai di lottare per ciò che ama, siamo un piccolo regno che sogna e non si arrende. In tutti questi anni io non ho mai desiderato altro che poter rincontrare una persona… e, miracolosamente, ci sono riuscita. Ho conosciuto persone che, pur di inseguire una propria passione, hanno fatto di tutto, hanno lottato senza timore. Voi non ve ne siete accorti ma sono stata per mesi tra la mia gente, nel regno, in borghese… e ho visto in prima persona quanti sacrifici bisogna fare per andare avanti. E non parlo solo dell’economia, ma della vita, in generale. Ecco, io forse sono ancora molto giovane per parlare di ciò, ma credetemi, aver vissuto tante esperienze, negative o positive che siano, anche se in pochi anni di età, mi ha fatto crescere molto. Non sono di quelle persona che promettono la luna per poi non mantenere la parola data, ma vi prometto solamente una cosa: giuro solennemente che amerò sempre la mia gente con tutto il mio cuore. Amapola cambierà. E non parlo solo di quando diverrò regina… per quello ci vorrà ancora un bel po’. Penso di parlare anche a nome dei sovrani attuali… i miei genitori. Il nostro regno cambierà già da questa sera.” German la fissava un po’ preoccupato ma orgoglioso di quelle splendide parole della sua bambina… erano così dolci, semplici ma sincere! In un attimo si rese conto che quella ragazza, così decisa e intelligente, non era più la sua piccolina, ormai era chiaro che era cresciuta, era una donna. Maria le sorrise dolcemente, annuendo… probabilmente o si fidava cecamente delle decisioni della ragazza o aveva già capito cosa intendesse dire. Violetta osservò come la gente attendesse in religioso silenzio di ascoltare le sue parole, come se pendesse dalle sue labbra. Non pensò neppure ad un secondo a quello che avrebbe potuto dire suo padre, sua madre… era una decisione che voleva prendere lei, anche in onore della regina, tornata nel regno. “- Da questa sera, trovo giusto che, la musica, TUTTA la musica, torni ad Amapola!”. Dopo quella frase si scatenò una gioia incontenibile, gente che si abbracciava, chi saltava felice, i ragazzi, all’interno urlavano come dei forsennati, al settimo cielo per la decisione della giovane futura sovrana. Maria la fissò, sorpresa da cotanta decisione della figlia, e, senza dire nulla, le si avvicinò, un po’ titubante, abbracciandola di colpo per poi scoppiare in lacrime. “- Scusami. Perdonami per non averti creduto subito.” Singhiozzò la principessina, ancora stretta a lei. “- E’ finita, bambina mia. Tranquilla. Quest’ incubo è finito per tutti.” La rassicurò la donna come la migliore delle madri, accarezzandole i capelli dolcemente e dandole un tenerissimo bacio sulla fronte. Ad un tratto un boato illuminò il cielo. Il discorso era finito e, come previsto, in lontananza, tanti fuochi d’artificio brillarono nel cielo, scintillanti, come per festeggiare quella magnifica serata. Finiti quei coloratissimi festeggiamenti, i reali rientrarono nella sala, la principessa fu subito “rapita” dagli amici che non la smettevano di congratularsi, per il discorso e per la decisione sulla musica. La regina, invece, si avvicinò piano al marito che si era andato a chiudere nella sala conferenze,  per controllare le prime pagine dei giornali che già da subito circolavano su internet.
“- Posso parlarti un secondo?” chiese, sull’uscio della porta socchiusa, facendolo sobbalzare dall’attenzione che aveva al suo portatile. “- Certo. Prego.” Sorrise lui, chiudendo il pc e fissandola, sempre incantato nel vederla, come se fosse la prima volta che incrociasse i suoi occhi.
