-
Ma lo sai che sei
proprio una peste?
Dichiarò Draco Malfoy, come se
avesse appena scoperto l’acqua nel pozzo
-
Non puoi certo
aspettarti che rimanga qui a non fare nulla – borbottò una imbronciata bambina
dai capelli castani mentre, tenendo in mano una matita, scarabocchiava qualcosa
su di un foglio, seduta al tavolo della cucina.
Il suo (al momento) tutore, era
prossimo ad una crisi di nervi mentre, sparpagliate intorno a lui, stavano
cento piantine della biblioteca. La mezzosangue, e questo doveva prenderne
atto, non si arrendeva facilmente e, se avesse continuato così, di certo
l’avrebbe convinto a farsi coinvolgere in quella missione suicida che avrebbe
avuto un ottimo titolo come “Andiamo a farci ammazzare” oppure “Intanto della
pelle non me ne importa niente”.
Sospirò: era davvero così
problematico anche lui quando si trasformava in un moccioso?
La Granger, comunque, non
desisteva, le stava davvero provando tutte… si era fatta portare dal portiere
un elenco della City, i numeri di telefono degli uffici pubblici e relativi
enti e poi aveva telefonato ad una mezza dozzina di questi facendosi mandare
“via fax” le rispettive piante di biblioteche e varie, indicando come scusa una
“importante ricerca universitaria sull’architettura delle biblioteche dalla seconda
metà del diciassettesimo secolo ad oggi”.
Probabilmente il tipo all’altro
capo di quell’aggeggio chiamato telefono stava pensando di avere a che
fare con qualche pazzo malato ricoverato al San Mungo, o come cavolo si
chiamavano gli ospedali babbani. Dal canto suo, il
piccolo generale saccente era continuamente attaccato alla cornetta a parlare
da solo, dettando ordini come se fosse stata il Ministro della Magia fatto
persona.
Sospirò mentre schiacciava a
ripetizione i tasti colorati presenti sull’apparecchio chiedendo di parlare con
Tizio e con Caio, mobilitando l’”Ufficio toponomastica”, l’”Accademia di Belle
Arti”, il “Centro Londinese di Restauri d’Epoca” e altre associazioni.
Avrebbe avuto un futuro per gestire
la corrispondenza di Potty, se già non lo faceva…
Nel frattempo la sua mano destra,
quella con cui non teneva il telefono, scribacchiava con una comune
penna babbana dall’aria particolarmente squallida su
fogli e foglietti, appiccicando post-it ovunque.
Dopo un pomeriggio in sua
compagnia, nonostante non avesse fatto molto per aiutarla, sentiva già un bel
mal di testa pulsargli all’altezza delle tempie: non sarebbe resistito ad un
altro assalto, doveva dissuaderla ora, al più presto, prima che la sua
partecipazione alla missione rischia-tutto, che sembrava progettata da San
Potter in persona tanto era pericolosa, venisse messa a verbale e protocollata.
-
Andiamo Granger,
rilassati, è la Vigilia di Natale – le disse poco convinto – io ho fame e tutto
quello che ci è rimasto sono dei biscotti rinsecchiti
-
Ho dei cracker
nella borsa – disse lei senza alzare gli occhi infantili dalle scartoffie
Impossibile, il cenone della
Vigilia a base di cracker e dello schifosissimo formaggio cheddar
era qualcosa di abominevole perfino per un babbano!
-
Mi rifiuto – scandì
categorico – voglio mangiare almeno qualcosa di caldo per il giorno prima di
Natale! A scuola si staranno già ingozzando di tacchini e prosciutti, polli e
polpettoni e noi dobbiamo fare la fame! – brontolò
-
Puoi sempre
scaldare i surgelati che stanno nel congelatore – lo liquidò lei indicando
appena con il mignolo, l’unico dito non impegnato a rovistare tra la carta,
reggere penne, matite ed evidenziatori, il cassetto apribile sopra la cucina
dal quale, ormai Draco lo sapeva, proveniva un freddo polare.
-
No
-
Allora aspetti
Sbuffò spazientito.
Se la mezzosangue era stata davvero
una bambina simile, non si stupiva che a diciotto anni fosse ancora scompagnata
e avesse dato il suo primo bacio meno di una settimana prima. Così non andava,
avrebbe fatto saltare i nervi perfino a sua madre! Figuriamoci ad un possibile
spasimante desideroso di portarla fuori e appartarsi in un luogo carino, intimo
e romantico con lei… di sicuro gli avrebbe fatto una paternale circa la
posizione poco ortodossa che faceva venire la scoliosi…
-
Ora basta! –
gridò alla fine facendo un fascio delle carte sparpagliate e gettando il tutto
sul divanetto – andiamo a mangiare fuori
-
Ti ho detto che
ci sono i surgelati! – urlò arrabbiata lei, cercando di recuperare qualche
foglio che cadeva mentre lui compiva quell’operazione tattica di trasporto
-
Senti, io di
mangiare della pietra che i babbani spacciano per
commestibile non ne ho voglia. A Diagon Alley c’è un ristorante carino, perché non possiamo
mangiare fuori?
-
Perché non
dobbiamo dare nell’occhio – si lamentò lei citandogli a menadito le parole di Raymond e di Silente, per concludere col predicozzo che
aveva fatto loro la McGranitt, terminato da uno dei
suoi sospiri significativi.
-
Mi tingerò i
capelli
-
Oh, andiamo, hai
un modo di fare riconoscibile tra mille, perfino un cieco saprebbe distinguerti
in mezzo ad uno stadio!
