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Autore: syontai    26/07/2013    4 recensioni
Violetta si ritrova a dover accettare la missione di catturare le Clow Cards, misteriose entità magiche con poteri straordinari... Il compito è arduo e si rivela più complicato del previsto, anche perché un incantesimo le impedirà di avvicinarsi alla persona che ama. Imprevisti, magia e amore: riuscirà Violetta a diventare la nuova Padrona delle Clow Cards?
'Un’ombra cominciò a disegnarsi dentro la sfera d’acqua, poi lentamente l’immagine si fece più chiara, era una ragazza dallo sguardo dolce, con dei capelli castani lisci e uno sguardo sognante/ “Dimmi il suo nome…” gridò Sakura fissando lo sguardo di pietra della statua di Clow Leed. Si sentì il rumore di un tuono, poi alzò gli occhi e sulla volta notò che le stelle si stavano disponendo per formare un nome: Violetta Castillo.' (capitolo 1)
' Quando riuscì a prenderle il braccio, Violetta si sentì tirare e perdendo l’equilibrio cadde portandosi dietro Leon, che finì sopra di lei. /Il ragazzo le scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e le accarezzò la guancia, accorciando sempre di più le distanze.' (capitolo 9)
[Leonetta con accenni Maxi/Ludmilla, Germangie, Fede/Fran]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 14
The Bubbles and The Sleep

Federico si separò con un sorriso amaro sul volto. “Che ti prende?” chiese Francesca, guardandolo preoccupata. “Noi…non possiamo” sussurrò il Custode, allontanandosi di colpo. “Perché?” lo incalzò con forza. Come faceva a non capire che lei voleva stargli accanto? Perché la stava allontanando in quel modo dopo averla baciata? “E’ meglio per te. Potrei essere pericoloso, e non voglio vederti soffrire” si giustificò con lo sguardo basso. “Ma…io voglio starti accanto!” esclamò furibonda. Delle scintille azzurre le correvano lungo la mano: stava facendo una gran fatica per contenere i suoi poteri magici in quel momento. “Non essere egoista” la rimproverò con freddezza. “Egoista io?! Qui l’unico egoista sei tu. Pensi solo ai sensi di colpa che proveresti se mi succedesse qualcosa a causa dei poteri della maledizione; vuoi solo stare bene con te stesso” strillò la Custode con le lacrime agli occhi. Era uno sciocco, e lo odiava per quel suo stupido desiderio di proteggere tutti, rinunciando così ad essere felice. “Francesca, vattene!” esclamò Federico, indicandole l’uscita. “D’accordo, ma non ti voglio più vedere!” disse lei cominciando a piangere senza più controllo e uscendo di corsa. Il ragazzo si sedette ai piedi del letto, sospirando. Si sentiva spompato e privo di forze. Non aveva mai trattato Francesca in quel modo, o meglio una volta l’aveva fatto, ma poi se ne era subito pentito:
‘Federico scagliò un laser dalle mani. “Francesca, attenta!” esclamò Federico, intimandole di allontanarsi da quel drago scarlatto. Una fiammata lo sfiorò di lato, mentre la Custode del Sud  America creava una barriera protettiva sul suo corpo. “Vattene!” ripeté con convinzione. Francesca scosse la testa e continuò a lanciare incantesimi difensivi. Era davvero testarda quella novellina. Nemmeno era stata nominata Custode che già si lanciava in missioni di soccorso. Le pareti dell’Etna rimbombarono di fronte al verso del mostro, che sembrava sempre più furioso. Mosse la zampe verso Francesca facendo leva con tutto il suo peso per sfondare la barriera che aveva eretto. Non ce l’avrebbe fatta, questo Federico lo sapeva bene. Creò una palla di ghiaccio che scagliò contro la sua alleata, sfondando le sue barriere. “Flauto di Apollo!” esclamò, richiamando il suo artefatto. Un flauto di cristallo apparve tra le sue mani, e subito una strana melodia si diffuse nell’aria. Portò alla bocca il magico strumento e cominciò a suonarlo, chiudendo gli occhi. L’interno del cratere si riempì di luci scintillanti che galleggiavano a ritmo con il suono che produceva Federico con il suo flauto. Il drago era rimasto immobile, come anche la Custode del Sud America. Il flauto di Apollo: uno strumento magico in grado di congelare il tempo per poco, donatogli da Yue in persona. Continuando a suonare si avvicinò alla collega, e le lanciò un incantesimo di teletrasporto per rimandarla alla base. Di lì in poi se ne sarebbe occupato lui.’
Francesca uscì dall’appartamento, sbattendo la porta. Era furiosa, non poteva credere di essere stata trattata in quel modo. Le lacrime continuavano a scendere copiose, quindi si sedette sul pianerottolo di quella palazzina, aspettando che la tristezza scemasse. L’aveva trattata come una ragazzina capricciosa e incosciente. Quanto lo odiava! O meglio, no…non lo odiava, provava un forte sentimento per lui, lo dovette ammettere, ma non lo sopportava dopo quella discussione.
