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Autore: Lothiriel    30/09/2004    2 recensioni
Ritratti di uomini del passato… Di epoche non ben definite, e forse senza alcuna esatta aderenza alla Storia… ma solo come li vedo nella mia immaginazione. E’ un esperimento, e spero che qualcuno lo legga… e mi faccia sapere cosa ne pensa!! (PS: l’idea mi è venuta leggendo Tarots di Galadwen, spero di non essermi ispirata troppo, ma la mia intenzione non era certo quella di copiare…)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come ogni sera, erano i gabbiani a svegliarlo, con il loro canto malinconico

 

Come ogni sera, erano i gabbiani a svegliarlo, con il loro canto malinconico. Una in particolare, che lui aveva chiamato Josephine, e che aveva il nido vicino al faro, veniva a picchiettare col becco sul vetro della sua finestra, finché lui non si alzava, la faceva entrare e le offriva alcune briciole di pane. Vestitosi, andava a svegliare il suo aiutante, un ragazzetto del paese, che dormiva su un mucchio di sacchi vuoti poggiati vicino alla porta. Era un trovatello, che lui aveva preso con sé quando si era reso conto di essere troppo vecchio per badare da solo al faro. Vitto e alloggio, e due soldi al mese, questo era l’accordo; e se non altro ora il ragazzino aveva un tetto sotto cui ripararsi.

Accese un lume ad olio, lo porse a Christopher, e iniziarono a salire la lunga serie di gradini che portava in cima al faro. Con il respiro affannato e le gambe doloranti, un passo dopo l’altro giunse finalmente alla porta di legno scuro che teneva sempre chiusa a chiave. La aprì e si diresse verso la lanterna del faro, e con l’aiuto del ragazzo aggiunse nuovo olio e appiccò il fuoco. Ora il suo compito era finito, toccava a Christopher vegliare accanto alla fiamma, assicurandosi che per tutta la notte non si spegnesse.

Uscì sulla balaustra, respirando a pieni polmoni l’aria salmastra, e contemplando il mare che il tramonto aveva trasformato in una pozza d’oro e di rame fuso. Nato e cresciuto su quelle coste, non si era mai stancato di guardare quella distesa d’acqua sempre uguale, eppure così mutevole. Sì, perché il mare aveva continui mutamenti d’umore, era per così dire un essere vivo, animato. Nelle giornate limpide la sua superficie verde-azzurra pareva specchiare il cielo, e confondersi con esso all’orizzonte. Il suo respiro quieto e regolare sembrava quello di un gigante addormentato. Ma quando il cielo si rannuvolava anche il mare prendeva una tinta di un grigio cupo, e durante i temporali ruggiva con voce tremenda, infrangendo la bianca schiuma delle onde contro gli scogli neri.

Il rumore del mare lo accompagnava sempre, perfino nei suoi sogni.

Si stava ormai facendo buio. Rientrato, rivolse qualche parola al ragazzo, poi si accinse a ridiscendere per la ripida scala, per andare a riposare un poco, prima che l’alba sorgesse di nuovo.

  
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