-
Sì lo so –
mormorò lui con un sorrisetto compiaciuto di falsa modestia
-
Non in quel
senso! Vabbè. Non abbiamo bisogno di andare a Diagon Alley, possiamo comprare
da un take-away, magari prendiamo una pizza…
-
Intendi quella
roba caustica che mi hai propinato anche l’altra sera?
-
Precisamente –
rispose acida, per niente contenta degli aggettivi che lui stava utilizzando
per descrivere le sue abitudini culinarie – sfido io che i babbani
durano poco, a trent’anni non hanno più di intestino!
-
Finiscila con
tutte queste storie, non tutti siamo stati allevati a filetto e crepe Suzette, a me piace come ho mangiato fin’ora!
-
E si contano i
danni nella tua follia cerebrale. Andiamo, è la Vigilia di Natale!
Non aveva mai visto Malfoy così
desideroso di andare a mangiare fuori sembrava un bambino… in genere preferiva
rimanersene chiuso in casa piuttosto che mischiarsi tra la gente comune che
andava a fare compere o tornava dal lavoro.
Contò mentalmente: se avessero
preso un taxi, arrivare alla bettola da cui si accedeva alla Strada dei Maghi
sarebbe stato facilissimo.
Ma era saggio addentrarsi in quel
mondo?
Solo il giorno prima avevano
incontrato dei mangiamorte in biblioteca, no, dico,
in biblioteca! Non ci si incontrano i babbani e loro
andavano a trovarci dei maghi… ah, i casi della vita… comunque, era davvero
saggio uscire?
Era quasi sera, Hyde
Park era illuminato da ghirlande di lucine colorate e lampeggianti che davano
un tocco di vita, le strade erano invase da Babbo Natale che chiedevano fondi
per ospedali e orfanotrofi e da altre persone con fini decisamente meno nobili
che miravano, invece, a fondi per le loro tasche. Un coretto di bambini aveva
passeggiato tutto il pomeriggio per i sentieri del parco cantano inni natalizi
capeggiato da una suora che era quasi venuta alle mani con un rockettaro
all’angolo che proponeva la sua personalissima versione techno-rap
del consueto “Venite fedeli”. I bambini, con ogni probabilità, erano rimasti
traumatizzati.
I soliti sportivi irriducibili si
stavano ancora affannando in gare di resistenza contro il gelo, sfoggiando
pantaloncini di lycra sopra il ginocchio e iPod ultima generazione nelle orecchie mentre facevano
jogging come se partecipassero alla maratona di New York e andavano in bici
come se il terreno non fosse il solito ghiaietto, ma
una landa dissestata degna della “Carrera della muerte” o a una Parigi-Dakar
versione mountain-bike.
Sospirò sconsolata.
Malferret la guardava con gli occhi da cane bastonato. Non
aveva scelta, non poteva negare che Natale non lo si passava a base di
sottaceti e tonno al naturale, come impedirgli di viverlo tra lussi e agi?
-
Purché paghi tu –
puntualizzò facendo un rapido calcolo di quanto rimaneva ancora loro da spendere,
il budget era a posto, sarebbe bastato anche con quella follia, ma Malfoy
doveva imparare a prendersi le sue responsabilità: lui voleva mangiare fuori? Ok, però pagava di tasca sua, tanto i soldi non gli mancavano
-
D’accordo, ma non
pensavo che fossi così pigna verde – sbuffò
-
E niente posti
sofisticati, vorrei mangiare, non guardare una mostra di nouvelle cousin
-
Hai ancora
qualcosa da aggiungere?
-
Preferirei che
costasse poco – sentenziò
-
Che t’importa,
tanto pago io…
-
Mi fai sentire in
debito – brontolò
-
Bene, riscuoterò
quando sarà necessario
-
Non contarci
Arricciando leggermente la gonna,
Hermione si sentì pronta per quello che era senz’altro l’evento più mondano
dell’anno, visto che il pranzo di lavoro di sua madre a cui era stata aveva
richiesto solo una camicia bianca e la cena a scuola in onore del compleanno di
Silente era stata allietata dal quartetto musicale di Nick-quasi-senza-testa,
il che la diceva lunga sull’abbigliamento a cui fossero costretti i poveri
ospiti (e c’era qualcuno che ancora si domandava come mai la maggior parte
degli studenti avesse disertato il party, frequentatissimo, invece, da persone
che sembravano sbucate da libri illustrati de “la moda durante i secoli” ai
quali, però, era stata malamente sottratta l’epoca iniziata circa cento anni
prima).
Beh, pazienza, sempre meglio della
festa in maschera a cui Lavanda e i Canon&Canon
l’avrebbero costretta se fosse rimasta a Hogwarts,
per non parlare del bacio di beneficenza
assieme alla serpe!
… quello però era un argomento da
evitare.
Draco la guardò dopo il ritocchino
che aveva fatto ai vestiti
-
Pretendi che ti
porti da qualche parte vestita in quel modo? – indagò scettico
-
Perché, cos’ha
adesso che non va il mio abito
-
Ma insomma,
sembri appena scappata da Aushwitz, non puoi
pretendere che ti porti a mangiare fuori con quello straccio
-
Lo “straccio” in
questione è uno dei miei vestiti preferiti – non era vero, ma se lui aveva
voglia di piantare delle grande, bene, l’avrebbe fatto anche lei. – eppoi ho a
malapena otto anni – bofonchiò contrariata guardando il corpo di bambina che si
ritrovava.
Era strano, pensò mentre lo
scrutava in maniera per niente amichevole, quando lui era passato dallo stato
di bambino a quello di adulto la prima volta, non aveva sentito niente e
neppure quando da dieci anni se ne era ritrovati cinque. Uguale cosa per lei
quando da ventisettenne ormai donna aveva sentito il proprio corpo cambiare, finchè le sue dimensioni non avevano raggiunto quelle di
una qualsiasi bimba delle elementari.
