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Autore: Luine    27/07/2013    2 recensioni
[…] qualcosa diceva a Bloom che non era così e che la minaccia che stava incombendo su di loro non era terrestre, ma magica e non erano gli Stregoni. Qualcosa di più antico e più familiare. Non sapeva come poteva avere questa sensazione, ma preferiva scoprirlo nelle sembianze di una fata,[...]
Un nuovo nemico minaccia Alfea e la Terra, Roxy è stata attaccata e solo lo Scettro di Domino può salvarla. Cosa accadrà? E chi è il nuovo nemico delle Winx? Scopritelo leggendo!
(Ambientata tra le puntate 13 e 14 della quarta serie)
Fanfiction vincitrice dei premi Best Long Fic e Best Work-In-Progress nel Ventinovesimo Turno di Never Ending Story Awards
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Oritel, Roxy, Specialisti, Winx
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chiedo perdono per il ritardo mostruoso con cui aggiorno e se non ho risposto alle recensioni, prometto che non accadrà più. Ringrazio Tressa che è sempre così carina da lasciarmi una recensione e tutti quelli che hanno inserito la storia in preferiti/seguite/ricordate. Ecco il nuovo capitolo, con la promessa di finire entro breve di scrivere i tre capitoli che mancano da una vita (ancora).

Buona (spero) lettura!




Capitolo 13

Rivalità



Re Oritel si grattò il naso, subito dopo aver starnutito per quella che credeva essere la centesima volta da quando era entrato nella Biblioteca di Domino, sulla Montagna del Rock, diverse settimane prima. Quella Biblioteca aveva davvero bisogno di una spolveratina, dopo vent'anni passati a marcire in mezzo al niente che era stato Domino. E, mentre pensava a questo, si accorse di essere stanco morto. Aveva letto per tutto il giorno senza concedersi neanche un'ora di sonno, e cominciava a non capirci più niente.

Sospirando, sollevò un'altra nuvola di polvere. Quell'ala della Biblioteca era una delle più antiche, e risaliva ai tempi in cui era stato fondato il regno di cui ora era sovrano e non ci entrava qualcuno da quei tempi, a giudicare da come tutto sembrava opaco e invisibile sotto quelle coltri spesse come piumoni.

Era stato proprio lì, quasi per un colpo di fortuna, che aveva trovato resoconti molto dettagliati sulle Furie dei Sentimenti Negativi e aveva permesso a lui, Faragonda, Griffin e Saladin di proteggere le loro scuole, per quanto possibile, dalla loro minaccia.

Era stato sempre lì che aveva scoperto che il simbolo del potere del re era lo Scettro di Domino, un costrutto magico i cui poteri erano sconosciuti a tutti i maghi viventi.

Aveva trovato la sua storia, i modi che avevano utilizzato per costruirlo e dargli il potere di sigillare quelle creature maligne. Aveva un'unica pecca: doveva essere «svuotato» – così come si esprimevano i testi – prima di essere riutilizzato. E il bello era che ancora non era riuscito a trovare un luogo adatto a svuotarlo.

Durante le sue lunghe settimane di studi, Oritel aveva scoperto che solo una fata poteva attivarlo senza danneggiarsi e venire condizionata dalla Furie, meglio se una Fata Guardiana.

Nel frattempo, aveva trovato racconti inquietanti di gente morta dopo essere stata posseduta che gli avevano lasciato dei brividi lungo la schiena, smorzati soltanto dai suoi frequenti starnuti.

Giocherellò con lo Scettro rigirandoselo tra le mani e guardandolo con una certa aria disgustata.

«Che porcheria!»

Quel concentrato di pacchianeria era stato tramandato di regnante in regnante dal primo re di Domino fino a lui. Ancora non riusciva a credere che avesse trovato come impiegare quella grossa asta dorata incastonata di pietre preziose, sormontata da un grosso rubino sfaccettato che serviva per contenere la Furia catturata.

Scuotendo la testa, lo pose sul tavolo a fianco del libro che aveva deciso di consultare per ultimo.

L'unica cosa bella di quelle letture era che, ogni tanto, sua figlia Dafne andava a trovarlo e a chiedergli come stavano andando le cose, dandogli qualche consiglio, o trovando i libri che avrebbero potuto interessargli. La ninfa era una compagnia molto utile e preziosa, oltre che una compagnia e basta. Scoprire sempre nuove cose sulle Furie riusciva a rovinargli anche il sonno.

Oritel non riusciva a non essere grato alle donne della sua famiglia. Ma ora l'avevano lasciato solo: Dafne era andata a scoprire dove fosse Bloom che doveva essere arrivata su Domino da tempo, ormai. Marion era rimasta a palazzo, nel caso la loro ritrovata secondogenita potesse arrivare da un momento all'altro.

