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Autore: Loveless    05/02/2008    2 recensioni
"Questo è ciò che sono
Un escapista, cercatore del paradiso..."

Prima dell'inizio della battaglia per la fine del mondo, durante il suo corso e dopo il suo epilogo, Seishirou Sakurazuka racconta tutto ciò che è rimasto in ombra.
I ricordi all'epoca di Tokyo Babylon, il legame che lo unisce a Subaru e a Fuuma, la sua "normalità", il suo desiderio...
E, forse, chi realmente lui sia.
Genere: Dark, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hokuto Sumeragi, Fuuma Monou, Seishiro Sakurazuka, Setsuka Sakurazuka, Subaru Sumeragi
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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"Tell me I’m frozen but what can I do?
Can’t tell the reasons I did it for you "


Qualcuno mi deve un paio di occhiali nuovi…
Quelli che avevo prima adesso sono ai miei piedi, i pezzi scuri delle lenti a specchio sono sparsi vicino alla suola delle mie scarpe. C’è anche un taglio sanguinante sulla mia guancia, ma quello non fa male più di quanto potrebbe farmene un insetto. L’unica cosa di cui mi dispiace è lo stato in cui sono ridotti i miei vestiti… Diciamo pure addio alla giacca ed alla camicia.
Mi massaggio leggermente le palpebre con le dita e poi torno a guardare nel cortile del tempio, dove Fuuma sta aiutando il suo piccolo amico Kamui ad alzarsi, mentre tiene tra le braccia la sorella ancora svenuta.
Come se avvertisse ancora che ci sono, il ragazzo alza la testa e fissa allarmato i tetti delle case circostanti. Niente da dire, è proprio uno stronzetto perspicace.
Non sono facile agli insulti, tutt’altro, ma la colpa non è totalmente sua. E’ il fatto di averlo completamente sottovalutato, - e dimenticato, nell’attimo in cui mi sono deciso ad attaccare Kamui, - che mi irrita molto.
Dopo un po’, il ragazzo decide che non vale la pena starsene a guardare il nulla, ed il vuoto che percepisce attorno a sé lo tranquillizza. Si volta verso casa sua con la ragazzina in braccio e se ne va, mentre Kamui si riunisce ai due Ten no Ryu che ho notato poco fa su un tetto vicino, un ragazzo robusto con un cappellino arancione ben calcato sui capelli spettinati ed un giaccone giallo talmente vivo che mi fa pensare a quello di un operaio della manutenzione stradale ed una ragazza vestita alla marinaretta.
C’è un breve scambio di battute e poi nel cortile torna il silenzio. Potrei lasciar cadere benissimo la barriera illusoria che mi circonda e mi protegge da sguardi indiscreti, visto che non c’è più nessuno, ma non lo faccio. Se devo essere sincero, sono ancora sorpreso dalla piega presa dagli ultimi eventi.
Il mio sesto senso mi ha guidato fino a qui, quando stamattina ho visto l’annuncio del funerale di Kyogo Monou, visto che le mie precedenti indagini sul ragazzo di nome Fuuma si sono rivelate infruttuose.
Ripenso alle lacrime trattenute a stento dal diciassettenne che mi ha urtato sulle strisce pedonali solo quarantotto ore fa. Forse stava raggiungendo l’ospedale, forse già sapeva che suo padre stava morendo?
Possibile, possibile.
Quel ragazzo dagli occhi dorati è letteralmente un mistero. Nel tempo che ho dedicato alla sua ricerca ho scoperto molto poco su di lui. Non parla quasi mai, ha pochi amici, - credo siano compagni di squadra, - è molto attaccato alla sorella e passa i pomeriggi chiuso in casa, a studiare. Un diciassettenne normalissimo, la cui unica stranezza è quella di abitare presso un tempio Togakushi. E’ normale anche che non si sappia nulla di lui, perché non ha fatto proprio nulla degno di finire sotto le luci dei media.
Eppure questo “normalissimo diciassettenne” mi ha condotto dritto dritto da Kamui, il ragazzino che porta nelle sue mani il destino del mondo, è riuscito a sfondare la barriera illusoria da me creata e a salvare la sorella e l’amico da morte certa, riuscendo a mandare in frantumi le mie maledizioni.