Ma allora cosa erano state quelle
fiamme?
E che incantesimo aveva
pronunciato?
Nella furia del momento,
preoccupata per come stava lui, si era gettata sul letto chiudendo il libro e
adesso non sapeva più ritrovare la pagina dove aveva letto quelle parole che
avevano scatenato quella magia potentissima e terribile, tanto distruttiva che
le era perfino tremato il braccio quando l’aveva lanciata, una cosa che
accadeva solamente quando invocava il patronus.
Lui non aveva ancora risposto alla
miriade di domande che gli poneva ogni giorno e lei aveva accettato la cosa,
dimenticandola pian piano mentre si faceva posto nel suo cervello per la nuova
minaccia dei mangiamorte. Ma la stranezza non era
sparita e prima o poi sarebbe riuscita a estorcergli qualche parola a proposito:
a volte lui sembrava quasi lì lì per dire qualcosa
eppoi si fermava prima di pronunciare la prima sillaba, voltando gli occhi e
guardando distante.
-
Che ne dici di
questo? – intervenne la voce di lui, insinuandosi nei suoi pensieri e facendola
quasi sussultare.
Draco Malfoy se ne stava in attesa,
un po’ scocciato, con una tela ripiegata di velluto, rifinita con passamaneria
dorata: sembrava piuttosto polverosa
-
Che vorresti
farci con quella tenda invernale? – dato che Raymond
trascorreva la maggior parte dei Natali a Hogwarts,
era raro che cambiasse le tende dalla primavera all’inverno, esattamente come
dimostravano quelle di tessuto leggero che stavano ora svolazzando con lo
spiraglio che filtrava dalle imposte socchiuse.
-
Beh, adesso che
ho la mia bacchetta…
Incominciò il biondo con un sorriso
sadico sul viso. L’enormità, ma soprattutto la gravità di quanto avrebbe fatto
la colpirono come un pugno allo stomaco.
Che qualcuno la risparmiasse, ma
quello NO!
-
Assolutamente NO!
– chiarì lei, per niente diplomatica
-
Andiamo, mezzosangue,
staresti così bene… - appunto, voleva vestirla con una tenda da casa? Ma quello
era fulminato completo!
-
Sta a vedere – le
disse raccattando la bacchetta che, magicamente rimessasi a funzionare, rispose
pronta al suo richiamo; in due minuti la forma piatta della tenda scomparve per
lasciare il posto ad un delizioso vestitino rosso e nero con bordino dorato e collettino scuro molto chic. Insomma, perfetto per una
brava bambina dalle tasche piene di soldi.
-
Se ti aspetti che
io indossi quel coso tutto fronzoli caschi male – gli rispose acida
-
E se tu stai
cercando di sabotare la mia uscita a cena, sappi che non ci riuscirai –
dichiarò altrettanto lui con convinzione – dopotutto lo faccio anche per te…
-
Per me? – indagò
scettica
-
Ma come, credevo
che fosse usanza babbana abbuffarsi alla Vigilia e
scartare regali e altre cose…
-
Mi sembrava che
nel mondo magico non fosse tutto così diverso – propose
-
Eppoi devo farmi
perdonare per averti fatta piangere
Silenzio.
Che aveva detto?
Che voleva farsi perdonare?
… doveva proprio aver ricevuto una botta in testa, ma bella forte, anche! Era
ancora da decidere se il destinatario della botta fosse lui che aveva detto
quelle cose o lei che aveva capito male.
Malfoy la guardò con un sorriso
irresistibile: ok, l’aveva detto solo per
convincerla, ma intanto, cosa sarebbe cambiato se si fosse trattato della
verità?
-
Da’ qui – disse
alla fine strappandoglielo dalle mani e andando a nascondersi nella cabina
armadio
Draco annuì compiaciuto: ottenere
ciò che voleva era il suo lavoro e, modestamente, gli riusciva anche
particolarmente bene.
* * *
Il ristorantino
grazioso dove lui aveva deciso di portarla era qualcosa che non aveva niente a
che vedere con i normali canoni di bellezza costituendo, da solo, il museo di
tutte le epoche storiche trascorse dalla Creazione ad oggi.
L’ingresso assomigliava a quello
del Ghirigoro, con ampi finestroni a riquadri e lumi
di candela ovunque.
I tavoli raccontavano la loro
storia attraverso le zampe di leone, cervo, orso e leopardi che li sorreggevano.
La clientela era varia, ma per lo
più costituita da stravaganti coppie o gruppi di amici di mezza età, qualche compagnia
venuta per festeggiare, molti irlandesi dai capelli rossi e il caratteristico
trifoglio appuntato sul cappello di feltro.
L’abbigliamento dei “fortunati”,
che sembravano trasudare denaro perfino dalla pelle, lasciava pensare a intere
colonie di bachi da seta rimasti senza casa, con un minimo contributo di pecore
merino.
Le dame osservavano i presenti
attraverso stravaganti monocoli e binocoli come usava nell’Ottocento e le loro
scarpe con tacco alla vittorina facevano un suono
molto caratteristico mentre percorrevano il pregiato parquet tirato a lucido.
Su ogni tavolo era sistemato un
vaso con un fiore e, per la ricorrenza, una stella di Natale era la
decorazione.
Malfoy la tenne per mano mentre lei
procedeva imbronciata tra la folla e lui rivolgeva sorrisi soddisfatti al
locale che, evidentemente, soddisfaceva i suoi sofisticati criteri estetici.
