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Autore: CinziaPV    24/07/2013    2 recensioni
E' un Draco Malfoy accecato dall'odio quello che incontriamo fra le mura di Hogwarts, alcuni anni dopo la fine della seconda guerra magica. Voldemort è caduto, ma non tutti sono disposti a dimenticare.
Dalla storia:
Hermione realizzò di non avere più tempo.
Si trovava ad Hogwarts, il luogo dove tutto era cominciato e stava finendo. Avrebbe preferito che al suo fianco ci fossero Harry e Ginny, o magari Lavanda... invece si trovava vicino a persone con cui non aveva avuto alcun genere di rapporto nel corso degli anni precedenti.
Anche il suo abbigliamento era inadatto.
Indossava un semplice vestito di lana verde, che le arrivava appena fino al ginocchio e evidenziava le forme perfette di un corpo non più adolescente. E si sentiva vulnerabile con il polso ancora bloccato nella presa ferrea di Malfoy.
Si sentiva vulnerabile, perché lui la guardava come nessuno aveva mai fatto, e le impediva d'abbassare lo sguardo.
Eppure doveva farlo, abbassare gli occhi se voleva parlare, altrimenti sarebbe fuggita all'infinito. Così lo fece.
- Non sono più una strega - sussurrò, quasi in contemporanea al ghigno sfrontato di lui.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Hermione Granger, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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2



 
 



 
 
Ombre scure avvolgevano Hogwarts, limitandone la visibilità. Da alcuni giorni, la scuola di magia e stregoneria si trovava sotto assedio.
Diversi studenti erano stati aggrediti, da creature di cui neanche ricordavano il nome, o le sembianze.  Adesso giacevano in infermeria privi di volontà.
Hermione non riusciva a dormire,  non lo faceva da settimane, forse da mesi, da quando ... non misurava il tempo che passava, si crogiolava in esso e la stanchezza iniziava a farsi sentire.
Non lo aveva confidato ad alcuno. Per un attimo aveva pensato di andare da Madame Chips, poi però aveva rinunciato, confidando di riuscire a cavarsela da sola.
Seduta al centro del letto, con le ginocchia vicine al petto e il capo poggiato su di esse, leggermente inclinato verso la finestra, ascoltava. Prima le era sembrato di sentire un rumore, ma forse era solo... duttilità.
Dopo l'aggressione di... Ron, aveva passato mesi in ascolto di rumori inesistenti, con gli occhi sbarrati in attesa della catastrofe imminente.
La catastrofe però non era arrivata e se lo era stata all'inizio, adesso rappresentava solo... niente, una ferita, che faceva male, ma non si vedeva neanche più.
Era questo l'importante che nessuno la vedesse, di modo che, nessuno la commiserasse. E anche se alcuni erano più bravi di altri a leggerle dentro, poteva farcela e  fingere che andasse tutto bene e aveva finto talmente bene da crederci veramente.
  
 

Uno spiffero d'aria fredda la colpì, costringendola ad abbandonare la posizione di poco prima.
Si sedette sulla sponda del letto, rimanendo in ascolto per diversi minuti, col respiro ansante e ogni muscolo del corpo irrigidito.
Guardò dall'altra parte della stanza, dove Hannah Abbott dormiva tranquilla.
Si lasciava condizionare facilmente.
Chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi.
Fu allora che lo sentì distintamente, il suo nome pronunciato per intero.
–  Hermione…
 


