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Autore: Horrorealumna    27/07/2013    2 recensioni
C’è un posto abbandonato e dimenticato nel profondo del cuore di ogni essere umano, dove la realtà e la finzione sono un’unica cosa, dove la verità e la bugia non hanno alcun valore e la paura del silenzio non esiste, così come quella della morte.
E io ne ero completamente a conoscenza.
Il resto del mio cuore era accanto ad una bambina sui sette anni, dai capelli corti e neri, in una città lontana, chiamata Silent Hill.
Genere: Horror, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Mason
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fear of ...'
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PAESE NATALE
 

Non nego di aver provato parecchie volte lo strano desiderio di scrivere un libro sul mio viaggio a Silent Hill. Ed era tutto pronto: idee, struttura, tempo... scrivere era il mio mestiere dopotutto.
Avrei potuto dimenticare, scriverlo e non pensarci più. Inoltre, chi mai avrebbe potuto sospettare qualcosa? Nessuno avrebbe mai saputo che il protagonista della storia fosse me, in realtà? Un libro del genere mi avrebbe portato in luce... sia come bravo scrittore, sia come persona afflitta da pesanti disturbi psicologici, che pensava a demoni, bambine arse vive e città fantasma, infermiere pronte a scuoiare chiunque capitasse sotto tiro, droghe e strane sette centenarie.
Promisi a me stesso di pensarci. E quando finalmente, dopo qualche anno dalla mia orribile avventura a Silent Hill, mi decisi a iniziare, per dimenticare una volta per tutte i fantasmi del passato, una chiamata mi costrinse ad abbandonare tutto e ad uscire velocemente di casa, afflitto da ben altri pensieri.
Le avevo raccomandato di stare buona, di non dare fastidio e di seguire le altre bambine, ma evidentemente qualcosa doveva esserle sfuggito.
La voce di una donna, dall’altra parte della cornetta, mi aveva “ordinato” di correre a portare via mia figlia, per un problema.
 
Quando accostai la vettura e spensi il motore la guardai negli occhi e le dissi piano, sorridendole:
- Pronta?
La bambina mi guardò confusa:
- E tu dove vai? - mi domandò.
- Papà - gli risposi distogliendo lo sguardo e battendo piano una mano sul volante - Deve andare...ho una riunione di lavoro. E non voglio che tu rimanga tutta sola a casa.
Vidi una strana coppietta passare davanti alla macchina; li seguii con lo sguardo, mentre lei mi rispose:
- Ma posso stare a casa! Tanto torni presto, vero?.
Scossi la testa, riprendendo a guardarla e staccandole la cintura di sicurezza:
- Ti ho iscritta a questa bella accademia di danza. Là farai amicizia: vedrai quante bambine ci saranno! Imparerai cose nuove e ti divertirai. Non voglio lasciarti a casa tutta sola.
Non sembrò parecchio entusiasta all’idea e mi squadrò sospettosa; la verità era questa: avevo davvero un piccolo contrattempo, questione di pochi minuti. Ma lei non poteva capire: era ora di farle conoscere il mondo, di farle lasciare le mura di casa, prima che iniziasse la scuola elementare. Era ostinata, come quasi tutte le bambine di cinque anni, come lei, ma riuscivo sempre a convincerla.
- Ma tu resti a guardare? -mi chiese una volta entrati nella struttura, quando la dolce musica di un pianoforte raggiunse le nostre orecchie.
Annuii debolmente, sapendo che non avrei mantenuto la promessa. La condussi verso la soglia dello spogliatoio femminile e le passai il vestitino bianco e le scarpette. Le dissi di indossarle e di entrare subito nella sala, dove la maestra di ballo la stava aspettando.
Ci mise un bel po’ ad uscire.
Sembrava stranita, fuori posto. Seguii le altre piccole ballerine e le loro madri.
Io sembravo essere l’unico uomo là dentro; forse era questo a far sentire la piccola a disagio. Feci qualche passo in avanti: la sala dove fu condotta dall’insegnante era fatta completamente di specchi. Mi lanciò uno sguardo, da dietro il vetro, e le risposi con un sorrisetto.
Poi uscii velocemente.
 