Solo un onmouji della pasta di Subaru avrebbe potuto eguagliarmi in uno scontro diretto, o lo stesso Kamui. Eppure anche un ragazzo sbucato fuori dal nulla riesce a farmi arretrare… E a guardarmi con occhi gelidi come i miei, seppure per qualche attimo.
Ma chi sei?
Chi sei tu?
Stavolta non credo proprio di scoprire la risposta tanto presto.
Scendo con un balzo dal tetto ed atterro sul marciapiede. Stanno accadendo molte cose strane, ultimamente. La ruota del destino, evidentemente, ha cominciato a girare anche per me.
Comunque, per ora mettiamo da parte i misteri e concentriamoci sulle certezze. Adesso Subaru sarà sicuramente tornato dal suo ultimo lavoro, ma non voglio andare a trovarlo subito.
Questo pensiero mi fa passare l’irritazione, e torno del mio solito buon umore. Devo andare a cambiarmi e pulirmi da tutto questo sangue, se non voglio far prendere al mio ex un infarto… E’ sempre stato un ragazzo troppo sensibile. Potrebbe pensare che ho provocato una strage.

Subaru, eh sì.
Avrei dovuto ammazzarlo molto tempo fa, me ne rendo conto. Precisamente, avrei dovuto togliergli la vita non appena mi scoprì con in braccio quella bambina appena uccisa.
Che mi sarebbe costato? Nulla, assolutamente. Avrei dovuto semplicemente saltare giù dal Sakura, stendere il braccio ed aggiungere un nuovo cadavere alla razione quotidiana dell’albero.
Il ciliegio rinasce con ogni suo Sakurazukamori. Erano solo tre anni che lo servivo, e quindi la pianta era ancora molto giovane e molto affamata. Sono sicuro che uno spuntino fuori pasto non gli sarebbe dispiaciuto.
Però, però… Credo che sia stata l’esitazione a bloccarmi. Il fatto di provare incertezza mi stupì, quel giorno. Prima di allora quando avevo temporeggiato davanti alla mia preda? Quando mi ero effettivamente chiesto “ed ora che cosa faccio di te”?
Il Sakura non permette sentimentalismi né perdite di tempo. Mia madre mi ha cresciuto secondo questo infallibile principio, se così si può dire... Ma la verità effettiva è che sono vissuto da solo, e che lei non era altro che una presenza evanescente nella mia vita. Setsuka Sakurazuka non era altro, per me, che un fantasma vestito di candido e le mani macchiate di cremisi.
Solo perché sono un assassino al servizio di un albero non significa che non abbia i miei capricci personali o le mie curiosità. E quando ho visto Subaru per la prima volta, ho voluto vedere come sarebbe andata a finire, ho voluto concedermi il beneficio del dubbio. In quell’occasione mi chiesi se avrei ritrovato quel bambino di nove anni che aveva dei poteri da onmouji. Se quella dolcezza ancora acerba e quel candore infantile avrebbero finito per conquistarmi.
Potrei elencare molti dei motivi che affollarono la mia mente di diciottenne, quel giorno sotto l’albero di Sakura, ma dubito che riuscirei a riferire con la stessa esattezza anche le sensazioni che mi portò quello strano incontro. Comunque, la cosa più sincera che potrei dire sull’argomento è che fu la curiosità a fermarmi la mano. Niente di più e niente di meno.
Quando il patto si sciolse, fu Hokuto a saldare il debito che Subaru aveva nei miei confronti e a salvargli la vita una seconda volta, quella che gli sarebbe sicuramente stata fatale, - la prima fu quando la loro cara nonnina mi mandò contro uno shiki ad impedirmi di completare l’opera.
Ciò non toglie che la mia vera preda sia sempre stata lui; perciò no, non ritengo di essere pienamente soddisfatto. Subaru non è morto, vive ancora, ed io pure.
La conseguenza di tale situazione è piuttosto spontanea: continuerò a seguirlo, finché Subaru si porta i miei marchi addosso e finché uno dei due ha respiro.
Per quanto riguarda l’incantesimo di Hokuto… E’ tutto un altro paio di maniche, ma ora come ora sarebbe inutile corrucciarsi sul passato, visto che per il momento non ho intenzione di mettere la parola fine a questa storia.
