Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |       
Autore: eia    26/07/2013    6 recensioni
Avevano cercato di dimenticarsi. Anche se entrambi sapevano che non sarebbero mai più stati capaci di amare qualcun altro con la stessa intensità.
Il loro era stato un amore da romanzo, sbocciato dagli sguardi innocenti di due bambini e fiorito nel corso degli anni.
Ma non erano stati capaci di stare insieme. E dopo una storia di tredici anni, colma di ritorni e nuove fughe, avevano capito che non c’era un futuro per loro. Non come coppia.
Ma dopo qualche anno di silenzi una breve telefonata raggrovigliò le loro strade.
In ballo c’era qualcosa di molto più importante di quelle speranze tradite, dei sogni infranti e dei loro sentimenti. Qualcosa che non potevano far finta di non vedere.
*** TROVERETE SOLO I PRIMI DUE CAPITOLI, LA STORIA VERRÀ' PUBBLICATA DA UNA CASA EDITRICE, HO LASCIATO TUTTI I TITOLI DEI CAPITOLI NEL RISPETTO DELLE RECENSIONI LASCIATE
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 dello spazio e del tempo



PROLOGO:

Mi chiamò un venerdì pomeriggio, sul tardi, era già buio.
Di tutte le persone che nel corso degli anni si erano allontanate da me, lui era l’unico con cui non volevo più avere contatti.
Era stato il mio grande amore o meglio, l’unico uomo che io avessi mai amato: ma ci eravamo presi e lasciati così tante volte, e sempre per colpa sua, che quel sentimento si era trasformato in una condanna. Lo amavo ancora, ne ero pienamente cosciente, ma non potevo permettere a me stessa di ricaderci. Ne sarei uscita un’altra volta piegata.
Lasciai squillare il telefono fissando il display, stringendo i pugni e i denti, imponendomi di non prenderlo nemmeno in mano.
Mi resi conto che stavo muovendo la testa leggermente, a ritmo con la musica che procedeva senza intoppi. Per lui avevo scelto, come suoneria, la sigla di Madagascar perché lo avevamo visto insieme, anni prima, qualcosa come un miliardo di volte. Ci piaceva perché ci rispecchiava: lui vestiva perfettamente i panni di Martin, la zebra, con la sua voglia di fuggire dallo zoo e io quelli di Gloria, l’ippopotamo, per la mia decisione ma anche per l’accondiscendenza con cuoi accettavo tutto quello che mi succedeva attorno. Anche se lui diceva spesso che ero più come Melman, la giraffa malaticcia, dato che avevo la borsa dell’acqua calda sempre a portata di mano.
Sentire quella canzone divertente mi tolse il fiato. Non so quante volte l’aveva scimmiottata lui per me…
Ricordo il sospiro profondo che feci quando il telefono smise di suonare. Restai a fissarlo per qualche minuto, sperando che non arrivasse un messaggio che mi avvisava di avere una comunicazione in segreteria.
A riscuotermi ci pensò il telefono sulla mia scrivania.
Il suo numero lampeggiava sul display… Erano tredici anni che aveva quel numero. Glielo avevo regalato io, il primo Natale che avevamo festeggiato insieme, come coppia.
Non sapevo nemmeno che avesse il numero del mio ufficio, non mi aveva mai chiamato lì. Doveva essere qualcosa d’importante. Ma lo stesso dubitai sul da farsi.
Alla fine, dopo innumerevoli squilli, risposi. Non dissi nulla, non ne ero capace.
“Giada!? Giada sono nei casini! Ho bisogno di aiuto!”
Le lacrime mi oscurarono la vista: quella era la chiamata che avevo sempre temuto di ricevere. Lui con le sue difficoltà economiche, con quel giro di amicizie sbagliate, con il suo carattere istintivo e sfrontato, un po’ da guerriero… sapevo che prima o poi si sarebbe messo nei guai, nei guai seri.
E se ora, dopo quasi tre anni di silenzio, chiamava me per aiutarlo, doveva proprio essere nella merda fino al collo.

Non riuscì a dire granché, era così agitato che gli tremava la voce e il respiro pesante, come dopo una lunga corsa, spezzava le parole già storpie.
Non capii molto ma mi mise il cuore in pace sapere che non era in una centrale di polizia, che non era sotto la minaccia di un’arma e che non era morente in un letto d’ospedale. A quanto avevo capito mi stava chiedendo più che altro un consiglio su cosa fare o non fare in quel momento. Non mi aveva detto molto, ma era chiaro che era una situazione incasinata, che c’era un problema serio. Mi disse che non poteva parlarne al telefono, mi chiese se potevo raggiungerlo e mi diede un indirizzo.
Già mentre ne prendevo nota storsi la bocca. Non era casa sua, ma era comunque nel suo vecchio quartiere, quello stesso quartiere che anni prima, ai tempi della nostra prima storia, ai tempi delle superiori, aveva faticato a mostrarmi.
Abitavamo nella stessa città e le nostre case erano entrambe in rioni di periferia solo che la mia era la periferia ricca, quella fatta di poche vie e poche case, con enormi spazi verdi, con case enormi, ben tenute, spesso sfarzose e con giardini enormi in cui era facile perdersi. Mentre la sua era la periferia povera. Quella in cui le case sono stipate in poco spazio, quella in cui il degrado era all’ordine del giorno, quella in cui trovavi facilmente tutto quello che era illegale.
Naturalmente i nostri quartieri, come gli altri in città avevano dei nomi illustri, per ricordare un santo o qualcosa che aveva reso quel posto un tempo famoso, ma per tutti erano il Prada, il mio, in onore al grande marchio e lo zoo, il suo, perché le case e la gente che ci viveva ricordavano proprio quel posto.
Non ero sicura di voler andare ma le sue parole, la sua voce e il solo fatto che mi avesse cercato dopo tutto quel tempo perdi più in ufficio, mi fece desistere.









   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: eia