E cosa le era preso?
La lezione doveva durare quasi due ore. Come poteva non resistere nemmeno per una?
La scuola si trovava non molto distante da Portland, così fu uno scherzo raggiungerla. Durante il viaggio, uno strano ed oscuro presentimento si fissò nella mia mente: e se le fosse successo qualcosa? E se qualcuno... ?
No.
Parcheggiai velocemente e, purtroppo, i miei timori cominciarono a farsi più reali che mai: una donna, con una bambina in braccio, stava correndo fuori dall’accademia, cercando di tranquillizzare la figura in tutù piangente. E dopo di lei, tante altre uscirono, quasi travolgendomi nel mio cammino, insieme ai loro genitori. Gridavano e piangevano. Una di queste, alla richiesta di spiegazioni rispose alla madre, tra i singhiozzi, disse:
- Gli specchi si sono rotti. E’ s-stata una...
E una volta entrato, un insopportabile odore di alcool e sangue, assieme al pianto di altre bambine e dai soffici passi di alcune donne, mi investì.
La piccola era in piedi, davanti a me, in lacrime silenziose. Il tutù era sporco di acqua e... sangue? Le braccia erano coperte di graffi e schegge di vetro e i capelli scuri erano disordinati e bagnati. Si copriva il volto con le mani, cercando di nascondere le lacrime. Le fui subito accanto, scuotendola dolcemente e cercando di parlarle. Ma furono le sue insegnanti a spiegarmi ciò che era accaduto.
A quanto pare, Cheryl, dopo i primi cinque minuti di lezione si era rifiutata di guardare davanti a sé, di riflettersi allo specchio e di tenere dritta la testa. Interpretandolo come un banale capriccio, l’avevano “costretta” e lei era scappata in bagno, dove era rimasta per un po’. Fino a quando un urlo non aveva richiamato l’attenzione dell’addetta alle pulizie, che aveva cercato di entrare nel bagno femminile, trovando però la porta chiusa a chiave.
Solo una volta buttata giù la porta, scoprirono qualcosa di inimmaginabile: il bagno era vuoto, lo specchio sporco di sangue e strano liquido nero sgorgava dai rubinetti, mentre centinaia di scarafaggi vagano per i muri e sul soffitto, sporcando tutto ciò che le loro zampette toccavano. Contemporaneamente a tutto ciò, nella sala da ballo gli specchi si erano completamente incrinati e poi distrutti, insieme; Cheryl, che fino a qualche momento prima era stata ad urlare in bagno e sparita misteriosamente, si era trovata sui vetri infranti, in quella sala, in ginocchio, coperta di sangue, davanti alle sue compagne terrorizzate. Sembrava, a parer loro, apparsa dal nulla.
 
Non le rivolsi la parola per tutto il viaggio di ritorno. E lei sembrava aver pensato lo stesso, limitandosi a singhiozzare piano o a strofinarsi gli occhi. Se fino a quel momento avevo cercato di dimenticare, o almeno mettere da parte quella mia terrificante esperienza... mi sembrò di ritornare dentro l’incubo. Ebbi paura di quella bambina, quando ricordai cosa era veramente... chi era...
Chiamarla Cheryl era stato uno sbaglio. Come potevo solo pensare di sostituire la mia preziosa figlia con quel... ?!
Aveva le mani ancora macchiate di rosso.  Poi il silenzio si interruppe. L’attaccai io:
- Cosa c’è che non va in te? - chiesi, con tono duro.
- Posso spiegarti cosa mi è successo... - mi sussurrò lei, continuando a guardarsi le mani sporche - Stavo male... non riuscivo a...
Non l’ascoltai. Non l’ascoltai, perché mi sembrava di parlare con un mostro.
E una volta a casa, ormai sera, le ordinai di andare a farsi un bagno; a quella richiesta, mi guardò, immobile in soggiorno:
- Non mi aiuti? - chiese piano, già conoscendo la risposta. E quando scossi la testa, lei mi lasciò, finalmente, in pace. La sentii preparare tutto da sola, lenta, continuando a singhiozzare.
Non aveva una madre... e io mi rifiutavo di ascoltarla. Doveva essere stata dura per lei, forse, entrare in quel luogo, sentirsi improvvisamente sola, e aver pensato di essere stata abbandonata. Jodie probabilmente non mi avrebbe mai perdonato qualcosa di simile, ma quello non era proprio posto per me. Lei rimase chiusa in bagno per qualche ora e quando finì, coi capelli umidicci e ancora un po’ bagnati, mi annunciò che si sarebbe messa a dormire. Restai là, a guardarla andare via senza cena né altre parole. E io feci lo stesso, qualche minuto dopo.
Era piccola, fragile e scoppiava a piangere molto facilmente. Non si era mai veramente lavata da sola...
Era pur sempre un passo verso l’età adulta...
E farla crescere, più velocemente del solito... era sbagliato, ma mi faceva sentire meglio: la bambina non sarebbe diventata quello che ... che...
 
