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Autore: Alina Alboran    24/07/2013    3 recensioni
“Solo continuando a sperare, ciò che adesso ti sembrano sogni, domani diverranno realtà.”
L’amore a quindici anni è ossessione. A ventuno è passione.
Come Paolo e Francesca furono travolti dalla lussuria, anche Serena e Gabriele saranno tormentati dalla stessa perturbabile tempesta.
Il desiderio di raggiungere ciò che per anni si è smaniato di conquistare offuscherà la loro mente, trasportandoli verso un sentimento mai conosciuto.
Serena conoscerà la dolcezza, la comprensione e la devozione di un amore inaspettato.

«Basta con queste insinuazioni, Gabriele. Mi sono stancata di tutte le tue frecciatine e del tuo comportamento. Cresci».
«E me lo vieni a dire tu? Ma se da quando sono arrivato non fai altro che fissarmi!».
«Io… ».
«Io?».
«Oh, ma vaffanculo! Sei uno stronzo!».

«Scusa, prima ho esagerato, non dovevo risponderti così». È dispiaciuto. Riesco a sentirlo mentre le sue braccia mi avvolgono e mi accarezzano con dolcezza la schiena.
«Prometti che non mi parlerai più così?», gli chiedo imitando la voce di una bambina.
«Te lo giuro. Mai più».
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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I don't want to, but I want to,
Cause I just can't get you out of mind.
My best friend's brother is the one for me.
..

«…».
«Serena, stai bene?».
Se sto bene? Mi ha appena detto che suo fratello – il suo bellissimo fratello – ritorna dall’America, e mi chiede se sto bene?
«Certo che sì. Sinceramente non capisco nemmeno perché tu ne faccia un affare di Stato». In fondo il ragazzo per cui ho avuto una cotta per anni, e che non mi ha mai degnata di neppure un misero sguardo, ritorna. Non è niente di che. All’epoca ero solo una quindicenne brufolosa innamorata del fratello diciottenne della sua migliore amica, mentre ora sono una donna, i brufoli sono spariti, e ho persino perso qualche chilo. Sono giovane, bellissima, in carriera. Cioè, insomma, vado all’università. Posso essere comunque considerata una donna ina carriera, vero?
«Bene, perché domani facciamo una cena per festeggiare il suo ritorno e mamma ha insistito tanto perché venissi anche tu».
Cosa? NO!
«No. Non sono pronta per vedere tuo fratello, Cristina».
«Prima hai detto ch-», inizia confusa.
«Non importa», la interrompo brusca.
«Ma sono passati sei anni, Serena. E poi hai detto che non ti crea alcun problema».
«Ho finto. Ci conosciamo da dodici anni e non hai ancora capito quando mento?». No, non sono affatto sgarbata. Non può venire a casa mia, sganciare una bomba come questa, e sperare davvero che io la prenda nel migliore dei modi.
«Non puoi non venire. Che figura ci faresti?». Eh?
No, non la sto minacciando a morte con lo sguardo, nient’affatto.
«Che figura vuoi che ci faccia? I tuoi genitori mi vogliono bene, di certo non se la prenderanno se manco a una stupida cena».
«Ed è proprio per questo sconfinato amore che i miei provano per te», ma quanto è ruffiana? «che devi esserci».
«No».
«Bambina».
«…».
«Ti prego…». No, gli occhi da cucciola no. Tanto non serve, non mi farò convincere.
«…».
«Dai…».
«Me ne pentirò, lo so già, ma va bene. Vengo a questa maledetta cena».
«Sì!». E sarei io la bambina?

