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Autore: CreAttiva    28/07/2013    2 recensioni
Runne è una bambina di undici anni dal temperamento ribelle, lunghe orecchie ripiegate sui capelli dorati e un paio di enigmatici occhi rossi. Occhi che sollevano domande alle quali non sa rispondere; perché sono gli stessi di suo padre, di cui non sa praticamente nulla.
Ma Runne guarda al futuro, e insegue il suo sogno di diventare una guerriera per combattere il famigerato Endrun, spietato re del Mondo dell'Avvento. Ancora non sa quanto il suo passato e il suo destino siano intrecciati alla sete di potere del tiranno.
La sua vita e quelle di tutto il mondo dipendono dalle scelte di Runne; e quelle più giuste per il bene comune potrebbero richiedere dolorosi sacrifici.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
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2 - Un nuovo amico

Un Nuovo Amico


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Di ritorno a casa, Runne passò per la piazza del mercato. Decise di farsi un giretto, per distrarsi un po’. Era pieno di gente. Runne si fece largo fra le innumerevoli persone. Nelle bancarelle si poteva trovare di tutto: carne, verdura, frutta, dolci, vestiti, gioielli, armi, erbe, manifattura, quadri... Runne ripose una statuetta a forma di aquila e si diresse in un punto preciso. Aveva visto i suoi amici. Passò in mezzo a due uomini che discutevano sul prezzo della stoffa e li trovò: erano riuniti attorno al banco delle erbe e Pylon aveva allacciato alla cintura un pugnale. Un pugnale vero. E Kail non c’era. La cosa non le piacque.

Si avvicinò a loro:«Ciao, ragazzi. Cosa state facendo?»

I bambini rimasero spiazzati: a quanto pareva non erano contenti di vederla.

«Ciao.» rispose Pylon con calma «Ti unisci a noi?»

«Per fare cosa?» domandò Runne allarmata.

Pylon le sventolò un sacchetto sotto al naso «Veleno per topi. Pensiamo di andare a togliere di mezzo quei sinhilari.»

«Che??» Runne scosse la testa «Ma siete impazziti?!»

«Non ti preoccupare. Sui sinhilari avrà solo un effetto di stordimento e malessere.

Credo.» Runne non era preoccupata unicamente per i sinhilari «Allora quel pugnale?»

Pylon accarezzò l’elsa dell’arma. «Per precauzione.»

«No, ragazzi. E’ troppo pericoloso.» I bambini scoppiarono a ridere.

«“Pericoloso”?» la canzonò un arciere.

«Sono solo sinhilari!» fece un altro.

«Non la prendete in giro, ragazzi!» disse Pylon con voce ironica «Dopotutto è una femmina: è normale che se la faccia sotto!» Runne non si arrabbiò neppure: la preoccupazione superava l’orgoglio.

«Sei un pazzo, Pylon! Non puoi farlo!»

Il ghigno del bambino si tramutò in un ringhio «Non mi pare di averti chiesto il permesso.» Il gruppetto la sorpassò e Runne ebbe solo il tempo di gridare:«Vi prego! Datemi ascolto!» prima che scomparisse nella folla del mercato.

Runne rimase lì imbambolata. Le sfuggì una parolaccia. Girò sui tacchi e corse per le vie. Lo scalpiccio dei sandali risuonava sul suolo. Giunse innanzi a una bottega. Bussò nervosamente alla porta. Non arrivò nessuno. Picchiò più forte, disperata. La porta si aprì di botto e ne emerse un uomo alto e robusto: Gonta, l’armaiolo. Aveva allacciato alla vita in grembiule sporco quanto la sua faccia, e puzzava terribilmente di sudore. La sua stazza corpulenta aveva sempre suscitato soggezione in Runne.

«Che vuoi?» grugnì l’uomo.

«Cerco Kail...» Gonta la squadrò da capo a piedi, poi chiamò:«Kail! C’è qui la mocciosa tua amica!» L’uomo si fece da parte per cedere il posto al figlio. Kail spuntò sull’uscio, anche lui sudato marcio e con un asciugamano poggiato sul collo. Persino in un momento simile Runne riusciva a pensare che era veramente bello.