Ero distrutto.
Il giorno dopo, io e lei, avremmo fatto un bel discorsetto; così, raggiunta la fredda camera da letto, cercai di addormentarmi, ancora coi vestiti addosso, il più velocemente possibile, dimenticando ciò che era accaduto quel pomeriggio, solo per sognare Cheryl entrare in strani specchi coperta di sangue. O si trattava di quella ragazza, Alessa?
Sogni... o incubi...
- PAPA’! PAPA’!!
Non capii se si trattava di sogno o realtà, così ripresi a chiudere la mente e serrare ancora di più le palpebre. Fuori si stava scatenando un bel temporale estivo... forse erano stati i tuoni.
Lo sbattere forte di una finestra o di una porta mi fece sussultare come un bambino pauroso. Ma porta della mia stanza era chiusa, come sempre. Strano, sembrava così vicino.
- Papaà!
Ancora. Richiusi gli occhi, sentendo una strana angoscia in quella parola. I suoi soliti incubi... o solo tuoni.
E poi uno strillo acuto. Mi misi in piedi, quando, insieme a quell’urlo si aggiunsero potenti voci maschili. Provenienti dalla camera della bambina.
Corsi a vedere cosa stava succedendo... ma la serratura sembrava bloccata, la porta non si apriva.
- Cosa... ?! - sussurrai, scuotendo la maniglia.
Strani tonfi, rumori e voci...
Presi a pugni la porta, cercando di uscire... e allora provai con la finestra; stava succedendo qualcosa di strano. E, chissà perché, sentivo che tutto questo non poteva essere “normale”. Non quando sentii quelle grottesche voci maschili parlare in una strana lingua, simile al latino. Per fortuna, chiunque fosse entrato, aveva dimenticato di sigillare le finestre. Mi precipitai, col cuore in gola, sul balcone in comune, correndo verso la camera di Cheryl...
La finestra era completamente spalancata e lei non c’era più: il letto era rovesciato, le lenzuola per terra, tutto era sottosopra e ora una strana luce proveniva dal corridoio, continuando per la mia stanza e arrivando all’ingresso.
Non la sentivo più gridare...
Non so quante volte sussurrai cose senza senso durante la mia folle corsa... la porta d’ingresso era aperta... Cheryl e i suoi aggressori erano spariti...
- Harry! Harry! - sentii qualcuno chiamare il mio nome. Si rivelò essere la mia vicina di casa, una strana ma arzilla signora, molto affezionata a Cheryl; avevo il volto bagnato dalla pioggia, e mi venne incontro, notando il mio volto disperato - Ho sentito la bambina gridare. Cosa è successo?
- Non lo so - bisbigliai io, entrando di corsa in cucina e guardandomi attorno; l’avevano presa... l’avevano presa. Nascondevo la pistola di Silent Hill, quella che Cybil mi diede, in alto, sopra alcune mensole, ben nascosta. La ripresi, impugnandola e caricandola come un matto.
- Ho visto dei signori scappare con qualcosa prima - raccontò lei, vedendomi agitato - Forse loro lo sanno.
Mi lanciai fuori da casa mia, raccomandandole di chiamare la polizia, correndo nella pioggia, verso la fine della strada. Dovevano essere già lontani anni luce ma non mi importava: loro avevano Cheryl... e potevo anche immaginare il perché.
Silent Hill...
- Perché? - sussurrai senza fiato alla notte.
Probabilmente non si aspettavano che riuscissi ad evadere di casa, perché fu abbastanza facile localizzarli: uomini col cappuccio sul viso, in lunghi mantelli scuri, rintanati in uno strettissimo vicolo cieco, intenti a fare qualcosa... e la bambina era con loro, che si dimenava disperata.
- BASTARDI! - urlai, una volta localizzati, chini su Cheryl. E attirai la loro attenzione: uno di loro fece cenno di avvicinarsi, mentre un altro mi saltò addosso, armato di pugnale. Uno strano sigillo, familiare ai miei occhi, risplendette sul suo avambraccio, inciso nella carne, mentre cercò di accoltellarmi dritto in gola. La sentii ancora una volta gridare di terrore, invocando il mio nome; assestai una gomitata in viso a quell’uomo, che cadde a terra privo di sensi.
Le sue ultime parole prima di perdere i sensi sull’asfalto bagnato di pioggia e del suo sangue furono:
- Ci riprendiamo solo quello che è nostro...
La figura incappucciata più piccola e mingherlina alzò una mano verso di me, quasi implorandomi di smetterla, di lasciarli fare, ma fu fermata da un suo compagno, alto il triplo di lei, che cominciò a parlare in quella strana lingua, a me del tutto estranea.
Ripresi a correre verso di loro, sempre più vicino...
Loro continuavano la loro orribile nenia, che provocò strani tremori al corpo della bambina, che riprese ad urlare... ma di dolore.
E non capii più niente: alzai la pistola, senza fermarmi, e premetti il grilletto... col rischio di colpire mia figlia. Sì... lo sparo rimbombò, fino alla fine di quel vicolo... e al suono della pallottola sparata, la bambina aumentò l’intensità delle sue urla di terrore e dolore.
Dopo pochi secondi di silenzio, uno di loro si accasciò a terra, col cranio perforato dalla pallottola, mentre gli altri, compreso l’uomo che avevo picchiato prima sparirono come fumo, nell’aria greve.
 