Non sono ancora arrivato ad annoiarmi, e fino a quando Subaru riuscirà ad essere fonte di divertimento per me… Pensare a come lo ammazzerò senza suicidarmi è inutile.
Trovarlo nei meandri della Tokyo notturna è facile come sempre. Non è solo per via dei segni che Subaru porta sui palmi: semplicemente, quando capisci la mentalità di qualcuno, è un gioco da bambini ricostruire le sue mosse o anticiparle. Ed anche il mio piccolo, soprattutto quando si sente spossato, è scontato, molto scontato.
Il tavolo è sempre il solito, così come il bar tutto nicchie, sèparè di legno con decorazioni amarantine e dorate. Declino con un sorriso l’offerta di una cameriera nel farmi strada dicendole che grazie, qualcuno mi sta aspettando.
Subaru è seduto appena dietro un pannello sottile di carta, e mi da la schiena. Vedo già dalla sua nuca piegata e dall’inclinazione delle spalle che è stanco, e che non voleva fare il lavoro per cui è stato pagato appena questo pomeriggio. Povero piccolo.
- Credo fermamente in quel proverbio che dice “meglio soli che male accompagnati”, Subaru-kun, ma bere da soli è deprimente.
Sospiro da parte sua. Raddrizza appena la schiena ma non si volge nella mia direzione.
- Dovevo saperlo che la tregua sarebbe durata poco.
- Presupporre una tregua vorrebbe dire essere in guerra. Siamo forse in conflitto fra noi? Se è così, non credo di essermene accorto, - ribatto io, andando a sedermi di fronte a lui senza aspettare che mi inviti.
- Come potresti accorgertene, visto che il tuo mondo gravita unicamente su te stesso? – mi chiede Subaru, ma invece di guardarmi si mette a fissare con insistenza il bicchiere appoggiato davanti a lui, come se lo trovasse infinitamente più interessante.
- Questo farebbe di me un egoista, non credi? – dico, sorridendogli compiacente. Ah, piccolo mio, come sbagli stavolta!
- Se sostieni di non esserlo, il tuo narcisismo è infinitamente più grande di quanto io creda, - conclude lui, stavolta guardandomi gelidamente.
Lo sguardo di Subaru non è cambiato dall’ultima volta che le nostre strade si sono “casualmente” incrociate, solo qualche settimana fa. A volte le cose cambiano troppo in fretta, lui no.
Mi ha sempre colpito vedere come tutta la tristezza di questo mondo e la rabbia si siano mescolate in modo così affascinante nei suoi occhi. Sono di un colore straordinario, davvero, ma non sarebbero diversi da molti altri se non avessero questa splendida componente di malinconia che li rende ancora più profondi.
La prima volta che l’ho guardato, il suo sguardo era talmente limpido che chiunque avrebbe potuto sbirciare all’interno della sua anima e leggerne i pensieri… Ora c’è un velo spesso di risentimento profondo a celare il suo spirito, e so di averlo tessuto con le mie mani. Devo ancora capire se la cosa mi piaccia o meno.
- Fingerò, per pura cortesia ovviamente, di non aver sentito quest’ultimo commento. Comunque non ti facevo così ironico, Subaru-kun, - commento, e stavolta sono sincero.
- Te ne stupisci? Le persone non rimangono le stesse per sempre, Seishirou-san, - replica lui, accostandosi il bicchiere alle labbra e bevendone un sorso, per poi tornare a guardarmi con occhi pieni di astio.
Credo faccia così per provocarmi, ma… Quando finge di essere un cane rabbioso pronto ad azzannarmi la mano mi fa solo tenerezza. Mi torna in mente, e senza alcun motivo, la frase fatta “me lo mangerei di baci”. Io potrei divorarmelo in un solo boccone, in questo momento.
- Tu credi? Eppure, guardandoci, non direi proprio. Siamo rimasti come eravamo una volta.
- Non sono più il ragazzino sedicenne innamorato della gente e fiducioso nel futuro, - dice Subaru, duro, - Se tu non sei cambiato da nove anni a questa parte, questo è affar tuo.
- E suppongo che tu voglia addossare a me la colpa di questo tuo cambiamento.
- Però, che perspicacia.