Il pavimento era ghiacciato e se non fosse stato per la fretta, si sarebbe premurata di calzare almeno le pantofole, visto che odiava le calze. Indossava una semplice sottoveste di cotone bianco a fiorellini rosa e non era sicura che seguire Arthur Weasley fosse una buona idea, soprattutto quando accostando la porta,  delle ombre scure l'avevano accerchiata.
Non era cosa comune ad Hogwarts, per come non lo era che mancasse la luce  e che lei si avventurasse per i corridoi deserti, senza bacchetta, senza magia, senza sapere esattamente cosa fare. – Hermione non è nel suo letto. – Gridò Hannah Abbott, vicino al quadro della signora grassa.
Questa per tutta risposta si tappò le orecchie.
Pansy e Blaise, che si stavano ritirando dopo la ronda notturna parvero non udirla, ma forse pensò Hannah: non volevano ascoltarla.
Era una fortuna che fosse una tasso rosso: la pazienza era sicuramente una delle sue virtù. Ne aveva dato ampio sfoggio negli anni precedenti e adesso non poteva farne a meno, non con colleghi purosangue, bigotti, ex serpeverde. – Hermione non è nella sua stanza, – ridisse, fiduciosa che questa volta l'avrebbero ascoltata. 
– Sarà in biblioteca – grugnì la Parkinson con voce strascicata.
Quando parlava, sembrava perennemente annoiata. Hannah Abbott, la osservò per la prima volta e si chiese come facesse a quell'ora della notte ad essere così impeccabile. – Ho controllato – rispose. –  Non c'è. – Intanto continuava guardarla, perché c'era qualcosa che la distingueva dagli altri e non era certo il sangue che gli scorreva nelle vene, anche se blu quello non si vedeva.
Si vestiva sempre con gusto. I capelli, il trucco, tutto di lei era perfettamente curato solo, sembrava un ritratto, uno di quei quadri babbani senz'anima. Artefatta. Ecco la parola che riusciva a descriverla appieno.
– Avrà avuto fame... sarà andata in cucina. Forse ti sei preoccupata inutilmente – proruppe ancora Pansy facendola indispettire.
Era uscita dalla stanza in tutta fretta, non premurandosi di darsi una sistemata e adesso sotto lo sguardo pungente di Blaise si sentiva fuoriposto, con i capelli spettinati, il pigiama di due misure più grande e le pantofole di uno stupido cartone babbano ai piedi. Si vergognava da morire.
Nessuno l'aveva vista così, solo Emie, ma  non valeva perché erano amici. E poi c’era stato Neville, che però era un capitolo chiuso a cui non voleva pensare. – Mi hai guardata? Credi che sarei andata tranquillamente a passeggiare conciata così se non fosse stata un emergenza?
– Non conosco le abitudini di voi mezzosangue.  Forse la Granger…
– Non ripetermi la storia dello spuntino notturno, potrei non reggere – la zittì.
– Siamo a Hogwarts che vuoi che succeda?
– Devo ricordarti che siamo sotto maledizione, che da due sere a questa parte non abbiamo luce? – Si infervorò, lasciando perdere i pensieri sul suo aspetto. – Può accadere di tutto!
– Già... a  quanto pare dovremmo sostituire le torce con comuni lampade babbane – borbottò la Parkinson sdegnata. – Se la McGranitt non è riuscita a trovare la soluzione, dubito possa farlo qualcun altro.
– È un altro il discorso che stavamo affrontando – si lamentò nuovamente la tassorosso.
– Ah già... la Granger – finse di raccapezzarsi Pansy attorcigliando le ciocche corvine attorno a un dito con fare vanesio – non è nella sua stanza dici?
– È quello che ho detto e che tu fingi di non aver capito.
– Non è qui – disse nuovamente Pansy guardandosi teatralmente intorno.
– Lo vedo da me.  Quando mi sono svegliata non c'era più. E pensare che la McGranitt me l'aveva affidata – si agitò.
– Non esagerare, non è una bambina.
– Sì, questo lo so da me, ma forse è inutile ricordarti che non è più una strega.
– Conosce Hogwarts come le sue tasche. Ti devo ricordare che ha avuto fra le mani la mappa del malandrino? – fu così che la Parkinson giustificò il suo disinteresse nei confronti della collega.
Zabini alternava lo sguardo dall'una all'altra, cercando di interloquire con scarsi risultati.
– Zitte tutt' e due – sbraitò a un certo punto interrompendo così il loro sproloquiare. – La Granger è scomparsa.
Uno spettatore esterno poteva paragonare il loro parlottare a una riunione di condominio: ritratti, elfi e chi sa cos'altro assistevano alla scena senza fiatare.  Ad Hogwart l'espressione "i muri hanno orecchie" era più che lecita.
– Credi che me ne importi? – riprese a squittire la Parkinson. Sembrava che niente gli importasse al di fuori di se stessa. –  Non starò qui a spendere le mie preziose ore di sonno, solo perché la mezzosangue ha avuto l'impudenza di lasciare la sua stanza. Non me ne importa niente che non sia più una strega, che i suoi genitori non si ricordino di lei. Evidentemente c'è una giustizia. Sapete cosa penso dei mezzosangue. 
–  Ovvio. – La voce di Zabini risuonò asciutta, quasi seccata, ma Pansy parve non notarlo.
Hannah ingoiò il magone. Anche lei era una mezzosangue e sapeva bene quanto potevano essere pericolose tali divergenze: avevano causato la distruzione del suo matrimonio con Neville Paciock.
–  La verità è che tornare ad Hogwarts è stata una manna dal cielo, solo non mi aspettavo di vivere questi disagi –  si lamentò ancora Pansy.
Blaise si chiese se era sempre stata così loquace e frivola. –  Come darti torto –  ironizzò –  versarsi da bere con le proprie mani, rifarsi il letto…
–  Fortuna che non è così tutti i giorni.
Per la prima volta Zabini, vedeva Pansy per quello che era veramente. Si domandò quando la  sua voce fosse diventata così stridula.  Sentiva il desiderio assurdo di usare un “evanesco”, solo che per una volta l'oggetto da far scomparire, non era proprio inanimato. Forse sarebbe bastato un “langloock”, o ancora meglio un “petrificius totalis.”
Respirò a fondo e senza degnarla più di altre attenzioni, si limitò a voltarle le spalle per poi scomparire nella direzione opposta.
– Blaise… –  lo chiamò Pansy. –  Dove vai?
Il moro, si limitò a gesticolare con le mani. – A cercarla – proruppe. – Tu concediti pure le tue preziose ore di sonno.