“- Devo chiederti scusa. Sono stata fin troppo dura con te e  mi dispiace. Hai dovuto crescere da solo nostra figlia, con un regno da governare… e non dev’essere per niente stato facile. Certo, hai commesso degli errori. Ma sei veramente pentito e ti sei scusato pubblicamente, cosa di certo difficile per un testone orgoglioso come te… lo apprezzo moltissimo, immagino che lo abbia capito. So che quel gesto lo hai fatto soprattutto per me, German. Ti conosco.” Sorrise Maria, abbassando lo sguardo sulle scartoffie ordinatamente posizionate sull’enorme scrivania. Il re continuava a osservarla… ma quanto era bella? Anche se cambiata l’amava come sempre o anche di più. Prima che il sovrano avesse il tempo di rispondere, però, la donna continuò: “- Ti ho nascosto anch’io una cosa. Molto importante.” A quella frase il re la fissò sconcertato. C’era altro che doveva sapere? Cominciò a preoccuparsi ma la bionda lo fermò con un gesto della mano, prima che potesse chiedere qualunque cosa ed interromperla. “- Ti ho mentito. Non ti ho mai detto che ti amavo. E invece, ti amavo con tutto il mio cuore. Ti amavo anche quando ero Lidia Mendoza. Non lo avrei mai ammesso, neanche sotto tortura… e, sappi ti amo ancora, German Castillo.”. Ci fu una pausa di qualche secondo. Il re rimase felicemente sorpreso di quelle parole e, senza aggiungere nulla, aggirò la scrivania e le andò in contro, non disse una sola parola ma la guardò negli occhi, le prese il viso tra le mani e baciò, per la prima volta da quando era veramente tornata, Maria Saramego.
Rimasero a guardarsi per un secondo che sembrò eterno ad entrambi, erano così felici ed innamorati… nessuno avrebbe potuto rovinare quell’atmosfera. O, almeno, così credevano fino a quando la porta non si spalancò e apparve la contessina La Fontaine, con due grossi trolley fucsia e prese a guardarli male, avanzando con passo sicuro verso i due. “- Tu sei proprio sicuro di voler credere a questa folle bugiarda?” chiese, ancora, la mora, appoggiandosi alla valigia con fare nervoso, mentre il fratello apparve alle sue spalle. “- Non credo di essere una folle, né, tantomeno una bugiarda. Ho trovato una cosa in fondo alla borsa con cui sono tornata ad Amapola… ho le prove per confermare quanto detto.” . La frase di Maria sconvolse anche il re che davvero non si aspettava qualcosa del genere. Insomma, lui le aveva sempre creduto e non immaginava che lei potesse avere qualche indizio per risultare la Saramego. “- Ecco. Guardi questa foto. Nessuno, a parte Maria, avrebbe potuto averla. Questa l’ho sempre portata con me, in ogni viaggio. Ovunque. ” Sentenziò la bionda, mentre Jade e Matias fissavano l’immagine, esterrefatti. A quel punto, anche German strappò quasi dalle mani dei due La Fontaine la foto, per vederla, incuriosito. Sì, ricordava benissimo quell'immagine. Un ricordo si fece largo nella sua mente non appena la vide:
 
“- Mamma, Angie! Mettetevi in posa, forza! Voglio una bella foto di tutte e due con Vilu, così vi porterò sempre con me, ovunque vada!”. La voce di Maria era dolcissima e melodiosa e riecheggiava nel palazzo reale. Stava armeggiando con una macchina fotografica, appassionata di arte qual era, mentre le tre attendevano ferme, davanti all’imponente scalinata nel salone principale, di fare quella istantanea. “- German! Forza vai anche tu con loro, voglio anche te nella foto! Devo tenere le persone più importanti della mia vita sempre con me, in un’unica immagine!” esclamò poi la regina, radiosa, mentre l’uomo si stava avvicinando alla moglie, incuriosito dalla situazione, dopo aver sentito quella frase. “- No, lo