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Autore: The Edge    23/07/2013    1 recensioni
-Mi spiace Dean, ma ormai credo che sia arrivato il momento di finire con tutto questo.
Sono stufa e tu lo sai meglio di me.-
-No! Ti prego, resta con me!-
-Ho fatto la mia scelta-
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dean è andato in piscina per sfuggire dalla calura.
Io sono rimasta a casa a leggere, ma c’è qualcosa che mi rende insofferente, non riesco a stare ferma. Devo uscire, per forza, o altrimenti divento matta.

Mi avvio verso la biblioteca, è da troppo tempo che non ci vado. Come sempre la bibliotecaria mi rivolge un sorriso trentadue denti “Buongiorno cara”
“Salve Miss Margaret” la saluto, è sempre gentile con me, forse anche perché sono l’unica ragazza che frequenta questo posto.
Sono affezionata a Miss Margaret, è stata lei a dirmi che leggere amplia la mente e che potevo prendere quanti libri volevo. Mi è sempre piaciuto accomodarmi sul piccolo divano a divorare volumi.
Ormai conosco ogni singolo granello di polvere di questo luogo così… magico, oserei dire. Conosco a memoria ciascuno dei miei testi preferiti, ho letto moltissime enciclopedie e ho scoperto una moltitudine di cose. Mi piace studiare quello che voglio io, infatti a scuola ho dei voti quasi al limite del dramma, perché quello che spiegano è sostanzialmente inutile. Invece qui ho la possibilità di conoscere quello che desidero e ogni cosa che apprendo non la dimentico più.

Afferro un paio volumi e mi sistemo sul divano accanto alla finestra e mi immergo nella lettura.
Le ore passano senza che io me ne accorga, mi rendo conto che ormai sono le sette e mezza passate quando il mio cellulare incomincia a vibrare.
“Pronto?”
“Sonja dove sei?” sibila Dean innervosito
“In biblioteca, non hai visto l’SMS che ti ho mandato?”
“Ehm, no. Il mio cellulare è scarico. Ti sto chiamando da casa”
“Ho visto. Comunque adesso arrivo, finisco di leggere l’ultima pagina e poi esco dalla biblioteca”
“Va bene” 


Mio malgrado devo abbandonare questo posto.
Saluto Miss Margaret, la quale mi sorride con gentilezza e mi accompagna alla porta.
Mi ritrovo in strada e comincio a camminare a passo spedito, meglio se torno alla base in fretta.
Los Angeles, come ogni metropoli che si rispetti, pullula di gente. Il che è sia un bene che un male.
Un brivido mi corre lungo la schiena, c’è qualcosa che non mi convince affatto.
Per paura mi metto a correre a perdifiato, e nel giro di pochi minuti mi trovo davanti alla casa di Dean.
Il mio migliore amico è sulla porta “Perché corri? Il pavimento scotta?”
“Prendimi per paranoica, ma sinceramente mi turba alquanto girare per la città sapendo che Frank potrebbe comparire da un momento all’altro.”
“Capisco…. Dai, entra”

 
***

Esco dalla doccia e mi avvolgo con l’accappatoio. Mi strofino con forza i capelli con l’asciugamano. Mi guardo allo specchio: sembra quasi che io abbia un porcospino sulla testa.
Un’improvvisa sonnolenza mi coglie, comincio a sbadigliare come un orso. Mi infilo la maglietta, che dopo un brutto incidente in lavatrice, si è allargata talmente tanto che potrebbero starci dieci persone.
Mi passo nuovamente l’asciugamano sulla testa e strizzo i capelli, asciugandoli immediatamente. Passo le dita tra le ciocche bionde e metto i pantaloni del pigiama.
Non ho nemmeno tanta fame e per questo mi butto a peso morto sul letto. Mi rannicchio accanto al cuscino, lo abbraccio e chiudo gli occhi.
Sto per addormentarmi quando qualcuno spalanca la porta “ Si cena! Mia madre ci ha lasciato il pollo arrosto da scaldare. E’ pront… Sonja tutto bene?” esclama il mio migliore amico sedendosi sul letto.
Mugolo parole senza senso, ho sonno e vorrei dormire.
Dean non demorde, quanto è testardo quel ragazzo!
“Sai vero che io ho l’ordine del capo supremo, mia madre, di riempirti lo stomaco? Su, alzati”
Non rispondo, sono decisa a farmi una sana dormita, e non sarà di certo un pollo arrosto a farmi alzare dal letto.

“Non ho fame” sussurrò a bassa voce, con il viso premuto sul cuscino.
Dean sospira e afferra la mia mano sinistra, la stringe tra le sue “Cosa ti è successo? E’ da quando sei tornata che sei… strana”
“Sono semplicemente stanca. Voglio farmi una  dormita di quelle colossali.”
Mi giro supina per guardarlo in faccia, mi sorride e scuote la testa “E va bene, per questa volta ti lascio riposare. Se cambi idea, in cucina c’è un pollo arrosto che è una meraviglia.”
“Va bene.”
Dean si china su di me e mi da un leggero bacio a stampo sulle labbra.
 Possibile che ogni volta che mi sfiora, io devo arrossire come un pomodoro maturo?