Oritel aveva capito che era successo qualcosa a sua figlia, se non era già arrivata e non aveva fatto sapere niente sulle sue intenzioni. Sperava che le Furie non c'entrassero. E neanche quel pazzo di Maestral.

Da quando avevano smesso di ricevere informazioni da Flabrum era divenuta tutta una questione di attesa e lui sapeva di non poter indugiare.

Avrebbe dovuto lasciare che Dafne si occupasse delle ricerche per organizzare il suo piccolo esercito, ma adesso c'era anche questo grosso problema e Dafne aveva voluto andare a cercare la sorella. «Devi rimanere qui: qualunque informazione tu possa estrapolare dai libri potrebbe essere vitale», gli aveva detto, con un tono così convincente che lui non aveva potuto dire di no. «Anche Bloom potrebbe ricevere beneficio da queste informazioni. Tornerò non appena saprò cosa è successo, tu non lasciarti distrarre da niente. Io posso passare inosservata, tu no».

Proprio mentre ripensava alle parole della figlia, un leggero bip dal suo trasmettitore portatile lo fece voltare verso di esso. Subito dopo, apparve la miniatura di Faragonda resa instabile per via della poca ricezione sulla Montagna del Rock.

«Oritel, spero che tu stia bene.» esordì lei. Era sempre stata molto educata, la sua vecchia amica preside.

«Benissimo.» grugnì lui e, come se sapesse che era una bugia, la polvere lo costrinse a starnutire. Oritel agitò la mano. «Lascia perdere. Questo è un postaccio!»

Sul viso della preside apparve un'espressione di bonario rimprovero. Lo faceva sempre sentire come se fosse l'ultimo discolo della classe. «Come vanno le tue ricerche, Oritel?»

«Ho trovato altri resoconti, ma sono piuttosto confusi. Notizie di Bloom?»

Si aspettava un cenno affermativo, ma Faragonda scosse la testa. «L'ultima fata della Terra si è risvegliata.» gli disse soltanto.

Sulle prime, Oritel fu sul punto di dire «Benone, benone», ma senza nessun entusiasmo, poi si rese conto di cosa gli era stato effettivamente detto. Si alzò di scatto dalla sedia e, mentre il terreno gli tremava sotto i piedi, l'immagine di Faragonda scomparve e riapparve come se si fosse spaventata. «Oh, Rock sta' fermo!» imprecò lui. «Si è svegliata, dici, da sola, così?»

«Questo ancora non lo so, prima di parlare con lei ho bisogno di tempo.»

«E di Bloom non hai proprio notizie?»

La preside scosse la testa. «Purtroppo no.»

Oritel grugnì di nuovo. «E allora che facciamo?»

«Per adesso aspettiamo. Ho chiesto a Codatorta di raggiungere Alfea perché mi dica che cosa è successo alla navetta scomparsa. Sono preoccupata, Oritel.»

«Bloom è in gamba. Sono certo che sta bene.»

Faragonda non sembrava convinta della cosa. Si costrinse a dire: «Una volta che le Winx avranno debellato il problema, dovremo trovare le altre e poi studieremo tutti insieme un piano d'attacco per prendere la Furia che alberga nel corpo di Maestral. Dobbiamo agire in fretta, ma non senza pensare. Questo improvviso risveglio di Roxy potrebbe essere un piano architettato dalle Furie e, finché non avrò capito che cosa succede, voglio tenerla d'occhio. Avrei tanto voluto tenere Bloom e le ragazze lontano da tutto questo, ma Zephiro... quel ragazzo è troppo impetuoso, alle volte. Altre non riesco proprio a capirlo. Mi preoccupa molto.» sembrò sul punto di dire qualcos'altro, ma si fermò. Guardò re Oritel dritto negli occhi. «Pensi di poter aspettare ancora un po'?»

«Oh, io posso aspettare quanto vuoi, non so se lo faranno anche Maestral o le Furie.»

Faragonda chiuse gli occhi. «Grazie, Oritel. Posso sempre contare su di te.»

Il re di Domino fece un gesto con la mano, come per dire che non doveva neanche pensarci.

Chiusero la comunicazione e allora lui si rese conto di non aver detto una cosa molto importante a Faragonda. Trovò il manoscritto proprio sotto le dita, dove le aveva appoggiate quando la preside aveva parlato di attendere. Le rilesse ancora una volta, ma era quasi inutile, dato che le conosceva a memoria.


Lo Scettro da solo non può aiutarci. Solo Flabrum potrebbe, ma nessuno può raggiungerlo. Forse non esiste. Siamo perduti. Le Furie vinceranno e il mondo cadrà nella distruzione totale.


Era stato uno dei paragrafi più agghiaccianti di tutti quelli che aveva letto durante la notte, ma era stato un piccolo passo avanti: nessuno degli altri aveva parlato del lontano pianeta dei Venti. Aveva creduto di aver fatto una scoperta importante, invece, aveva cercato in altri libri e i riferimenti a Flabrum erano finiti, o almeno lui non ne aveva più trovati. Quello era l'ultimo volume tra quelli a disposizione.

