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20 – Never Let me Go
Un
cerchio alla testa la costringe ad aprire gli occhi.
La
sua camera non le è mai sembrata così piccola
come in quel momento.
Era
successo davvero?
Non
era riuscita a resistere molto nella stessa stanza con quella donna.
Si
era defilata con la scusa prepararsi per la serata al Q3.
Non
se l'era sentita di cancellare la sua cena di compleanno, Lanie e
Maddie ci
tenevano tanto a festeggiarla. Per non parlare di Jim. Inoltre
annullare la
cena significava fornire delle spiegazioni e lei ancora non ne aveva.
Ma
anche sfoggiando sul viso uno dei suoi migliori finti sorrisi, era
chiaro come
il sole che qualcosa non andava.
L'assenza
di Rick e Alexis pesava come un macigno e Kate non fu molto abile a
deviare
ogni loro domanda.
Ma
non rivelò nulla.
Ringraziò
gli amici, baciò suo padre, spense il cellulare e corse
dritta a casa con
Peter.
Un
leggero sobbalzare la distoglie dai ricordi della sera precedente.
"Mi
spieghi cos'è successo ieri sera?" domanda Peter, sdraiatosi
accanto a lei
a letto.
"Non
mi va di parlarne" Kate si massaggia il volto "Alexis non te l'ha
ancora detto?".
"Mi
ha detto che c'è stato un problema famigliare e che me ne
avrebbe parlato di
persona. Mi devo
preoccupare?".
"Alexis
sta bene" risponde solamente, non potendo esserne però
certa. Chissà come
aveva preso la notizia. Era sconvolta anche lei?
"Per
te, Kate. Mi devo preoccupare per te?" specifica
Peter, prendendole
la mano.
Prima
che possa rispondere sentono dei colpi provenire dalla porta.
"Vado
io" le dice Peter, ma Kate si alza in automatico e lo segue
all'ingresso.
"Ti
ho chiamata per tutta la notte!" è l'unica cosa che Castle
riesce a dirle
quando la vede.
Peter
nota gli occhi segnati e lo sguardo stravolto, come Kate.
"Mi…
mi vado a lavare…" bofonchia il ragazzo, lasciandoli soli.
"Perché
hai il cellulare spento?" tenta di nuovo, ancora sulla soglia della
porta.
“Non
mi andava di sentire nessuno”
risponde cercando di sembrare calma.
“Non
ti andava di sentire nessuno o non ti andava di sentire me?”
la vede abbassare lo sguardo e stringersi nelle spalle
“Ascolta. Capisco che tu possa sentirti
tradita…”.
Kate
lo interrompe rialzando lo sguardo di colpo “Non mi sento
tradita… non stavamo
insieme sei mesi fa” si affretta a ribattere.
“Non
stavamo insieme, è vero, ma la situazione tra noi
è ben più complicata. Lo è
sempre stata. Perciò se ti senti tradita ne hai tutti i
diritti… mi sento
abbastanza preso per il culo anche io se vuoi saperlo”.
“Ho
bisogno di te al mio fianco, Kate” le dice con sguardo fermo
“Non lasciarmi
andare” sussurra poi.
Lui
sa che Kate avrebbe voglia di scappare via da quella situazione alla
velocità
della luce.
Sa
che il suo muro è già lì, pronto a
rialzarsi.
“Non
lasciarmi andare” ripete Castle.
Questa
volta non la può salvare da sé stessa.
È
lui quello che ha bisogno d’aiuto.
È
lei quella che lo deve sostenere.
“Io...”
Kate è visibilmente spiazzata; si aspettava un mucchio di
scuse e
giustificazioni, ma non quella richiesta “...ho bisogno di
pensare... mi serve
tempo...” mormora cercando di trattenere le lacrime.
“Kate...ti
prego... ” quel sussurro la costringe ad incrociare gli occhi
con i suoi.
Castle
è stremato e in quel luccichio azzurro si vede tutta la sua
paura di perderla.
“Solo
un giorno Castle” dalla sua borsetta Kate estrae il
blocchetto di coupon
“...davvero, solo ventiquattr’ore... mi servono per
riordinare le idee...”.
Gli
infila tra le mani il pezzetto di carta e con un ultimo “Mi
dispiace” lo spinge
sul pianerottolo, chiudendo la porta dietro di sé.
Castle
si appoggia alla porta con la fronte, districando il fogliettino.
Buono
per una giornata
senza scrittori rompiscatole tra i piedi.
A
casa dello scrittore la situazione non è migliore.
Martha
passeggia avanti e indietro per il soggiorno, borbottando arrabbiata.
“Quella...
quella... ahhh, inaudito, piombare in casa nostra e accampare
richieste...”.
Alexis
la osserva con preoccupazione. La sera precedente ha quasi creduto che
a sua
nonna stesse per venire un infarto.
