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Autore: rsnesquik    24/07/2013    6 recensioni
Charlie Swan è l'uomo d'affari più di spicco degli Stati Uniti ed è soprannominato "il magnate dell'industria". Insieme alla sua numerosa famiglia gestisce importanti industrie farmaceutiche famose in tutto il mondo.
Carlisle Cullen è soprannominato "il dio chirurgo", ed è inoltre il possessore di ospedali quotati in Borsa, centri di ricerca e addiritura parti delle università più importanti al mondo, quali Harvard, Yale e Darmounth.
Le due casate Swan e Cullen da sempre si detestano. Come reagiranno allora le famiglie quando due dei loro membri si innamoreranno?
IL Rating potrebbe cambiare a Rosso.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Eccomi qui con un nuovo aggiornamento. Finalmente entriamo nel vivo. Spero che vi piaccia.
Ci tenevo anche a dirvi che ho cambiato il nome del cugino di Bella, Jacob, in Jackson, poiché altrimenti sarebbe stato facile confondere i personaggi. Buona lettura!
Un Bacio Grande.

 

Serata fuori dalle righe

 

Bella’s pov
 
Era un Cullen.
Ed era fidanzato.
Con Tanya Denali. Forse la ragazza più facile di Washington.
No, non potevo farcela.
Dopo aver dichiarato la scoperta alle mie cugine, fu come cadere in Stand-by.
C’ero ma non c’ero. Non riuscivo a spiaccicare parola, ne fare alcun movimento. La delusione era troppa.
Senza nemmeno renderme conto le lacrime iniziarono a bagnarmi le guance. Non riuscivo a fermarle, non ne avevo la forza.

Rimasi immobile per quelle che mi sembrarono ore, vedevo davanti a me le ragazze che mi parlavano, ma non sentivo alcun suono.
Poi mi feci coraggio, e provai a parlare, chiedendo loro l’unica cosa che mi avrebbe fatta stare meglio: << Portatemi a casa >> sussurrai.
<< Senti Bells, so che è un brutto colpo, ma sono sicura che… >> iniziò Rose.
<< Portatemi a casa! >> non la lasciai finire. Non capiva come stavo, non capiva il mio dolore. Un brutto colpo, aveva detto. Era un’eufemismo, era molto peggio.
Chissà che espressione dovevo avere.
Haley, invece capì, tutto quanto. << Andiamo, presto! >> disse alle altre. << Dobbiamo portarla via, prima che la gente si accorga di come stia, ci mancherebbe solo che qualcuno vada a raccontare a qualche tabloid ciò che ha visto, e non ci lascerebbero più im pace per scoprire la causa del suo malessere >> .

Haley, la mia dolce Haley, che capiva sempre tutto quello che provavo, che stava male quando io stavo male, che mi era sempre accanto, spesso soddisfando i miei rari capricci. Era molto di più di una cugina per me; era la mia confidente, la persona a cui avrei affidato la mia vita. Anche con gli altri ragazzi della famiglia avevo uno splendido rapporto, e volevo un mare di bene ad ognuno di loro, ma lei era lei. Era se possibile, la persona più speciale del mondo.
Mi presero per un braccio e nemmeno mi accorsi mentre salivo in macchina e ci dirigevamo verso casa.
Ancora non riuscivo a crederci, mi aveva preso in giro, guardandomi con falso amore e provando a darmi un bacio solo per dimostrare a se stesso che poteva avere tutte le donne che voleva. Che schifo.
Quando mi aveva chiesto come avrebbe fatto a rintracciarmi, la sera prima al locale, mi sembrava sincero, seriamente dispiaciuto di non avere la mia compagnia , ma forse il solo dispiacere che aveva era quello di non avermi portata a letto.