Quelli di lei erano rimasti a casa.
Si accomodarono ad un tavolino
d’angolo lontano dalle finestre, così che i passanti non potessero vederli e
riconoscere di striscio una certa somiglianza del moro in questione con
l’affascinante ghiacciolo rampollo dei Malfoy.
Hermione sbuffò dell’abitino ridicolo
che alla fine aveva deciso di mettersi e fu tentata di strapparsi dai capelli
il fiocco di velluto nero che aveva insistito per appuntarle. Se le occhiate
erano parole, in quel momento lui si stava sopportando una bella paternale coi controfiocchi tipo quelle della McGranitt.
Una graziosa cameriera raggiunse la
loro postazione per chiedere le ordinazioni.
La Caposcuola la studiò e lesse il
cartellino appuntato sulla divisa da “strega babbana”
che la tipa in questione indossava.
Si chiamava Tammi,
senza la “y”. Il biondastro le sorrise appena e questa sfoderò trentadue denti,
prodigandosi in una scelta del vino che, decisamente, non le spettava,
esaltando la qualità del dessert e la compagnia del locale.
Sarà stata anche una “casta
verginella” ma i feromoni di quella stavano
appestando l’aria. Le lanciò un’occhiataccia che, nel suo gergo, significava di
stare alla larga.
Malferret sorrise di quel tentativo, annuì per l’ennesima
volta, ordinò per entrambi e congedò la chiacchierona che stava facendo salire
il livello di frustrazione della sua damina.
-
Mi sembri un po’
gelosa – le disse
-
Come è vero che
Gazza ha una fidanzata
Lui rise della battuta e lei se ne
stupì.
-
Che te ne pare
del locale? – le domandò ancora
-
È kitch – rispose fredda
-
Mia madre pensa che
sia simpatico
-
E tu? – indagò
-
Il servizio ai
tavoli è pessimo
Lanciò gli occhi al cielo e scosse
la testa, gesto che, decisamente, non le si addiceva nella forma in cui si
trovava.
Tammi tornò con due porzioni miserevoli di antipasti,
promettendo che il loro menu natalizio sarebbe presto arrivato e, nel
frattempo, di assaggiare la specialità.
Spaventosa quella bocca piena di
denti! Riflettè lei mentre la cameriera si sporgeva
verso il biondastro (ormai moro) per illustrargli gli ingredienti e, nel
frattempo, mettendo in mostra una buona porzione di decolleté che minacciava di
sfuggire all’intrico di legacci che teneva il corpetto dell’abito.
Giusto quel che ci voleva per farle
passare l’appetito
-
Che bambina
silenziosa… - gli sussurrò poi
La Granger, però, capì ugualmente e
nell’arco di un secondo la incenerì con lo sguardo mentre questa scappava con
la coda tra le gambe.
“Vorrei vedere te se una perfetta
sconosciuta ci stesse provando col tuo pseudo padre”,
rimuginò nella sua mente.
Grazie al cielo, però, l’antipasto
era discretamente buono.
Esattamente come l’umore della
serpe.
-
Chissà che
staranno facendo gli altri in questo momento – pensò mentre infilzava la sua
porzione di ravioli
-
Probabilmente
avranno dato fondo alle scorte di Hogwarts – rispose
lui bevendo un vino rosso dal colore seducente – la Donnola senz’altro lo ha
fatto
-
Smettila – lo
ammonì
Lui fece spallucce e tornò al suo
calice di Borgogna.
-
Un po’ mi mancano
– ammise studiando un impettito cameriere svolazzare di qua e di là con le
portate in bilico tra le mani. – a te non manca Blaise
Malfoy nascose il rossore che gli
si formò sulle guance dietro allo strato di vetro del bicchiere.
La Granger aveva ragione,
nonostante stare con lei fosse divertente e non andare a scuola anche di più,
gli mancava la compagnia del suo migliore amico, le sue battutacce
politicamente scorrette e il suo umorismo a sfondo sessuale, con la
mezzosangue, invece, come si faceva il minimo accenno era un tripudio di
gradazioni carminio e fucsia!
A dirla tutta, gli mancavano anche
le rappresaglie al Grifondoro, chiacchierare con
Daphne e Pansy in Sala Comune e progettare qualche
scherzetto ai danni delle altre classi; anche salire su una scopa e farsi un
volo sopra la scuola era qualcosa di cui sentiva la mancanza…
Guardò la Granger col musetto
sporco di sugo al ragù che, sentendosi osservata, alzò gli occhi stupita
aspettando che dicesse qualcosa, tutto ciò che ottenne, però, fu una risata
sincera mentre Malferret la ammirava.
Però non avrebbe barattato quella
settimana insieme con dieci a scuola.
-
Senti un po’, Malferret – disse alzando un sopracciglio e affrettandosi a
fregare le labbra con il tovagliolo – io sono venuta qui per farti un piacere,
dunque il 27, quando riaprirà la biblioteca, tu verrai con me a dare un’occhiata
-
Credevo che fossi
io quello che doveva riscuotere visto che ti sentivi in debito – sottolineò
-
Dettagli
-
Toglimi una
curiosità, perché ci tieni tanto a mettere il naso in questa faccenda? È
pericolosa e piena di gente che non esiterebbe un istante a schiantarti, ci
sono maghi cattivi, molto… perché ti interessa tanto?
-
Siamo qui da una
settimana ormai e tutto quello che facciamo è oziare e girare per Hyde Park, voglio sapere che cosa c’è dietro quello
scaffale dei romanzi. – lui scosse la testa
-
Silente vorrebbe
che tornassimo tutti e due interi, tu soprattutto – rispose a bassa voce in
modo che gli altri avventori non udissero la loro conversazione
-
Oh, andiamo, non
succederà niente… - brontolò lei
-
Voi Grifondoro siete estremamente incoscienti quando vi ci mettete,
lo sai?