«Runne! Come mai sei qui? Lo sai che il pomeriggio devo aiutare mio padre...»

Runne si riscosse:«Pylon e gli altri sono andati al castello! Vogliono cacciare i sinhilari!»

«Che cosa???» Kail buttò l’asciugamano su una sedia, quindi si rivolse al padre:«Esco un attimo.» Gonta annuì senza proferire una parola. I due bambini si misero a correre in direzione della collina.

«Grazie!» disse Runne «A me non danno ascolto.»

«Quegli idioti! Ma cosa pensano di fare?» Marciarono tra gli stretti e labirintici vicoli, urtando le persone.

«Ehi! Attenti dove andate, piccole pesti!» I ragazzini non sprecarono tempo in scuse, né tanto meno il fiato che gli serviva per correre. Continuarono a seguire la propria strada senza badare a nessuno.



Daeb volava avanti e indietro per il salone d’ingresso. Gli altri sinhilari si erano ormai dispersi per il castello, ognuno preso dai propri interessi. Si sedette sulla sporgenza di una delle colonne e si mise a riflettere. Si era lasciato prendere la mano e aveva attaccato con ferocia una ragazzina. Dopo tutti quegli anni non aveva ancora imparato: appena si era presentata l’occasione aveva usato uno stupido pretesto per alimentare il suo antico rancore verso gli umani. Sospirò. Fortunatamente gli alberi non avevano obbedito ai loro comandi; ma perché? Perché avevano risparmiato quella ragazzina? D’accordo, per metà era di sangue feliano, ma pur sempre solo a metà. I feliani erano un po’ come i sinhilari: gente del bosco, in stretta relazione con la natura, erano in grado di sfruttare appieno la magia bianca. Tuttavia, se nel cuore di una creatura qualsiasi (della foresta o meno) albergava malvagità, la natura era in grado di sentirlo; e la puniva con fermezza. Lui ne era la prova vivente... scosse la testa e tornò a concentrarsi sui propri dubbi. Perché gli alberi erano stati clementi con lei?

Formulò un’ipotesi, l’unica plausibile, ma la scartò subito: quella bambina non poteva possedere poteri sacri. Sorrise sarcastico. Che ironia della sorte: portava addirittura quel nome. Ciò non cambiava le cose. La stirpe sacra si era estinta per sempre... I suoi pensieri vennero interrotti da un sottile vociare di fanciulli. Volò sino ad affacciarsi a una finestra e li vide: i bambini di quella mattina. Stringevano tra le mani dei sacchetti di stoffa e avanzavano con fare pomposo. Li scorse con lo sguardo: la semifeliana non c’era. Diede immediatamente l’allarme. I compagni accorsero velocemente, da diverse direzioni. Si piazzarono di fronte al portone, che venne aperto dai bambini.

«Cosa volete, uma...?» Daeb non fece in tempo a finire la frase, che Pylon aprì il sacchetto e lanciò una manciata di polvere bianca. I sinhilari, colti di sorpresa, la respirarono. Daeb, invece, corse prontamente lontano.

«Attenti! Non respirate!» urlò ai suoi. Fu tutto inutile: i ragazzini si unirono al loro capo, investendo le creature di veleno. I sinhilari cominciarono a tossire, intossicati e disorientati; alcuni caddero svenuti a terra.

«Lim! Ryuha! Dannazione!» imprecò Daeb. Si concentrò per invocare l’aiuto della natura, ma proprio in quel frangente Pylon lo raggiunse con una ventata di polvere bianca, prendendolo in pieno. Daeb si tenne la gola. Un moto di terrore lo percorse quando si sentì mancare e non riuscì più a volare. Rovinò al suolo, sbucciandosi un gomito. Si sentì afferrare per la giacca di pelle e sollevare dal pavimento. Pylon portò il sinhilare all’altezza della sua faccia.

«Tu...» disse con un ghigno «...sei un esserino fastidioso.» Estrasse il pugnale. Il sorriso di Pylon baluginò nella lucentezza della lama.