Dio, che rabbia.
Una volta arrivate alla nostra tenuta, non spiaccicai parola con nessuno, scesi dall’auto in fretta e furia e scappai letteralmente nella mia villa, fiondandomi in camera mia. Avevo bisogno di stare sola, di piangere tutte le mie lacrime, senza avere il timore di essere vista. Odiavo mostrarmi debole, lo detestavo. Fin da bambina, avevo cercato di tenere le brutte sensazioni dentro di me, per non trascinare nessuno giù con me.
Fortunatamente i miei genitori erano fuori casa, non volevo metterli in ansia o agitazione con il mio cattivo umore.
Sebbene fosse Domenica, Charlie quel giorno avrebbe giocato un torneo di golf con zio Richard e zio Thomas, ed alcuni importanti azionisti delle industrie Swan. La mamma invece, stava organizzando un evento di beneficenza per la costruzione di scuole in africa, insieme a delle sue amiche.
Entrata nella mia stanza, misi l’Ipod nelle casse, per provare a svuotare la mente. Ma comunque non mi sentii meglio. La cosa strana era che le lacrime erano cessate, non riuscivo più a farle uscire.

Da un lato mi andava più che bene, così più tardi non avrei avuto sul viso le tracce della mia crisi di nervi, ma dall’altro non sapevo come riuscire a sfogarmi. Così dopo quarantacinque minuti che guardavo il soffito, decisi di dirigermi in cucina, dove almeno avrei potuto affogare i miei dispiaceri nel cibo. Scesi le scale come un’anima in pena, non alzando mai lo sguardo a ciò che mi circondava, tenendolo fisso sul parquet color mogano della casa.
Entrai in cucina decisa più che mai a fare una strane nel frigo e dispensa. Presi tutti i vari tipi di biscotti che possedevamo, da quelli con le gocce di cioccolato e quille fatti di grano saraceno coperti di zucchero, la mia amata nutella, delle brioches con la crema dentro, e poi mi sfondai completamente con la vasta gamma di gelati e bevande gassate presenti nel frigo. Dopo circa un quarto d’ora che mi ingozzavo, mi diressi verso il salotto con l’intento di guardare un film strappa lacrime per riprovare a piangere.

Appena entrata, l’occhio mi cadde su un pezzo di carta posato su il tavolo da biliardo alla estremità opposta della stanza. Capì subito che era per me, lasciato da uno dei miei genitori. Lo presi e lessì:

Ciao tesoro, sono la mamma, sta mattina ci è stato recapitato un invito per una cena dell’ultimo momento a casa dell’ambasciatore inglese Jones, trasferitosi nella nostra città da poco. Sembra che tenga molto a conoscere Papà perciò ci ha chiesto di essere stasera da loro per cenare insieme ad altri invitati. Fatti trovare pronta per le sette, e indossa un abito lungo. A tra poco.

Fantastico, proprio oggi doveva esserci una cena mondana a cui partecipare. Perfetto.
Ma sapevo che i miei, quando potevano mi graziavano e non mi portavano con loro. Ed era successo molte volte. Sapevano che il fatto di passare una serata in compagnia di persone che discutevano di politica ed economia mi attirava ben poco, perciò, solo quando era necessario il mio presenziare mi portavano con sè. Ma non mi arrabbiai con loro, ero molto grata ai miei di avermi dato libertà e non obbligarmi a partecipare a ricevimenti  contro il mio consenso.
Smisi subito di mangiucchiare e mi diressi verso il mio bagno. Decisi di scaricare la tensione nella jacuzzi, senza pensieri. Misi i miei olii di lavanda e mi immersi nel calduccio che irradiava l’acqua. Stetti a mollo per mezz’ora, poi uscii e mi asciugai lentamente, ero comunque in perfetto orario.
Dopo essermi passata il phon lasciando i miei boccoli liberi, mi diressi verso la cabina armadio, nella parte occupata dall’abbigliamento per le occasioni eleganti. Ne provai due o tre, e scelsi un abito blu scuro, lungo senza spalline di Dior.
Mentre mettevo un trucco leggero composto da mascara, fard e rossetto rosso scuro, sentii la porta di casa aprirsi e delle voci indistinte. Dovevano essere i miei, di ritorno da i loro impegni.
Mi alzai, avviandomi verso l’ingresso per salutarli. Ma mentre ero a quasi alla fine delle scale, mi bloccai. Parlavano di basso, di qualcosa di cui non mi era permesso sentire.