§§§

Non sono agitata. Non sono agitata. Non sono agitata.
Accidenti, non riuscirò nemmeno a guardarlo in faccia. Magari… Magari è diventato brutto. In fondo sono passati sei anni e si sa, in sei anni cambiano tante cose…
Ma a chi voglio darla a bere? Questi sei anni non possono che essere serviti a renderlo ancora più attraente di prima. Se uno è bello, bello resta; se è brutto… beh, c’è sempre la chirurgia plastica.
«E questo?», mi domanda Angelo, l’unico oltre a Cristina a sapere della mia cotta per il fratello di quest’ultima.
«Troppo scollato. Non vado mica a rimorchiare».
«Questo?».
«Troppo corto».
«Questo?».
«Troppo lungo. Non vado a cenare in un convento».
«Questo?».
«Troppo rosa: non sono una pornostar!».
«Ti odio. Sei insopportabile, indecisa e rompipalle. Mi spieghi perché sono io a doverti aiutare a scegliere un abito e non Cristina? È lei la ragazza, ne sa più di me!». In effetti è vero, ma lui è un maschio, pensa come i maschi e perciò saprà quale piacerà di più a Gabriele. Ovvio, no?
«Scusa, Angelo», dico con la voce bassa e il labbro tremolante. Mi pare di essere in uno di quei telefilm americani in cui le ragazze ottengono ciò che vogliono facendo le smorfiose; ma se funziona, perché non approfittarne?
«Comunque credo che sceglierò questo». Sì, con questo addosso non posso non fare colpo.
«Ma se è il primo che hai escluso!», si lamenta afflitto mentre si butta a peso morto sul letto.
No, non può essere. Questo vestito è perfetto, non posso averlo scartato.
«Ti starai sicuramente confondendo», dico sbrigativa.
«Ora, Angelo, puoi anche ritornare in camera tua a dormire. Per ora abbiamo finito e entrambi abbiamo bisogno di essere ripostati: domani sarà una giornata estenuante».
«Entrambi?», mi chiede. Riesco quasi a scorgere il terrore nei suoi occhi. È davvero questo l’effetto che faccio alle persone?
«Certo, entrambi», comincio con un sorriso. «Farai finta di essere il mio ragazzo».
Forse io e Cristina abbiamo in comune più cose di quanto pensassi: sia io che lei lanciamo bombe di dimensioni colossali senza nemmeno cercare prima di attutire il colpo all’altro.
Dalla sua gola non fuoriesce alcun suono, ma il suo boccheggiare continuo e i suoi occhi confusi mi suggeriscono una sola parola, forse due: sono indecisa tra “Cosa?” e “ Sei pazza?”. Anche se, a pensarci bene, entrambe sono più che ammissibili.
«No! Assolutamente no. L’ultima volta che ho finto di essere il tuo ragazzo ho preso un pugno. Grazie, ma passo». No… non può abbandonarmi così. È il mio migliore amico, e i migliori amici non ti abbandonano nel momento del bisogno.
«Angelo, per favore. Non so come reagirò domani, e ho davvero bisogno di un supporto morale. Ti prego, sai che su Cristina non posso contare: lei farà di tutto per mettermi in imbarazzo». Mi vuole bene Cristina, solo che a volte tende a dimenticare che siamo amiche e diventa stronza, specialmente se di mezzo c’è suo fratello.
«Sere, anche se lo volessi fare – cosa che non voglio assolutamente –, non funzionerebbe comunque: Dario e Francesca lo sanno che siamo solo amici». E allora? Non possono pensare che un giorno ci siamo riscoperti perdutamente innamorati l’uno dell’altro? Che abbiamo capito che tutti gli anni passati da amici ci hanno fatto innamorare, solo che prima eravamo troppo ciechi per vederlo?
«Loro lo sanno, ma Gabriele no», rispondo senza nemmeno avere il coraggio di guardarlo in faccia. È imbarazzante ammettere di star pensando allo stesso ragazzo da anni. Attualmente non provo più nulla, ovviamente; però sento una strana ansia, quasi come un presentimento che mi suggerisce di stare in guardia, di non mostrarmi debole perché da un momento all’altro potrei ricascarci senza neppure accorgermene.
Giuro che quando Angelo mi guarda con questa sua aria da saputello sarei capace di ammazzarlo.
«Almeno come amico ci sei a sostenermi?».
Mi guarda sconsolato, sospira, ma alla fine dice di sì.
«Ora posso andare a dormire oppure Sua Maestà ha altre crisi isteriche da dover essere tenute sotto controllo?». Ha ha. Che ridere. Si capisce l’ironia?
«Quando avrò bisogno di te provvederò a chiamarti, ora puoi anche ritirarti».
Sono più di due anni che io e Angelo viviamo insieme. Io ho deciso di andarmene di casa appena possibile e, nonostante l’università che frequento sia nella stessa città in cui sono cresciuta, ho deciso di abitare nell’appartamento che mia madre mi ha regalato per dar pace alla sua coscienza sporca; la scelta di Angelo, più che voluta, è stata necessaria. Quando hai cinque fratelli più piccoli e il sesto in arrivo, andartene di casa è il minimo. Adoro la famiglia di Angelo, ma sono così tanti che ho ancora problemi a distinguere tutti per bene. Ora che ci faccio caso, la sua famiglia sembra tanto quella di “Settimo Cielo”, solo che molto meno felice e senza quel perenne sorriso sulle labbra.
Non che “Settimo cielo” non mi piaccia, ammetto di aver avuto anche io la mia fase di ossessione per questo telefilm, ma… quanti cacchio di figli sforna? E il padre è pure un reverendo; capisco che Dio ha detto “Crescete e moltiplicatevi”, ma cavolo, a tutto c’è un limite.
Non dovrò farmi paranoie inutili quando rivedrò Gabriele; ora siamo entrambi più maturi e sicuramente lui smetterà di prendermi in giro ogni due per tre e io, se ciò dovesse comunque accadere, saprò starmene zitta, non arrossire, non balbettare, non dire cose senza senso. Insomma, mi comporterò da ciò che sono: un’adulta.
«Serena, che ci fai qui?», mi domanda Angelo girando la testa nella mia direzione.
«Non riuscivo a dormire. Ti prego, non mandarmi via». Sì, sono proprio un’adulta, non c’è che dire.
Lui sospira scocciato perché l’ho svegliato, però mi fa un po’ più di spazio nel letto.
«Abbracciami».
«Dobbiamo mettere in chiaro una cosa, Serena: non sono tuo padre. Non sono disposto a svegliarmi la notte, abbracciarti e tranquillizzarti, chiaro? Io domani vado al lavoro, quindi chiudi quel forno che hai per bocca e dormi».
Sì, però intanto mi abbraccia.
«Grazie».
«Dormi».

