SAI e SAKURA
Sai non riusciva a capire (eppure aveva la sensazione che solo adesso cominciasse la storia vera).
«Perchè lo hai fatto Sakura-chan?»
«Che cosa?» rispose mentre il viso le si aggrottava in una smorfia di dolore
«Perchè hai fatto questo per me?» chiese lui, sollevandole delicatamente il capo (non riusciva, davvero, a capirlo)
«Chi lo sa?» rispose lei tentando d'accennare un sorriso (bellissimo sul quel volto pallido) «sono pazza, forse» (probabilmente lo era davvero).
Le sfiorò la fronte calda di febbre e si chiese cosa dovesse fare.
«Sai?» sussurrò lei
«Dimmi» rispose
«Mi lascerai qua adesso?». Lo schiacciò il peso di quelle parole (ma non c'era nulla che sapesse rispondere).
La sollevò tra le braccia e si incamminò fuori dalla grotta (era un peso lieve, e dolce).
«Non dici nulla, Sai?» disse lei
«Nulla» rispose (non sono bravo con le parole).
«Perchè?»
«Non sono affatto bravo con le parole» (ma se dovessi dirne un paio, cosa diresti, Sai?)
«Ma se dovessi dirne almeno un paio, cosa mi diresti Sai?»
«Che stai frugando nei miei pensieri» rispose (chissà come aveva fatto)
«Cosa?»
«Non importa» (meglio che non lo sapesse, in fondo)
«Sul serio, Sai, cosa diresti?»
Silenzio.
«Fidati di me» (perchè mai dovrebbe?)
«Mi fido di te, Sai. Era solo una battuta, quella di prima»
«Davvero?» (ma si sentiva sollevato).
Sorriso.
«Sai?»
«Dimmi»
«Sono un po' stanca»
«Riposati Sakura-chan. Disegnerò un uccello e voleremo a Konoha, tra le sue ali, come due piccoli camminatori del vento»
«Siamo sempre in viaggio, Sai. Ci fermermo mai?»
«Non lo so, Sakura-chan. Noi siamo i viaggianti»
«Viaggianti?»
«La nostra vita è un viaggio e il mondo viaggia dentro di noi. Senza sosta, e senza meta. Un viaggiatore sa sempre dove andrà, fosse pure l'ingoto, fosse pure l'oblio, o il perfetto ordine della casualità. Il viaggiante è colui che viaggia, inevitabilmente. Il ramingo di sé stesso. L'impronta sulla sabbia. Mi capisci, Sakura-chan?»
«Credo di sì, Sai»
«Grazie, Sakura-chan»
«Per cosa?»
«Per aver mentito»
Sakura lo guardò sorpresa (i suoi occhi erano prati di primavera).
Sai la guardò con gratitudine (i suoi occhi erano cieli invernali).
«Adesso riposati, Sakura-chan».
Avrebbe voluto chiederle perchè ripeteva il suo nome ad ogni frase (e quel nome non era davvero suo).
Ma la sua mente aveva una risposta, e in quel momento non desiderava trovarne altre (aveva un po' paura della realtà).
Pronunciare il nome delle cose significa coglierne l'essenza vera. Chiamarsi per nome significava essere più vicini (ma quel nome non era davvero suo).
L'adagiò davanti a sé, tra le sue braccia per non farla cadere (e lei posò il volto sulla sua spalla).
Poi librò in volo l'uccello e solcò il cielo, come un gabbiano.