‘Federico avanzò zoppicando per la stanza bianca, che in quel momento era deserta a parte la Custode del Sud America che stava osservando il mappamondo al centro della stanza. “Federico!” esclamò non appena lo vide, correndo ad abbracciarlo. “Piano, novellina!” mugolò il Custode con un mezzo sorriso, mentre sentiva tutte le bruciature lungo il corpo andare a fuoco per la stretta. Un gemito di dolore gli uscì inavvertitamente, quindi la ragazza, si scostò preoccupata, osservando il viso pieno di fuliggine. Gli prese il braccio e notò delle brutte vesciche di un rosso acceso. I vestiti erano tutti bruciacchiati, forse era stato investito da una vampa di fuoco del drago, che non l’aveva ucciso solo grazie ai suoi incantesimi difensivi. “Siediti” gli ordinò con tono fermo. Il ragazzo cercò di opporre resistenza, ma alla fine si lasciò cadere esausto su una sedia. Francesca con un certo nervosismo prese i lembi della maglietta e gliela sollevò piano, attenta a non farlo soffrire ancora di più. Il petto era pieno di scottature, alcune più lievi, altre decisamente più gravi. “Diciamo che non è stato uno scherzo” rise lui, soffocando il dolore. “Non dovevi teletrasportarmi lontano da lì” esclamò subito, portando la mano destra sul suo petto, e arrossendo leggermente per quel contatto. Federico non rispose, ma la guardò negli occhi, e un sorriso si dipinse sul suo volto, anche se durò poco, spento subito dalle smorfie di dolore. “Ahia!” strillò, mentre Francesca pronunciava formule a bassa voce, emanando una luce azzurra dalle mani. Premette più forte la mano sul petto, arrivando anche all’altezza del cuore, che sentì battere all’impazzata. Passarono alcune ore, e fortunatamente alcune ferite si erano rimarginate, lasciando il posto a delle cicatrici di un colore roseo. “Però, ci sai fare, novellina” continuò prendendola in giro. “Gli incantesimi di guarigione sono la mia specialità” esclamò Francesca sorridendo.’
“Altro che incantesimo di guarigione, gli ci vorrebbe un pugno in faccia” singhiozzò lei, asciugandosi le ultime lacrime con le mani e alzandosi con fierezza. “Non meriti nemmeno una mia lacrima, caro Federico!” esclamò infine, scendendo di corsa le scale. Adesso doveva solo pensare alla sua missione ed aiutare Violetta a catturare tutte le Clow Cards.
“Violetta, possibile che nemmeno oggi vuoi cantare?” chiese preoccupata Angie. La ragazza annuì timidamente. “Giuro che non capisco. Hai preso i voti più alti di chiunque altro all’audizione di canto. Io stessa ti ho sentito, e hai una voce meravigliosa!” continuò l’insegnante, facendola imbarazzare di fronte a tutta la classe. Leon la guardava sorpreso quanto gli altri. Allora era lei la misteriosa ragazza che aveva preso i voti più alti di tutti alla prova! La campanella annunciò la fine delle lezioni. Violetta prese le sue cose nel tentativo di volatilizzarsi all’istante, ma non fu abbastanza rapida. “Allora, abbiamo una sirena in classe e nessuno mi ha detto nulla. Devo dire quindi che sono fortunato ad essere capitato in coppia con te per l’esercizio” esclamò Leon, appoggiandosi al muro di fronte al suo banco con un sorriso. E che sorriso…Violetta sentì le gambe cedere, quindi decise di mettersi seduta, come se stesse cercando qualche quaderno. “Mh…non credo che canterò per l’esercizio. Io suonerò la pianola” lo corresse con un sorriso dolce. Leon si abbassò per avvicinarsi, molleggiandosi sulle ginocchia. “Ci ho provato almeno!” disse con una risata. Violetta non poté fare a meno di notare che aveva la camicia sbottonata ai prime due, anzi, forse tre, bottoni. Lo sguardo cadde inevitabilmente sul suo petto, di cui poteva quasi scorgere i tratti, e l’immaginazione fece il resto del lavoro. Sperò vivamente che non se ne fosse accorto. Un leggero sorriso illuminò il suo volto: indossava il ciondolo a forma di sole. “Che bello” sussurrò, indicando il sole di vetro. Lo prese in mano, e se lo passò tra le mani: era caldo, forse perché continuamente in contatto con il corpo di Leon. Un bel privilegio… ‘Ma cosa sto pensando?’ si riprese poco dopo arrossendo. “Ti piace? Io lo adoro. E’ un regalo da parte di una misteriosa ammiratrice” esclamò con tono curioso. Violetta annuì. Oh, lo sapeva bene…non per niente gliel’aveva regalato lei. “Sono contento di lavorare con te per l’esercizio. Come amici, ovviamente” disse, abbassando lo sguardo imbarazzato. Quando lo risollevò si fece curioso: “Ehi, ma anche tu indossi un ciondolo?”. Aveva notato il laccio che aveva intorno al collo, identico al suo. La luna di vetro era nascosta bene, coperta dalla sua maglietta, e a meno che Leon non fosse dotato dei raggi x non l’avrebbe mai scoperta. ‘Anche se in questo momento vorrei essere dotata io dei raggi x. No, Violetta, smettila di pensare queste cose! Stai diventando una pervertita!’ pensò, mentre le guance si stavano facendo scarlatte. “Allora?” chiese nuovamente in attesa di una risposta. “Me l’ha regalato mio padre, ecco” inventò con una certa rapidità. “E…lo posso vedere?” la interrogò, avvicinandosi per afferrare il laccio nero. Violetta, lo strinse più forte a sé, e ancora una volta i due si trovarono inevitabilmente troppo vicini. Leon la guardava sorridente, e lei ricambiò chiudendo gli occhi. Leon fece lo stesso e si avvicinarono ancora di più. Stava per arrivare il bacio tanto atteso…bacio? No, il bacio no! Non poteva permetterlo. “Etciù!”. Violetta fece finta di starnutirgli in faccia e i due si separarono. Leon scoppiò a ridere per quella scena comica, quindi la salutò, le diede un bacio sulla guancia e uscì dall’aula. “Violetta!” esclamò Angie, l’insegnante di canto, rientrando in aula. La ragazza, sentendosi chiamare, si avvicinò un po’ timorosa. Che cosa le sarebbe accaduto per aver rifiutato di cantare per l’ennesima volta? Non ci voleva nemmeno pensare. “Oggi potrei venire a casa tua per parlare con tuo padre di questo tuo problema?” chiese gentilmente. Violetta finalmente riprese a respirare tranquilla. Ah, si trattava di un semplice e innocuo colloquio. Perché no? “Certo, va benissimo!” esclamò più serena. L’insegnante la contagiò con il suo dolce sorriso: “Allora, ci vediamo a casa tua per le quattro”. Perfetto, tanto nulla sarebbe andato storto. Certo, come no…
Erano arrivate le quattro e Violetta aveva finito di sistemare al centro del tavolino della sala un vassoio d’argento pieno di piccoli spuntini preparati da Olga. Si sedette sul divano ad osservare l’ora, fino a quando il campanello non suonò. Con uno scatto si diresse all’ingresso ed aprì la porta. Angie indossava un semplice abito azzurro con alcune sfumature verdi molto estivo. “Ciao, Violetta!” la salutò entrando allegramente e dandole un bacio sulla guancia. Violetta la guardò piena di ammirazione: Angie era la sua insegnante preferita. “Ehm…mio padre ha quasi finito con il suo lavoro, se vuole intanto si può accomodare in salotto”. Le due si sedettero sul divano e cominciarono a parlare del più e del meno, fino a quando non scese dal piano di sopra Olga con i capelli e il vestito pieni di schiuma e bolle trasparenti. “Non è possibile!” esclamò indignata la domestica, correndo in cucina innervosita. “Che cosa è successo?” chiese le due contemporaneamente. “La lavatrice continua a buttare fuori schiuma in continuazione. Non ce la faccio più!” disse con tono afflitto. “Io me ne intendo abbastanza…se volete me ne occupo io” si intromise Angie facendosi avanti timidamente con la mano alzata. “Se vuole provarci lei…io ci ho rinunciato!” sbottò la donna, cominciando a rompere alcune uova per preparare un dolce. L’insegnante salì la scale titubante, e proprio in quel preciso istante German uscì dallo studio con un’espressione affaticata e gli occhi a palla. “Allora dov’è la tua insegnante?”. Violetta indicò le scale: “E’ andata a vedere in bagno se riesce ad aggiustare la lavatrice; Olga dice che si è rotta”. “Vado a darle una mano. Anche se penso sarebbe il caso di chiamare un idraulico” disse German. L’uomo salì le scale e si precipitò in bagno, dove trovò Angie che cercava di capire da dove uscisse tutta quella schiuma che aveva invaso il bagno. “Signorina, io credo…” cominciò a parlare, ma scivolò rovinosamente sul pavimento bagnato e scivoloso. Angie si voltò per cercare in mezzo a quel mare di schiuma. Stava diventando sempre di più. Si avvicinò alla porta e la chiuse, poi trovò il collo della camicia di German e lo fece riemergere. Non riuscì a fare a meno di ridere: aveva tutto il viso coperto di schiuma, e sembrava avesse una barba tutta bianca. “Ma lei…è la donna del vivaio!” esclamò l’uomo piuttosto confuso. “Già, sono l’insegnante di canto di sua figlia” si presentò Angie porgendo una mano, che German strinse ancora con incertezza. I due cercarono di rialzarsi, ma scivolarono entrambi e Angie finì sopra di lui. “Ehm…scusi…io, non volevo…” sussurrò la donna imbarazzata. German si fermò a guardarla incantato. In quel momento gli sembrava anche più bella di quando l’aveva vista la prima volta. La schiuma le risplendeva tra i capelli biondi, e sarebbe rimasto tutta la vita ad osservarla, ma forse la situazione non era delle migliori. “Papà!” esclamò Violetta, aprendo la porta del bagno e vedendo i due stesi uno sopra l’altro. “Che sta succedendo qui?” chiese poi, ancora scioccata. “Non…non è come sembra” disse piano German, alzando il busto. Il silenzio calò tra i tre, silenzio interrotto dall’arrivo di Jade che annunciava a tutti tranquillamente che aveva chiesto di fare preparare un tè per tutti. Non appena vide la scena divenne verde di rabbia e gelosia. “Tesoro! Che ci fa quella donna sopra di te? Spero tu abbia una spiegazione valida” strillò come un’ossessa. I due cercarono di alzarsi ma dovettero rimanere abbracciati per non scivolare. Jade a quel punto perse del tutto le staffe. “Ah, è così, eh? Lei ti abbraccia e tu non dici nulla?! German, fa qualcosa prima che tra noi sia finita!”