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Autore: Shiki Ryougi    25/07/2013    2 recensioni
Siccome ero persa nei meandri della mia mente, non subito notai gli sguardi curiosi dei passanti. Un gruppo di vecchi seduti al tavolo di un bar mi additavano, ridendo e sbraitando parole strane.
Che diavolo vogliono?
Li ignorai ma ben presto i guai aumentarono. La gente sembrava impazzita. Tutti mi fissavano, parlavano di me come se non ci fossi, m'indicavano maleducatamente, come quando si osservano e si deridono gli animali da circo costretti a compiere strane azioni; davvero umiliante.

[Storia nata per il concorso il Mezzogiorno d'inchiostro n: 32 del forum Writer's Dream.]
Genere: Comico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Prompt: Vi svegliate e da quel momento credete di essere qualcosa o qualcuno di diverso. Per una giornata, una settimana, il resto della vita. Non siete più voi, ma Napoleone, Maradona, il postino etc... Lavorate come volete sulle reazioni degli altri personaggi.
Boa obbligatoria: Non ci sono dialoghi tra il protagonista e il resto dei personaggi. Il racconto è narrato in prima persona.

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Autrice: Puro e semplice esperimento. :)
A voi!








Erba gatta






Quando mi sono svegliata mamma e papà erano già andati a lavoro.
Mi preparai la colazione da sola, indossai dei capi puliti, misi delle crocchette per la gatta nella ciotola in salotto e cercai lo zaino per tutta casa. Realizzai dopo parecchio tempo che magari il giorno prima l'avevo lasciato a scuola. Cosa comunque piuttosto strana; non era da me avere queste dimenticanze.
Nonostante ciò quella si prospettava essere una mattinata fin troppo simile alle altre.
Uscii di casa ben vestita per andare a scuola. Le immagini di un incubo davvero poco piacevole mi vagavano ancora nella testa, mentre i raggi del sole m'illuminavano il viso. Faceva già troppo caldo.
L'estate non mi è mai piaciuta. L'inverno invece è bello perché ci si può rintanare nei posti caldi; sotto le coperte, vicino ai termosifoni e tra le braccia di qualcuno che ti coccola. Tutta un'altra cosa, decisamente migliore.
Riflettendo su questi dettagli, che per qualcuno potranno risultare irrilevanti ma che per me e per certi individui di mia conoscenza sono come i passi della Bibbia, sbadigliai, camminando spensierata.
Siccome ero persa nei meandri della mia mente, non subito notai gli sguardi curiosi dei passanti. Un gruppo di vecchi seduti al tavolo di un bar mi additavano, ridendo e sbraitando parole strane.
Che diavolo vogliono?
Li ignorai ma ben presto i guai aumentarono. La gente sembrava impazzita. Tutti mi fissavano, parlavano di me come se non ci fossi, m'indicavano maleducatamente, come quando si osservano e si deridono gli animali da circo costretti a compiere strane azioni; davvero umiliante.
Cosa ho di diverso? Mi sono vestita con tanta cura. È strano per voi vedere una normale ragazzina di dieci anni andare a scuola?
Avrei potuto capirli se avessero visto un gatto indossare i miei vestiti e atteggiandosi da bambina. Ma a me non sembrava di essere un gatto. Tanto meno un animale da circo.
Volevo piangere ma non ricordavo come si facesse.
Ennesima cosa strana.
Sconsolata mi ripromisi di guardare soltanto di fronte a me, fino a quando non sarei andata a sbattere sul portone della scuola.
Una cosa era certa, sembravano tutti fatti di erba gatta o coca cola. Oppure un mix delle due cose. Decisamente anormale e imbarazzante per loro.
Ma io ero sicura di essere nel giusto. Una ragazzina innocente, non la scema del villaggio, che in una giornata quasi estiva, sul finire di maggio, si affrettava per non arrivare in ritardo a scuola, visto che i suoi genitori, troppo presi dagli impegni di lavoro, si erano dimenticati di svegliarla.
Che delusione...
Ero convinta sempre di più di essermi trasformata in un alieno.
O forse ero finita in Matrix.
No, no. Troppi film prima di andare a letto.
Smisi di pensare, di osservare e d'innervosirmi e raggiunsi il portone della scuola.
Chiuso, nessuno che veniva ad aprirmi e i compagni che dalle finestre mi guardavano, come tutti gli altri avevano fatto fino a quel momento.
Con il desiderio di voler piangere e nascondermi, feci dietro-front e corsi via, diretta verso casa, nella mia camera.

Quando mi svegliai cominciai a sentirmi scomoda e troppo esposta al sole.
Ero sdraiata in mezzo ai vestiti della mia padroncina, sotto i raggi del sole che entravano dalla finestra aperta.
Cotta per benino e intontita, balzai giù dal letto.
Solo il delicato e inconfondibile odore del cibo mi aveva convinto davvero ad alzarmi.
Camminavo tranquilla e disinvolta, pensando a cosa avrei fatto dopo aver consumato il mio consueto spuntino mattutino: crocchette in abbondanza.
Ma poi le immagini di quel terribile sogno riaffiorarono dentro di me.
Cose da umani, io nei panni di una bambina. Terribile, terribile.
Quel giorno presi una decisione importante: niente erba gatta prima di andare a schiacciare un pisolino.

   
 
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