«Flabrum...» sussurrò. «Lì dove è cominciato tutto questo. È come un cerchio che si chiude.»


Tra le Furie, una è la più importante e la più crudele. È l'Odio, che tutte comanda allo scopo di distruggere il mondo.

Abbiamo ucciso colui che ospitava la Furia. Le altre, senza la loro guida, sono state bersagli facili.

Abbiamo subito molte perdite, tra cui quella della nostra adorata Fata Guardiana che ha dato la sua vita per riuscire a portare le creature fin dentro l'inferno di Obsidian, dove poi noi abbiamo apposto i sigilli magici che impediranno loro di tornare.

La Furia dell'Odio è andata distrutta con il corpo ospite.

Non c'è motivo di non pensarlo: le altre Furie sono diventate vulnerabili. Se la loro guida fosse sopravvissuta, sarebbero rimaste intatte e potenti. Ma c'è la possibilità che sia addormentata da qualche parte e che aspetti solo il momento giusto per attaccare di nuovo.

Nessuno può saperlo. Bisogna diffidare di tutti coloro il cui cuore è stato corrotto da rabbia e disperazione: saranno i candidati ideali per ospitare la Furia dell'Odio.


Oritel era stato particolarmente frustrato. Rabbia e disperazione. In quanti potevano dire di corrispondere a quella descrizione? Anche lui era un candidato ideale, in quel momento.


I corpi maschili sono gli unici che possono venire condizionati: sono le Fate i veri obiettivi delle Furie. Non esiste corpo maschile che non possa venire contagiato dal contatto con un altro già abitato da una Furia.

La Furia si divide e intacca il cuore del nuovo contagiato e poi, quando raggiunge la fata, uccide il suo ospite e si ciba del potere della fata e della sua vita.


Sperava per questo che gli Specialisti fossero tutti al sicuro. Il cuore batteva anche a lui, pensando di poter diventare un bersaglio e di non potersi ribellare in alcun modo; solo il fatto di possedere la sua prodigiosa spada gli dava una qualche garanzia: Hagen gli aveva detto di averla imbevuta di una magia tale per cui coloro che erano armati di cattive intenzioni non avrebbero osato avvicinarsi a lui.

Ma non era quello il problema.

Il problema era la Furia dell'Odio: se anche avessero trovato il modo di strapparla dal corpo di Maestral, come avrebbero potuto intrappolarla prima che scomparisse come aveva fatto nel passato?

Oritel starnutì di nuovo e si grattò il naso.

Flabrum... quel nome continuava a martellare nella sua testa. C'era qualcosa in quel pianeta che lo aveva sempre affascinato, a partire dai loro territori fluttuanti, quel vortice impossibile da fermare, la nebbia che ricopriva la superficie del pianeta... perché abitare un posto così inospitale?

Tamburellò le dita sullo Scettro di Domino. C'erano ancora diverse ricerche che voleva fare, ma stavolta doveva andare nelle biblioteche superiori: doveva trovare qualche informazione sul misterioso pianeta dei Venti.


§



Zephiro rientrò nella scuola correndo. Reggeva la mano di Roxy così forte che la ragazza la sentì perdere velocemente sensibilità. Quando provò a riprendersela, non ce la fece, lui era troppo forte e troppo impegnato a correre per rendersene conto. «Ma che stai facendo?» gridò d'un tratto. Intanto avevano cominciato a salire la grande scalinata dell'atrio. Lui non si fermava, non le rispondeva e sembrava non ragionare neanche sulla strada da prendere. Svoltò d'improvviso a destra e riprese a salire due scale per volta, costringendola a fare lo stesso per non inciampare in avanti e sbattere i denti contro il marmo e si accorse solo vagamente che erano tornati al piano da cui erano appena scesi.

Roxy non ci capiva niente.

Correva e basta, i corridoi di Alfea cominciarono a scorrerle e ben presto perse il senso dell'orientamento e anche quello della realtà. Era tutto così assurdo! Che cosa era successo di così terribile da costringerlo a scappare come se ci fossero i diavoli che lo inseguivano?

A parte quella domanda, l'unica cosa che rimbombava nelle sue orecchie era il rumore sordo delle loro scarpe che colpiva il pavimento con inaudita violenza. Non riusciva a capire perché quello strano ragazzo avesse cominciato a correre come un forsennato. Portandosi dietro lei, per giunta!

Il suo orgoglio ebbe la meglio sulla confusione.

«Ehi!» ringhiò. E un attimo dopo puntava i piedi. Sentendo una forza che lo tirava indietro, Zephiro si fermò, facendo un passo indietro per evitare di sbilanciarsi e cadere. Si voltò di scatto, stupefatto, quando lei gridò: «Ti ha dato di volta il cervello?»