- Alt. Qui ti stai addentrando in un terreno pericoloso, Subaru-kun. Se vogliamo riflettere a fondo, credo che la colpa di quello che è successo sia equamente divisibile tra te ed il destino, se ci credi. In caso contrario, penso sia solo tua.
Lui è troppo incredulo per rispondere, eccezion fatta per un “Cosa?!” strozzato in gola.
- Devo forse ricordarti la faccenda di sedici anni fa? Sono stato io quello che si è messo a fare incantesimi sotto il primo albero di ciliegio disponibile? Io non sapevo nemmeno della tua esistenza, prima di allora, ed ecco che mi sbuca fuori dal nulla un onmouji bambino che mi vede con una vittima appena uccisa. Penso che non ti avrei mai incontrato, nemmeno negli anni a venire, se quel giorno il fato non avesse voluto guidarti sotto il Sakura. Avanti, tira fuori qualche scusa per questo, sarei molto felice di ascoltarla.
Tiro fuori una sigaretta dal pacchetto che ho in tasca e la accendo. Faccio per chiedere a Subaru se ne vuole una, ma rinuncio quando vedo che è troppo occupato a trattenersi dallo sputarmi in pieno viso.
- Che cos’hai lì? – chiedo, cercando di guardare dentro il suo bicchiere. Il discorso è solo rimandato.
- Non ti riguarda… - comincia lui, a denti stretti, e fa per allontanarlo. Con tutta calma, gli prendo il polso e lo tiro senza forzature verso di me. La cosa mi ricorda quando gli ho afferrato la mano a Nakano, ma se non altro adesso sono più gentile. Subaru è talmente sorpreso che non ha nemmeno la forza di ritirare la mano.
Gli levo il bicchiere e lo annuso. Mi basta sentirne l’odore per storcere la bocca.
- Subaru-kun, questa roba va bene solo se vuoi ubriacarti. Ti fa male berla.
- Cos’è, adesso ti fai venire i rimorsi di coscienza? Mi hai rovinato la vita ed adesso ti preoccupi di cosa bevo e se questo mi fa male?
Sta sussurrando per non mettersi ad urlare davanti a tutti. Bravo bambino.
- Visto che tu non hai un minimo di amor proprio, penso che tocchi a qualcuno farlo per te, - rispondo io, chiamando con un cenno il primo cameriere che passa e porgendogli il bicchiere, - Scusi, potrebbe portare via questa roba? Al suo posto un caffè e… - breve occhiata a Subaru, - Un bicchiere d’acqua. Il mio amico ha bisogno di raffreddare i bollenti spiriti.
Subaru aspetta che non ci sia nessuno a portata di orecchie prima di ricominciare a parlare. Anche se in volto sembra tranquillo, si è appoggiato una mano sul ginocchio e lo sta stringendo così forte che sentirò le sue ossa rompersi.
- Da quando vai in giro ad aiutare la gente, Seishirou-san?
- Da quando non ho molto da fare, - dico, facendo un vago gesto in aria come se volessi scacciare una mosca.
- Avete avuto modo di sentire la personale bibbia di Seishirou Sakurazuka. Evento più unico che raro.
- A giudicare dal tono di voce, sembra che tu abbia qualcosa in contrario.
- Lei avrebbe fatto a meno del tuo aiuto, - conclude Subaru, infilando la mano libera in tasca ed estraendone un ofuda con due dita. Lo stesso che ho dato alla ragazza del cimitero.
- Ah, - commento, - Allora c’è riuscita.
- E’ tutta opera tua, non è così?
Per tutta risposta, gli dedico un applauso da tre colpi. Lui appoggia la carta sul tavolo e la spinge verso di me, come se gli facesse ribrezzo il solo vederla.
- I miei complimenti, Subaru-kun. Anni fa non avresti riconosciuto una mia opera nemmeno se l’avessi compiuta davanti ai tuoi occhi.
- Perché l’hai fatto?
- Perché no?
- Non è una risposta soddisfacente, - ringhia piano Subaru.
- Non vedo clausole nel contratto che mi obblighino a dirtelo. E comunque, questa è la risposta migliore a qualunque domanda.
- Bene, allora dammi la seconda o la terza risposta migliore.
- L’hai guardata negli occhi, prima di compiere il tuo esorcismo? Rispondi sinceramente e dimmi se l’hai vista felice.