sai che non amo molto farmi fotografare! Mi annoia terribilmente!” rise lui, cingendole la vita con un abbraccio e schioccandole un bacio sulla guancia. “- Sempre il solito musone, Altezza!” strillò la bionda ragazzina, Angie, sorridendo ad una piccolissima Vilu che, tranquillissima, teneva pazientemente la mano ad Angelica. “- Angeles! La smetti?” la rimproverò la regina di Camelias, sdrammatizzando con un sorriso, rivolto al sovrano di Amapola. “- Tu invece sempre la solita insolente, giusto, principessina Saramego?” la prese in giro il cognato, avvicinandosi alla biondina e sfiorandole la punta del naso con un dito, innervosendola ancor di più per poi voltarsi poi e allontanarsi verso la sala del trono, momento in cui ricevette una linguaccia dalla ragazzina. “- Sorellina, basta! Ti ricordo che è mio marito!” rise Maria, continuando a cercare di capire come funzionasse quell’aggeggio. “- Povera te!” rise la più piccola per poi riprendere a lamentarsi su quella lunga attesa. “- Ci vuole ancora molto?” chiese Angelica, mentre Violetta cominciava a spazientirsi. “- No, ecco! Pronte?” esclamò Maria, con un sorriso luminoso. “- Da una vita!” urlò Angie, ridendo. “- Bene, allora sorridete… 1… 2… 3… dite tutte: cheese!”.
 
“- Me la ricordo bene questa foto… volevi che…” tentò di dire il re, emozionato al ricordo di quel giorno felice che si era ricordato. “- Volevo che ci fossi anche tu, ma a te non sono mai piaciute le foto!” rise Maria, lasciando Jade a bocca aperta. Senza dire nulla, Matias si tirò fuori dalla sala la sorella, salutando con un cenno stizzito della mano. “- Addio, Sire! Altezza Saramego!” intuì subito il conte, preoccupato di fare una brutta fine da segregato nelle celle sotterranee per ciò che aveva fatto a Lidia, mentre la mora cominciò a frignare e a lamentarsi stizzita, ferita nell’orgoglio ma venendo trascinata quasi a forza da Matias, fuori da quel palazzo. Ci volle un’opera di convincimento non indifferente per far andare Jade lontano da lì, da Amapla ma, dopo ore ed ore di cammino verso il porto, Matias ci riuscì, dicendole che sarebbero andati in vacanza in giro per il mondo, sorvolando sul fatto che, sì, sarebbero imbarcati su una nave da crociera… ma come lavoratori, non come turisti. Erano conti ma il biondo La Fontaine, sicuro di continuare sempre la sua vita da nababbo a palazzo, a spese del sovrano, aveva sperperato tutti i loro possedimenti e risparmi in stupidaggini varie… ed ora erano senza un soldo.
 
 
“- Violetta, posso parlarti un secondo?” la festa era ormai finita e gli invitati erano andati via da poco. La principessa, stanca dalla movimentata serata, era chiusa in camera sua a scrivere sul suo diario di quel giorno così speciale. “- Ma… emh, certo. Prego!” sorrise Violetta, alzandosi dal letto e andando in contro a Maria. Stava per chiamarla mamma ma si bloccò… Era ancora strano per lei dire, a distanza di tanti anni, una cosa del genere… doveva farci l’abitudine. “- Guarda cosa ti ho portato!” esclamò lei, sedendosi sul soffice letto accanto alla ragazza e allungandole una fotografia. “- Non ci credo! Dove stava? Nella torre?” chiese la ragazza, allegramente, fissando l’immagine. “- Nella mia borsa, quella con cui sono arrivata dall’isola ad Amapola…” esclamò la donna, osservando l’aria scioccata della ragazza. “- Dall’isola? Quale isola?” chiese la principessa, andando ad appoggiare la foto sul comodino. “- Quando l’aereo è caduto… mi sono ritrovata su un isolotto deserto… mi sono risvegliata a pochi passi dal velivolo.” Spiegò la madre, mentre la ragazza restò ancor più stupita. “- E come hai fatto