Certo,
nessuno di loro ha preso bene l’arrivo di una semi
sconosciuta, incinta, che
sostiene di portare in grembo un piccolo Castle, ma Martha sembra la
più
sconvolta.
I
termini ‘arrivista’
e ‘arrampicatrice sociale’ sono saltati fuori
parecchie volte dalla bocca di Martha.
E
ad ogni accusa Jacinta reagiva accarezzandosi la pancia e cercando
l’appoggio
di Rick.
“Nonna,
calmati per favore” suggerisce Alexis, conducendola verso il
divano.
La
donna scuote la testa “Ma tesoro non capisci? Entrambe
conosciamo bene tuo
padre. Farà quello che è giusto. Si
occuperà di lei e del bambino. Ho cresciuto
un uomo buono e
sono certa che si sente
responsabile per lei...per loro...”
si rende conto di averlo detto quasi con disprezzo ma non vuole essere
meschina, vuole solo proteggere suo figlio.
“Non
sei fiera di lui, nonna?” domanda la ragazzina.
Martha
annuisce “Certo che lo sono! Ma troppa bontà ti si
ritorce sempre contro. Non
sappiamo nemmeno se...” si ferma prima di andare troppo oltre.
“Se?
Continua, nonna” la incita sua nipote.
Non
vorrebbe essere così cinica, ma purtroppo lei sa bene come
vanno certe cose
“...beh... se il bambino è veramente di
Richard...”.
“Credi
che menta” quella di Alexis non è domanda ma
un’affermazione.
Martha
inclina la testa “Tuo padre è ricco e famoso e lo
sai, al mondo ci sono persone
senza scrupoli. Non è detto, certo, ma ci sono molte
probabilità che sia così”
.
Alexis
annuisce tristemente “Papà non le
chiederà mai di fare il test di paternità.
Farlo equivarrebbe ad umiliarla ed a mettere in dubbio la sua
parola” esclama
infine la giovane.
“Lo
so, se sarà necessario sarò io a
chiederlo” esclama seria.
In
quel momento la porta del loft si apre.
Castle
entra a sguardo basso. In silenzio si lascia andare accanto a loro, sul
divano.
“Kate?”
domanda in un sussurro sua figlia.
Lui
si stringe nelle spalle “Vedremo” le risponde
solamente. Non se la sente di
ammettere come Kate avesse rinunciato a lui, alla prima occasione.
“Tesoro...
credo che dovremmo richiedere il test di
paternità” si fa avanti Martha.
Castle
appare sorpreso “Mamma...”.
“Lo
so” lo blocca immediatamente lei “Lo so, come la
pensi, lo capisco. Ma... lo
devi a Kate, non credi?” domanda, avendo ora la sua completa
attenzione.
Con
mano tremante, Kate inserisce nella serratura l’unica chiave
del suo mazzo che
usa di meno.
Non
è il tipo di persona che si prende un giorno di ferie senza
motivo e, in
generale, quella casa è troppo densa di tristi ricordi per
lei.
Kate
torna raramente in quel luogo, di solito è suo padre a farle
visita nel suo
appartamento.
Entra
guardandosi attorno, anche se sa che suo padre è
già allo studio legale, lo
cerca con lo sguardo.
Avrebbe
voluto parlare un po’ con lui. Ascoltare uno dei suoi saggi
consigli.
O
magari gli avrebbe solo detto di avere bisogno di riposo e di essere
andata
semplicemente a trovarlo.
Kate
ride al pensiero. Jim non se la sarebbe mai bevuta.
L’avrebbe
guardata con un sorriso di rimprovero ed avrebbe aspettato in silenzio
che lei
parlasse.
‘Che
cosa gli avresti
detto, Kate?’
Si domanda sedendosi al tavolo della cucina.
Inutile
continuare a pensarci.
Suo
padre non è in casa e forse è meglio
così.
Deve
capire da sola cosa fare.
Saputo
del giorno di ferie di Kate, Ryan ed Esposito raggiungono Lanie in
obitorio
che, non appena li vede, li bombarda di domande
“Dov’è Beckett? Vi ha detto che
è successo ieri sera alla cena? E perché non
risponde al telefono?”.
“Rallenta
Lanie!” le consiglia Esposito “Tanto non abbiamo
nemmeno una risposta alle tue
domande”.
“In
realtà, speravamo che potessi rispondere tu alle
nostre” aggiunge Ryan
“sappiamo solo che oggi si è presa un giorno di
ferie”.
“Beckett?
La nostra Kate Beckett? Ok,
qui c’è sotto
qualcosa…” spazientita, Lanie afferra il cellulare
e mette il vivavoce.
“Pronto”
la voce di Castle risuona, metallica, nell’obitorio.
“Castle
sono qui con i ragazzi, non vieni al distretto?” domanda la
donna, già in
modalità mi-faccio-i-fatt-tuoi.