. Violetta dovette tapparsi le orecchie per proteggere i suoi timpani, mentre German balbettava qualcosa accampando scuse, e Angie continuava a ripetere che forse era meglio che se ne andasse e tornasse un’altra volta. “Si, vattene, infida, e non tornare mai più” strillò cacciandola con un gesto della mano. Non appena l’insegnante fu corsa via, German fece per inseguirla, ma Jade fu categorica. “Non farlo” disse freddamente. L’uomo la guardò irato: “Quella è l’insegnante di mia figlia, e hai appena fatto una figuraccia terribile! Ora mi vado a scusare, se permetti". Jade rimase in silenzio, rendendosi conto dell’errore commesso, e seguì German per scusarsi della situazione incresciosa. Rimase solo Violetta nel bagno, con la schiuma che continuava a sgorgare e a sprizzare dalla lavatrice. Era fin troppo strano; si avvicinò aggrappandosi ai bordi della parete, mentre la schiuma fuoriusciva lungo il corridoio, fino a raggiungere la vasca da bagno. Lì giaceva una piccola sirena dalla pelle d’avorio, profondamente addormentata. I capelli sembravano essere fatti di schiuma di mare e al collo portava una pietra blu azzurra a forma di sfera. “Una Carta di Clow…” sussurrò piano per non svegliarla. Chissà come era arrivata a casa sua. Sempre cercando di fare il minimo rumore richiamò il suo scettro. Si inginocchiò e continuò ad osservare quella figura così eterea. Con la mano sfiorò i capelli, e quando la ritirò vide che era immersa in una bianca schiuma. La Carta si svegliò e mostrò i suoi occhi azzurri con dei riflessi trasparenti; sembrava impaurita e si scostò sul bordo della vasca tremando. “Non l’hai fatto apposta, vero?” chiese dolcemente Violetta, inclinando leggermente la testa di lato. La sirena annuì titubante, poi si avvicinò e le toccò il polso. Al suo tocco un braccialetto fatto di bolle trasparenti si formò e cominciò a risplendere. Violetta rimirò quell’opera magica. “Bolle…tu sei la Carta delle Bolle?”. La Carta annuì con un sorriso enigmatico. Sollevò lo scettro piano e poi lo poggiò sulla perla azzurra che portava. La sirena chiuse gli occhi e si lasciò racchiudere nella Carta, emettendo un verso leggiadro. La Carta comparve a mezz’aria, mentre la schiuma, opera di The Bubbles, si sciolse come neve al sole, finendo per scomparire.
German corse dietro alla donna, con un certo affanno, mentre Jade aveva rinunciato a seguirli. “Angie, signorina Angie!” la richiamò in fretta. Angie si voltò e si ritrovò davanti il volto dell’uomo. “Mi volevo scusare per l’increscioso incidente” disse subito senza perdere tempo. “Non si preoccupi, non c’è bisogno di scusarsi…” balbettò lei rossissima. German però sembrava determinato. “No, invece mi devo scusare. Non dove permettere alla mia fidanzata di rivolgersi in quel modo all’insegnante di mia figlia. Solo che…sa, insomma, mi sono lasciato prendere dalla situazione e…”. “E…?” lo invogliò la donna, curiosa di sapere cosa avesse da dire. “E niente! Beh, rimedieremo per questo colloquio mancato, magari con un invito a cena” propose abbassando lo sguardo nervoso. L’insegnante accettò con un po’ troppo entusiasmo, quindi gli tese la mano per salutarlo e scappò via. Nessuno dei due voleva ammettere che quell’incontro era stato per loro qualcosa di magico. Davvero magico.
 
Allo Studio 21 c’era una grande eccitazione: di lì a qualche giorno avrebbero fatto una gita, una sorta di campeggio in un bosco poco lontano. “Non è emozionante?”. Maxi era il più esagitato di tutti, non la smetteva di parlare a macchinetta su quante foto e riprese avrebbe potuto fare. Si fermò di colpo e si voltò con lo sguardo rabbuiato. “Che ti prende, Maxi?” chiese Violetta, mettendo una mano sulla sua spalla. “Ultimamente non sono riuscito a riprenderti quasi mai in azione…soffro!” esclamò l’amico, sempre più giù. “Oggi vado a un museo di archeologia, non penso troveremo Carte di Clow, ma se vuoi puoi venire con me” propose gentilmente. Maxi accettò subito, seguito a ruota da Francesca. “Come mai vai a un museo?” chiesero i due all’unisono. “Ehm…non lo dite a nessuno, ma sono appassionata di storia antica” sussurrò imbarazzata. La Custode la guardò con ammirazione. “E’ una bellissima passione!”. Violetta sorrise timidamente per quel complimento, e si diresse in compagnia dei due amici alla prossima lezione, senza minimamente immaginare che qualcuno aveva sentito tutto. Ludmilla uscì da dietro l’albero di fronte all'ingresso con uno sguardo malizioso: “La nostra Vilu è un’amante della storia. Che persona triste e noiosa, ma ho un’occasione da non perdere per metterla in ridicolo davanti a Lyon”.