«Nooo!» Runne si precipitò verso il bambino, seguita a ruota da Kail. Runne fermò il coltello afferrandolo con le mani, ferendosi le palme. Pylon lasciò la presa sia su di esso sia sul sinhilare, che cozzò a terra con violenza.

«CHE CAVOLO FAI?!» urlò Pylon, fuori di sé. Runne non rispose. Raccolse Daeb con delicatezza e lo posò sulla propria spalla. Daeb riprese a respirare regolarmente, ma un forte capogiro lo costrinse ad aggrapparsi al collo della bambina. Intanto Kail aveva sbattuto contro il muro un paio di amici.

«Piantatela, ragazzi!» ordinò Kail, scuro in volto «Questa è la casa dei sinhilari e noi non abbiamo il diritto di violarla!» I bambini si fermarono, a disagio.

«Cosa??» esclamò Pylon «Loro ci hanno attaccato, umiliato e... IO NON HO ALCUNA INTENZIONE DI LASCIARGLI FARE DI NOI CIÒ CHE VOGLIONO!»

«QUESTA È CASA LORO!» ripeté Kail, urlando anch’egli «NOI SIAMO DEGLI INVASORI E PER QUESTO CI HANNO ATTACCATI!»

«QUESTA NON È LA LORO CASA! CHE SE NE TORNINO NELLA FORESTA DIPINTA!»

«ORA BASTA, IDIOTA! NON È IL CASO DI SCATENARE UNA GUERRA PER UNA RAGAZZATA!»

«ZITTO! NON PUOI DARMI ORDINI!» Pylon scattò verso Kail, pronto a colpirlo, ma Runne fu più veloce: s’intromise fra i due e gli tirò un pugno violento in piena faccia. Pylon si accasciò, svenuto.

«Questo è per Daeb; non provare mai più a fargli del male.» mormorò furibonda. Kail si voltò verso i compagni:«Forza, andiamo. Queral, Zodish; prendete Pylon. E datemi quei dannati sacchetti!»

Due bambini si misero Pylon sulle spalle e lo sorressero, mentre Kail requisiva il veleno. S’incamminarono verso l’uscita. Runne, invece, rimase indietro.

«Non vieni?» le domandò Kail.

Lei scosse la testa. «Tornerò più tardi. Ora li devo aiutare.»

Kail passò lo sguardo sui sinhilari intontiti, poi sospirò:«Va bene. Fa’ come vuoi.» L’orlo dei suoi pantaloni sparì dietro al portone e Runne rimase sola con le creature dei boschi.

Daeb sollevò la testa su di lei, ancora pallido e tremante per gli effetti del veleno:«Intento nobile il tuo, ma come pensi di aiutarci?»

La bambina sorrise. «In qualche modo lo farò. Aspetta un attimo qui.» Runne prese Daeb e lo posò per terra.

«Dove...?» provò a chiederle il sinhilare ma Runne aveva già imboccato l’uscita, facendo ondeggiare i lucenti capelli dorati. La ragazzina esplorò il giardino. Si orientò a fatica nell’erba alta, che le pungeva le gambe nude. Finalmente trovò ciò che cercava: si chinò su un gruppo di fiori viola, coi petali fini e ripiegati più volte su se stessi. Ricordavano una cascata di capelli mossi, la cui faccia era il polline. Alimut, fiori che facevano al caso suo. Ne strappò un bel mucchio, quindi rientrò di corsa al castello. Alcuni sinhilari, a quanto pareva guariti, aiutavano altri a camminare o fluttuare in aria.

«Li stiamo portando ai giacigli.» rispose Daeb allo sguardo interrogativo di Runne.

«Che cosa ci hanno fatto? Perché alcuni stanno bene e altri no?»

«Veleno per topi.» Daeb sbiancò. Runne riprese a parlare:«Pylon voleva solo stordirvi, ma temo che abbia sbagliato i calcoli.»

«Non è vero. Ha cercato di uccidermi.»

«Voleva uccidere te perché sei il capo dei sinhilari.» E poi lui per primo l’aveva quasi uccisa.

«Cosa ne sarà di noi?» chiese Daeb in tono disperato.

