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Autore: p a n d o r a    29/07/2013    3 recensioni
Harry Styles è un fiero ragazzo omosessuale, non molto popolare ma con abbastanza amici quanto basta. Louis Tomlinson è, invece, un ragazzo solo, strano e triste, ma soprattutto nei suoi occhi non c'è niente, è come se fosse morto. Ed è quando Harry nota che in Louis c'è qualcosa che non va, sarà per il suo corpo troppo magro, per la sua espressione sempre triste o altro che decide di volerlo conoscere e, possibilmente, aiutarlo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dead eyes.
- Quinto Capitolo.




Credo che attendesse da tempo questo momento. Come se non avesse desiderato altro per tutta la vita che parlare di quel ragazzo, ma prima di rispondere mi rivolge una richiesta un po’ strana. «Prima di iniziare, devi dirmi cos’è per te Louis.» io arrossisco, ne sono certo, e sento di nuovo lo stomaco contorcersi «P-Perché lo v-vuoi sapere?» Da quando sono diventato un balbuziente?! Lui sospira. «In base alla tua risposta saprò quante informazioni dovrò darti.» Ok, sono sempre più confuso, ma non posso certo dirgli “Beh, sai, ho visto questo ragazzo una settimana e mezzo fa per la prima volta, non l’avevo mai notato prima però mi ha colpito, l’ho soprannominato ‘perfezione’ perché ogni volta che lo vedo il mio amichetto in mezzo ai pantaloni si risveglia, ogni volta che incontro i suoi occhi azzurri, nonostante siano spenti, quasi morti, sento qualcosa che mi divora lo stomaco e inizio ad arrossire e balbettare, anche se effettivamente ho anche paura di lui perché quando l’ho aiutato a sollevarsi da terra nel parco ho notato che pesava meno di una piuma e ho visto dei tagli che partivano dall’avambraccio fino al polso, nonostante questo credo che mi piaccia.” Decisamente non posso dirgli questo. Così decido di mentire «Voglio essere suo amico.» Liam mi guarda leggermente di sottecchi però poi parla. «Se è soltanto questo allora posso dirti molto poco. Sappi solo che Louis non ha una bella situazione familiare, è stato abbandonato dal vero padre quando aveva due anni. - BINGO! Una delle mie domande ha trovato risposta. - Quello attuale è il patrigno. Sta spesso solo e non parla con nessuno. L’ultima volta che lo ha fatto disse che non gli piaceva la sua voce, ma non so quanto questo sia attendibile. - Un’altra risposta. - E ora la sua voce non è sentita più da nessuno.» Ho trovato due risposte, ma non riesco ad accontentarmi, voglio sapere di più. Voglio saziarmi della storia di Louis, voglio saziarmi di lui. Non so perché ma ne ho un bisogno disperato. Liam mi guarda incuriosito. «Perché sei arrossito quando ho parlato di lui?» sorride. «Perché sei così impiccione ultimamente?» ribatto. Lui ridacchia ma poi si fa serio e appoggia una mano sulle mie distese sul tavolo. «Harry, se devi innamorarti, non ti consiglio di farlo di Louis. È meglio se lo lasci perdere, anzi, forse è meglio se lo eviti.» Di nuovo quell’affermazione, anche se sussurrata come un consiglio fraterno è meno fastidiosa, mi fa innervosire. Alzo lo sguardo verso Liam, lo guardo determinato. Non capisco come faccia a leggermi come un libro aperto. «Non ci riesco.» dico. Perché è vero, non riesco ad evitarlo. Non da quando ho visto lui, il suo corpo, i suoi occhi e le sue ferite. Nonostante lui mi eviti e, forse, dopo l’episodio di oggi, non mi parlerà mai più. Nonostante tutto, so che dietro quegli occhi morti c’è qualcuno che ha bisogno d’aiuto. E poi, diciamocelo, non sono stato mai il tipo che segue i consigli della gente. Mi alzo sotto lo sguardo rassegnato di Liam che sa che non getterò la spugna. Sono determinato a diventare, secondo lui, amico di Louis e ci riuscirò. Non importa cosa accadrà. Ma siamo sicuri che voglio essere solo suo ‘amico’? Non importa, ora voglio