-
Non è vero!
-
Sì che lo è, fate
tante storie sul rispetto delle regole e tutto quanto, ma quando vi mettete in
testa qualcosa, cascasse il mondo, non arretrate di un passo
Hermione non seppe se prenderlo per
un complimento oppure no, ma visto che era quasi Natale, gli lasciò il
beneficio del dubbio e attese che continuasse la frase
-
Te e quegli altri
due avete rischiato di rimetterci la vita un fottio di volte, non ne hai ancora
abbastanza? Sei stata pietrificata da un basilisco, quasi uccisa al Ministero,
probabilmente avresti dovuto prenderti qualche bella punizione dalla Umbridge ed è solo grazie al mantello di Harry se Piton…
-
Come lo sai?! –
urlò quasi smettendo istantaneamente di mangiare e posando la posata sul piatto
Gli occhi di lui si spostarono dal
visetto infantile ad un candelabro che ardeva poco distante dal suo braccio e
che fluttuava nell’aria con naturalezza
-
Non me lo
chiedere – rispose come, ormai, faceva la maggior parte delle volte per le sue
domande
-
È un’altra cosa
che non mi puoi dire? – indagò lei, le sopraccigli abbassate, gli occhi fissi e
in ansia
-
Sì
Pausa, silenzio mentre si udiva in
sottofondo il ticchettio delle stoviglie, il rumore dei piatti che appoggiano
sul legno rivestito dalla tovaglia, il suono sordo dei tacchi che battevano sul
pavimento e quello appena percettibile del fuoco dei gamberetti flambé.
-
Perché ci sono
così tante cose che non mi puoi dire? – lui non rispose – perché hai così tanti
segreti, quando non ne hai mai avuti?
Gli occhi azzurri si fissarono in
quelli ambrati scurendosi progressivamente mentre lei riusciva a riconoscere la
rabbia montargli dentro e crescere come un ciclone
-
Cosa vuoi saperne
dei miei segreti – le disse furioso – nessuno ne ha mai saputo niente, ma ce ne
sono sempre stati. Eppure voi guardate, dall’alto della vostra perfezione Gryffindor, giudicate e condannate gli altri senza sapere
che cosa c’è dietro. Cosa credi che facciano i tuoi cari compagni ogni volta
che mi incrociano? Forse non me lo dicono in faccia, ma sento quando la parola
“mangiamorte” viene pronunciata dietro le mie spalle.
-
Io non l’ho mai
fatto – precisò lei un po’ intimorita da quell’invettiva
-
È vero, ma
intanto parti dal presupposto che questa sia la prima volta che ti nascondo
qualcosa. Ma c’è mai stato qualcuno che ha mai voluto conoscere solo per me?
Credi che ci sia mai stato? Perfino tu, perfetta Caposcuola, mi hai giudicato.
E non so come mai il tuo giudizio è stato differente da quello degli altri
perché le tue belle labbra non hanno effettivamente mai pronunciato quella
parola blasfema dietro di me e neppure in faccia. Ma perché vuoi sapere? Perché
sei curiosa, perché ti viene nascosto qualcosa… non certo perché ti preoccupi,
perché sono io, perché è un segreto della mia famiglia, perché forse qualcuno
ci sta male… - gli occhi di lei si indurirono mentre lui parlava. E aveva
maledettamente ragione. Ma non era con cattiveria che gli poneva quelle
domande.
-
Quanto tempo è
che ci conosciamo? – chiese infine senza spostare gli occhi
-
Più o meno sette
anni – lei annuì
-
E quanto tempo è
che credi abbia saputo tutto questo? – capiva dove voleva andare a parare,
visto che erano sempre stati distanti, era normale che lei non si preoccupasse
per lui, che non desiderasse conoscerlo… con quel che le aveva fatto passare in
quei giorni, poi, era più che comprensibile.
-
Una settimana –
rispose preciso
-
Molto bene. Credi
che potresti confidarti con una persona con cui sei amico da una settimana?
-
Ti sei bevuta il
cervello? – indagò scettico, lei scosse la testa
-
All’inizio ho
pensato che, visto che non ci siamo sopportati per così tanto, fosse normale
non preoccuparsi, soprattutto di qualcuno che ti chiama abitualmente con
l’insulto più cattivo che riesce a trovare nel suo vocabolario. Ma poi ho riflettuto
che in questi sette giorni… beh, è un po’ come se qualcosa fosse cambiato.
Perché noi siamo un po’ amici, ormai, vero?
Sembrava che ci fosse della
speranza che brillava tra quelle pagliuzze dorate nei suoi occhi e che non
riuscivano a far uscire quel NO che gli ronzava nel petto. Lui non ci aveva
riflettuto, ma, forse, anche se non erano proprio come amici, sì, qualcosa era
cambiato nel loro rapporto.
E dannazione, lui VOLEVA una amica
come lei.
-
Granger, io e te
non siamo amici – rispose alla fine e vedere quel fuoco che le bruciava negli
occhi spegnersi d’improvviso fu terribile – ma non lo siamo perché non abbiamo
voluto esserlo, né io né te. Tu non hai bisogno di un amico come me, sempre che
io possa essere chiamato amico… e io…
-
Non hai bisogno
di una mezzosangue schifosa tra i piedi
-
Anche – annuì –
ma… soprattutto… non posso coinvolgerti in questa storia. Non l’ho fatto con Blaise, e credo che tu ci definiresti amici, e non lo farei
con te. Quindi non credo che te ne parlerei.