Lui, però, non era attento, non la calcolava nemmeno. Ma che strano!, pensò Roxy, furibonda.

Zephiro era troppo impegnato a guardare dietro di lei, per accorgersi che esisteva. «Non ci ha seguito!» e sospirando, si accasciò contro la parete. Passò una mano sulla fronte e rimase lì, a farsi passare il fiatone. «Meno male!»

Roxy, però, non condivideva il suo sollievo. Puntò le mani sui fianchi. «Si può sapere di che stai parlando?» sbottò, acida.

E allora lui si accorse che esisteva. Zephiro la fissò, così intensamente che Roxy si sentì immediatamente a disagio. Arrossì, distolse lo sguardo e la sua rabbia diventò cocente solo per il fatto di averla messa in imbarazzo. «Tu sei tutto matto.» borbottò.

«Scusa.» rispose lui e non aggiunse nient'altro, nessuna spiegazione, niente di niente. Poi si spostò dal muro. «Beh, si è fatto tardi.»

Allibita, Roxy fece scattare la testa verso di lui. «Che cosa?» sbottò. «E dove te ne vai?»

Lui inarcò un sopracciglio. «A lezione.» rispose. «Non vorrei beccarmi un'altra punizione per colpa tua.»

Roxy sperava di non aver capito bene. «Colpa mia?» si accigliò. «E cosa avrei fatto per farti meritare una punizione? Io non ti conoscevo nemmeno prima di stamattina! E, se proprio vuoi saperlo, il mio bellimbusto, stavo molto meglio senza conoscerti!» la sua voce era salita di un'ottava con ogni esclamazione, la sua rabbia con ogni parola. E lui, che dapprima era stupefatto si arrabbiò quanto lei. Come se avesse avuto di che essere arrabbiato!

«Beh, cara signorina, se proprio vuoi saperlo, per me è lo stesso! Sei così chiassosa! Chiacchieri troppo, mi fai venire il mal di testa!»

«E tu sei uno scemo e un villano!»

«Meglio che essere una piagnucolona!»

«Io non sono una piagnucolona!» ma a dispetto delle parole, i suoi occhi stavano già riempiendosi di lacrime di rabbia. «Ti odio!»

Gli voltò le spalle e fece per imboccare il corridoio che lui aveva corso a velocità forsennata per chissà quale motivo. Lui non la fermò, anzi le disse: «Ma sì, vattene.»

«Lo sto facendo!» replicò lei. «Non provare a fermarmi, stavolta, hai capito?»

«Ma sei ancora qui?»

«Ehi, che succede, ragazzi?» la voce piccola fece trasalire i due litiganti. Roxy si voltò per vedere chi era che aveva parlato, ma non vide nessuno, fece un giro intorno a se stessa e solo quando vide la direzione dello sguardo puntato di Zephiro anche lei capì di dover guardare verso il basso. E allora lo vide. Quello che vedeva era un mezzo tra un elfo e un lepricano, con grandi orecchie a punta, un naso piccolo e lungo, i capelli ricci castani e un completo verde con appuntato un quadrifoglio rosso, il tutto completato da un cappello a punta e le falde a mezzaluna le cui punte ricadevano verso il basso. Era l'essere più strano che Roxy avesse mai visto. Almeno aveva l'aria bonaria.

«Principe Zephiro, signorina, che cosa fate ancora fuori dalla classe? E perché state litigando? Su, su! È tardi!» e così dicendo trotterellò fino a Roxy e la prese per il gomito, spingendola di nuovo verso Zephiro che, pur di non guardarla, si fissava gli stivali.

Lei non riusciva a smettere di fissarlo, un po' incredula, a dire il vero. Principe, pensava. Quella parola aveva avuto il potere di ammutolirla. Che significava che era un principe?

Osservando il suo profilo, Roxy pensò che quel titolo non collimava per niente con il suo comportamento: lei aveva sempre creduto che i principi fossero tutti forti e valorosi come Sky, senza macchia e senza paura, non addormentati e di pochissime parole, pronti a scappare al primo segno di qualcosa che non andava, lasciando le ragazze che dovevano guidare a vedersela da sole.

Sky era un vero gentiluomo, uno per il quale ogni ragazza romantica avrebbe perso la testa... Zephiro era uno scemo che lanciava insulti a destra e a manca senza pensare alle conseguenze. E poi le aveva detto che era una piagnucolona, che era rumorosa e chissà cos'altro sarebbe uscito dalla sua boccaccia, se non fosse intervenuto quel piccolo lepricano.

Faragonda dovrebbe smetterla di fidarsi di questo qui.

Mentre pensava questo, si accorse di non aver raggiunto un altro corridoio. Avevano camminato molto e neanche se n'era accorta.