 
 
 
 

***




 

 
– Potresti lasciarmi? – Hannah Abbott continuava a dibattersi dalla presa di Zabini con scarsi risultati. Lo aveva seguito, adducendo il motivo a un insito senso del dovere.
“Coscienza” l'aveva chiamata la tassorosso, un erbologista affermata che di giorno indossava sexi talleur e la notte orribili pigiamoni antistrupro.
Blaise camminava davanti, trascinandosela dietro. La teneva saldamente per un gomito,  adducendo la scusante ad una mancanza di visibilità. – Potresti perderti, – aveva spiegato, continuando a sostenerla e procurandole dei brividi che Hannah non seppe spiegarsi.
Insieme i due, si diressero verso la sala grande, ma lì a parte qualche ragazzino sfuggito al coprifuoco notturno non c'era traccia di Hermione.
I ragazzini furono sgridati a dovere  e poi accompagnati alla loro casa di appartenenza, senza troppa gentilezza.
Dopo gli eventi degli ultimi giorni, girovagare per la scuola durante la notte era sconsigliato: la McGranitt, l'aveva vietato severamente. Per questi motivi, Blaise Zabini e Hannah Abbott, avanzavano circospetti, con le bacchette spianate, pronti a scattare al minimo accenno di pericolo.
– Lo senti questo rumore? –  l'ex serpeverde si fermò di colpo, inducendo la tassorosso a fare lo stesso.
– Si.
– Cos'è?
– Non una piantina.
Blaise la guardò storto.  – Non avevo dubbi…
–  Ecco perché ho scelto di essere un erbologista, il massimo che ti può capitare  è di inceppare in una radice dispettosa – spiegò la bionda.
– Oppure di essere mangiata da una pianta carnivora – scherzò Blaise.
Rimasero in attesa per diversi minuti, fino a  quando qualcosa non attirò la loro attenzione. – È un acramantula quella che vedo?
Hannah acuì la vista. – Non proprio, direi un esercito di enormi ragni neri: ecco perché preferisco le piantine.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***




 
 
 
 