Il pomeriggio Violetta, Maxi e Francesca si trovarono di fronte all’entrata di un’imponente edificio bianco con la scritta di bronzo ‘Museo archeologico di Buenos Aires’. Maxi aveva al collo la sua amata videocamera, da cui non si sarebbe separato nemmeno sotto tortura. Si misero in fila per prendere il biglietto e quando entrarono Violetta rimase a bocca aperta. Numerose sale con reperti antichi e ricostruzioni di animali preistorici si facevano strada lungo i suoi occhi brillanti per la gioia e l’emozione. “Che meraviglia! Non saprei nemmeno da dove cominciare” esclamò con un sorriso a trentadue denti. Maxi diede un’occhiata nei paraggi.“Cominciamo da quella sala, ci sono delle ossa di triceratopo!”. La visita al museo stava procedendo alla perfezione, fino a quando una voce sgradevole non attirò la loro attenzione. “Che te ne pare di questo museo?”. Ludmilla. Violetta sbuffò: ma allora era davvero un persecuzione! “Una noia mortale. Ma come mai mi hai portato qui?” disse qualcuno vicino a lei. La ragazza si irrigidì: non voleva voltarsi. Perché Leon era con quella bionda da quattro soldi? Si riscoprì nuovamente gelosa, sentimento che più cercava di cacciare più tornava a galla con forza e impeto. Improvvisamente nella mente si formò l’immagine di lei che strangolava Ludmilla con una corda e rideva soddisfatta. Mh…si, così poteva andare bene. “Non ci credo! Guarda che coincidenza, il magnifico trio” esclamò con un sorrisetto malvagio, costringendo lei e si suoi amici a voltarsi. “Che sorpresa inaspettata” disse la Custode con un sorriso forzato. Leon salutò a malapena gli altri e concentrò il suo sguardo su Violetta. “Che ci fate qui?”. “Siamo venuti a vedere questo museo, perché Violetta è appassionata di archeologia” spiegò Maxi. “Davvero?” chiese Leon con un’espressione strana. “Già…” sussurrò Violetta guardando una vetrina mentre lentamente arrossiva per l’imbarazzo: odiava rivelare agli altri i suoi bizzarri interessi fuori dal comune. “Ma è fantastico! Io trovo questi musei noiosissimi, ma forse avrei solo bisogno di una buona guida” ribatté il ragazzo esibendo uno dei suoi meravigliosi sorrisi. Ludmilla lo guardò basita: non era possibile! Anche così le piaceva. Ma cosa diavolo doveva inventarsi per allontanarlo da quella lì? Era furiosa. Maxi, che intuì i suoi stati d’animo, la prese per un braccio, impedendole di seguire Leon e Violetta, che si erano avviati verso la prossima sala. “Non ci provare, cara mia!” scherzò il ragazzo con il cappellino, mentre la bionda lo stava fulminando con lo sguardo. Francesca sembrava preoccupata, ma se fosse successo quello che temeva avrebbe agito di conseguenza.
“E questo deve appartenere all’era del neolitico…si può vedere da quel particolare colore che ha assunto col tempo” spiegò Violetta indicando uno dei tanti reperti nella sala stranamente deserta. Si voltò verso Leon e vide che non stava smettendo di guardare lei; altro che interesse per l’archeologia! “Ma non mi sembra che la cosa ti interessi particolarmente”. Fece per andarsene, ma Leon la trattenne mettendosi davanti a lei con uno scatto. “Dai, ti chiedo scusa, non volevo. E’ solo che…non riesco a staccarti gli occhi di dosso” ammise il ragazzo con una punta di imbarazzo. “B-beh, allora direi di passare alla prossima sala” balbettò Violetta, aprendo una porta ed entrando senza badare minimamente a dove stesse andando. Solo dopo qualche secondo si rese conto che si trattava di uno sgabuzzino per le scope. Qualche secondo di troppo, decisamente di troppo.  “Anche questi reperti sono particolari!” esclamò Leon entrando anche lui nel ripostiglio e scoppiando a ridere. Chiuse la porta e l’oscurità calò su di loro. “Sarà il caso di uscire, Maxi e Francesca mi staranno cercando” inventò Violetta, cercando di dirigersi verso l’uscita. Leon con un gesto rapido la intrappolò con il suo corpo facendole poggiare la schiena contro una delle pareti polverosi e vecchie. Lo stanzino era stretto, ma in quel momento non sembrava un fatto rilevante agli occhi dei due. Leon si avvicinò lasciandole un bacio sul collo per poi salire sempre più si fino alla guancia. Violetta rabbrividì a quel gesto, cercando con non molta convinzione di scansarlo. Ad un certo punto però Leon ebbe una fitta alla testa che lo costrinse ad allontanarsi. “Che ti succede?” chiese la ragazza, preoccupata. “Mal di testa, niente di che” rispose