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Autore: Critti    06/02/2008    2 recensioni
Il tempo passa. I giorni galoppano come cavalli che corrono lontano, portando con sè l'oblio di una promessa che in un modo o nell'altro deve essere mantenuta. Riusciranno i Cullen a soddisfare la parola data ai Volturi? La loro decisione sarà priva di conseguenze? Lo scoprirete in questa ff, che prende avvio nel momento esatto in cui la Meyer aveva interrotto la narrazione di Eclipse.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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CAPITOLO 2 - MR. DARCY
«Bella,calmati,ti prego!Sono io,amore,sei al sicuro!»
Quella certamente non era la voce di Jane, ma il tocco freddo che percepii sulla guancia mi fece rabbrividire. Lottai contro la stanchezza e le proteste delle mie palpebre,desiderose di rimanere abbassate ancora per un po’,e aprii gli occhi. Fissai Edward con sguardo vuoto e lui probabilmente lesse il terrore nei miei occhi.
Lo abbracciai con sollievo, e durante quegli interminabili momenti mi sforzai di ricompormi. Lui,silenzioso, mi canticchiò la ninnananna che tanto adoravo all’orecchio e aiutò il mio respiro a tornare regolare.
«Non posso credere che tu abbia sognato una creatura più spaventosa di me», ironizzò con enfasi, ma dalla sua voce traspariva quella preoccupazione che cercava in tutti i modi di dissimulare.
«Meno male che ogni tanto ti sbagli anche tu»,borbottai con un sorriso un po’ troppo forzato per risultare credibile.
«Bella,devi stare tranquilla. Vedrai che andrà tutto bene».
Avevo già sentito quella frase troppe volte, per cui,nonostante la sicurezza che colsi nella sua voce, non osai prestarvi fede. Ripensai agli eventi del mese precedente, in cui il mio migliore amico aveva rischiato di perdere la vita e rabbrividii. Ma non potevo, non dovevo pensare a Jacob in quel momento. Ormai avevo fatto la mia scelta. Edward se ne accorse, ma per fortuna non poté comprendere il reale motivo del mio irrigidimento improvviso.
«A volte mi stupisco di quanto Elizabeth sia stata coraggiosa di fronte a quella megera di Lady Catherine».
Ops. Che stupida, mi ero illusa di poter tenere tutto per me il sogno di quella notte. Perché non potevo essere impacciata e timida anche mentre dormivo?
«Ehm…Ho blaterato molto stanotte?».
«Solo un po’, verso la fine. Penso proprio che quando vivremo insieme dovrò trovarti un’alternativa migliore alla continua rilettura di questi libri», disse indicando la pila di classici che si ergeva sul mio comodino e ridacchiando soddisfatto.
Dopo poche ore di quello che non si poteva per nulla definire un sonno riposante, mi sentivo davvero frastornata. Allarmata dall’affermazione di Edward, cercai disperatamente di ricordare che giorno fosse, ma il mio cervello si rifiutava di mettersi in moto. Guardai di sfuggita il calendario appeso alla parete della mia camera e rimasi un po’ delusa. Speravo che tutte le paure che avevo facessero parte del sogno.
13 agosto.
Di lì a poche ore sarei diventata la Signora Cullen. Non riuscivo ancora ad abituarmi all’idea, ma non mi dispiaceva il modo in cui il mio nome si sposava al cognome di Edward.
Tornai a fissarlo con sguardo interrogativo. Avrei voluto dirgli un milione di cose, ma grazie alla consapevolezza di avere a disposizione l’eternità per farlo sussurrai soltanto:
«Può baciare la sposa.»
Edward non se lo fece ripetere due volte e posò con entusiasmo le labbra fredde sulle mie. Ricambiai con trasporto, desiderosa di provare un po’ di sollievo dopo una notte di tormento.
Erano passati tre anni da quando stavamo insieme ed era incredibile come ogni sua carezza, ogni suo tocco, ogni suo bacio...Mi scaldasse il cuore come la prima volta.
Dopo un periodo di tempo che mi parve troppo breve Edward si staccò e mi sussurrò all’orecchio parole che conoscevo fin troppo bene:
«Mi avete stregato anima e corpo e vi amo, vi amo, vi amo. E da ora in poi non voglio più separarmi da voi... ». Fu a quel punto che credetti che il mio cuore stesse per esplodere.
I minuti trascorsi con Edward furono solo una piccola tregua prima della ripresa dell’incubo. Quando, dopo aver sceso le scale, trovai Alice che mi aspettava sulla porta, mi domandai perché mi fossi fatta convincere a non celebrare il mio matrimonio a Las Vegas.
«Ciao Bella!», mi salutò allegra.
«Ciao Alice», ricambiai, ma il mio saluto parve più che altro un lamento funebre.
«Sei pronta?»
No. Non ero pronta a sentirmi strapazzata come una Barbie. Pregavo che Alice avesse almeno mantenuto la promessa di invitare solo gli amici e i parenti più stretti.
Chissà se Jacob sarebbe venuto.
Mi limitai a fissarla con aria scoraggiata, trovando la forza di muovermi solo nel momento in cui Edward mi strinse forte la mano.
  
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