solo ritrovare quel ragazzo. Esco di nuovo in cortile, non so perché sono duramente convinto che abbia saltato le lezioni. Mi reco nella zona verde di quel cortile che, nel complesso, è più grande di uno stadio da football, e mi guardo un po’ in giro. Ed è lì che lo trovo. Appoggiato con la schiena al muro, un libro tra le mani, il suo abbigliamento strano ma ineguagliabile e gli occhi che percorrono velocemente riga dopo riga il testo. È possibile che in una settimana sono arrivato a notare i più piccoli particolari di un ragazzo che fino a due settimane fa non avevo mai visto? È forse possibile che se non sento i suoi occhi, nonostante spenti, su di me per più di un giorno, sto male? È forse possibile che Liam abbia ragione? Che mi sto … innamorando? Non faccio in tempo a rispondere a tutte queste domande perché lui si accorge della mia presenza e alza lo sguardo posando i suoi diamanti azzurri sul mio corpo, facendomi sentire un piccolo granello di polvere, debole, indifeso. Mi avvicino mentre lui sgrana leggermente gli occhi nel vedermi eseguire quei movimenti, infatti, quando sono abbastanza vicino, si sposta. «Tranquillo, non mordo mica.» dico con un sorriso, forse uno dei più dolci che abbia mai fatto, infatti vedo che si rilassa. Mi siedo accanto a lui e «Che leggi?» chiedo cercando di iniziare una conversazione. Lui torna con lo sguardo sul suo libro, non mi degna di risposta. Sono davvero così ripugnante da snobbarmi in questa maniera? Mi irrito, ma visto che non riesco a rimanere arrabbiato nei suoi confronti a lungo, azzardo semplicemente una domanda. «Perché non mi parli?» lui mi guarda arrossendo, stavolta l’ho visto, ne sono convinto. È arrossito. Prende il suo zaino, lo apre e lo scombussola in cerca di qualcosa. Cosa? Ne tira fuori un pezzo di carta e una penna. Scarabocchia qualcosa e poi me lo passa. “Non sei tu il problema.” Che scrittura sottile, elegante e delicata, proprio come ci si poteva aspettare da un tipo come lui. Ma non riesco comunque a capire quale sia il problema. «E allora qual è?» chiedo leggermente confuso. Lui mi strappa il foglio di mano, scrive qualcos’altro e poi me lo ripassa. “Non mi piace la mia voce, non voglio sentirla.” Mi incanto per qualche minuto, di nuovo, a guardare la sua scrittura così accurata e ordinata. Poi mi concentro sulla frase. Che vuol dire? Anche io non vado matto per la mia voce, ma non per questo faccio il finto muto. «È assurdo! Prima però hai risposto, hai anche detto di sapere già il mio nome.» lo vedo irrigidirsi e arrossire. Chiude il libro, lo ripone nello zaino e fa per alzarsi, come se volesse scappare, ma io glielo impedisco. Questa volta non fuggi, caro mio. «Aspetta!» mi alzo accompagnandomi da questa frase mentre lo blocco per un polso. Lo sento tremare sotto la mia presa e, forse, mi è sembrato di vedere che per un secondo ha chiuso gli occhi, ha forse paura? Paura di … me? Ma di cosa? Paura di essere … maltrattato? Voglio rassicurarlo. Non voglio che abbia paura di me. Non voglio che sia questo il sentimento che provi per me. No. «Voglio soltanto essere tuo amico.» lascio la presa, ma lui non se ne va. La mia affermazione lo ha tipo congelato. Non si muove, non sbatte le palpebre, mi sto chiedendo se almeno respira. Per un attimo ho l’impressione che stia per cadere a terra, ma poi lui abbassa lo sguardo. Sento qualcuno da dietro le mie spalle chiamarlo. «Louis. Che ci fai qui? Andiamo.» Vedo che stringe lo zaino alla spalla e se ne va a testa bassa. Sento qualcosa bagnarmi la mano quando lui mi oltrepassa. Mi giro verso la voce di poco prima e trovo il preside in piedi ad aspettare che il ‘figliastro’ lo raggiunga, dopodiché se ne vanno insieme verso il parcheggio. Mi guardo la mano, un po’ umida. Due gocce. Ci scommetterei la pelle e so che vincerei. Quelle sono lacrime.