§§§

Posso farcela, posso farcela.
«No, invece non posso farcela».
«Cosa? Si tratta di preparare un cappuccino, non di scalare il monte Rosa», si prende gioco di me Tatiana. Quanto la odio. Ma che si facesse gli affari suoi e mi lasciasse in pace!
«Ecco qua, signore».
Sì, ho ventuno anni, mia madre naviga nell’oro, ma lavoro in uno squallido bar di città.
«Grazie».
«Preg- cazzo!».
Non è lui. Non è lui. Non è lui.
«Scusi?». Bene, pure la figura di merda con il cliente.
«No, niente, mi è sembrato di vedere una persona, ma ho sicuramente sbagliato». Il signore mi sorride bonariamente, come se sapesse davvero ciò che mi passa per la testa.
«Un ragazzo, signorina?». Mah, magari lo sa.
«Sì…»
Non è lui. È impossibile che sia lui. Insomma è in città da quanto? venti ore? un giorno? Non può venire proprio nel bar in cui lavoro io, la coincidenza sarebbe esagerata anche per me che ho il gene della sfiga nel DNA.
«Gabriele, cosa ti posso servire?». È lui.
«Tatiana, io mi prendo il giorno libero. Recupererò la prossima settimana, ciao».
Dire che me la sono data a gambe levate è un eufemismo; sicuramente Tatiana mi farà pagare questa fuga con gli interessi, ma ora come ora non me ne importa un fico secco.
Cacchio, tutte le mie speranze sono andate alla deriva: può una persona diventare ancora più attraente di prima? Io, se paragonata a lui, sembro uno sgorbio.
«Serena, che ci fai qui?». Eh? Chi? Dove?
«Ci lavoro?». Per una volta la fortuna è stata dalla mia parte ed è Angelo quello che, richiamandomi, mi ha spaventata. Se fosse stato Gabriele non so proprio come avrei reagito.
«Spiritosa», mi dice facendomi il verso. «Perché non sei all’università? Dovevano darti le informazioni per quel corso di laurea che avevi richiesto».
Oddio, che sbadata.
«Grazie, Angelo, non so come farei senza di te. Me ne sono completamente scordata. La venuta di Gabriele mi ha messa così tanto in subbuglio che ricordo a malapena il mio nome». Forse… Forse l’ultima parte me la potevo anche risparmiare. È già sufficiente che sappia io quanto Gabriele mi abbia sconvolta, perché rendere partecipe anche Angelo?
«Ma come facevi a sapere che me ne sono dimenticata?».
«Stamani non ne hai minimamente accennato, e poi ti sei svegliata alle cinque per venire al lavoro, quando potevi tranquillamente alzarti alle nove ed essere all’università per le dieci». Non pensavo che stesse sempre così attento alle mie azioni.
«Certo che sei davvero attento ai dettagli».
«Nah, mi sto solo prendendo cura di te. Senza di me saresti perduta».
«Ora non esageriamo, riesco a cavarmela anche da sola». Più o meno. Cioè se c’è qualcuno su cui so di poter contare sempre, ogni giorno e a qualsiasi ora, ammetto di essere un po’ svampita; se però non ho nessuno, riesco a badare a me stessa.
«Dai, ora vai ché farai tardi», mi dice fintamente scocciato.
So che, anche se molto spesso mostra il contrario, prendersi cura di me gli fa piacere.
«Vado, vado».