Erano di fronte alla porta di una classe, adesso, una porta aperta dietro cui riecheggiavano delle voci allegre di ragazze. Sporgendosi un po', Roxy poté vedere le loro teste colorate, gli scintillii prodotti da varie magie e il sole che entrava dalle vetrate.

«Su, perché ti sei fermata?» domandò il lepricano.

«Ecco... ecco io...» provò a protestare Roxy, quando vide che la spingendo in quella classe. «Signore... io...»

«Su, su, mia cara. Non abbiamo molto tempo! Siamo già in ritardo!»

«Professor Wizgiz...» lo chiamò Zephiro.

«Ne parleremo dopo, ragazzo mio. Su, entrate, entrate.» e così dicendo spinse entrambi in classe con una forza che nessuno dei due credeva che un essere così piccolo possedesse. Poi saltellò anche lui, all'interno e si piazzò con un'acrobazia proprio sulla cattedra. «Buongiorno, signorine!» esclamò, nel suo tono più allegro.

Le ragazze si voltarono, alcune stavano per rispondere, ma pian piano si spensero tutte le chiacchiere e le risate e i sorrisi. Una fata si voltava e c'era sempre un gomito che richiamava sull'attenti le altre ragazze ancora distratte. Ma non perché il professore lepricano le aveva richiamate col suo buongiorno.

Tutti l'attenzione era su di lei, la sconosciuta.

E le espressioni prima incuriosite, si fecero stupefatte e infine divennero torve.

Ben presto, ognuna di quelle occhiate che aveva ricevuto, se avesse potuto ucciderla sul posto, l'avrebbe fatto. La più cattiva, poi, era della stessa ragazzina coi capelli biondi raccolti in due code che aveva visto nel parco, poco prima che Zephiro la prendesse per mano e la costringesse a correre come una forsennata in giro per la scuola.

Roxy non si era mai sentita così a disagio in vita sua. E non poteva neanche scappare, perché tra lei e la porta c'era quell'odioso Zephiro.

«Beh, che vi prende?» domandò il professore, come se non si fosse accorto di niente di tutta la tensione che aleggiava sulla classe. «Andate ai vostri posti!»

«Ma io...» provò di nuovo Roxy. Ma si zittì, quando Zephiro la prese di nuovo per mano e la tirò verso un banco in fondo alla stanza.

«Inutile discutere.» le spiegò.

Quello fu più imbarazzante di tutto il resto. Le ragazze che li fissavano da quando erano entrati, adesso li seguivano con lo sguardo senza tentare nemmeno di nascondersi, il brusio si era sollevato insieme con il gesto del ragazzo e lei riuscì a sentire qualche sprazzo di conversazione.

«Ma chi è quella lì?»

«E perché Zephiro la tiene per mano?»

«Ma sarà la sua ragazza?»

«Impossibile!» la voce più alta fu quella della ragazza con le code bionde. «La sua ragazza sono io!»

Anche Zephiro la sentì. Roxy vide l'espressione di pura rassegnazione che era comparsa sul suo viso.

Incredibile ma vero, erano riusciti ad arrivare in fondo, lui le fece fare una giravolta – e ancora lei non sapeva dire come ci fosse riuscito – e le gambe non l'avevano retta. Si era ritrovata seduta ancor prima di rendersene conto, seguita da un coro di: «Ohh», invidiosi e ammirati. Wizgit non disse niente neanche una volta.

Roxy era un po' confusa. Non poté impedire al suo cuore di battere più forte, né ebbe il tempo di negare a se stessa che quella prova di maestria non le avesse fatto almeno un po' piacere. Certo, lui era uno spaccone e le ragazze la fissavano con odio, ma quella sensazione non voleva sapere di andarsene.

Poi una mano scattò verso l'alto. Quella della ragazza coi capelli biondi.

«Professore!» chiamò. La sua voce era alta e querula, un po' acida, al momento. «Professore, chi è questa sconosciuta?»

Wizgit vagò in cerca della proprietaria della voce e la individuò, non appena vide la mano alzata. «Ah, signorina Theril!» disse. «La sconosciuta chi?»

«Quella.» Theril fece un cenno verso il banco dove era seduta Roxy. «Chi è? E perché ha preso il banco di Zephiro?»

Un brusio, stavolta di assenso, seguì la domanda.

Roxy si rese conto per la prima volta che non c'erano altri ragazzi, in classe. Il tutto mentre il professore si accorgeva che, effettivamente, lei non era una delle sue studentesse. Si grattò i capelli sotto il suo strano cappello verde e la fissò con aria dubbiosa. «Eh, già... accidenti.» borbottò. «Ancora non sono riuscito a memorizzarvi. Chi sei, signorina?»

«Ehm... Roxy.»