***
 

Il professor Poljk è appena uscito dalla classe.
Abbiamo fatto la verifica e secondo il mio punto di vista, era anche facilissima, quasi banale.
Ma dall’espressione di panico di Alec, ho dedotto che per lui fosse bella tosta.

L’insegnante di scienze è in ritardo, strano. Di solito quella donna è puntuale come la morte. Che agghiacciante paragone. 

Alec è nervoso, si sta mangiando le unghie delle mani e ha un tic alla gamba.
Lo guardo di sottecchi “Che succede?”
“Non lo so. Stamattina mi sono svegliato col piede sbagliato e ho l’impressione che stia per succedere un qualcosa di poco piacevole.”
“Dici?”
“Sì. E’ una sensazione orrenda.”
 

La nostra conversazione viene interrotta dall’insegnante di scienze, che finalmente si degna di muovere il suo enorme fondoschiena e viene in classe a fare il suo lavoro.
Non si è nemmeno seduta che incomincia già col suo monologo che deve interrogare. Come se non lo sapessimo!
Ormai non spiega nemmeno più, interroga e basta.
Un vero suicidio e una vera noia.

L’ora non passa più. Quasi quasi mi faccio una pisolata, non mi importa niente di tutto questo.
Il mio compagno di banco è ancora parecchio nervoso, non riesce a stare fermo e per sua sfortuna, anche la prof se ne accorge “Signor Johnson vorrebbe darsi una calmata? O giuro che le farò passare un pomeriggio d’inferno, tanto che le torture dell’Inquisizione Spagnola le sembreranno dei massaggi.”

Suona la campanella. La prima ora con questa matta è finita. Ne mancano solo altre due.
Giuro che se trovo l’idiota che ha deciso di farci fare tre ore di scienze di fila… lo faccio a fettine con il righello.
Poggio la testa sul banco, non ce la faccio più. Perché le lezioni di matematica sono così piacevoli? Passano decisamente troppo in fretta. Mentre scienze sembra che non finisca mai.

“Signorina Michajlovna esca interrogata.” Dichiara quella balena spiaggiata.
“Prof sono impreparata” rispondo con voce incolore. È  vero, non ho studiato e non me ne importa più nulla. Che si fottano tutti.
“Sa vero che ciò che mi ha appena detto equivale ad un due sul registro?”
“Certo”
“Va bene. Mi dica, ha intenzione di farsi bocciare quest’anno?”
“Può darsi. Per quello che mi importa...”
“Sta dicendo che secondo lei la scuola è una perdita di tempo?”
“Non l’ho detto io, ma bensì lei”

La prof stringe le labbra in una linea sottile, freme dalla rabbia “Fuori”
Con un sorrisetto mi alzo, do una pacca sulla spalla ad Alec per fargli cenno che sto movimentando la lezione ed esco dalla classe.
Una volta in corridoio comincio a camminare, mi dirigo verso il bagno delle ragazze. E’ stranamente deserto, di solito a quest’ora c’è sempre un andirivieni di gente.
Mi risciacquo la faccia e rimango impressionata dal mio riflesso nello specchio. Ho delle occhiaie da paura, sono dimagrita tantissimo. Solo ora mi accorgo che effettivamente i vestiti mi stanno larghi e che ho il viso più smunto del solito.

Torno in corridoio e mi siedo di fronte alla porta della mia classe. Che noia. Per lo meno sono riuscita a scampare un po’ di tempo lontana dalla balena e dalle sue stupide interrogazioni.
E’ vero, rischio l’anno. L’unica materia sufficiente è matematica mentre le altre sono al limite del dramma.

La porta si apre improvvisamente e la balenottera mi ordina di entrare di nuovo in classe e di comportarmi bene.
Di malavoglia ubbidisco e vado a sedermi al mio banco.
Alec accenna un sorrisetto “Che fine ha fatto la Sonja tranquilla che conoscevo?”
“E’ andata momentaneamente in vacanza. Le ore di scienze mi fanno un pessimo effetto.”
“Ho notato” il mio compagno di banco ridacchia sottovoce e mi da una gomitata amichevole.
Gli faccio una linguaccia e apro la finestra alla mia sinistra.
Piuttosto che ascoltare la prof, guardo la strada. È di sicuro più interessante.
All’improvviso noto una persona che riconoscerei anche ad occhi bendati. Cosa ci fa lui qui?
Sono impaziente di uscire.