lui, massaggiandosi le tempie. Violetta si morse il labbro: ma quale mal di testa; era l’effetto della magia delle Clow Cards che lo volevano tenere a distanza da lei. E forse avrebbe dovuto ringraziarle in quell’occasione, perché non sarebbe riuscita a resistere a lungo senza baciarlo. Leon fece un sorriso forzato, poi si avvicinò nuovamente e le lasciò un altro bacio sul collo. Un’altra fitta per lui, un altro brivido per lei. Continuò a baciarla, assaporando quella pelle vellutata che lo stava facendo impazzire, mentre Violetta aveva rinunciato del tutto ad agire e si era limitata a circondare il suo busto con le braccia, massaggiandogli la schiena. Il dolore aumentava, ma con esso anche il suo desiderio di congiungere le labbra con le sue. Violetta ansimò e solo allora capì quanto stava rischiando; dovette ammettere che Leon era sempre in grado di farle perdere la lucidità. “Leon…” sussurrò lei, prendendogli il viso tra le mani e scostandolo. “Non possiamo” disse infine guardandolo dritto negli occhi, quegli occhi verdi che sembravano brillare al buio. “E’ per Diego?” chiese un po’ abbattuto. “Non è per lui, è solo che…”. “Solo che cosa? E non venirmi a dire che non provi nulla per me! Non pensare che non abbia notato le occhiate che mi lanci durante le prove quando siamo da soli o durante le lezioni” continuò Leon adirato. Colpita e affondata. Violetta lo guardò colpevole. L’aveva capito. Aveva capito tutto. Non poteva più nemmeno mentirgli. “Io…”.
“Cosa sta succedendo qui?”. Una voce li interruppe durante quella conversazione. Era Diego. Ma come ci era finito lì? Violetta ebbe il tremendo sospetto che la seguisse. “N-niente” balbettò ancora più rossa. Leon lo stava squadrando, e sembrava davvero arrabbiato. “Stavamo parlando! E ora se non ti dispiace vorremmo continuare il discorso, magari senza la tua ingombrante presenza”. “Peccato che Violetta è la mia ragazza…e non voglio che voi due stiate chiusi qua dentro” esclamò Diego con un sorrisetto compiaciuto. Leon diede un pugno sul muro scocciato. Mancava pochissimo. Pochissimo per sapere cosa Violetta provava per lui. E quel maledetto aveva rovinato tutto. “Deciderà Violetta con chi parlare” disse digrignando i denti. “La mia è una questione importante, capito?” ribatté Diego lanciando un’occhiata profonda alla ragazza. La Cattura-Carte chiuse gli occhi e la sentì: una Clow Card nel museo. “Devo parlare con Diego, mi dispiace”. Quelle parole furono peggio di una lama per Leon, che stringendo i pugni uscì di corsa, lasciando i due da soli. “Nervosetto il ragazzo” sussurrò divertito. “Non scherzare, Diego. Non mi sto divertendo affatto” lo interruppe subito Violetta seria. “Una Carta di Clow si trova in questo museo” disse semplicemente il ragazzo, chiudendo gli occhi di un blu glaciale e riaprendoli di scatto. Violetta annuì e uscì dallo sgabuzzino per tornare nella sala principale. Lo spettacolo che le si parò di fronte era piuttosto inquietante: tutti i visitatori erano stesi per terra profondamente addormentati. Maxi si girava attorno terrorizzato, unico superstite di quella sorta di strage soporifera. Cercava di svegliare Francesca dandogli dei leggeri schiaffetti. Ludmilla era stesa lì vicina con gli occhi chiusi e il viso rilassato. Violetta sgranò gli occhi: e Leon? Che fine aveva fatto Leon? Girò quasi tutto il museo, quando lo trovò steso per terra. Violetta si mise in ginocchio vicino a lui, e gli accarezzò la testa: come era bello mentre dormiva. Si chinò fino a dargli un bacio sulla guancia e poi si rialzò per tornare nel salone principale, dove la stavano aspettando Maxi e Diego.
“Secondo te per svegliarle ci vorrebbe un bacio come nelle favole?” chiese Maxi, passando da Ludmilla a Francesca nel tentativo di svegliarle. “Non credo che le cose funzionino così” rispose Diego alzando il sopracciglio. “Ma come mai tu non sei nel mondo dei sogni?”. Maxi sembrava piuttosto nervoso. “Non lo so, ero in bagno fino a qualche momento fa e quando sono tornato, erano tutti addormentati”. Maxi continuò a guardare Ludmilla: da addormentata sembrava davvero dolce. Dolce e Ludmilla nella stessa frase? No, decisamente qualcosa non andava in lui in quel momento. Si chinò a osservare Ludmilla incantato e sentì il cuore battergli forte. Si portò la mano al petto con un’espressione terrorizzata. No, quello no! Tutto, ma non quello. Non poteva innamorarsi di lei.