Stranamente, a differenza di tutto
quello che si sarebbe aspettato, lei sorrise
-
Ti sei
dimenticato di dire che NON VUOI una amica come me – aggiunse, lui fece per
aprire la bocca, ma lei lo precedette – sono contenta che tu non l’abbia detto…
E il sorriso divenne dolcissimo,
mentre lo guardava con gratitudine per quelle due parole che non avevano
lasciato la sua bocca e che, forse, non erano neppure state pensate. Una volta
sarebbe stato così, l’avrebbe pensato e detto. Ora non più.
Forse qualcosa era davvero
cambiato.
-
Ehi Granger –
aggiunse poi, sollevato di vedere quelle labbra sorridere – se un giorno si
sistemerà tutto te lo dirò
-
Cercherò di
preoccuparmi un po’ di più – annuì lei a sua volta – ma se tu non mi dici per
cosa, sarà molto difficile
* * *
Come tutti sanno, trovare un taxi
la notte di Natale è un’impresa impossibile.
Idem per un mezzo pubblico.
Ed era per questo che, tra le luci
accese sopra le strade e attorcigliate sui lampioni si riuscivano a scorgere
due figure camminare nei marciapiedi decisamente meno affollati del solito.
La ressa che giornalmente invadeva
la Londra babbana scompariva la notte della Vigilia
per lasciare il posto a signore in pelliccia con borse piene di regali e
persone che si dirigevano alla messa natalizia.
Draco ed Hermione rabbrividirono
nel freddo dell’inverno e proseguirono di qualche passo mentre a turno
strofinavano le mani coperte dai guanti le une contro le altre, nella speranza
di creare un minimo di calore.
Malfoy avanzava nel suo loden verde
scuro, così intenso che poteva sembrare nero, la sciarpa che pendeva
leggermente dietro la schiena e le mani infilate nelle tasche laterali.
E dalla tasca destra spuntava un
altro braccio, più piccolo e sottile che risaltava di un rosso brillante e che
apparteneva ad una bimbetta che gli camminava a fianco con una certa fatica per
tenere il passo veloce con cui stava accorciando a distanza tra l’attico di Raymond e Diagon Alley, da dove erano partiti.
Hermione rabbrividì ancora e
proseguì finché il Big Ben non rintoccò
A turno, tutte le chiese della
città fecero squillare le loro campane e un coro di tonfi e sbatacchii li
accompagnò fino all’ingresso di Hyde Park, finché un
rumore familiare, proveniente direttamente dalla sua infanzia, non la riscosse
dalla contemplazione del gelo londinese e le fece alzare e voltare la testa di
scatto, incurante del vento gelido che le scompigliava i capelli e le arrossava
le guance.
Malferret si accorse che lei si era fermata e si posizionò al
suo fianco, guardandola prima negli occhi persi oltre e poi spostando i propri
nella direzione in cui la ragazza (al momento bambina) stava guardando.
Una piccola chiesetta di pietre era
posta sul verde di un prato, la struttura semplicissima dalla caratteristica
forma a capanna e un campanile non troppo slanciato che terminava con un’unica
campana e una croce latina.
Le iridi ambrate di lei sembravano
ammirare quella costruzione, ma erano i ricordi di quando aveva l’età che
adesso dimostrava che le scorrevano davanti, riportandole alla memoria molte
immagini che credeva dimenticate.
-
E’ una chiesa –
disse lui avvicinandosi appena
-
È Saint Raphael – rispose lei muovendo un passo verso la porta
appena accostata dell’ingresso
-
È cattolica –
aggiunse lui seguendola mentre, lo vedeva, voleva entrare. Le chiese cattoliche
erano riconoscibili a colpo d’occhio, avevano una struttura più massiccia e
avevano un’aura particolare che era inconfondibile
-
Sì
Una risposta semplice. Lei sembrava
essere persa in un mondo distante del quale lui non faceva parte, qualcosa che
non conosceva di lei, probabilmente legato a quegli anni e quei mesi in cui non
erano a scuola insieme.
E un po’ adesso capiva come doveva
sentirsi a parlare di un mondo dal quale probabilmente lei era esclusa, quel
mondo di cui taceva…
Le manine piccole fasciate dai
guantoni di lana si posarono sul legno vecchiotto dell’uscio, spingendolo
appena verso l’interno e rivelando la forma a croce greca dell’edificio.
Mosse un passo per entrare, ma lui,
questa volta, non la seguì, rimase fermò sulla soglia, scrutando con aria cupa
l’intero caldo e illuminato di quella chiesetta deserta.
-
Ferma! – le disse
prima che il piede infantile potesse oltrepassare la soglia
-
Che cosa c’è? –
chiese lei, a sua volta, guardandolo stupita. L’aveva seguita fin lì, perché
all’improvviso si era arrestato?
-
Non entrare –
sembrava una supplica quella che le rivolgeva e gli occhi velati di tristezza,
esattamente come quelli di lei che non potevano ricongiungersi con ricordi
antichi.
-
Ma…
Vide una smorfia di dolore
storpiargli i lineamenti fini del viso e poi, la mano destra con cui prima la
teneva per mano, spostarsi sul braccio sinistro e stringerlo con rabbia.
Il Marchio Nero.
-
Ti fa male? –
chiese preoccupata arretrando. Fu tentato di annuire, così che potessero
ritornarsene a casa senza dover mettere piede lì, ma quello sguardo che le
leggeva fece crollare ogni proposito di mentirle: c’era una cosa nella Granger
che impediva di ingannarla, perfino quando voleva sapere qualcosa che non poteva
dirle; sarebbe stato più facile raccontarle una palla qualsiasi, ma non c’era
riuscito la prima volta e non ci riusciva neppure adesso.