Draco Malfoy stava tenendo la lezione più lunga e oziosa della sua vita, ad un ragazzino del primo anno, un serpeverde dall'aria smunta e annoiata.
Un grosso calderone, ribolliva da più di un ora.
Stavano preparando un antidoto per veleni, che come voleva la tradizione era composto da un unico ingrediente: il bezoar.
Il ragazzino petulante, non ne aveva voluto sapere di abbandonare anzitempo l'allenamento di quidditc, adducendo la colpa al padre, il quale aveva pagato una cifra esorbitante per farlo entrare in squadra.
Adesso doveva riscattarsi.
“Oliver Wenerth, serpeverde, purosangue. “ Era così che si era presentato, con circa un ora di ritardo.
Il senso dell'humor non gli mancava, sempre che di humor si trattasse.
A Draco Malfoy sembrava una sconveniente verità.
– Mi accontenterò di un “oltre ogni previsione” – sibilò il ragazzo – presumendo questo ritardo inciderà sulla mia media...
Lo spirito non gli mancava e più che serpeverde, il suo sembrava coraggio grifondoro, come quello scorto negli occhi della Granger appena una settimana addietro, quando stanca e tremante aveva confessato di non essere più una strega.
Scosse la testa disgustato: non doveva pensare a lei, perché a dirla tutta il suo pensiero lo aveva importunato parecchio negli ultimi giorni, ovvero il pensiero delle parole che la McGranitt gli aveva rivolto e a cui non voleva assolutamente pensare. Non avrebbe fatto da guardia del corpo alla Granger, questo era fuori discussione.
– Tuo padre non approverebbe –  si limito a dire tornando al presente, a quell'aula di pozioni dagli odori nauseabondi con i quali aveva imparato a convivere essendo un abile pozionista. 
– Che ne sai di mio padre?
– Conoscevo un uomo che gli somigliava, che reputava essere secondo una mediocrità.  
–  Lo è – asserì sicuro il ragazzo. Poi abbassò gli occhi, considerando anche quell’atto una debolezza.
Per qualche minuto nessuno dei due parlò. Poi in simultanea, alzarono il capo, guardandosi in giro circospetti. – Lo senti? –  chiese Oliver, passandosi una mano fra i capelli scarmigliati.
–  Si – rispose Malfoy.
– Che cos'é? 
– Non saprei, ma viene da questa parte.
Il buio li avvolse, attorno a loro si fece talmente oscuro da far sembrare l'onice una patina luminosa.
Il ragazzo tremò, e a Draco questo ricordò se stesso. Ogni volta che tremava, nessuno gli diceva che sarebbe passata: lo guardavano severi imponendogli più autocontrollo.
Guardò Oliver e neanche lui lo rassicurò. Si limitò a estrarre la sua bacchetta, che per un crudele scherzo del destino era fatta di biancospino.
Era una bacchetta dispettosa, le ricordava prepotentemente ciò che non era; eppure aveva scelto lui. – Lumos –  disse puntandola in direzione del buio, ma dall'oscurità emerse qualcos'altro.
– Cosa sono? –  urlò il ragazzo.
– Acramantule –  spiegò  Draco. – Non hai studiato  – lo rimbeccò, allungando la bacchetta in direzione delle creature. – Petrificius totalis.  
Draco aveva formulato l'incantesimo con maestria. Dalla punta della bacchetta era fuoriuscita una luce verde, ma nel giro di qualche secondo si era dileguata.
L'incantesimo non aveva funzionato.
– Sicuro di conoscere la formula? – Che Oliver fosse indisponente non vi era alcun dubbio. – Zitto. –  Ordinò Draco, puntando ancora una volta la bacchetta contro le acramantule. – Elettro – questa volta  si diffusero piccole scariche elettriche, che comunque non andarono a colpire i ragni.
– Idee? – chiese Oliver.
– Corri.
E lo avevano fatto, avevano corso con i piedi alle calcagna, evitando di guardarsi indietro per non scoprire che stavano per soccombere.
Avrebbero continuato a correre se qualcosa non li avesse fermati, un incantesimo per l'esattezza, mirato a bloccare loro.
– Incarcerus.  
Delle corde si erano andate  a stringere attorno alle gambe di Oliver e Draco Malfoy, frenando così la loro avanzata.
A lanciare l'incantesimo era stato niente poco di meno che Blaise Zabini.
– Ti sei ammattito? –  blaterò il biondo con gli occhi ridotti a due fessure.
Accasciato a terra insieme al ragazzo, legato come un salame, cercava di sbrogliarsi, ma l'unico risultato ottenuto era quello di impantanarsi di più.
– Sì, visto che non c'era verso di fermarvi – chiarì Blaise.
Draco Malfoy continuò a contorcersi.  – Delle acramantule ci stavano inseguendo.  
Hannah Abbott si frappose fra i due. – Ti riferisci a quelle? –  chiese indicando un punto indistinto alle sue spalle. – Finite incantem –  proferì.
Malfoy la guardò confuso
– Era un allucinazione –  spiegò con tono professionale. –  Secondo il mio parere, devono avere usato “mandragola.” Se la cosa ti può consolare hanno ingannato anche noi.  
Malfoy la guardò scocciato. – A che scopo?
- La Granger è scomparsa e l'unica cosa che mi viene in mente è  che abbiano creato un diversivo.
  