§§§

«Io me ne vado», dico già pronta a girare i tacchi e a tornarmene a casa. Oggi fanno pure Dexter in TV, non posso permettermi di perderlo. E poi… stare davanti alla porta come una deficiente non è il massimo; i vicini qui parlano troppo e alcuni – il maniaco del palazzo accanto che sta guardando me e Angelo già da diverso tempo – sanno essere molto invadenti.
«Smettila, Serena. Non stai per andare al patibolo». No? Strano. Perché ho la sensazione di starmi offrendo volontaria per un sacrificio agli déi. Non voglio vedere Gabriele. So di non aver motivazioni valide che giustifichino il mio comportamento, che sono passati sei anni, ma credo comunque che sia troppo presto.
«Mi spieghi cosa ti preoccupa? Giuro che ci ho provato a mettermi nei tuoi panni, ma non riesco comunque a capire questa tua preoccupazione esagerata. Rivedrai il ragazzo che ti piaceva sei anni fa, non è gran cosa. So che quello che ti sto per dire ti sembrerà stronzo, però probabilmente lui non ti riconoscerà nemmeno. Non fasciarti la testa prima di rompertela, vedrai che andrà tutto bene». La fa facile lui.
Mica era lui a sbavare ogni volta che Gabriele gli passava davanti e che veniva puntualmente ignorato e deriso. Se il problema fosse solo questo non sarei così in ansia, potrei affrontarlo. Ciò che più mi infastidisce è il non sapere quale sarà la mia reazione quando me lo ritroverò davanti. Cosa farò? Che gli dirò? Mi comporterò come a quindici anni? Oppure scapperò come ho fatto sta mattina al bar?
«Sere, datti una calmata. Qualsiasi cosa succeda, sarò sempre al tuo fianco. Appena ti vedrò in crisi prometto che interverrò». Dio, cosa farei senza di lui? Sa sempre quello che dire e fare. È proprio il mio Angelo custode.
«Grazie, senza di te sarei perduta». Ma quanto è carino quando arrossisce in questo modo?
«Angelo?».
«Sì?». Sospira. Devo dedurre che abbia capito già cosa gli sto per chiedere.
Senza aspettare una risposta mi butto tra le sue braccia e, circondandogli la vita, mi stringo ancora di più a lui.
«Sì, ho proprio preso il posto di tuo padre». Io lo abbraccio e lui fa una battuta così triste? Dove è finito il mio Angelo divertente e mai scontato?
«E non guardarmi in questo modo, sai benissimo che è vero. Negli ultimi due giorni sei venuta a dormire nel mio letto solo perché ti sentivi sola». Ma guarda tu che ingrato! Una bella ragazza si infila nel suo letto di notte e lui si lamenta pure? Mah… uomini!
La porta che si apre all’improvviso mi fa sobbalzare tanto da rischiare di perdere l’equilibrio. Se non fosse stato per Angelo, avrei fatto un bel volo.
«Grazie per l’interessamento, ma sono ateo, non mi interessa nulla». Gabriele? Oddio non posso più andarmene. Ehi, ci ha veramente scambiati per dei testimoni di Geova? Apro la bocca per replicare, ma, per una volta, non ho niente da dire e perciò la richiudo leggermente scocciata. No, scocciata no, sono troppo scioccata per essere scocciata – ma perché devo sempre fare questi giri di parole pazzeschi e senza senso?! –; più che altro sono infastidita dal suo atteggiamento di superiorità. Mi ha certamente riconosciuta, ma lui è quello che se ne frega delle buone maniere e si diverte alle tue spalle senza rimorsi.
«Stronzo». Angelo, al mio fianco, ha appena espresso a parole il mio pensiero.