<< Charlie, amore, tranquillizzati ti prego >> diceva mia madre.
<< Come Renée? Come faccio? Non ti rendi conto della gravità della cosa. Se stessimo entrambi nella stessa sala, o peggio, allo stesso tavolo, non so davvero cosa potrebbe succedere, ma sicuramente niente di buono. >> parlò mi padre.
<< Ma caro, ormai è troppo tardi per disdire, e sicuramente anche Bella sarà già pronta, dovrai sopportare solo una cena, in fin dei conti. D’altronde è stato molto gentile l’ambasciatore ad invitarci e sarebbe molto scortese da parte nostra mancare. Su, avanti, fallo per me >> gli rispose la mia mamma scoccandogli un bacio sulla guancia.
<< solo ed unicamente per te amore mio, ma non ti prometto niente >> disse Charlie sorridendole con amore.
Non capii chi fosse il soggetto della conversazione.
Mia madre, a quella affermazione, alzò gli occhi al cielo, e nel farlo, mi intravide sulla scale: << Bella, tesoro! Sei incantevole, davvero. Hai fatto un’ottima scelta con questo vestito! >>
<< Grazie, mamma. Siete pronti? Vogliamo andare? >>
<< Si certo, andiamo >> disse Papà, mettendomi un braccio intorno alle spalle.
L’autista venne a prenderci e ci porto nella villa dell’ambasciatore una splendida villa vittoriana avvolta da verdissime siepi. Scendemmo dall’auto, ci avviammo verso l’entrata ed entrammo in un’immenso salone decorato da vasi e dipinti.
<< Signor Swan, che piacere conoscerla. Sono Steven  Jones, sono appena stato designato qui a Washington, e ci tenevo a presentarmi al famoso “ Magnate dell’industria” >> ci accolse il preprietario di casa. Sembrava una brava persona, ma stava già provando ad ingraziarsi mio padre. << Sono così felice che questa sera siate miei ospiti! >> .
<< Il piacere è tutto mio, Steven, e ti prego di darmi del tu, d’altronde, abbiamo la stessa età! Lascia che ti presenti mia moglie, Renée, e mia figlia, Isabella >> disse Charlie, indicandoci.
<< Salve >> dissi, stringendogli la mano.

Dopo i convenevoli, mi diressi verso un lungo tavolo, che aveva sopra cibi freschi e antipasti. Dopo la mia abbuffata pomeridiana, il mio appetito, davanti a quelle prelibatezze, era comunque inesistente, così mi diressi verso il bar, con l’intenzione di prendere qualcosa da bere. La serata si prospettava lunga e necessitavo un poco di alcohol per sopportare la noia.
Con il mio bicchiere di Chardonnay in mano, tornai da i miei genitori, che stavano ancora parlano con Jones. Mentre mi avvicinai, però, notai che l’occhio dell’ambasciatore cadde sull’entrata della sala. Urlò a gran voce: << Carlisle! Amico mio, che piacere. Quanto tempo è passato, sono così felice di vederti >> .
Inizialmente non badai a quello scambio di saluti, ma quando notai l’irriggidirsi dei miei, mi voltai anche io: davanti a me c’era un incantevole uomo, a braccietto con una splendida donna. Non sapevo chi fossero, ma a pelle mi sambrarono gentili e simpatici.  Però non capivo il perché della strana reazione dei miei genitori.
<< Steven che piacere, ti ricordi mia moglie Esme? >> nell dire quelle parole, incidentalmente, lo sguardo dell’uomo, Carlisle, a quanto pare, vide mio padre e la sua espressione, da allegra divento dapprima incredula, e successivamente, infastidita.
Carlisle non sembrò neanche sentire la risposta di Jones, lui e mio padre erano troppo impegnati e fissarsi. Sembravano mandare entrambi saette da i loro occhi. Ma chi diavolo era quella coppia? Charlie mai era stato tanto maleducato con qualcuno.