-
No – fu tutto
quello che le disse, anche quella era una bugia, ma lo faceva per proteggerla.
Gli occhi di lei, tuttavia, non cambiarono espressione: si era accorta che non
era vero. – ma uno come me non può entrare in un posto come questo…
La testolina coperta di boccoli si
alzò verso la grossa croce che sovrastava l’ingresso
-
Perché? – domandò
innocente, senza capire, lui sbuffò
-
Granger, sono un
traditore e sono stato marchiato, lo sarò sempre, potrò anche non crederci, ma
ho il marchio più o meno visibile che lo sono stato rimarrà
-
Tu non lo sei mai
stato – sottolineò lei, lui spostò lo sguardo per non dover incontrare quelle
iridi indagatrici
-
Non cambia nulla.
Ricordi cosa disse Dio a Caino? “Il
Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse
incontrato”, non ti ricorda un poco il Marchio? Caino fu fuggiasco e si
nascose da Dio, così come i mangiamorte si nascondono.
Tutti riconoscono un mangiamorte dal Marchio.
-
Come sai tutte
queste cose? – gli domandò colpita, lui non rispose - La chiesa è il luogo dove
si confessano i peccati e dove essi vengono perdonati. Non è forse così? –
disse lei
-
Caino non è mai
stato perdonato – rispose Draco
-
Gesù Cristo è
venuto sulla terra per portarci il perdono, ha perdonato anche chi l’ha ucciso.
Tu hai ucciso qualcuno? Hai ucciso tuo fratello? – lui esitò e poi scosse la
testa, lei gli prese la mano
-
Allora vieni, non
hai motivo di temere
Malfoy non era convinto, temeva
quel posto e se fosse stato per lui non vi sarebbe mai entrato.
Perché, invece, lei voleva tanto
andarci?
Gli prese la mano e si fermò a guardare la
navata silenziosa, invasa solo dalla musica di un organo che suonava sopra le
loro teste, lo fece avvicinare ad una statua della Vergine e mise una moneta
per accendere una candela, poi chinò la testa e pregò.
-
Quando ero
bambina mia nonna mi portava sempre a Saint Raphael
la notte di Natale – gli spiegò paziente, ma i suoi occhi erano di nuovo
distanti – e prima di uscire accendeva un lume alla Madonna… vorrei che potesse
continuare a farlo…
-
Dov’è tua nonna
ora? – le domandò un poco toccato da quelle parole
-
In Cielo –
rispose
E senza dire altro, fece il segno
di croce e uscì.
-
Le volevi bene,
vero? – le chiese dopo che la porta si fu richiusa dietro di loro, lei annuì
con la testa e una lacrima le rigò la guancia, facendole sentire ancora più
freddo – mi dispiace…
Sembrava stranamente sincero
mentre, posando gli occhi azzurri lontano, mormorava appena quelle parole che
si persero nel vento sferzante della notte.
E le parve che il cuore non fosse
più così freddo come lo era fino a poco prima; sollevò le iridi, riscaldate da
un nuovo sentimento e lo ringraziò tacitamente per quello che aveva detto, non
erano parole che si sentissero spesso dette da qualcuno come il Principe delle
Serpi. E poi anche un’altra sensazione… che lui fosse sempre distante, troppo
distante… se fossero tornati a scuola, che cosa sarebbe successo? Si sarebbe
perso tutto quel poco che avevano conquistato in quella settimana trascorsa
insieme? Ebbe paura della risposta e per questo si affrettò a camminare e
sbrigarsi per ritornare a casa.
* * *
Un suono semplice la svegliò quella
mattina.
Il sole del giorno dopo Natale la
colpì sugli occhi dopo aver scacciato le nubi della sera precedente assieme
alle lacrime che aveva silenziosamente versato quella notte.
Sollevò le palpebre e si guardò
attorno cercando di identificare l’origine di quel rumore: il campanello della
porta.
Alzò un braccio e si portò la mano
con le dita aperte davanti al viso: era tornata ad avere una ventina d’anni…
ciò significava che lui doveva averne di nuovo una decina…
Fece per grattarsi il petto per poi
alzarsi ed andare ad aprire la porta quando, appoggiando la mano sul torace,
sentì qualcosa che, decisamente non doveva trovarsi lì. Tastò la forma di una
mano infantile e girando preoccupata la testa vide la figura nuovamente di
bambino di dieci anni di lui che dormiva su un fianco, appoggiato su di lei, il
braccio aperto con noncuranza sul suo seno
Un urlo spaventoso invase la stanza
mentre lei sentiva le dita infantili appoggiare dove non dovevano
-
Tieni le mani a
posto, porco! – gridò alzandosi a sedere di scatto e svegliando anche lui che
aprì gli occhi ancora insonnoliti, si inginocchiò sulle lenzuola e stiracchiò
accorgendosi che la maglia che si era messo per andare a dormire ormai gli
faceva da vestito
-
Che cazzo hai da gridare alle otto di mattina? – sbraitò a sua
volta a tono altrettanto alto
-
Ti avevo detto
che non dovevi starmi appiccicato di notte! – ribatté lei
-
Sei stata te che
sei finita nella mia parte di letto! – rispose acido. Evviva il “si è tutti più
buoni a Natale”…
-
Non è vero!
-
Sì che è vero!
Oltre la porta, Harry scambiò
un’occhiata con Ginny dopo aver assistito a quel
bisticcio mattutino che riusciva quasi a figurarsi nonostante il legno spesso
dell’uscio non glielo permettesse, la sorellina di Ron
sembrava tremendamente a disagio e anche lui si sentiva un po’ fuori posto.