Lasciai cadere l’arma e mi avvicinai a Cheryl, che era sdraiata su uno strano simbolo rosso sangue. Ora non strillava più, ma aveva gli occhi chiusi per la paura. La pioggia le aveva bagnato completamente il viso e i vestiti e respirava a strani scatti. L’aiutai a mettersi dritta, ma sembrava assente, pesante e priva di sensibilità. Io guardavo il cadavere di quell’uomo... poi presi tra le braccia la piccola, stringendola forte mentre mi sussurrava:
- E’ morto... Papà... E’... morto...
- Non guardare - le dissi io, premendole la testa contro il mio petto - Non guardare... mai più, mai più da sola, prometto.
Cheryl mosse piano le braccia, attorcigliandole attorno al mio collo. Aveva un graffio sul volto e una strana macchia rossa sul pigiama all’altezza del petto; continuò a singhiozzare piano:
- Cosa volevano, Papà... ?
- Non devi ascoltarli - le risposi, vicino all’orecchio. Avevo ucciso un uomo... tremavo come una foglia, e sembravo più spaventato di lei - Qualunque cosa ti abbiano detto dimenticala. Non devi mai dar loro ascolto, mai. Qualunque cosa...
Mi ritrovai anche io a piangere con lei; ero stato ad un passo dal perderla per sempre, di vederla tra le mani di uomini e donne senza scrupoli, nella città che tormentava le mie notti.
Ero stato maledetto.
Io non vedevo un uomo, in quella gigantesca pozza di sangue. Vedevo un mostro con un proiettile nel cranio... e sentii una strana foschia avvolgerci come a nasconderci dal resto del mondo. E il rumore di sirene mi entrò nel cervello... non ero sicuro che fossero quelle della polizia.
Era un suono dimenticato tanto tempo fa.
- Dobbiamo andarcene... non siamo al sicuro qui - le sussurrai per rassicurarla. Sarebbero tornati... a prenderla...
La vidi sospirare e continuare a piangere, prima di sussurrarmi:
- L’ho vista... lei...
La sirena si fece sempre più forte, e sempre più prepotentemente entrò anche nella sua testa.
Non pioveva più... nevicava cenere. Quella polvere grigiastra si posò sui nostri capelli e sulle nostre spalle, confondendoci le idee. Il mostro continuava a giacere morto mentre una ragazza, proprio davanti a noi, ci guardava con strana insistenza, completamente immobile, ma pulita dalla cenere. Vestiva di blu e aveva i capelli scuri. Dopo esserci fissati per pochi secondi, passò ad esaminare Cheryl.
Non avevo mai smesso... mai smesso di portarmi dietro quella nebbia... quella cenere... quella ragazza. Mi sentivo come lei... vivevo nella realtà, ma non mi ci sentivo parte: erano cinque anni che non vedevo il sole... cinque anni a Silent Hill... ma anche a casa mia...
Sarebbe stato meglio per me morire, là?
La sirena era diventata assordante.
La ragazza, guardando Cheryl, si toccò il petto per estrarre dal vestito uno strano ciondolo sferico. Ci giocherello un po’ e poi sparì.
Uno strano segnale stradale indicava l’ingresso ad una città.
La sua città natale.
 
C’è un posto abbandonato e dimenticato nel profondo del cuore di ogni essere umano, dove la realtà e la finzione sono un’unica cosa, dove la verità e la bugia non hanno alcun valore e la paura del silenzio non esiste, così come quella della morte.
E io ne ero completamente a conoscenza.
Il resto del mio cuore era accanto ad una bambina sui sette anni, dai capelli corti e neri, in una città lontana, chiamata Silent Hill.
 
 

Lui parlò di anime torturate,
Al prezzo così scandaloso.
Tu puoi perdere tutto quello che hai.
Ma lui rifiutò di arrendersi,
alla città che prende tutto.
 
Sopravvivi.
Devi davvero volerlo.
Ma questo favola non finirà nella maniera in cui speravamo,
Tutte le volte che lui griderà alla luna:
“Lei è perduta!”
E lo prese la paura...
Lui stava camminando il miglio... lui stava camminando solo.
 