ad arrivare fin qui?” chiese ancora lei, stupita. “- Sono una Saramego. Noi Saramego non ci arrendiamo mai!” esclamò Maria, facendole l’occhiolino. “- Anche tu sei per metà Saramego, tesoro!” aggiunse poi lei, sorridente. “- Sì. Infatti non mi arrenderò mai.” Sorrise Violetta, pensando al suo Leon e al suo amore impossibile. “- Dai, si è fatto tardi. Devi dormire! E’ stata una giornata fin troppo stressante! A proposito… hai tenuto un grande discorso. Sono fiera di te.” esclamò sua madre, mentre la giovane si alzò per togliere il suo splendido abito della festa e per riporlo nell’armadio. “- Grazie… ehi, posso tenere questa foto?” chiese lei, riprendendo a fissare, felice, quell’immagine sul comò. “- Certo… è tua. Io vado a salutare zia Angie e la nonna… devo raccontargli ancora tante cose… l’isola, il viaggio fino a qui… ed anche tuo padre ha detto che vuole saperne di più! Non ho nemmeno avuto il tempo di spiegare!” esclamò Maria, alzandosi dal letto. “- Perché devi salutare la zia e la nonna? Non dirmi che ne vanno già a Camelias?” chiese la principessa, intristendosi. “- No… stanno andando a casa di Pablo in realtà la nonna deve prendere i suoi bagagli che sono lì! Non chiedermi perché si trovino da Galindo… non ne ho idea! Poi, un giorno, glielo domanderemo!” scoppio a ridere la donna, facendo iniziare a ridacchiare anche la ragazza. “- Mamma…” la ragazza si era fatta seria e si rese conto che, finalmente l’aveva chiamata come avrebbe dovuto. Maria si girò con un dolce sorriso rivolto alla sua bambina, ormai sotto le coperte dell’enorme letto a baldacchino. “- Che c’è, tesoro?” chiese, teneramente lei, ormai sull’uscio. “- Anche se non avevi memoria… ti sono mancata in qualche modo?” chiese curiosamente la  giovane, facendo sì che la donna le si avvicinasse di nuovo e le si sedesse accanto, sul letto.
“- Tanto, amore mio. Sentivo che mi mancava qualcosa di vitale. Come se un pezzo del mio cuore non fosse stato più al suo posto… ma ora è tornato dove doveva sempre essere stato. Era come se ci fosse il sole, un sole cocente, ma come se io non riuscissi a percepirlo appieno, come se il mio cielo fosse stato coperto da nuvole che mi impedissero la piena visuale. Ora invece ne sento il calore e ne vedo i raggi luminosi e splendenti. Sei tu il pezzo del cuore che mi mancava, tu sei il calore che percepivo ma che non capivo da dove arrivasse. Ora ti vedo, sei qui con me, mio piccolo sole. E non potrei chiedere nulla di più. Sono finalmente felice.” Sussurrò, la donna, facendo sì che la ragazza si addormentasse, cullata da quelle dolci parole e, finalmente, ricominciando a vivere serenamente anche lei. Anche per Violetta era lo stesso: un pezzo di cuore, che credeva perso per sempre, era ritornato… ed era felice come mai in vita sua. Il suo sole stava ritornando a splendere e brillava alto nel suo cielo. Sapeva bene che, da quel momento, non sarebbe stata più vittima del buio della tristezza e della malinconia.
 
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A parte che mi sono commossa per l’ultimo pezzo mamma/figlia… ok, lo ammetto, sto piangendo come una disperata! :’)
Il discorso del re, quello di Maria e di Vilu che riporta la musica ad Amapola, la questione della foto della Saramego, German e la regina con la loro scena super dolce, Jade e Matias che sloggiano da palazzo (finalmente!)… insomma, ci stiamo avvicinando alla fine, si sente! Ora bisognerà capire una cosa… la coppia Leonetta come affronterà questa nuova fase della ff? Vi sta piacendo la storia? Alla prossima, ciao! :)
  
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