 
 
 
 
 
 
 
 

***



 
 
 
 
Hermione era uscita dalla sua stanza, con il cuore che le martellava nel petto.
Erano mesi che non aveva più notizie della famiglia Weasley, e vedere Arthur le aveva procurato una stretta non indifferente al cuore.
– Seguimi, – le aveva detto con un tono di voce che non gli riconosceva. –  Sono io Hermione, nessun inganno, solo non c'è tempo e ho bisogno che tu mi segua. Ora.
Lì sulla soglia della stanza, aveva tergiversato ancora un po’, indecisa sul da farsi, ma poi il pensiero che non tutto era perduto l'aveva convinta.
Insieme alla sua decisione di seguirlo, l'aveva vista arrivare l'oscurità e incautamente ne aveva seguito il percorso, fuori dalle mura di Hogwarts stranamente incustodite, oltre la capanna di Hangrid, fino ad arrivare ad Hogsmeade.
L'oscurità avanzava e lei la seguiva, incurante del freddo che le faceva battere i denti, dei piedi graffiati che le rendevano difficoltoso l'avanzare.  
Più volte si era fermata, ma la voce di Arthur tornava a rassicurarla.
Non sapeva cosa voleva vedere, sapeva di doverci essere, perché stava accadendo qualcosa e lei voleva capire, capire perché non era più una strega, perché Ron l'aveva tradita, Harry e Ginny le avevano voltato le spalle, e tutto quello a cui aveva sempre creduto si era deteriorato. E poi  le aveva viste le ombre. Prima erano macchie informi, ma non avevano impiegato molto a  trasformarsi in esseri dalle fattezze umane: mangiamorte.
Arthur Weasley era scomparso, perché era solo un illusione, una trappola.
Hermione arretrò, consapevole  di essere stata sconfitta ancora una volta.
Tradita. Ecco come si sentiva, da se stessa, dalla sua intelligenza, dalla sua sagacia.
Davanti a lei c'erano cinque o sei uomini incappucciati, che non si premurò di contare.
Era stata un impudente a lasciare Hogwarts.
Non aveva fatto caso al percosso intrapreso, ma riconosceva Notturn Alley. A causa di una sciagurata coincidenza anche stavolta c'era finita per sbaglio. Solo non riusciva a capire, come aveva fatto a raggiungerlo in così poco tempo.
La strada era buia e poco frequentata.
I pochi passanti che intravedeva, non facevano caso a lei, né agli uomini che la circondavano, e non perché ci fosse un qualsiasi incantesimo che la nascondesse alla loro visuale, solo non si immischiavano in faccende che non li riguardavano. Del resto quel posto, cui si arrivava percorrendo  Diagon alley, era frequentato da streghe e maghi oscuri della peggiore risma.
- Finalmente ci rivediamo.
Hermione  sbarrò gli occhi. Il mangiamorte che  le aveva rivolto la parola, si era premurato di togliersi la maschera per farsi riconoscere.
Lucius Malfoy non sembrava cambiato, la guardava con la stessa arroganza di sempre, mentre percorreva il corpo della giovane con occhi malevoli.
Hermione rabbrividì, incrociando le braccia al petto e sentendosi improvvisamente nuda. – Che fortunata coincidenza… –  L'uomo parlò iniziando ad accorciare le distanze fra loro. – Ma forse non è proprio una coincidenza... mezzosangue.
 
 
 
 
 
 


“Mezzosangue.”
Draco e Blaise si misero subito in all' erta. 
Si trovavano vicino al luogo indicato dall'incantesimo di localizzazione. Fino a quel momento, non avevano scorto alcuna traccia della Granger, tanto da fargli temere di essersi sbagliati. Poi però,  il silenzio di quella notte, fu disturbato da quella voce.
Draco si fermò, incapace di proseguire, improvvisamente a corto d’aria. Non aveva valutato l’idea che ci fosse anche lui fra gli evasi di AzKaban. O meglio, l’aveva valutata, ma non aveva pensato a un confronto così imminente.
Per diversi minuti, restò immobile. – Non vengo – sibilò. – Se quell'impudente ha deciso di morire, che lo faccia – fece una pausa, nella quale il vento prese a soffiare più forte. – Non voglio vederlo.
Probabilmente, perfino incontrare Lord Voldemorth non avrebbe avuto lo stesso devastante impatto su Draco Malfoy.
Tremava e sentiva un senso d’oppressione scaturirgli all’altezza del petto.
“Rabbia” ecco cosa provava. Soprattutto nei confronti della Granger, che impudentemente aveva avvantaggiato quell’incontro.  
Lucius Malfoy non era degno delle sue attenzioni, e questa verità  a distanza di anni continuava a corroderlo, perché era suo padre e nelle sue vene scorreva il suo stesso sangue.
– La uccideranno… la voce di Zabini le giunse ovattata.
– Non mi importa, – strinse i pugni e digrignò i denti.
– Sì che ti importa, altrimenti non saresti qui. Non dico che ti importi di lei, solo che stai imparando a fare la cosa giusta – disse guardandolo negli occhi.
– Zitto! – Draco scosse il capo contrito. – Non sono un eroe – chiarì – e non mi sono rammollito. Non metterti strane idee in testa Blaise, perché se adesso salverò la mezzosangue non sarà per spirito cavalleresco, né sarà un atto di bontà, semplicemente amo mettere i bastoni fra le ruote a mio padre, e se questo servirà a farlo infuriare e a rimarcare la differenza fra noi due, allora sia – decretò riprendendo a camminare con più foga.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
 