«I più robusti guariranno, come te, ma i più deboli si ammaleranno e continueranno a peggiorare.» Daeb trasalì. Runne gli sorrise:«Non ti preoccupare. So come curarli.»

Daeb l’accompagnò nelle cucine. La ragazzina prese una ciotola e vi mise dentro i petali e le radici dei fiori. Dopodiché li pressò finché non ottenne una poltiglia verde. Quindi salirono una ripida scalinata ed entrarono in un’ampia stanza quadrata. I sinhilari vi avevano creato il loro ambiente naturale: piante di ogni tipo, cespugli e fiori crescevano sino a raggiungere l’alto soffitto. Tra una pianta e l’altra, i sinhilari giacevano sdraiati sulle foglie. Runne si avvicinò a uno di loro, prese un po’ di pappa con un cucchiaino (che per il sinhilare era più grande di un piatto) e glielo porse. L’esserino la guardò con riluttanza.

«Mandane giù un po’. Ti farà bene.» lo incoraggiò Runne. Il sinhilare la guardò, se possibile, ancora più male di prima.

«Calion, per favore, fa’ come ti ha detto.» intervenne Daeb «Vedrai che dopo ti sentirai meglio.» Calion mantenne il broncio, ma ubbidì.

Runne distribuì pappetta per tutta la stanza, per precauzione anche a chi si sentiva bene. Quindi anche Daeb ne mandò giù una porzione. Gli esserini si ripresero, poco a poco. Runne emanò un sospiro di sollievo; la mamma non era un'esperta di botanica e per un attimo aveva dubitato dei suoi consigli. “L'Alimut cura tutte le malattie” non le era parsa una massima affidabile.

«Grazie.» disse «Ti siamo debitori.»

«Non c’è bisogno di ringraziarmi, non ho fatto niente. Ho solo messo in pratica quello che mi ha insegnato mia madre. Non ero nemmeno sicura che funzionasse.»

Daeb sorrise. «Hai fatto molto, invece. Sei venuta in nostro soccorso nonostante noi avessimo tentato di ucciderti.» A proposito, quale mistero l’aveva risparmiata?

«Inoltre mi hai salvato la vita.» Daeb si tolse il cappello a cilindro e fece un rapido inchino «Perciò permettimi di sdebitarmi a nome di tutti i sinhilari della Foresta Dipinta. D’ora in poi sarò al tuo completo servizio; cosa comandi, padrona?»

Runne sbatté le palpebre più volte, incredula. Un attimo prima quello stesso sinhilare l’aveva attaccata con un albero impazzito e ora voleva diventare suo servo!

«Non voglio niente da te, Daeb. Mi piacerebbe solo che diventassimo amici.» rispose Runne. Daeb riassunse il solito sorriso strafottente. «Credevo lo fossimo già, padrona.»

«Dico davvero, Daeb, a me basta questo; perciò piantala di chiamarmi “padrona”. Ho un nome, usalo.»

«Sicuro, Runne.» La bambina si rincuorò, ma il sinhilare non si diede per vinto. «Ma non c’è nessun desiderio che possa soddisfare? Nessun sogno o ambizione? Farei qualunque cosa per aiutarti. Non c’è proprio niente?» Runne si rabbuiò, assunse un’aria triste e afflitta, al che Daeb si premette le mani sulla bocca e balbettò mortificato:«Ho detto qualcosa che non andava?»

«No, niente. Scusa. E’ solo che vorrei tanto sapere chi sia mio padre. Mamma non ne parla mai, e se glie lo chiedo scoppia sempre a piangere disperata. Ho capito che non è umano. Nessun umano ha gli occhi rossi.»

«Sì, infatti.»

Runne lo guardò supplichevole «Tu sai cos’è? E cosa sono io?»

«Sì, lo so.»

«E allora dimmelo, ti prego!»

Daeb volò a una finestra. «Ehi! Il sole sta calando! Non dovresti tornare a casa?»

«Non cambiare discorso. Perché non vuoi dirmelo?»

Daeb sospirò. «Non credo di essere la persona più indicata...»

«Per favore. Sei la mia unica speranza.»