Questa domanda sembra confonderlo. Scuote la testa, prima lentamente e poi con più convinzione. Nel frattempo arriva anche il caffè ed il bicchiere d’acqua, che Subaru si affretta a bere come se avesse la gola improvvisamente secca.
- L’hai illusa. L’hai solo fatta soffrire di più.
- Le ho solo regalato i momenti più belli della sua vita, Subaru-kun. Prima che tu venissi chiamato, scommetto che era davvero felice. Forse aveva riacquistato la speranza di vivere assieme all’amato che la vita le aveva strappato via troppo presto. E tu hai reso vano ogni suo sforzo di ricominciare.
Mi sporgo leggermente in avanti, come se volessi rivelare un segreto che solo lui può sentire.
- Come ci si sente a fare i carnefici, una volta tanto? Come ci si sente ad infrangere le speranze di una persona?
- Smettila, - sbotta Subaru, di colpo, - Non dovremmo interferire con le faccende dell’aldilà. Noi onmouji dobbiamo lasciare in pace chi è morto. Tentare di riportarli in vita è sbagliato.
- Se quella ragazza si fosse sacrificata per riportare in vita Hokuto-chan, risponderesti forse alla stessa maniera?
- Non tirare in ballo mia sorella!
Soffio sul mio caffè, che ancora non si è raffreddato del tutto, e me lo accosto alle labbra.
- Hai ragione. Tua sorella si merita di meglio.
- Avrebbe meritato anche una morte migliore, - dice lui, guardandomi torvo. Mi stringo nelle spalle.
- Ha sofferto poco.
- Se la notizia avrebbe dovuto consolarmi, credo tu abbia miseramente fallito.
- Non era mia intenzione farlo. Temo che la gamma di emozioni in mio possesso non comprenda anche quella cosa chiamata pietà. In compenso, comprende fastidio per il semplice fatto che tu debba portare quei dannati guanti ogni volta che esci di casa.
- Li porto per abitudine, - replica Subaru, staccando di colpo le mani dal bordo del tavolo e lasciandosele cadere in grembo.
- Meno male. Sai, non volevo che credessi che una cosa del genere riuscisse a fermarmi in qualche modo… Beh, dopotutto tua nonna ha sostenuto quest’idea per anni, perciò non avrei dovuto stupirmi anche se così fosse stato. A proposito, come sta? Ti lascia ancora messaggi supplicanti nella segreteria telefonica oppure si è decisa a rinunciare?
- Mi telefona ancora, sì.
A quanto pare la vegliarda ha ancora una certa tenacia. Ora so da chi ha preso Hokuto-chan.
- Bene, visto e considerato che la conversazione si è un po’ distesa, che ne dici di uscire da questo posto e prendere una boccata d’aria, Subaru-kun? Ah, non serve che tu faccia quell’espressione contrita, - dico ridendo di fronte allo stravolgimento che hanno avuto i suoi lineamenti nell’arco di pochi secondi, - Non è ancora mia intenzione approfittare di te trascinandoti in un vicolo o cose del genere.
- Visto il soggetto, non mi sorprenderei, - sibila lui, gelido, - E se volessi rimanere qui senza il discutibile piacere della tua compagnia, come in effetti è mio desiderio?
Sollevo le mani in segno di resa e scuoto la testa.
- Bene, non sia mai detto che Sakurazukamori non lascia possibilità di scelta, - e qui punto il pollice aldilà della mia spalla con aria noncurante, - Dimmi cosa preferisci. Vuoi che sia qualcun altro ad uscire da questo bar in mia compagnia, azzerando così le sue possibilità di vivere fino a domani? Scegli pure con comodo, io non ho fretta.
Subaru segue la traiettoria del mio dito con aria incredula, guardando gli altri avventori che parlano, totalmente indifferenti a ciò che succede, dietro di me. Sa benissimo che posso farlo. Poi, allo stupore subentra lentamente una rabbia glaciale che tinge gli occhi di una scintilla fredda.
- Bastardo.
- Se vuoi insultarmi, cerca di impegnarti almeno un pochino. Puoi fare di meglio.
- Che figlio di puttana.
- No, per piacere. Quando ti sei calmato, devi dirmi chi ti ha rivelato questo imbarazzante dettaglio su mia madre.