“Ehm…
cosa vi ha detto Beckett di preciso, perché non credo mi
voglia tra i piedi…”
bofonchia, con tono lamentoso, lo scrittore.
I
tre si scambiano occhiate di stupore “Non lo sai? Beckett non
c’è oggi, ha
chiesto un giorno di ferie” rivela Espo.
Silenzio.
Dall’altro
capo del telefono, Castle non emette fiato.
Beckett
in ferie? La credeva già immersa in un qualche caso
complicato, cercando di
tenere la mente occupata il più possibile.
Se
non è al lavoro, allora la situazione è veramente
brutta.
“Cos’è
successo Castle? Perché non eri alla cena di compleanno ieri
sera?” domanda
Lanie.
L’uomo
sospira al telefono “Ragazzi…” cerca di
capire cosa fare, cosa dire, ma sono i
suoi migliori amici. Suoi e di Kate. Devono sapere.
“…Jacinta, l’assistente di
volo con cui mi vedevo tempo fa… si è presentata
ieri sera a casa mia. È
incinta di sei mesi”.
Non
c’è bisogno di aggiungere altro, i ragazzi stanno
già facendo tutti i dovuti
collegamenti mentali.
“Oh
mio Dio!” sbotta Lanie, coprendosi la bocca con le mani.
“Stamattina
sono andato da Kate ma mi ha cacciato via, voleva che le dessi almeno
un giorno
per pensare…ero convinto che si fosse buttata su un caso
d’omicidio…” mentre
Castle parla si sente un bip.
Ryan
controlla il suo telefono “C’è un nuovo
caso” spiega fissando il display.
“Ok,
Castle, se abbiamo notizie di Kate ti avvisiamo ok?
Tu…” i tre si guardano con
occhi tristi “…non ti preoccupare, sistemeremo
tutto” lo rassicura Espo e dopo
aver riagganciato esclama “Ma come diavolo è
potuto succedere?”.
Peter
afferra la giacca e le chiavi e zoppica più veloce che
può verso l’ascensore
del palazzo.
Kate
se n’è andata via in fretta e furia senza dargli
alcuna spiegazione e Alexis
vuole parlarne di persona.
Quindi
eccolo diretto alla sua auto, la stessa che mezz’ora prima,
su sua richiesta,
il portiere gli ha gentilmente estratto dal garage condominiale.
Sarebbe
stata una vera impresa guidare con il tutore, ma i soldi scarseggiavano
e il
taxi era abbastanza caro per arrivare fino a Soho.
“Signor
Peter” l’uomo, sulla sessantina, lo raggiunge
all’ingresso del palazzo porgendogli
le chiavi del veicolo “Non so come dirglielo
ma…” il portiere sembra molto
agitato.
“Harrison
cos’hai?” domanda Peter e mentre attende una
risposta si affaccia fuori dal
portone.
Una
piccola folla sembra essere attratta da qualcosa, poco più
avanti.
“Le
assicuro che quando ho portato la sua macchina in strada era in
perfette
condizioni” dal tono di voce si può facilmente
intuire che Harrison teme di
essere incolpato.
Peter
si avvicina fino a notare che stanno tutti indicando la sua auto.
“Oh,
Signor Peter, guardi qui, non so davvero come sia potuto succedere.
Questo è un
quartiere tranquillo!” l’uomo indica le gomme
dell’auto “Le hanno tagliate
tutte e quattro... io davvero non capisco…”.
Peter
capisce benissimo invece.
Se
prima avvertiva solo una debole sensazione di essere osservato, ora
invece ne è
certo.
Quello
è un avvertimento. L’avevano trovato.
“Non
si preoccupi, sono cose che succedono” cerca di
tranquillizzarlo Peter “Anzi,
che ne dice di spostare da qui l’auto? È possibile
rimetterla nel garage di mia
cugina?” domanda, ridandogli le chiavi.
“Ma
certo, provvedo immediatamente”.
Mentre
la gente piano piano si dirada, Peter si guarda attorno, rapido,
evitando di
farsi notare.
“Harrison?”
chiama il portiere, non appena lo vede concludere la conversazione
telefonica
con il meccanico “Teniamo mia cugina fuori da questa storia
ok? Ha già
parecchio da fare con tutti gli omicidi che ci sono in questa
città, non voglio
darle altre preoccupazioni” con quella premura cerca di
essere il più
convincente possibile.
Il
portiere non sembra convinto. Proprio per il lavoro di Beckett,
vorrebbe
avvisarla.
“Come
posso convincerla?” domanda Peter, con un sorriso
rassicurante che vorrebbe
significare ‘non sto combinando
nulla di
male, è solo uno spiacevole incidente, perché
disturbare un detective della
omicidi?’.