«L'ultima fata della Terra.» specificò Zephiro, prima che Roxy stessa potesse pensare di rispondere più adeguatamente di quel che aveva fatto lei stessa poco prima. Si sentiva tanto stupida, in quel momento, e le ragazze ridacchiavano di quel suo fallimento con evidente piacere, ma non quella bionda che si chiamava Theril e che, invece, la fissava con una invidia che aveva del morboso.

«Abbiamo provato a dirglielo,» borbottò Roxy. «ma lei non ci ha dato il tempo di spiegarglielo.»

«Oh.» fu l'unica risposta di Wizgit.

«Beh, allora deve andarsene!» esclamò Theril. «Se non è una studentessa non può partecipare alle lezioni, le pare?»

«Ma è una fata!» rispose un'altra ragazza, una mora con i capelli a caschetto. «Forse potrebbe...»

«Non è stata ammessa!» replicò la bionda. «Quindi non può seguire!»

«Professore?» la voce di Zephiro si levò alta tra quelle delle ragazze che avevano cominciato a discutere. Entrambe si zittirono, Theril lo guardò e sospirò mielosa. «In fondo, Roxy non sarà ammessa l'anno prossimo?» guardò Wizgit e Wizgit guardò da lui a Roxy per qualche secondo. «La preside Faragonda non ha detto che non può. Può seguire, finché non verrà detto diversamente.»

Roxy si risvegliò con quelle parole. «Ehi!» esclamò, balzando in piedi. Anche così, però, era più bassa di lui di tutta la testa. Non le importò, piantò di nuovo le mani sui fianchi. «Chi ti ha detto che io voglio seguire le lezioni? Come ti permetti di prendere delle decisioni per me senza consultarmi?»

«Beh, qualcosa dovrai pur fare!» ribatté lui, irritato. «Tanto vale che rimani qui. Faragonda ti ha affidata a me, quindi è meglio se mi rimani vicino e non combini disastri.»

«Io non combino disa...»

«Bene bene bene!» la voce del professore interruppe la loro discussione. «Non c'è bisogno di fare tanta confusione per nulla! Dato che non lo sai, Roxy, io sono il professore di incantesimi e oggi avevo in mente una lezione teorica, ma... dato che ci siamo... signorine, perché non facciamo vedere a Roxy quello che siamo capaci di fare in pratica? Così servirà a voi per affinare le vostre tecniche e per far vedere alla nostra ospite che cosa studierà l'anno prossimo!»

Alcune applaudirono, Theril sbuffò e incrociò le braccia al petto. Subito dopo si voltò. Nel suo sguardo, Roxy percepì tutto il suo odio.

Questo le fece capire che che sarebbe stata una lunga, lunghissima mattinata.


§


Roxy si guardò intorno, la piccola arena all'aperto dentro cui il professor Wizgit le aveva portate per quella «esercitazione pratica». Tutte le altre ragazze erano eccitatissime, ridevano tra di loro, erano in gruppo e già pensavano alle magie che avrebbero potuto fare per impressionare «la ragazza nuova».

Per la maggior parte, dopo la tensione iniziale, avevano cominciato ad essere gentili, si erano presentate, ma tutti i nomi si erano confusi nella testa di Roxy che non li aveva tenuti a mente. Solo uno, ci rimaneva, quello di Theril che era l'unica che continuava a guardarla con astio, insieme al suo gruppetto di amiche, le stesse che aveva intravisto nel cortile.

Zephiro se ne stava in disparte, anche se lei aveva notato che le altre non gli staccavano gli occhi di dosso, così come non smettevano di tartassare lei di domande: «Ma tu e lui come vi siete conosciuti?»

«E perché ti tiene sempre per mano?»

«Perché Faragonda ha chiesto a lui di farti fare il giro della scuola?»

«Ma lui ti piace?»

«È vero che è carino?»

«Ha uno sguardo così penetrante!»

«E i suoi capelli! Avete visto che capelli, che ha? Mi piacerebbe toccarglieli!»

«Oh, a me piacerebbe dargli un bacio!»

«Guarda che devi lasciarlo perdere! È il ragazzo di Theril!»

«Macché! È lei che se l'è inventato. Zephiro non è il ragazzo di nessuna! E pensare che potrebbe averci tutte, se solo schioccasse le dita!»

«Sì, è vero! Lo sai che non ha mai toccato nessuna di noi?»

«Oh, tu sì che sei fortunata, Roxy!»

Roxy taceva e annuiva. Tutte quelle chiacchiere cominciavano a darle il voltastomaco. Mentre erano impegnate a lodare l'eterocromia di Zephiro che si stava strofinando da un po' l'occhio dorato con foga eccessiva, lei lo raggiungeva sugli spalti più in alto. Lo sguardo di Theril era fisso su di lei, ma lei decise che non le importava niente, che Theril era una smorfiosa e che le fate di Alfea erano frivole e sciocche.

«Ora capisco perché sei così scontroso.» gli rivelò, buttandosi a sedere accanto a lui.

