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Autore: WarriorNSN    27/07/2013    0 recensioni
Come poteva Jamie non aver paura di ciò che le riservava il futuro con un cambiamento così radicale? Come poteva non essere triste, come poteva non considerarsi "non capita"?
Ma non c'è arcobaleno senza pioggia.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Allora, chi si offre volontario per accompagnare Jamie alla mensa?» Chi alzò la mano non mi sembrava così tanto affidabile, quindi sorrisi grata alla professoressa Chan, ma rifiutai dicendole che qui avevo una cugina e potevo benissimo cavarmela da sola fino a quando non l’avrei trovata.
-Drììn- 
Mi alzai velocemente dalla sedia, portandomi al petto il libro di biologia e uscii dall’aula così come mi alzai. Per i corridoi tutti mi fissavano come se il telegiornale avesse appena annunciato che io ero un'assassina cannibale, così mi diressi velocemente al mio armadietto, inserii la combinazione e posai il libro di biologia scambiandolo con quello di letteratura, la lezione che si sarebbe tenuta l’ora successiva al pranzo.
Mentre tutti si dirigevano alla mensa, io preferii uscire fuori in cortile e sedermi su una delle panchine abbandonate dagli studenti durante quel freddo periodo dell’anno. Alzai il cappuccio della mia felpa e aprii WhatsApp, trovando un messaggio di Marco, il mio ex-fidanzato. Ci eravamo lasciati per la distanza. C’era un oceano a separarci per un’intera vita, non per un mese o due, ma decidemmo di rimanere amici perché ci eravamo lasciati per una buona causa ma ci volevamo ancora bene in modo speciale.
“Oggi cominci la scuola, eh?! Fammi sapere se ci sono bei ragazzi che hanno attirato la tua attenzione e come ti trovi ;)” 
Risi e gli scrissi, nonostante lì in Italia sarebbe stata notte o appena, appena il sole si stava innalzando sui loro cieli.
“Ancora nessuno ha attirato la mia attenzione, scemo! Fino ad ora non posso lamentarmi di nulla!” Chiusi l’applicazione e poggiai la mia testa sul tavolino in legno, con gli occhi fissi al cellulare mentre creavo una nuova playlist e collegavo le cuffiette, ascoltando le canzoni prescelte. 
«E’ viva?» Staccai le cuffiette dalle orecchie subito dopo che sentii qualcuno colpirmi con qualcosa il bacino. Mi alzai e acchiappai subito il libro di letteratura e il telefono, tirandomi indietro. 
«Scusa, pensavamo fossi morta.» Aggrottai la fronte e abbassai il cappello della felpa, aggiustando minimamente i capelli, tanto per rendermi presentabile. Rabbrividii al pensiero che qualcuno mi credesse morta. 
Scrollai le spalle e mi schiarii la voce. «Oh, stavo solo ascoltando della musica.» Balbettai, tirandomi ancora indietro finendo per terra. Uno dei quattro ragazzi mi porse la mano, sorridendomi e, alzandomi da terra, lo ringraziai.
«Io sono Mitch.» 
«Jamie.» Strinsi la mano che mi aveva porto e presi il telefono sentendo vibrare qualcosa nelle mie tasche. 
“Dove sei finita? Marie, xx.” – “Sono in cortile, tranquilla (: xx.”
Alzai gli occhi e vidi un ragazzo dai capelli rossi dare una gomitata al moro, Mitch. Sorrisi vedendo che non appena si accorse del mio sguardo su di lui guardò per terra e le sue guance si colorarono di rosso, e non per il freddo. 
«Loro sono Ryan,» indicò il ragazzo dai capelli rossi. «Nolan e Chaz» strinsi la mano agli altri ragazzi. -Sono appena arrivata a scuola e ho già fatto conoscenza con quattro ragazzi... carino!- pensai, sorridendo. Pensarono che il mio sorriso era rivolto a loro, così lo ricambiarono. Sembravano così dolci. Mi dissero di sedermi al tavolo con loro, e così feci. 
«Non ti ho mai visto qui a scuola.» Disse Chaz, addentando un pezzo del suo panino. Gli sorrisi, poggiando il telefono sul libro. 
«Non sono di qui.» Mi limitai a dire, non volevo aggiungere altro della mia vita. Non volevo annoiarli e onestamente non volevo fare nemmeno certe confidenze –anche se con così poco valore- a persone che avevo appena conosciuto. Sarebbero arrivati alla fatidica domanda: "Com'è stato lasciare tutto?" ed io non avevo voglia di rispondere, non credo avrei avuto la stessa forza della mattina.