«Cosa?», gli domanda invece Gabriele già pronto a scatenare una rissa. Io non ho alzato ancora gli occhi dal pavimento e credo proprio che non lo farò: sono nel panico più assoluto. E ora che faccio?
«Ho detto stronzo». Maledizione, qui va a finire male. Angelo è un ragazzo calmo, non è il tipo da litigi – infatti non riesco a immaginarmi cosa gli sia preso tutto d’un colpo –, ma Gabriele non è un tipo loquace e se non intervengo succederà l’inevitabile.
«Che ne dici di darti una calmata, Gabriele? Siamo stati così gentili da venire alla festa per il tuo ritorno e tratti così i tuoi ospiti? Gli anni in America non sono serviti a farti apprendere un po’ di buone maniere, eh?». Mi sembra di essere ritornata nel passato. Certo, adesso ho un po’ più di grinta e non ho minimamente balbettato, però sono così agitata che potrei farmela sotto dalla paura.
«Scusami tanto, non sapevo che eri tu, Serena. Prego, entrate». Che?
Angelo mi guarda in cerca di conferma e io annuisco. Che altro poteri fare? Andarmene è fuori discussione e, anche se non so cosa diamine gli sia preso, sembra essere un poco più disponibile. Magari inizialmente non mi aveva riconosciuta veramente e ora si sente in colpa per il suo comportamento.
«Gabriele, amore? Che ci fai lì sulla porta?».
«Ciao, Francesca», saluto la donna non appena compare alle spalle del figlio.
So che è stupido, banale, e magari potrà sembrare anche ipocrita, ma considero Francesca come mia madre. Durante l’infanzia è stata lei a spiegare a me e a Cristina cosa fossero le mestruazioni; durante l’adolescenza è stata lei a farci “il discorso”, è stata lei a sopportare i miei piagnistei quando suo figlio mi trattava come una bimbetta. Messa così la situazione, può sembrare che la mia sia stata un’infanzia disastrosa, con una madre assente e menefreghista.
Assente lo è stata e, beh, forse anche menefreghista.
Ma non è assolutamente colpa sua: quando è rimasta incinta era troppo giovane per saper prendersi cura di una bambina e perciò, provenendo lei da una famiglia ricca, sono stata cresciuta più dalle badanti che da lei. Ora, con il senno di poi, se ne pente. Lo vedo nei suoi occhi quando, una volta a settimana, vado a mangiare da lei. Mi chiede come sto, se ho incontrato qualcuno, se può fare qualcosa per me…
Ormai, però, è troppo tardi. Non ho più bisogno di una madre: sono cresciuta.
Dove sta mio padre in tutto questo? Ha lasciato mia madre quando avevo circa sei anni. Non lo biasimo: mia madre era insopportabile e anche io, se non fossi stata sua figlia, l’avrei abbandonata all’epoca.
Tutto sommato direi che sì, ho avuto un’infanzia disastrosa.
«Angelo, che bello rivedere anche te. Serena ti tiene troppo nascosto, dovresti venire più spesso a trovarci».
Questa donna ha una totale adorazione per Angelo. Ogni volta che entra in casa sua, Francesca sembra dimenticarsi completamente di me, della figlia e persino del marito.
«Salve, signora», risponde lui cortese.
Gabriele, nel frattempo non si è mosso di un millimetro. Continua a fissare Angelo in cagnesco, quasi come se lo volesse azzannare da un momento all’altro.
«Andiamo in soggiorno, ragazzi. La cena è pronta». La cena sarà pure pronta ma a me si è chiuso lo stomaco. Dio, perché non hai imbruttito Gabriele in questi anni? Ti fa così schifo stare dalla mia parte per una volta?