Dopo svariati attimi, mio padre fece un cenno verso di lui, distaccato.
Carlisle fece la stessa cosa, ma aggiunse anche : << Swan, anche lei qui questa sera? >> .
<< Sembrerebbe di sì, Cullen >> rispose papà.
Oddio. No. Per favore, non oggi!

Tutt’un tratto la conversazione di poco fa dei miei ebbe un senso. L’uomo era Carlisle. Carlisle Cullen. Mio padre non voleva partecipare perché sapeva che era presente. Ecco spiegato tutto. Non avevo mai visto il famoso “dio chirurgo”, nemmeno in foto. Ma sia lui che la moglie Esme erano di una bellezza devastante, eterea.

Un pensiro orrendo si fece strada nella mia mente: c’erano anche i loro figli?O mio dio, ti prego, fa’ che non ci siano, non ho la forza di vederlo, non dopo tutto quello che è successo.

Jones sembrò avvertire il loro tono di finta educazione: << allora Carlisle, conosci Charlie? Le sue industrie sono assai importanti, svolgono un lavoro di tutto rispetto e i loro medicinali hanno contribuito a sviluppare la cura per molte terribili malattie. Ma ditemi cari, i vostri figli sono presenti? >> .

Trattenni il respiro.

<< Sfortunatamente no >> disse Esme. Tirai un sospiro di solliavo, ma lo feci troppo presto. << Solo uno di loro partecipa, il nostro secondogenito Edward >> .

Ebbi bisogno di tutto il mio contegno per non fare cadere il bicchiere di mano. Lui c’era, era qui.

Avremmo cenato insieme.

<< Scusate, vado al bagno >> dissi di getto.

<< ti accompagno, tesoro >> mi disse mia madre. Anche se avevo un bisogno disperato di stare sola, la presenza di mia madre riusciva sempre a calmarmi.

Ci avviammo insieme alla toilette. In silenzio ci mettemo davanti a i tanti specchi, tirammo fuori dalle pochettes le nostre trousse, e mettemmo a posto il trucco.
Nel farlo, la porta di apri.
<< Signora Swan, sono così mortificata. La prego di perdonare mio marito, non si aspettava assolutamente che anche voi avreste partecipato >> disse Esme. Mi sorprese, non me lo sarei aspettata mai, la signora Cullen che si scusava con mia madre. Era assurdo.
Ma anche mia madre mi lasciò basita e interdetta: << oh, cara. Anche io volevo scusarmi per Charlie. A causa di questa brutta faida, ha completamente dimenticato l’educazione. Non riesce a mettere una pietra sopra ciò che è successo >> .
Ma che diavolo stava succedendo? Pensavo che Renée la odiasse e che la cosa fosse reciproca.
Invece ora si stavano scusando per la maleducazione dei lo ro partner.
<< La stessa cosa fa Carlisle. Non riesce a dimenticare. E non riesco a capire perché. Sono vicende avvenute così tanti anni fa, non era nemmeno ancora nato. Ed in parte la colpa è della nostra famiglia >> continuò la signora.
<< condivido la sua opinione, sarebbe davvero l’ora di smetterla. Ma non si assuma tutta la colpa. Anche i Swan hanno fatto cose di cui non andare fieri. Comunque, le presento mia figlia, Isabella >> rispose mia madre, indicandomi.
Sorrisi a quella dolce signora, del tutto differente a quel bastardo di suo figlio.
<< molto piacere cara. Ora scusate, torno da mio marito >> .
Anche noi uscimmo dal bagno, ed io mi guardavo intorno circospetta, osservando attentamente ogni uomo per vedere se lui era arrivato. Non volevo vederlo, per niente.