“Beh...mia
moglie è una grande fan del signor Castle...”
bofonchia il signor Harrison, con
un po’ di imbarazzo.
Per
qualche secondo Peter resta immobile. Credeva volesse una mancia in più, non aveva
minimamente pensato a giocare la carta ‘conosco
una persona famosa’.
Scruta
il signor Harrison con comprensione.
Non
dev’essere il massimo vivere sotto lo stesso tetto con una fangirl.
“Lascia
fare a me! Come si chiama tua moglie?”.
Dopo una corsa d’autobus
e un pezzo di strada a
piedi, Peter bussa alla porta di Castle.
Lo scrittore apre con sguardo
speranzoso,
sguardo che sparisce immediatamente nel vedere il ragazzo.
“Scusa, niente
Kate” risponde, comprensivo,
Peter “Cerco Alexis, mi ha detto di essere qui”.
Castle abbozza un sorriso tirato
“Ma certo,
entra” si sposta di lato per permettergli di passare
“Alexis?” chiama,
sporgendosi verso le scale.
La rossa scende di corsa
“Cosa c’è?” poi vede
Peter salutarla dal salotto.
I due si sorridono e si vanno
incontro l’un
l’altro, abbracciandosi.
Kate non ha voglia di parlare con
suo padre,
nonostante la sua insistenza.
Non ha voglia di mangiare,
nonostante sia
digiuna dalla sera precedente.
Non ha voglia di fare nulla,
nonostante il suo
cervello le ordini di tenersi impegnata.
Vuole solo starsene sdraiata a
letto, al buio
della sua vecchia camera.
Tra quelle pareti che molte altre
volte
l’avevano vista piangere.
Per una cotta adolescenziale finita
male. Per
un’amicizia persa. Per una lite con i suoi genitori.
Stringeva forte il cuscino e
restava lì al buio
a sfogarsi, finchè sua madre non faceva capolino nella
stanza e si metteva ad
accarezzarle i capelli, per calmarla.
O per svegliarla, nel caso la
stanchezza
l’avesse avuta vinta contro il pianto.
A quel tocco, apriva gli occhi e il
buio era
sparito.
Johanna era la sua luce nelle
tenebre.
Ma questa volta sua madre non
sarebbe arrivata
in suo aiuto. Quella luce si era spenta da anni ormai, e per quanto
amasse suo
padre, non era la stessa cosa.
Mille dubbi, mille domande le
vorticano in
testa.
Si
sente di troppo. Il terzo incomodo.
Si
rende conto dell’assurdità di quel pensiero.
Quella di troppo dovrebbe essere l’hostess,
eppure quella ferita è lei.
Non
vuole dover condividere il suo uomo con un’altra donna.
Non
vuole vederlo posare una mano su quel grembo per sentire i calcetti.
Non
vuole vederlo sorridere estasiato ad un’ecografia.
Perché
Kate Beckett sa che andrà così.
Potrà
rifiutarsi di accettare la realtà ora ma, giorno dopo
giorno, Castle si
affezionerà a quella
pancia e poi a quel bambino e,
inevitabilmente, si
legherà a quella donna.
In
un modo o nell’altro lei sarà lasciata in
disparte, fuori dalla loro famiglia,
perciò perché non lasciarlo
libero da subito?
Never
let me go.
Le
sembra di averlo lì accanto, sdraiato dietro di lei a
sussurrarle nell’orecchio
quelle parole.
Chiude
gli occhi stremata, sempre con quella domanda in testa.
Perché
non lasciarlo libero?
Riapre
gli occhi dopo pochi minuti o forse di più, non lo sa.
Si
rannicchia, portandosi le mani vicino al volto, quando gli occhi
scorgono
qualcosa sul suo dito.
Delle
piccole stelline fosforescenti attorno all’anulare sinistro
innescano sul suo
viso un immediato
sorriso e di colpo
capisce perché non può lasciarlo andare senza
lottare.
Lui
è la sua luce nel buio.
*
Never Let Me Go – Florence and the Machine - http://www.youtube.com/watch?v=bNKbeV3wM84
Mi
affaccio dal bunker per vedere se state riconsiderando l’idea
del pestaggio...
no eh? Non siete ancora sicure?
Ok,
riprovo ad uscire sabato sera xD
Vi
prego ascoltate questa canzone! Se le altre non le avete ascoltate,
questa
dovete! È troppo ijhfbirbgipvsbjdcvuosdv *-*-*-*-*-*
Peter
ha detto “Non dev’essere il massimo vivere sotto lo
stesso tetto con una fangirl” e
io rispondo AMEN!!
I
nostri genitori, fratelli, sorelle, amici, fidanzati e mariti un giorno
verranno
santificati per averci sopportate!! Ahahahahah xD
Vi
abbraccio (anche se mi sento un po’ sola nel bunker eh...)
Buona
settimana :-*
Ivi87