Zephiro continuò il suo strofinio dell'occhio. Sembrava che dovesse cavarselo. Si alzò senza dire una parola e, barcollando leggermente, si allontanò da lei e si avviò verso l'uscita. Il tutto senza dire nemmeno una parola.

La fata degli animali lo odiava, lo odiava a morte. «Che antipatico.» sibilò, astiosa. «Poteva almeno salutare!»

«Ehi, tu!» la voce di Theril le penetrò le orecchie come il sibilo di una frusta, la sua ombra la sovrastò e la costrinse ad alzarsi di scatto, spaventata da quell'improvvisa intrusione.

Dietro la fata bionda, c'era tutto lo stuolo delle sue amiche, una piccola corte che, sembrava, non la lasciasse mai, ovunque andasse. «Lascia che mi presenti a dovere: io sono Theril, come avrai già avuto modo di capire. E loro sono le mie amiche.» le indicò una per una e tutte quante, sebbene non fossero bionde come Theril, erano comunque molto belle, tranne la ragazzina che stava dietro a tutte e che aveva fatto fatica a stare loro dietro, che era l'unica che risultò in qualche modo simpatica a Roxy, forse perché anche lei sembrava così persa in quel mondo sconosciuto. Ma non riuscì a finire il pensiero, che si ritrovò a fissare di nuovo l'ape regina che le rivolgeva un furioso sguardo omicida. «Dobbiamo chiarire un paio di cosette, noi due, carina.»

«E che cosa?»

«Stai lontana dal mio ragazzo.»

«Non è il tuo ragazzo.» proruppe Roxy.

«Non sono affari tuoi. E comunque sì, per tua informazione, lo è. Solo perché le altre sono invidiose, non vuol dire che non sia il mio ragazzo. Che cosa vuoi da lui?»

Roxy cercò in giro il professor Wizgit e lo vide, mentre toccava la spalla di un provato Zephiro e lo accompagnava fuori dall'arena.

«Niente! Mi stava facendo fare un giro della scuola!» replicò, tornando a guardare la fata bionda. «Puoi tenertelo, il tuo stupido ragazzo!»

Lo sguardo di Theril si fece altezzoso e sul suo viso si formò un sorrisetto condiscendente. «Lo sapevo, sei solo una piccola sciocca invidiosa. Solo perché sei amica delle Winx credi di potermi intimidire? Magari non sei neanche una fata!»

Roxy si accigliò, accantonando in un istante ciò che aveva detto la ragazza goffa riguardo alle Furie, qualunque cosa fossero. «Io sono una fata!»

Il sorrisetto sulla bocca di Theril si estese anche al suo sguardo. «Ma davvero? Sei una fata ed è stato così facile farti catturare da una Furia?» rise di gusto, una risata argentina e bella tanto quanto era crudele. Le sue parole avevano fatto il giro dell'arena, le altre ragazze, chiuse in altri gruppetti, si girarono verso di loro. Anche loro, come Roxy, avevano sentito le cattiverie che aveva detto Theril.

«L'ho scoperto da poco!»

«Oh, lo immagino! Devi essere così incapace che nemmeno ti hanno voluto ammettere ai corsi!»

Roxy si accigliò. Ma cosa voleva quella lì? Perché le diceva tutte quelle cattiverie gratuite se neanche si conoscevano? «Io non sono incapace!» dichiarò, rossa in viso per la frustrazione, i pugni stretti lungo i fianchi. Stava tremando. «So fare degli incantesimi! Le Winx mi hanno insegnato qualcosa, sai? E ho imparato da sola a far parlare gli animali.».

«Sì? Dimostralo!»

Roxy si sentì con le spalle al muro. Non le veniva in mente come fare, tanto più che Artù non era lì con lei e non poteva far vedere a quella smorfiosa cosa riusciva a fare. Le mancava tanto il suo amico a quattro zampe, lui sicuramente avrebbe saputo cosa fare per riportare a più miti consigli quella ragazza tanto cattiva.

«Come immaginavo.» continuò Theril, con voce flautata, spostandosi i capelli anche se non c'era bisogno. Roxy si sentì solo molto più mortificata. «Non sai nemmeno trasformarti, suppongo!»

«Certo che so farlo!» fu l'unica cosa che riuscì ad esclamare.

Theril, però, sorrise, di nuovo condiscendente. «Certo, come no. Io so trasformarmi! Sono stata la prima a saperlo fare! E te lo dimostro subito!» non fece in tempo a finire di parlare che aveva già sprigionato una quantità di luce tale da costringere le altre a coprirsi gli occhi. Era una luce rosa e verde e gialla che, ben presto venne risucchiata dal corpo di Theril che si ritrovò cambiata, con un completino luccicante molto attillato nei colori delle luci, le scarpe alte, viola chiaro, un paio di leggins verde scuro e un top con una sola manica rosa e due coppie di alucce gialle che la lasciavano fluttuare a mezz'aria sopra Roxy. Completava il tutto un cerchietto verde e rosa, mentre le code rilucevano come se fossero stato di oro puro.