Vide le nocche di lei farsi bianche mentre stringeva tra le mani un cestino con
qualche dolce fatto in casa che Molly Weasley aveva dato loro da portare ad Hermione.
Preoccupato alzò gli occhi
sull’altra figura che era assieme a loro
-
Come accidenti
fai a essere così tranquillo? – chiese all’indirizzo di Blaise
che gli stava accanto divertito scrutando la paratia con il numero della
stanza.
Per tutta risposta lo Slytherin, vestito con abiti babbani,
ma i cui pantaloni avevano comunque una impeccabile piega sul davanti, gli
rivolse un sorriso da fotoromanzo che la diceva lunga su quel che pensava anche
se, al momento, Harry era più preoccupato che altro.
-
Herm sa badare a se stessa – gli rispose infine vedendo
che l’ansia del bambino sopravvissuto cresceva come la probabilità di
ritrovarsi Draco con cinque dita stampate in faccia visti gli sviluppi del
litigio oltre la porta che non aveva accennato a placarsi.
Sorrise ancora e suonò di nuovo,
forse era il caso di darci un taglio prima che uno dei due dall’altra parte
uccidesse l’altro a suon di schiantesimi…
* * *
Spazio autrice: ehehehe, questo è il
secondo Natale che metto nelle mie fic su Harry
Potter, ormai sta diventando un’abitudine… a mia discolpa posso dire che è la
festa che mi piace di più e quindi adoro descriverla in tutte le sue varie
sfumature.
Bene bene…
sto scrivendo qualche capitolo più avanti e, ovviamente, sono tormentata dai
dubbi perché stiamo entrando nella parte centrale della storia, anche se, temo,
su quella mi dilungherò parecchio, spero solo di riuscire a rimanere nel limite
dei 20 capitoli che mi sono imposta sennò il seguito delle Relazioni, con
l’esame alle porte me lo sogno di notte.
Spero tanto che questo capitolo vi
piaccia e mi auguro che, anche questa volta, mi lascerete un commento!
Un bacio grandissimo alla madrina
di questa fic, VAI IRE, LE TUE FIC SONO
MERAVIGLIOSE!!!
E un saluto gigante a tutti i
lettori ritrovati dopo tanto…
Un bacio invece a tutti i nuovi
arrivati, non credevo che potesse esserci così tanta gente a seguire le mie
storie, sono commossa, grazie! Vi stringerei la mano con le lacrime agli occhi
ad uno ad uno, ma sfortunatamente non ho tempo perché il compito di statistica
di martedì mi aspetta e la strega, pardon, la prof di mate, mi fa uscire di
testa più del solito XP
Ciao!
Nyssa
Lord Martiya: confesserò la mia ignoranza: non so cosa sia la
dichiarazione di San Pietroburgo, anche se ha un bel
nome, quindi forse è il caso che mi aggiorni :P
Non avevo mai pensato ad un
intervento della Guardia Reale nella vicenda, ma chissà, potrebbe sempre
succedere, comunque credo anche io che la Regina, visto che è il Capo di Stato
inglese sia a conoscenza del mondo magico e co.
Spero che ti piaccia anche questo
ottavo capitolo, aspetto di sapere che cosa ne dici, ciao e a presto! Nyssa
luana1985: beh, anche se a me
avrebbe fatto più piacere se non si fosse nascosto, forse ha fatto bene, già la
Granger ne sarebbe rimasta traumatizzata da grande, figuriamoci in versione
bambina! Anche se l’Hermione di questa fiction è decisamente meno pudica di
quella che avevo creato per le Relazioni e questo si vede…
Spero che ti piaccia anche questo
capitolo natalizio fuori stagione, sono curiosa di conoscere la tua opinione,
nel frattempo ti mando un bacione grande, ciao, Nyssa
Shavanna:
nonostante abbia una certa pratica di bambini maschi perché ho fatto da
babysitter, con le bambine ho avuto poco a che fare, quindi credo che le avrei
coccolate fino alla nausea anche io, anche se temo che Draco non sia di questo
avviso nonostante un po’ si veda che si intenerisce davanti agli occhi
infantili di Herm-versione-otto-anni…
Il segreto c’è, ma non posso
sbilanciarmi perché sennò rovino tutta l’atmosfera e ci sono ancora un paio di
cosucce da sapere prima che tutta la storia venga a galla con relative storie
parallele e segreti inconfessabili, come è nel mio stile.
Nel frattempo spero ti piaccia
anche il nuovo aggiornamento, dimmi che cosa ne pensi e grazie per essere una
così assidua lettrice e recensitrice, ciao e un bacione! Nyssa
herm83: ce lo vedo tantissimo
Draco alle prese con una figlioletta e credo che Herm
abbia il carattere giusto, alla fine ^_^
sono molto contenta anche che la
prima parte ti sia piaciuta, effettivamente è stato un capitolo pieno di
segreti non rivelati XD ma presto si comincerà a vedere qualche tenue spiraglio
di luce, promesso.
La seconda parte so che è molto
triste, ma mi serve per introdurre una vicenda vecchissima e ormai passata di
cui pochi hanno memoria e, soprattutto, cominciare a dire che Silente non è
sempre stato quello che è adesso, ma se dico ancora qualcosa dovrò tagliarmi
mani e lingua o rovino tutta la suspance!
Grazie mille per tutti i bellissimi
complimenti che mi hai fatto, mi hanno fatto molto piacere, thanks!
Spero che ti piaccia anche il mio
ottavo aggiornamento, aspetto di sapere, ciao e un bacio! Nyssa