«Serena, sveglia, dimentica il mondo delle favole e ritorna alla realtà», mi dice Gabriele riscuotendomi dai miei pensieri.
Gli sorrido dubbiosa, senza aver capito bene il senso delle sue parole.
«Dove è tua sorella?». Mi rendo conto che rivolgere una domanda senza guardare in faccia l’interlocutore non è tanto educato, ma non so proprio come comportarmi con lui.
«Eccomi, Serena. Ho avuto qualche piccolo problemino con la piastra».
Non so come faccia a comparire sempre dal nulla. O sa usare il teletrasporto o si nasconde nei posti più impensabili per poi uscire quando più le fa comodo.
«Allora, andiamo? Ho fame». Sorrido incerta nella sua direzione, ma non oso fare nemmeno un passo. Lo sguardo di Gabriele che vaga su tutto il mio corpo, mi ha ipnotizzato tanto che non riesco più ad avere dei pensieri sensati.
«Sere, basta filmini a luci rosse», bisbiglia Angelo al mio orecchio.
Gli do una gomitata e metto su il broncio.
Non sono veramente arrabbiata, ma che amici saremmo se non litigassimo di tanto in tanto?
Dario, marito di Francesca e padre di Cristina e Gabriele, saluta in modo sbrigativo sia me che Angelo, troppo impegnato a mangiare.
«Ciao, ragazzi».
«Ciao».
«Salve», rispondiamo sia io che Angelo.
«Ragazzi, non state in piedi. Sedetevi». L’ultima volta che ho visto Francesca così su di giri è stato al ventunesimo compleanno di Cristina. Probabilmente riavere Gabriele in casa per lei deve essere meraviglioso: il figlio le è mancato davvero tanto e ora non riesce a stare un secondo ferma. Mi fa quasi tenerezza il suo modo di fare.
«Angelo, ti siedi vicino a me?», domanda Cristina con una strana luce negli occhi. Che intenzioni ha questa pazza?
«No!», asserisco forse troppo bruscamente: tutti – dal primo all’ultimo – mi stanno fissando sorpresi.
«Cioè…». Perché sento il bisogno di giustificarmi? Angelo è mio amico, ha promesso di starmi accanto e di certo non lascerò che mi abbandoni solo perché Cristina metta in atto i suoi strani sotterfugi.
«Allora, Angelo? Ti siedi accanto a me oppure no?». Cosa? Pensavo di essere stata chiara.
Le chiedo spiegazioni con lo sguardo, ma lei mi risponde con una semplice scrollata di spalle.
«Siederò vicino a Serena, Cristina», risponde lui. Magari è solo una mia impressione, ma mi sembra che nella sua voce ci fosse, oltre che cordialità, anche un pizzico di astio.
«Antipatico», risponde lei facendo la linguaccia.
«Con lei ci stai tutto il giorno, che ti costava per una volta assecondarmi?», continua con aria allegra.
Gabriele, in tutto questo, non ha aperto bocca nemmeno una volta; si è limitato a seguire la scena in silenzio, aspettando che sua madre gli servisse da mangiare.
«Serena, ma stai ancora con quel ragazzo? Quel Paolo?», domanda Dario, seduto accanto al figlio.
Gabriele alza la testa dal piatto e mi fissa intensamente, in attesa di una mia risposta.
«No, ci siamo lasciati qualche settimana fa», rispondo rossa dall’imbarazzo. Gli occhi di Gabriele puntati nei miei mi mettono troppa soggezione.
«E come mai?». Ma cos’è questo? Un interrogatorio? No, perché se è così me ne vado.
«Non ha funzionato».
Angelo, grazie al cielo, capisce la mia agitazione e perciò intavola una discussione con Gabriele.
Bene, almeno per un po’ potrò stare tranquilla.