Era bellissima, e Theril ne era così consapevole che guardava tutte le altre d'alto in basso.

«Bene...» disse la fata bionda, fissando Roxy con aria di sfida, tronfia in un modo inaudito. «Io mi sono trasformata, tu che aspetti?»

Roxy si accigliò e così facendo accettò tacitamente la sfida. Attinse al potere che c'era dentro di lei, lo trovò, proprio come le aveva sempre detto di fare Bloom. «Vuoi che mi trasformi? E va bene!» chiuse gli occhi, trovò il suo potere, lo afferrò con la forza di un leone e poco dopo fronteggiava Theril con la sua stessa arma. Le scappò un sorrisetto maligno.

Un coro di «Ohhh» ammirati si levarono dalle ragazze rimaste più in basso.

«Avete visto com'è bella Roxy?»

«E le sue ali! Oh, avete visto come sono grandi! Sembrano quelle del livello Believix!»

«Oh, come la invidio!»

«Vorrei anche io delle ali belle così!»

Theril tremava, sentendo tutto quello. Non riusciva a sopportare di essere stata messa in ombra da una perfetta signora nessuno, il completo disinteresse per lei, l'ammirazione per Roxy, l'attenzione dirottata da quella nuova arrivata che aveva provato a denigrare in tutti i modi. Anche le sue amiche, quelle che la seguivano ovunque e che la consideravano così brava e piena di poteri incredibili, nel vedere quella sciocca ragazzina nuova che si prendeva tutte le attenzioni, anche da parte loro. Che si faceva notare da Zephiro semplicemente rimanendo addormentata, che si faceva notare dalle altre semplicemente facendosi prendere per mano da lui, che poteva seguire le lezioni semplicemente perché era un'amica delle Winx, che poteva trasformarsi, avere le ali appena più grande del normale e tutte quante subito andavano in visibilio.

Theril odiava Roxy.

Come in sogno, allungò una mano contro di lei. Non sapeva che cosa avrebbe fatto. Voleva solo farlo, voleva vendicarsi, riprendersi solo il posto che le spettava di diritto, in cima alla piramide. Perché lei voleva essere bella e ammirata, perché se lo meritava. Era una principessa, in fondo, e nessuna sciocca ultima arrivata doveva soffiarle il posto che le spettava di diritto.

La rabbia fu incanalata in quella mano tesa.

«Ehi! Che stai facendo?» la apostrofò Roxy. Si era messa in posizione difensiva.

Theril teneva i denti stretti per la collera.

E poi improvvisamente apparve il globo di luce. «Ecco, prendi questo, piccola strega!» lo lanciò con tutte le forze che aveva. Quella sciocca non aveva modo di difendersi... sarebbe tornata tra le braccia delle Furie in un batter d'occhio.

Roxy sgranò gli occhi, non ci capì più niente. Solo che un globo di luce stava andando dritto verso di lei e che non aveva modo di fermarlo. Incrociò le braccia sul volto, la palla la colpì al centro dello stomaco, si sentì sbalzare all'indietro, gridò. L'aria sembrava non esistere più, continuava a prendere velocità e le ali non le rispondevano neppure.

«Aiuto!» gridò, ma ormai cominciava a volare a precipizio, giù, verso il suolo. Sentì le grida disperate di qualcuno sotto di lei, immagini confuse di persone che correvano da una parte all'altra. Theril che volava verso di lei come se volesse aiutarla a cadere più in fretta, le mani tese verso le sue gambe.

Vide solo indistintamente una figura bianca e blu e un mulinello bianco intorno ad una mano, in basso, sotto di lei e poi vide fili di vento che la avvolgevano dolcemente, come nastri di uno dei vestiti particolari di Stella, cominciò a rallentare la sua caduta, si ritrovò sdraiata su un letto fatto d'aria. Theril, invece, si bloccò a mezz'aria, sbalzata indietro da due fruste ventose che volevano colpirla.

Roxy d'improvviso si fermò, due mani le toccarono la schiena alata e quando guardò di lato, mentre il suo corpo, che non le ubbidiva più, crollava a terra spinto dalla forza di gravità e la fine della magia, vedeva il viso di Zephiro e il suo occhio arrossato per via dello strofinio selvaggio. Era inginocchiato al suo fianco e la sorreggeva con le braccia.

«Z-Zephiro.» disse, con voce piccola. «Mi hai... mi hai salvato?»

«Io...» il ragazzo sembrava smarrito quanto lei. «Io credo di sì.»

E mentre loro tentavano di raccapezzarsi su quello che era appena successo, poco lontano, Theril scoppiava a piangere senza ritegno.

  
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