“Sono tornata!” esclamò Violetta ancora scossa. “Si tratta di The Sleep, la Carta del Sonno” disse Diego con convinzione. Una fata bianca come la neve dal fisico piccolo ed esile sbucò fuori da una delle sale ridendo, mentre agitava in mano una bacchetta, che terminava con una gemma argentata a forma di luna. Sotto di lei una scia brillante di diffondeva. Doveva essere lei la causa di tutto quello. “Attenta! The Sleep può fare addormentare con quella strana polvere magica. E una volta addormentata cadi direttamente nelle sue mani. Può anche decidere di farti dormire per l’eternità” la avvertì il giovane erede di Clow Leed. Violetta annuì: non era una bella prospettiva…per niente. “Carta che possiedi il potere dell’oscurità. Aiutami a fermare la Carta. Vai, The Wind!”. “No!” cercò di fermarla Diego invano. La Carta del Vento apparve in tutto il suo splendore, e attaccò con una delle sue folate The Sleep, che venne scaraventata contro la parete, ma in compenso tutta la sua polvere magica si diffuse nel salone. Violetta aspirò senza volere quella magia, che sapeva di vaniglia e cadde addormentata, seguita a ruota da Diego e Maxi. Era la fine di tutto, e come al solito era solo colpa sua.
Una nuvola bianca e profumata. Sentiva l’odore dello zucchero ovunque. Si svegliò e si trovò su quella soffice massa che aveva la consistenza di un batuffolo di lana. Il primo pensiero che le passò per la testa fu: ‘Sono morta?’. Se quello era il Paradiso lasciava un po’ a desiderare. Una donna dall’aspetto gentile e premuroso si avvicinò a passi lenti. Portava un kimono, un vestito tradizionale cinese, blu scuro con alcune stelle argentate ricamate. Aveva dei capelli castani non troppo lunghi che le arrivavano fino alle spalle. Due occhi marroni chiarissimi le illuminavano il viso. Ma non era una sconosciuta per Violetta. L’aveva già vista in un’altra occasione: lei era la Regina Nera del suo sogno. Lei era Sakura Kinomoto.
“Sono morta?” chiese senza pensare un secondo. “Non direi” rispose gentilmente, rassicurandola. C’erano tante cose che avrebbe voluto chiederle. “Dove sono?”. La regina prese un po’ di materiale di quella strana nuvola e soffiò su di essa. Una polvere dorata scintillò nell’aria. “Questo è il Paese del Sogno, terra di Sleep e Dream” spiegò con cura. “Chi è Dream?”. Sakura fece una faccia rilassata e rassicurante. “La incontrerai più in là”. Il silenzio calò inesorabile. Non sapeva da dove iniziare a fare domande. Ma una sola le premeva più di tutte. “Perché hai imposto quella legge così ingiusta?” la interrogò con sguardo cupo. Non le interessava nemmeno sapere come uscire da lì; voleva solo avere una risposta, e, nonostante la conoscesse già, voleva sentirla pronunciare dalle sue labbra. Gli occhi della vecchia Padrona si fecero lucidi quando cominciò a parlare: “Sai meglio di me che le Carte non possono tollerare il sentimento d’amore. E’ qualcosa che non riescono a reggere, rovina l’apporto vitale magico che il mago le dona”. Tutto qui? Quello lo sapeva anche lei…ma non c’era nient’altro? Voleva delle risposte più concrete, ma la figura stava iniziando a svanire. Non aveva tempo da perdere. “Come faccio ad uscire da qui?”. Sakura sorrise, un sorriso dolce ed enigmatico allo stesso tempo. “Ma tu sei già fuori!” esclamò, prima di sparire nel nulla. Violetta rimase sola, sola con i suoi pensieri.
“Che vuol dire che sono già fuori?” si interrogò la ragazza, facendo avanti e indietro su quella strana nuvola. Raggiunse l’estremità e si affacciò per vedere se al di sotto di essa vi fosse qualcosa. Niente, solo cielo. Cielo ovunque. Aveva paura: e se fosse rimasta lì per sempre? Portò lo scettro che teneva in mano davanti agli occhi. ‘Dammi un segno, uno qualsiasi. Fammi uscire’ pensò insistentemente, aumentando la stretta su quella superficie metallica e liscia. Niente. Si lasciò cadere a terra piangendo. Aveva fallito.
“Pensi che ce la farà?” chiese Li, guardando la sfera di cristallo. “Si, ne sono convinta” rispose Sakura. “Non avresti dovuto aiutarla in quel modo…” sussurrò il giovane dubbioso. Le lancette dell’orologio continuavano a scorrere. “Non l’ho aiutata, l’ho solo spinta a riflettere, come ho fatto anche con The Power. Non c’è nulla di male. E poi ti ricordi il mio sogno, te ne ho parlato” ribatté la giovane regina, seduta sul suo trono. Li annuì. “Spero solo che tu abbia ragione”. “Confidiamo in lei” disse Sakura seria, lasciando cadere lo scettro lungo il pavimento in preda a una forte emicrania. Le sue energie si indebolivano ogni giorno di più, ma lei aveva fatto una scelta. E l’avrebbe portata avanti fino in fondo. Aveva scelto Li.