Essere preso in giro non è nelle sue corde, stasera, e so che la sua irritazione potrebbe crescere ancora, se solo volessi spingerlo oltre il limite della sua sopportazione. Ma lui ha ormai rinunciato alla battaglia, e non sarò certo io a ricominciarla, stasera.
E’ disposto a sacrificarsi piuttosto che io faccia del male a qualcuno… No, non è cambiato rispetto al Subaru che conoscevo. Anche lui se ne rende conto, ed evita il mio sguardo.
- Andiamo.
Subaru si alza dalla sua sedia quasi docilmente e non protesta nemmeno quando lascio sul tavolo gli yen necessari a pagare le consumazioni di entrambi. Non guarda nella mia direzione, quando gli prendo gentilmente il gomito e lo guido fuori dalla porta del bar, ma si limita a seguire i miei passi con la stessa lentezza di un sonnambulo.
Una volta fuori, lo lascio. Ispiro l’aria pulita della notte a pieni polmoni, liberandomi dalla pesantezza dell’atmosfera fatta di fumo vecchio, alcol e sentore di profumi femminili. La porta del locale è alla fine di una serie di rapidi gradini in ferro e cemento che danno su un vicolo, e poi di nuovo la strada principale, con le sue frenetiche attività piene di vita. Scendo tranquillamente, mentre Subaru rimane immobile alle mie spalle.
- Lo sai che non ti seguirò.
Annuisco, voltandomi nella sua direzione.
- E tanto ucciderai quella gente comunque, non appena ti sarai liberato di me.
- No, non lo farò. Non stasera, almeno.
Il suo sguardo si fa quasi sperduto e vacilla mentre mi guarda. Non comprende, non capisce.
Non capirà mai.
- Non ammazzo la gente quando non è necessario. E poi sei stato tu a cedere per primo, quindi non avrei ragione di farlo. Vuoi che torni dentro ed uccida qualcuno, Subaru-kun?
- No!
- Allora non lo farò.
Subaru scuote la testa, ancora incapace di credere del tutto alle mie parole. Scende un paio di gradini, e poi torna a fissarmi. Il verde intenso dei suoi occhi è ora velato da un dolore profondo che lo strugge dall’interno, dilaniandolo fra due opposte pulsioni. Credo che sappia già che cosa dirò, adesso.
- Non ho perso forse un occhio per te, Subaru-kun? Pensi che non riesca forse a prolungare la vita di quelle persone di altre ventiquattro ore, per causa tua?
E’ tortura, la mia, ne sono consapevole. Non lo faccio perché mi diverte vederlo soffrire, ma semplicemente perché mi piace vedere i suoi occhi così offuscati e tristi. Non avrò mai la possibilità di vederlo ridere, e l’unica cosa che posso donargli è il rimpianto di un candore perduto.
- Allora era diverso, - mormora lui.
- Sì, - sospiro, - Credo proprio di sì.
Un altro gradino sceso. Un altro ancora.
E poi Subaru fa una cosa per cui non sono assolutamente preparato.
Rimango sorpreso quando allunga la mano verso di me e mi sfiora leggermente sotto l’occhio cieco. Ho solo una sensazione sfuggente delle sue dita tiepide sulla mia pelle fredda. Sì, gelida come la morte.
Faccio un passo indietro, piccolo, ma sono abbastanza lontano da fargli capire che gli sto sfuggendo. Deve stendere tutto il braccio, ora, per riuscire a sfiorarmi. Il suo indice mi lambisce appena le labbra, e forse è quel contatto stranamente caldo che lo sveglia all’improvviso. Lascia cadere il braccio inerte lungo il fianco, incapace di fare altro.
- Stammi bene, Subaru-kun.
Gli sorrido e mi immergo nell’oscurità dolce e fumosa del vicolo, ritorno al buio immobile dal quale sono venuto.
Subaru rimane dov’è, solo come una luce nella notte.
Non mi segue.
Non mi aspetto che lo faccia.


*I lettori più attenti avranno notato in questi due capitoli una differenza, rispetto al manga delle CLAMP: l'attacco di Seishirou a Kamui avviene dopo l'incidente di Nakano e l'incontro con Subaru, mentre nel manga ciò avveniva prima. Potere di fanwriter, che volete farci...
  
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