 
***

E’ appena suonata l’ultima campanella. Afferro lo zaino ed esco di corsa dalla classe, senza nemmeno salutare Alec, che mi guarda perplesso. Non mi fermo davanti a niente, continuo a correre verso l’uscita.
Una volta fuori faccio vagare il mio sguardo e appena trovo il mio obbiettivo, ricomincio a correre.
Sento delle voci che mi chiamano, molto probabilmente saranno Dean e Alec, ma non riesco a dar loro retta.
Lui è qui.
Non ci posso ancora credere, ditemi che non è un’illusione.
“NONNO!” urlo a gran voce in ucraino.

Il padre di mio padre si volta, sorride e allarga le braccia pronto ad accogliermi in un abbraccio senza fine.
Lo stringo forte, come per accertarmi che sia tutto vero e non uno scherzo della mia mente.
“Bambina mia, ma quanto sei cresciuta?” mi domanda commosso. Quanto mi è mancata la sua voce!
Sento che in questo momento potrei morire dalla felicità.
Mio nonno Misha è qui con me.
“Sei proprio la copia di Andrej…” sussurra con un sorriso mentre mi accarezza la testa.
“Cosa ci fai qui a L.A. nonno?” domando incuriosita.
Nonno sospira e scioglie l’abbraccio per potermi guardare in faccia “Sono qui perché dovevo convincere tua madre a partire immediatamente per l’Ucraina. A casa ci sono troppe faccende da risolvere ed è ora che Kristina impari a fare il suo dovere. No tesoro, non puoi venire anche tu. Odessa al momento non è il posto adatto per una ragazzina.
Se tua madre non fosse scappata con te dopo la morte prematura di Andrej, tutto questo non sarebbe mai accaduto.”

Non ci posso credere “Ti prego nonno, portami via da qui. Voglio tornare a casa mia.
“So bene che vuoi tornare in patria, assomigli moltissimo a tuo padre in questo. Anche lui amava la sua terra natale. Ma ti prego, credimi. Devi pazientare ancora un paio di anni. Sai, se fosse per me ti porterei volentieri. Primo aereo che passa e poi finalmente a casa, ma non posso.”
Abbasso lo sguardo a terra “E dimmi, quanto tempo dovrà stare via mia madre?” domando a mezza bocca.
“Sarò sincero. Non lo so ancora di preciso, tutto dipende da lei. Adesso sta facendo le valigie di nascosto da suo marito. Le ho chiesto di dirmi il nome della tua scuola perché volevo rivedere la mia amata nipotina almeno una volta” mormora con le lacrime agli occhi.
Mi abbraccia di nuovo e mi bacia la testa “Mi sei mancata tanto in questi anni. Ti prometto che farò il possibile per farti tornare a casa entro due anni”

All’improvviso il suo cellulare comincia a squillare.
Il mittente della chiamata è mia madre, di sicuro.
Mio nonno risponde in russo, ma con mia somma sorpresa, parla in dialetto strano, che non riesco a comprendere.
Aggrotto le sopracciglia, riesco a captare delle parole “fuga” “arrabbiato” “Sonja” “pericolo”

Non mi ci vuole molto per capire che Frank è arrabbiato e che io sono in pericolo, visti i precedenti del mio patrigno.
L’unico tassello che non comprendo è “fuga”.
Chi deve scappare? Io o mia madre? O entrambe?
Spiegatemi! Vi prego.
 

***

Nonno è andato via. È andato a prendere mia madre e adesso si stanno dirigendo verso l’aeroporto di Los Angeles.

Ormai in questa strada davanti al mio liceo non c’è nessuno. Tutti quanti sono andati a pranzo, come giusto che sia.


“Sonja”
Mi giro in direzione delle voci e vedo Alec e Dean che sono seduti sulla panchina.
Sorrido impercettibilmente, sono una coppia assurda quei due. Ma sono contenta che mi abbiano aspettata.
“Ciao ragazzi” tento di mascherare il mio nervosismo, ma il mio compagno di banco fa una smorfia poco convinta “Ti ho già detto che non puoi mentire, o meglio, non ne sei capace. Allora, che succede?”
Dean gli lancia un occhiataccia e Alec gli fa la linguaccia “E’ inutile che mi guardi male, entrambi vogliamo sapere cosa sia successo, ergo lasciamola parlare.”
Sospiro e alzo gli occhi al cielo “Mio nonno mi ha detto che ci sono dei problemi a casa e che mia madre deve andare assolutamente in Ucraina.”
“Oh merda. Ma problemi di quale genere?” domanda stupefatto Dean, anticipando Alec.
Scuoto la testa “Non ne ho idea. Fatto è che mia madre e mio nonno sono partiti. E io sono qui. Con Frank alle calcagna. Da quello che ho capito, non l’ha presa affatto bene.”




Angolo dell'autrice
Buonasera gente, finalmente torno ad aggiornare!
Questa domenica parto per il mare e non so quando potrò aggiornare nuovamente. Ma credo che entro agosto/primi di settembre la storia sarà bella e conclusa.
Ad occhio a croce direi che mancano quattro capitoli, epilogo compreso.
Spero che vi sia piaciuto.
A presto!
The Edge
  
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