– Mezzosangue… dunque è vero, non sei più una strega. – La voce di Lucius era graffiante.
Hermione tremò mentre lo vedeva girarle attorno, ma non abbassò lo sguardo. – Certe voci si diffondono in fretta – commentò spavalda, alzando il mento e continuando a guardarlo dritto negli occhi.
Lucius proruppe in una risata. – La tua lealtà ti ha portato a questo, – disse facendosi più vicino e indicando se stesso e gli altri mangiamorte.
– Meglio leale che codarda… – soffiò. Non ebbe il tempo di aggiungere altro, che un manrovescio di Lucius la colpì in pieno viso.
Cadde a terra colta alla sprovvista, mentre una sensazione di bruciore la costrinse a portare una mano alla guancia offesa, immaginando vi si fosse formato un livido.
Lucius sorrise sbilenco per diversi secondi,   prima di tornare a parlare. – Non ti permettere mai più “mezzosangue” – il sorriso fu sostituito da un’espressione glaciale. Si abbassò alla sua stessa altezza e scostandole la mano dalla guancia,  la costrinse a guardarlo, intrappolandole il mento fra le dita.  – Stai zitta, – sibilò.
Hermione non seppe mai se volesse aggiungere altro , o se le avrebbe fatto del male, perché proprio in quel momento un rumore di passi lo distrasse dalla sua persona.
La grifondoro sgranò gli occhi. Di fronte a lei, scarmigliati e ansanti vi erano le ultime persone che si sarebbe mai aspettata di vedere: Draco Malfoy e Blaise Zabini.
Lucius la lasciò all’improvviso e si girò con lentezza esasperante verso i nuovi arrivati. –  Figliolo… quale onore…  – disse con evidente sarcasmo, sollevandosi per fronteggiarlo.
Draco non si scompose, ma quasi d’istinto come reazione di difesa si irrigidì… chiedendosi se quella fosse la reazione normale che tutti i genitori avessero in presenza dei propri figli. Era stato più forte di lui domandarselo.
Non si era aspettato alcun abbraccio. Lo aveva desiderato da piccolo nel tepore del suo letto, ma non ora.
Lucius Malfoy non aveva mai abbracciato suo figlio, lo considerava una debolezza, e Draco lo sapeva bene. Per questo rimase rigido, con le braccia a penzoloni lungo i fianchi e le unghia conficcate nella carne temendo l'arrivo di qualche maledizione, con gli occhi vitrei, appannati da sentimenti troppo a lungo repressi, dimenticando se stesso e il motivo per cui si trovava in quel posto nonostante fosse sotto i suoi stessi occhi.
– Lucius…  – mormorò contrito.
– Avremo tempo, figliolo – L’uomo, i cui tratti erano troppo simili a quelli dell’ ex serpeverede, calcò l'ultima parola, quasi a volergli ricordare a forza il tipo di parentela che li univa. – Adesso ho altro a cui pensare. – Gli diede nuovamente le spalle e  con uno strattone poco gentile tirò velocemente all'in piedi la ragazza, serrandola fra le proprie braccia.
Hermione sussultò per il dolore, ma il lamento che le fuoriuscì dalle labbra fu fievole, troppo preoccupata dalla bacchetta che le veniva puntata alla gola.
Lucius senjor l’attirò in modo prepotente contro di sé,  portandosela davanti al petto a protezione della sua stessa persona. – Signori... mio figlio è un gentiluomo. – proruppe suscitando l'ilarità generale.  – Non è come suo padre.
Draco non pensò il da farsi, l'aveva premeditato e vissuto nella mente milioni di volte mentre percorreva Notturn Alley insieme a Blaise.   
– La stai proteggendo. – Constatò amaro Lucius Senior.
– Ti sbagli:  proteggo me stesso.
– Bene,  proteggiti da questo allora. – Alzò la bacchetta in direzione del figlio. –  Petrificus totalis.
– Protego – disse Draco in contemporanea.  Non era un segreto che fosse un esperto con gli incantesimi perfino senza bacchetta, eppure Lucius sembrò sorpreso.  