Il sinhilare si voltò verso di lei. «Te lo dirò. Ma non adesso. Non qui.»

«E quando?» Daeb la sorvolò e richiamò l’attenzione dei compagni. «Daeb, quando?» insistette Runne.

La voce di Daeb risuonò chiara nella sala «Io, Daeb, lascio la carica di capo. Cedo il mio posto a Liuru, se egli concorda.»

I sinhilari lo fissarono stupiti. Anche Runne rimase sorpresa e tacque. Un sinhilare piuttosto robusto si avvicinò a Daeb, chinò la testa e la risollevò:«Io, Liuru, accetto la carica di capo, promettendo di impegnarmi a salvaguardare la Foresta Dipinta.» Un coro di applausi emerse dagli esserini.

Runne rimase spiazzata. «Daeb...» mormorò.

Daeb abbracciò alcuni amici, poi tornò dalla ragazzina ed esclamò:«Coraggio, andiamo a casa. Io ti seguirò ovunque.»

«Perché l’hai fatto?»

Il sinhilare inarcò un sopracciglio. «Non devo essere granché come capo, se stavo per uccidere una bambina così graziosa.» Runne arrossì. Cercò di ricomporsi guardando altrove.

«Com’è tardi!» disse con enfasi. Salutò in fretta i sinhilari e si precipitò giù per le scale, seguita da Daeb.



Runne spalancò la porta di casa.

«Bentornata!» la accolse Judith «Com’è andata?»

Runne entrò, seguita da Daeb che aggiunse:«Permesso!» Si tolse il cappello. «Buonasera signora.»

Judith sgranò gli occhi. Subito dopo saltellò eccitata:«Ce l’hai fatta! Piaciute le fragole?»

Daeb emise un gemito e fissò la punta delle scarpe, imbarazzato.

«All’albero penso di sì.» rispose ironica Runne.

«Albero???» I tre si sedettero a tavola. Judith prese una scatoletta di legno e un sottobicchiere, che Daeb usò rispettivamente come sedia e piatto. Runne raccontò tutto dall’inizio alla fine, anche se parlò dei sinhilari al plurale quando disse che l’avevano attaccata, omettendo il fatto che era stato proprio Daeb a dare il via. Ad ogni parola il sinhilare sprofondava nel sottobicchiere.

Judith se ne accorse:«Non c’è niente di cui vergognarsi: hai agito secondo il tuo istinto.»

«Potevo ammazzarla.» sussurrò Daeb affranto.

«Credi che l’avrei lasciata andare, se fosse stato pericoloso?» Runne ricordò le parole della madre:“Non possono farti del male. Non a te, almeno.

«Che intendevi dire con “non possono farti del male”?» chiese sospettosa. Daeb si fece attento.

«Ma è naturale.» rispose Judith con un sorrisetto «Perché sei metà e metà.»

Runne la scrutò senza capire, al contrario di Daeb che annuì convinto:«L’avevo immaginato, ma non ci volevo credere.»

«A cosa?» intervenne la bambina.

«E’ proprio così.» confermò Judith «E’ per via del padre.»

«Capisco.»

«Cosa?» ripeté Runne sull’orlo dell’esasperazione.

«Finiamo di cenare.»

«Sì, signora...»

«QUALCUNO MI VUOLE DARE ASCOLTO?!» l’urlo di Runne squarciò l’atmosfera. Si rese conto di essersi alzata e di aver appena rovesciato la sedia.

«CHI È MIO PADRE?! DITEMELO! HO IL DIRITTO DI SAPERLO!»

«Runne, siediti.» le intimò Judith.

«NO! ORA MI DICI LA VERITÀ!» Tremava e sudava freddo. Avvertiva una morsa allo stomaco e le girava la testa. Sto male? Runne cadde a terra.

«Runne!» gridarono all’unisono Judith e Daeb, soccorrendola.

«Oh dei!» disse il sinhilare con una nota di preoccupazione nella voce.

La madre la sorresse. «Runne, calmati! Placa la tua ira! Non lasciare che la collera ti divori!» La collera? Cosa intendeva dire? Avvertì il battito accelerare e il sangue rifluire vischioso nelle vene. I muscoli si contrassero.