Quando torno a casa sbatto la porta un po’ troppo forte e mia madre se ne accorge. Le mie sorelle non ci sono in casa, chissà che fine avranno fatto. Lei mi si avvicina alzandosi dal divano. «Tutto bene, tesoro?» Io butto lo zaino a terra e mi levo il cappotto appendendolo all’attaccapanni, poi mi tuffo tra le sue braccia e la costringo ad andarci a sedere di nuovo sul divano. Lei non parla, sa che, non appena sono pronto, parlerò da solo. Infatti, dopo qualche minuto rimasto ad abbracciarla, «Mamma, esiste un amore sbagliato?» chiedo. Non so che espressione fa perché sono troppo occupato a fissare un punto indefinito della stanza, ma sento la sua stretta intorno a me farsi più forte. «Beh - inizia - No, credo di no. L’amore è sempre una cosa bella, qualunque esso sia. Non credo esista un amore sbagliato. Se una persona ne ama un’altra è perché sa che c’è qualcosa in quella persona di buono, qualcosa che solo tu puoi capire e comprendere. Qualcosa che non si può spiegare a parole. Quindi no, non esiste un amore sbagliato.» Mi accarezza i capelli. «C’è qualcosa che dovrei sapere?» dice poi. Io arrossisco e mi irrigidisco. Lei lo nota e mi costringe a guardarla negli occhi. «Harold?» bene, ha usato il mio nome di battesimo. È determinata a sapere e guardandomi così non fa altro che generare l’aumento del mio rossore. Io mi arrendo, so di non poter tenerle testa. «Beh, c’è un ragazzo.» Mi fa strano dire quella frase, la mia omosessualità è risaputa, ma io l’ho capito quando mi sono ritrovato a sbavare su un modello delle tante riviste di mia sorella. Parlarne così, come un adolescente alla sua prima cotta, non mi era mai capitato. In effetti, non ho mai avuto una cotta. «Si chiama Louis.» continuo. Nel pronunciare quel nome sento che qualcosa all’altezza dello stomaco si muove, come se ci fosse qualcosa che svolazzasse. «Beh, effettivamente non so nemmeno io cosa provo. Semplicemente da quando l’ho visto, cerco di avvicinarmi a lui. I miei amici dicono tutti che è meglio stargli alla larga, ma proprio non ci riesco. Sento come una sensazione che mi spinge a sapere tutto quello che posso su di lui.» Mia madre mi guarda comprensiva e quando finisco, mi accarezza i ricci dicendo «Sarà che hai visto qualcosa in quel ragazzo che gli altri non vedono. Va tutto bene fin quando stai bene, ma non devi cacciarti nei guai, nemmeno per amore.» Amore. Questa parola mi vortica in testa da un po’. Che sia questo l’amore? Che sia il bisogno di sapere sempre cosa una persona stia facendo, programmando o anche solo pensando? Che sia il momento in cui ti accorgi che magari anche la più piccola cosa, come una lacrima caduta sulla tua mano oppure il pantalone leggermente più lungo rispetto a quello che indossava il giorno prima, fa la differenza? È davvero questo ciò che tutti chiamano “amore”? Annuisco a mia madre e mi alzo dal divano dirigendomi verso la mia stanza. Chiudo la porta a chiave e mi butto sul mio letto. I mille pensieri che mi vorticano nella mente mi invadono il cervello non appena la mia testa tocca il cuscino, ma hanno tutti lo stesso soggetto. LOUIS TOMLINSON. Penso a cosa possa aver passato per odiare la sua voce, per avere degli occhi così spenti, per aver iniziato a piangere quando gli ho detto di voler essere suo amico, per stare sempre e ovunque da solo, per avere tutti quei tagli. Deve avere davvero una vita orrenda. Ma allora perché voglio conoscerla? Perché voglio scoprirla? Perché vorrei poterlo abbracciare dicendogli che, qualsiasi cosa gli sia successa, ora ci sono io e che non ha bisogno di preoccuparsi? Perché vorrei poterlo prendere in braccio, appoggiarlo sul mio letto e riempirlo di baci? Afferrarlo sotto le coperte e non lasciarlo più andare? Perché? Non capisco cosa mi passa per la mente. Più lui mi evita, non mi parla, mi fa capire che non devo avvicinarmi a lui, e più io lo cerco, lo guardo, lo desidero. Più lui mi allontana, più io mi innamoro.






angolino autrice:

dunque: SCUSATE. SCUSATE. SCUSATE. so di essere in ritardo e anche molto, ma ho dovuto lavorare e poi c'è stato il gleeffoni, quindi non ho avuto proprio tempo.
nonostante tutto ecco qui il nuovo capitolo. spero di non fare più un ritardo simile. buona lettura e scusate ancora!
a presto :) xx
vì.
  
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