– Sei un po’ arrugginito... Lucius –  calcò l'ultima parola come aveva fatto poc'anzi l'altro, quasi a sottolineare quel legame inesistente ormai.  – Se gli altri sono messi come te, dubito ne uscirete. 
– Nel caso non te ne fossi reso conto, ho io il coltello dalla parte del manico, oppure devo dire la bacchetta?
Gli altri presenti avevano svolto l'ingrato compito di spettatori passivi.
Draco  non rispose: agì per come sapeva di dover fare. Rivolse uno sguardo complice Blaise e poi come da manuale puntò la bacchetta al petto di Hermione.
Dopo, tutto avvenne con una sequenza così rapida da impedire che si ricordasse appieno l'esatta cronologia degli eventi.
La Granger cadde  a terra e un sonoro crack avvisò i mangiamorte che si erano smaterializzati.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
– Innerva…  
Hermione aprì gli occhi confusa. Il corpo le doleva  atrocemente e il primo pensiero fu di esser stata vittima di qualche maledizione.
Il pavimento dove era sdraiata, freddo e duro, non assomigliava affatto al letto riservatole dentro le mura di Hogwarts, né a quello della sua casa londinese dove ormai metteva piede di rado.
– Stupida mezzosangue!
 Bastarono quelle parole, e il tono usato dall'interlocutore per riportarla dolorosamente alla realtà, ai mangiamorte e  a quello che avrebbero potuto farle, tuttavia furono altre le parole che le salirono alla bocca.  – Mi hai schiantata – proruppe indignata cercando di mettersi seduta.
Non era stata abbandonata in alcun vicolo fatiscente, e quella nella quale si trovava era una stanza ben illuminata e all’apparenza confortevole.
Il pavimento che aveva sentito freddo e duro sotto di sé, in realtà era un sofà.
La testa le girava e faceva fatica perfino a respirare. Chiuse gli occhi, trovando un buon  appiglio nel bracciolo laterale.
– Credimi, avrei fatto di peggio, e  se hai qualcosa da obiettare, ti consiglio di essere cauta nell’esprimere la tua opinione  perché sono tentato di usare un ”silencio” così smetterò di sentire il tuo blaterare... stupida, saccente, so tutto io che non può fare a meno di cacciarsi nei guai.
“Rabbia.” Ecco cosa provava Draco Malfoy nei confronti della mezzosangue, presente ad ogni sua sconfitta.
 Non ne aveva dato grande sfoggio negli anni precedenti, costretto a soccombere ad un destino che non si era scelto.
Tutta la sua vita, ruotava intorno a obblighi e costrizioni.
Non era portato per fare la cosa giusta, solo quello che gli conveniva e adesso era quello che non aveva chiesto di essere.
La guardò ancora dall'alto della sua statura. Era scalza e indossava una misera camiciola che la copriva a malapena.
Lo guardava in silenzio la mezzosangue, si era portata seduta a fatica.
– Dov'è Blaise? –  chiese stordita, cercando di raccapezzarsi. Parlare le costava una fatica immane.
Al purosangue, tornarono in mente le parole della McGranitt.
Non capiva l'affaccendarsi degli altri intorno alla sua vita, il volerlo riscattare a tutti i costi.
Era sicuro si trattasse di questo. 
“Stupida, stupida mezzosangue” pensò. “Mai conosciuto nessuno più impudente, più testarda e determinata a mettersi nei guai a qualunque costo.”
Non l’avrebbe protetta. Non voleva avere niente a che fare con lei.
Gli bastavano le ore trascorse in sua compagnia a preparare pozioni e studiare antiche formule magiche.
– E' la prima e l'ultima volta,  mezzosangue –  si trovò in dovere di chiarire. – Domani una volta tornati a Hogwarts, mi starai più lontano possibile.
Lei non rispose, ma sgranò gli occhi di fronte a quell’affermazione. – Domani? – chiese confusa.
– Siamo al paiolo magico – chiarì il serpeverde. – Non è prudente aggirarsi per le strade con dei mangiamorte alle calcagna –  spiegò spiccio – e comunque ho provveduto a immettere degli incantesimi di protezione alla porta.