§§§

«Finalmente a casa, ancora due minuti con la madre di Cristina e avrei cominciato a sbraitare», dice il mio amico lasciandosi scivolare sul divano.
«Come sei drastico». Alza di poco la testa e, nonostante non apra bocca, la sua occhiata mi fa desistere dal continuare a prenderlo in giro.
«Dormi con me anche stanotte?», chiede sulla porta del bagno; al mio segno di dissenso chiude la porta e il rumore dell’acqua che scorre mi fa pensare solo a una cosa: mi ha fregata anche questa volta. Facendo finta di essere distrutto è entrato in bagno prima di me. Poco male, tanto non avevo neppure l’intenzione di fare la doccia.
Mentre sono sotto le coperte mi ritrovo a pensare a Gabriele.
Rincontrarlo non è stato così terribile come credevo. Certo, non è che abbiamo parlato più di tanto, però quelle poche battute che ci siamo scambiati non sembravano tra due che non si rivedono da sei anni.
Mi ha sorpreso molto il suo interesse per la mia vita, sembrava quasi – sì, so che è impossibile, ma sognare non costa nulla –, che gli importasse di me. È stato… piacevole.
«Serena», sento Angelo urlare dal bagno.
E ora che vorrà?
«Sì?».
«Hai nuovamente sostituito il mio bagnoschiuma con uno al profumo di rose?». Il modo in cui ha sottolineato quel “nuovamente” mi fa capire che forse – forse – ho esagerato un pochino.
«Il tuo non mi piace. È troppo da maschio», ribatto. Sono consapevole che non potrei mai e poi mai girare la situazione a mio favore, ma tentar non nuoce, giusto?
«Se lo fai ancora una volta giuro che me la pagherai. Sono stato chiaro?».
«Sì, signor capitano».
La risata che proviene dalla stanza accanto mi tranquillizza e mi permette di andare a dormire senza troppi sensi di colpa.
Angelo è l’unica costante della mia vita. Molti direbbero che due anni sono troppo pochi per conoscersi e io, se non stessi vivendo questo sulla mia pelle, darei loro ragione.
Però la sua presenza mi dà una tranquillità e una serenità per nulla comparabile a quella che provo stando con Cristina.
Il rapporto tra me e lei è pieno di alti e bassi, lo è sempre stato e sempre lo sarà.
Ma mentre con lei mi sento perennemente sotto giudizio, con Angelo riesco a essere me stessa senza aver paura che il giorno dopo possa ricattarmi con qualcosa che ho detto o fatto.
Non studio psicologia anzi, a malapena so cosa sia, ma credo di vedere in Angelo quella figura maschile che non ho mai avuto.
Dio, detta così suona malissimo.
Non è che io mi stia approfittando di lui e della sua disponibilità.
Anche io sono una buona amica. Credo. Spero.

.

.

.

 

Note d’autore:

Salve!
Non so bene cosa dire su questa storia…
Sicuramente è la più leggera tra quelle che ho postato e tra quelle su cui ci sto lavorando.
Lo scopo della storia è quello di far passare una serata rilassante leggendo qualcosa di non troppo impegnativo, ma che spero sia decente.
Grazie per aver letto :)
Alla prossima!
Un bacio
Alina_95

Ora passo alle note della mia beta. Sicuramente le verrà un infarto quando le vedrà ma… pazienza!

NOTE:

-Le ragazze, essendo amiche, possono utilizzare anche nomignoli.
-Poi magari prima di mettere i suoi pensieri dopo un discorso, potresti andare a capo.
-Ma quanti “nemmeno” hai messo?!
-E basta con questo cacchio di comportamento! Quante volte l’hai ripetuto?!
-Certi errori di battitura mi fanno ridere troppo:)
-In convivenza mi hai fatto impazzire con tutti i punti esclamativi, mentre qui tutti questi punti interrogativi mi fanno girare la testa.
-Ore 01:48 del 22/07/13: ho finito di correggere il capitolo! :)

Grazie, _Stranger_ per tutto l’impegno che ci hai messo e per avermi spronata sempre a non smettere di scrivere.
Il tuo aiuto è davvero prezioso per me e senza di te sicuramente la storia non sarebbe stata la stessa.

   
 
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