«Mamma... cosa mi sta succedendo?»

«Se solo ci fosse qui tuo padre...» lamentò Judith. Runne non capiva. Nonostante non facesse nulla per alimentarla, la rabbia continuava a crescere. Era come se qualcosa dall’interno la divorasse e le lacerasse le carni. L’angoscia era opprimente e un terribile senso di solitudine le fece salire le lacrime agli occhi. Tutte le sue preoccupazioni, i ricordi dolorosi, tutte le sue paure le affollarono la mente con l’impeto di un uragano.

Qualcuno bussò alla porta e fu come se il tempo si fermasse. Poi si udì una voce familiare:«Signora Judith! Sono Kail, l’amico di sua figlia. Volevo sapere come stava...»

La voce del ragazzo rimbombò nella testa di Runne. La rabbia si placò poco a poco, il battito tornò regolare e tutti i brutti pensieri vennero cancellati con la stessa velocità con cui erano comparsi. Runne si afflosciò tra le braccia di Judith. Un attimo dopo rinvenne e biascicò con un filo di voce:«Grazie, sto bene.»

La madre la fece sedere e Daeb ordinò alla pianta da vaso vicino all’uscita di allungare i propri rami e di aprire la porta. Kail entrò a capo chino, i ciuffi biondo-platino spettinati.

«Disturbo?»

«No, affatto.» rispose Judith. Daeb richiuse la porta con lo stesso metodo di prima e il ragazzino lo contemplò stupito. «Ma tu sei il capo dei sinhilari!»

«Non più. Comunque chiamami Daeb. Tu sei... ehm?»

«Kail. Come stanno i tuoi amici?»

«Molto meglio, grazie. Runne ci è stata di grande aiuto.»

«Mi dispiace per il comportamento dei miei compagni. Ti giuro che non c’entro niente.»

«So già tutto, non darti pensiero.»

Kail assunse un’espressione amareggiata, poi posò lo sguardo sul volto pallido e tirato di Runne. «Non stai bene?»

«Non ho niente.» lo rassicurò stancamente. Non più, almeno.

«Perché non ti fermi un po’ da noi?» gli propose Judith.

«No, la ringrazio. Devo tornare subito a casa.» Si salutarono. Con la stessa semplicità con cui era venuto, se ne andò.

Runne rimase a fissare l’uscio vuoto, dopodiché aiutò la madre a lavare i piatti. Finito il lavoro, Judith aveva già un piede sulle scale, quando la bambina la fermò. «Ti prego, mamma. Non evitarmi. Cosa mi è successo prima?»

La madre si voltò lentamente, con occhi tristi «Quello che è successo è avvenuto proprio per l’altra tua metà. Per ciò che è tuo padre.»

«Chi è mio padre?» aggiunse Runne speranzosa.

Judith scosse il capo «Parliamone domani. Ti dirò tutto, promesso.» La donna salì le scale. Runne la seguì e si diresse in camera. Daeb attendeva lì, sdraiato su un po’ di paglia, dentro una scatoletta senza coperchio e riscaldato da un fazzoletto convertito in coperta. Chiuse gli occhi quando la bambina si cambiò e li riaprì solo quando lei si fu coricata.

«Buonanotte.» le disse.

«Buonanotte.» fu la risposta. Dopo qualche minuto di silenzio, Runne mormorò:«Daeb...»

«Che c’è?»

«Chi è mio padre?»

«Buonanotte, Runne.»

«Ti scongiuro! Non ti chiederò nient’altro!» La voce della bambina era quasi implorante, e forse fu per questo che Daeb si decise a rispondere:«E’ un reptile.»




(S)parla con l’autrice

Dia dhaoibh, lettori!

Con questo capitolo Runne ha risolto un problema (la bellicosità dei sinhilari) e ne ha guadagnato un altro: l’identità di suo padre. Ma che diavolo è un rePtile, direte voi? Sono stata abbastanza subdola da rivelarlo solo nel prossimo capitolo xD

Quali sono le vostre opinioni? Come vi pare la storia fino a qui?


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Al prossimo capitolo! Slán libh!


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