– Non se ne parla – si ribellò la riccia con voce roca, forse resa tale da qualche linea di febbre.
– Forse non hai capito – rispose il serpeverde. – Non si tratta di ciò che vuoi o non vuoi, ma di quello che io decido. – Senza aspettare alcuna contro risposta, si diresse verso un cassettone e estratta una coperta gliela lanciò con poco garbo  – Per stanotte resti qui – soffiò  gelido.
– Non ne vedo il motivo. – tentò di ribellarsi ancora Hermione.
– Io sì.
– Non puoi darmi ordini.
– Si che posso,  considerato il fatto che sono l'unico fra i due ad avere una bacchetta. Ti devo ricordare cosa è successo poc'anzi?
Hermione incrociò le braccia al petto stizzita. – Dovrai usare un “imperium” per costringermi.
– Credimi lo farò.
Non servì alcuna parola, a Draco bastò il lampo di indignazione che passò negli occhi di lei, per sapere che si era arresa alla sua volontà.
– Copriti mezzosangue e non aspettarti il letto, il divano andrà più che bene.
Hermione ubbidì, sapendo di dovergli comunque essere grata. Chiuse gli occhi, ma come da manuale, il sonno non arrivò.
– Non sono un eroe – sentì sussurrare nel buio della stanza. Probabilmente Malfoy, la credeva addormentata.
La voce era talmente fievole, da farle dubitare che fosse reale. Udì l'inclinarsi del materasso e immaginò il corpo statuario di Malfoy agitarsi nel letto.
Ripercosse nella propria mente i tratti del suo viso, che durante il giorno non poteva permettersi di ammirare.
"”Ammirare.”Aveva usato proprio il termine che non poteva permettersi di indirizzargli.
Le statue si ammiravano, le opere d'arte, non adoni dalle fattezze umane.
Chi adorava un Dio, era condannata a morirne di quell'amore, soprattutto quando il Dio in questione non sapeva di poter amare. – Non sono un eroe. – Ridisse il biondo. –  Potter lo è.  Io sono sempre lo stesso di sempre. Adesso sono un uomo, ma credimi non sono cambiato:  mi nascondo e attendo che altri prendano decisioni al posto mio.  È più facile. Sono quello che sembro. Non ci sono errori, un involucro vuoto senz'anima... buonanotte mezzosangue.   
Certe cose erano destinate a non cambiare, mai.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
Il capitolo è concluso, e dopo tanta attesa spero non sia stato deludente.
Accadono tantissime cose, ma in primis il mondo magico sembra sconvolto da molti eventi.
I mangiamorte rapiscono Hermione. Arthur Weasley sarà stato proprio un’illusione?
Hermione non è più una strega e la McGranitt propone a Malfoy di farle da guardia del corpo.
Vi ricordo che l’ex serpeverde non ha ancora accettato, ma vi posso anche dire che sta combattendo contro se stesso per non farlo. Potrà negarlo al mondo intero, ma vuole questa sorta di riscatto.
Il rapporto con Hermione è ancora acerbo e se la proteggerà non lo farà per amore, non subito almeno.
L’amore arriverà col tempo, ma sarà difficile distinguerlo fra le pieghe dell’indifferenza.
Vi ricordo che Draco non è abituato all’amore.
 
 
Curiosità:
La bacchetta di Draco è fatta di “biancospino”, un legno che indica castità e purezza.
“Langlock” è un incantesimo che blocca la lingua, attaccandola al palato.
 
 
Non aggiungo altro e ringrazio quanti hanno atteso pazientemente questo aggiornamento. Ho poco tempo e ho postato proprio per coerenza, visto che avevo annunciato di riprendere la storia con la stagione estiva. Comunque tranquille, ho qualche capitolo pronto e cercherò di non tardare molto fra un capitolo e l’altro.
Grazie a chi ha messo la storia fra le preferite, seguite e ricordate, e soprattutto grazie a chi recensirà: per me è veramente importante.  
 
Tess







 




 
  
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