Fortunatamente, i dadi sembravano giocare a mio favore: quella sera era presente davvero tanta gente, almeno una cinquantina di persone. Mi serai mischiata nella folla con discrezione e una volta seduti a tavola, mi sarei messa nel posto più lontano al suo. Sempre che si presentasse, oramai eravamo li da trenta minuti e di lui nemmeno traccia. Probabilmente aveva deciso di tirare il pacco ai genitori e passare la serata con la sua bionda idiota.
No! Non dovevo persare a lui, tantomeno a lui con la Denali, o le lacrime stavolta sarebbero uscite a fiumi, lo sentivo.
Sebbene non avessi appetito, mangiucchiai un paio di tartine, tanto per fare qualcosa e provare a stendere i nervi, di nuovo tesi a causa delle liete novelle.
Più passava il tempo, più lui non arrivava. Mi misi l’anima in pace, ma parlai troppo presto.

Mertre conversavo con la signora Debardet, amica di mia madre e anche lei invitata, lo vidi, perfetto come sempre. Non indossava lo Smoking, come gli altri uomini, ma un meraviglioso completo di giacca e cravatta blu scuro, che risaltava il suo perfetto fisico, dandogli un aria al contempo sportiva ed elegante.
Come richiamato dal mio fissare, i suoi occhi si posarono sulla mia figura e cadde anche lui in un piccolo stato di trans momentaneo, sbigottito. Mi stava spogliando con gli occhi.
Non riuscii più a reggere il suo sguardo, mi faceva troppo male, così distolsi lo sguardo al parquet e le guance mi si colorarono di un evidente rossore.
Dovevo andarme di li, prendere aria, o sarei morta per autocombustione.

Mi congedai svelta alla Debardet, che ancora mi parlava, e scappai su una delle terazze. Pregai con tutta me stessa che non mi seguisse. La terrazza era grande e piena di splendidi fiori. Mi concentrai al massimo sul mio respiro, sentivo che stavo per crollare.
<< Bella >> disse la sua voce magnifica.
Mi voltai di scatto, era li a qualche metro da me. Mi immobilizzai.
<< Perché scappi da me? >> .
<< Me lo chiedi pure? Davvero? >> risposi acida e fredda.
La sua espressione cambiò, da dolce divenne afflitta.
<< Deduco che hai scoperto chi sono, vero? >>
<< Esatto, Cullen >>
<< Come? >> chiese, triste.
<< Proprio questa mattina. Dopo aver visto te sulla copertina di una rivista, insieme a quella troia della Denali, la tua fidanzata >> urlai contro di lui, vicina al pianto.
Non fu per niente felice della mia risposta: << Cosa? Sulla copertina di una rivista, assieme a quella puttana? Oh no, Bella, lascia che ti spieghi, sono tutte stronzate…>>
Non lo lasciai finire. << Non mi interessa, tu puoi fare quello che vuoi, non mi riguarda. Noi non stiamo insieme! E per di più tu sei un Cullen, non dovrei nemmeno parlare con te. Conosco la tua fama, ti interessa solo sballarti e portarti a letto quante più ragazze puoi. D’altronde è per questo che mi hai avvicinato ieri, vero? >>
Era sul punto di replicare, quando….
<< Signori, se iniziaste ad accomodarvi, la cena è servita! >> disse a gran voce Jones.
Capì che non avevamo più tempo per parlare e lasciò perdere. Ne approfittai, svelta per raggiungere, la tavolata.
Ma mentre rientravo mi afferrò un polso, dandomi una scarica elettrica. << Tanto non mi scappi >>
Mi staccai bruscamente e raggiunsi il talovo, irritata.
Non avevo notato prima che ci fossero dei segnaposti, così cercai il mio nome. A una delle estremità del tavolo vi era il mio posto. Guardai dove fossero stati messi i miei genitori, che erano già seduti circa metà tavolo. Perfetto, sono qui da sola.
Ma il peggio doveva ancora arrivare. Perché circa 20 secondi più tardi, l’ultima persona a cui volevo stare vicini, si sedette esattamente di fronte a me.

  
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