Violetta si rialzò asciugandosi una lacrima con la mano. Si sentiva stranamente calma dopo quel pianto liberatorio. La dimensione onirica era così strana da agire anche sulle sue emozioni. Mosse lo scettro senza sapere cosa fare, lasciandosi guidare dall’energia magica che scorreva dentro di lei come una marionetta. L’oggetto magico si fermò a mezz’aria, poi scese piano. Era come se stesse tagliando il cielo, ridotto a una semplice scenografia di carta. Dall’altra parte poteva distinguere sfocate le immagini della sala principale del museo. Si mosse per attraversare quel varco e…
Violetta si risvegliò di colpo, con la fronte sudata e gli occhi umidi. Ce l’aveva fatta, si era svegliata; si sentiva molto debole forse a causa dei poteri magici usati per sfuggire a quella trappola nel sogno. Tutti era ancora addormentati e la fata con la sua povere magica non si era ancora ripresa dalla botta che aveva dato sulla parete. Si avvicinò in punta di piedi e sferrò lo scettro per catturare la Carta. La scritta ‘The Sleep’ si scolpì sulla carta comparsa a mezz’aria, mentre i visitatori si stavano lentamente risvegliando, storditi e privi di memoria.
Maxi aprì gli occhi, e si stiracchiò assonnato; vicino a lui Ludmilla ancora non si era svegliata, e tutto ciò lo fece preoccupare. “Ludmilla! Ludmilla!” esclamò tirandole il braccio per farla svegliare. Continuava a respirare profondamente con gli occhi chiusi. Maxi fu colto dal panico, poi gli venne un’idea molto stupida, ma pur sempre un’idea. Si avvicinò piano fino a far sfiorare le loro labbra. Stava per baciarla, quando Ludmilla sgranò gli occhi gli diede uno schiaffo fortissimo. “Ahi!” si lamentò il ragazzo portandosi una mano sulla guancia dolorante. “Non ti avvicinare mai più a me, rospo!” strillò lei, infuriata, rimettendosi in piedi e fuggendo via sconvolta.
Leon era ancora intontito quando Violetta gli corse incontro abbracciandolo. “Leon! Stai bene”. “Non dovrei?” chiese con un forte mal di testa. Era ancora tra le sue braccia e lo stringeva forte, con la testa appoggiata al petto; sentì il suo cuore battere fortissimo al contatto, e si allontanò rossissima. “Ora sarà meglio che vada. Non mi sento molto bene” esclamò Leon, confuso ed emozionato per quello che era successo. Non appena si fu allontanato Diego si avvicinò con un sorrisetto. “Hai pensato alla mia proposta?” le sussurrò all’orecchio. Violetta alzò un sopracciglio; già, la proposta. Fare finta di stare con Diego per allontanare Leon. Era la cosa più sensata da fare. “Non posso accettare” disse piano, mentre continuava a guardare Leon che usciva dal museo. “E’ per il tuo bene” cercò di convincerla, facendosi d’un tratto serio. “Non posso ferirlo così, non in questo modo” concluse determinata, fuggendo via e rintanandosi in bagno. Si guardò allo specchio e non riconosceva più quella ragazzina tanto insicura e invisibile che era all’inizio. Quell’avventura l’aveva cambiata. E aveva cambiato il suo modo di vedere l’amore. Perché, ora ne era sicura, quello che provava per Leon era amore, amore allo stato puro.





NOTA AUTORE: rieccomi con il seguito di questa storia genere fantasy-romantico. Prima di iniziare, ringrazio infinitamente Ary_6400 che ha recensito ogni singolo capitolo (fatti abbracciare ç.ç) di ogni mia singola storia (compresa questa *riabbraccia*), quindi sappi che tutti i momenti Leonettosi di questa storia sono esclusivamente per te xD Ma passiamo al capitolo :D Allora Fede lascia Fran in malo modo e la caccia via. La vuole proteggere, ma sbaglia. E vabbè, capita xD La scena del flash mi è piaciuta molto (Fran che toglie la maglietta a Fede...partono i fischi e le occhiate complici xD). Leon e Violetta rimangono una cosa troppo dolce...anche se il pericolo si fa più concreto, visto che Violetta si sente sempre più attratta da ragazzo. Nel frattempo Francesca medita sul da farsi nel caso accadesse il peggio. Angie e German sono dolcissimi, ma anche i momenti MaxixLudmilla mi hanno fatto morire (dal ridere per lo più xD). Violetta è più pervy di quel che sembra xD Vorrebbe avere i raggi x *sgomita* Che ne pensate delle due Carte di Clow? Vi piacciono? Fatemi sapere...attenzione, che nei prossimi capitoli i momenti Leonetta tornano più vivi che mai (e non dimentichiamoci il campeggio dello Studio 21, non dimentichiamolo LOL). Buona lettura a tutti e alla prossima :D (la scena Leonetta nello sgabuzzino CJBGQUOEU2CFG e Leon che non si fila le spiegazioni di Violetta perché troppo preso a fissarla cabjefqghwkucgr3) :D :D
 
  
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