Uno di loro si alzò, credo Nolan, e abbracciò una ragazza alta quanto lui, baciandogli la guancia, ma fu spinto subito dopo dal ragazzo che era a braccetto con la mora. Gli altri ragazzi risero. «Amico, sai che siamo solo amici.» Alzò le mani come per giustificarsi. 
Il display del mio iPhone si illuminò nuovamente mostrando l’ID “Marie”. Cercai di tappare le casse con la mano e non far sentire "This song saved my life" dei Simple Plan, ma tutti puntarono i loro occhi verso di me nemmeno due secondi dopo che la canzone partì. «Scusate,» dissi, prima di alzarmi e distanziarmi un paio di metri. «pronto, Marie?», sospirai e feci una smorfia sentendo la sua voce acuta dall’altra parte del telefono.
«Jamie, dove sei?» Sbuffai. Non ero una bambina.
«Ti ho già detto che sono in cortile, e poi non trattarmi come una bambina solo perché mia madre ti ha chiesto di tenermi d’occhio. Non sopporto ciò.» Mi lamentai brontolando e la sentii ridere, così sorrisi.
«Non senti freddo?» Mi chiese, cercando in tutti i modi di farmi andare da lei in mensa. Alzai gli occhi al cielo.
«No, Marie, grazie.» Ridemmo lievemente. «Va bene, ma stai attenta!» Mi avvisò prima di chiudere la chiamata. Guardai lo sfondo malinconica.
FLASHBACK*
«Pretendo una foto di gruppo.» Urlò Chiara, agitando la sua reflex in aria. Andò verso uno dei turisti di Piazza di Trevi e chiese se avesse potuto farci una fotografia e lui accettò. Ci posizionammo tutti sulle scalinate, mi stavo alzando per poter abbracciare le mie amiche ma Marco mi tirò a se, seduto sulle scale, baciandomi proprio quando quel signore stava scattando la foto. 
«Ti amo, non dimenticarlo mai.» Sussurrò, con la voce rotta dal pianto. Con l'indice alzai il suo mento per poterlo guardare negli occhi e posò delicatamente la sua fronte sulla mia. Subito dopo una lacrima gli rigò il viso e gliel’asciugai col palmo della mano. «Ti amo anch’io.» Poggiai la testa sull’incavo del suo collo e lasciai spazio alle lacrime, tristi, dolorose, così tanto amare da sentirne il sapore una volta che scivolarono calde e veloci sulle mie labbra, mentre, ignare, mi segnavano duramente lasciandomi un dolore immenso, una voragine che si sarebbe risanata con una data non precisa, chissà quando e come, chissà con chi o con cosa, ma in quel momento non mi importava perché mancavano solamente pochi mesi e poi avrei lasciato loro, i miei parenti, tutta la mia vita in quella città, la Mia bellissima città, Roma.
FINE FLASHBACK*
Tirai su col naso e respirai profondamente, asciugai le lacrime che avevano bagnato il mio volto e cercai di mandare indietro quelle che appena bagnavano i miei occhi. Tornai al tavolo ancora con un nodo alla gola e nonostante fossi in compagnia mi sentivo terribilmente sola, così abbassai lo sguardo e rimasi in silenzio per il resto del tempo che rimaneva mordicchiandomi il labbro inferiore e cercando di non piangere. Alzai un attimo lo sguardo sfocato per colpa delle lacrime e incrociai gli occhi del ragazzo che si era unito al gruppo poco dopo che io e gli altri ragazzi prendemmo posto. Lo riabbassai immediatamente, vedendo nel suo sguardo che cercava di studiare il mio comportamento. Notando i miei occhi lucidi corrugò la sua fronte e subito dopo la rilassò, sorridendomi. Alzai lo sguardo e gli sorrisi, non gli avevo mai rivolto parola, non sapevo nulla di lui, neppure il suo nome, ma i suoi occhi che parevano cascate di miele mi trasmettevano serenità, sicurezza. Il suo sorriso perfetto, quasi faceva invidia al sole, per un po' colmò il vuoto che sentivo all'altezza del cuore, ma questo non impedì o affievolì il fatto che mi sentissi sola, perché non avevo nulla, mi mancava tutto... il mio tutto.
  
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