E tanti uccelli morti
Sanguinavano dai loro nidi.
Ma non c’era tempo per ragionare,
Non avevano nulla di minaccioso.
 
Ora è troppo tardi, troppo tardi per me.
Questa città presto mi prenderà a sé.
Troppo tardi, troppo tardi per me:
Questa città vincerà.
 
“E da quella nebbia arrivarono
Creature oscure che cantavano un’orribile canzone.
Il resto del gruppo rise di lui
Solo io sentii la speranza svanire piano.
Lo trovarono morto proprio il giorno dopo,
li sentii dire.
Noi incolpiamo la sfortuna, per la sua fine.
Ma solo io sentii il terrore diventare più grande”.
 
Lei e lui sapranno
Che un giorno, tutto questo finirà.
Quella nebbiosa notte...
Quella triste luna...
La ricerca inutile per la sua cara.
Mentre gli angeli cantano, nell’oscurità senza fine,
La morta cerca i suoi peccati.
 
 

 
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ANGOLO AUTRICE - the last D: E RINGRAZIAMENTI :3
 
Come va, ragaZZuoli! :)
E la nostra avventura con le due storie, in quasi contemporaneità, si conclude qui. Ma non certo “Fear of...”! Perché, sicuramente, arriverà un terzo “capitolo”. Che vedrà i nostri personaggi preferiti tornare.
Questa è stata la mia prima vera storia, ci sono cresciuta praticamente insieme e ci sono molto affezionata; dato che nacque poco meno di due anni fa, in un pomeriggio uggioso e grigio, dopo aver finito il videogame di Silent Hill insieme a mia sorella, che mi è sempre stata vicina, e che si trova meglio a scrivere canzoni che a scrivere storie.
E grazie a voi che sono potuta arrivare alla fine. E’ stata una vera e propria impresa e confesso che, certe volte, ho avuto la strana idea di mollare tutto, cancellare la storia o peggio. Ma per fortuna ho avuto un po’ di sano self-control ed eccomi qua.
Si chiude una porta ma se ne apre un’altra, proprio come ho detto prima. Perciò, stay tuned... perché si potrebbe tornare a Silent Hill :D
E ora a voi, belli! Siete stati tutti grandi e ho intenzione di nominarvi tutti, ancora U_U Cioè... quasi novanta recensioni Y__Y Grazie!
Iniziamo: a Franny_chan e lucia1997 per aver messo la fic tra le preferite, e poi ancora loro due e syriana94 per le ricordate.
E naturalmente chi l’ha seguita: clif, Franny, Leo, Lizzie 96, rogfalm, savior e syriii :D Ma ringrazio anche chi ha letto silenziosamente...  comunque, sappiate che ho sguinzagliato il mio Pyramid Head u_u ...
E chi ha recensito... un grazie enorme quanto Silent Hill: la mappa continua ad espandersi, perciò non è cosa da poco u_u
Syriana... tu... tu... tu...
Graaaaaaazie! Perché tu sei stata colei che ha recensito la mia storia perché volevi capirci più del film - inutilmente, manco io lo capisco quel film... e intanto ne è uscito un altro. La mia prima storia. E mi mandasti, agli albori del 2012, la tua recensione. Fui, quando vidi il numero 1 sulla storia, una delle persone più felici di questa terra. E poi mi spronasti ad andare avanti... e io ti seguii durante il gioco di SHOrigins ;) e che quest’anno hai fatto gli esami. Fammi sapere come è andata! :)
E rogfalm... ahhhh, e i nostri pomeriggi a parlare di Silent Hill :3 Ciao carissima! Che sei sparita ma so che sei viva ;) prima o poi ti riacciufferò.
A savior e a Lizzie che anche se hanno recensito pochi capitoli mi hanno fatta felice :) e a Leo e clif con le nostre strane nuove teorie che possono far concorrenza a quelli del Team Silent xD
E’ a voi che dedico questo ultimo capitolo di Fear of Silence.
Per l’immagine ringraziate mia sorella, che ha pure sbagliato titolo, ma spero che nessuno se ne accorga... e lei era troppo pigra per aggiustarlo... proprio come me XD
Eee vi saluto...
Buona estate, ehm... buona vacanze? xD Dipende.
Per chi è interessato al seguito e vuole sapere quando lo pubblicherò, o qualunque altra domanda, basta farmelo sapere o chiedere ;)
A presto spero! Questo non è un addio ;)
Ancora grazie di cuore!
Ciao! A prestissimo! :3
 
 
 
   
 
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