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Autore: Scarlett Carson    29/07/2013    2 recensioni
(In revisione si Wattpad) Ciao a tutti! Ecco a voi una storia tutta mia. Ottavia è un essere umano con una famiglia ed era felice, finché un brutto giorno, non le accade qualcosa che cambierà tutta la sua vita e la sconvolgerà in un modo che nemmeno lei avrebbe mai immaginato.
spero vi piaccia ;)
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga: La Ragazza Immortale'
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Capitolo 18. Il tempo passa

 

Passarono quasi sei mesi da allora. Io stavo diventando sempre più forte e, ormai, riuscivo a mettere al tappeto anche il principe. Ero più sicura di me. Adesso sapevo quanto ero diventata forte, grazie ai suoi insegnamenti.

I miei capelli, sempre rigorosamente raccolti, erano della lunghezza che tanto aspiravo; erano arrivati oltre al sedere ed io ero contenta. Erano diventati come quelli di mamma.

Yami mi aveva anche iniziata all'arte delle armi: spada, lancia, arco, bastoni e tutto quello che si poteva utilizzare come tale.

Ci allenavano ogni mattina e, ormai, mi scontravo anche con le sue guardie, battendoli fantasticamente. Anche loro non mi guardavano più come la povera disperata che tentava, invano, di battere il principe. Ormai mi sapevo difendere da sola. E tutti lo sapevano. Col tempo, conobbi anche scrivani, architetti che lavoravano con il principe ed il Faraone.

Suo padre, cinque mesi fa, gli diede il permesso di iniziare la costruzione della Valle dei Re, e la prima cosa su cui stavano lavorando, era la futura dimora di Yami, dove la sua anima avrebbe riposato in pace dopo la morte, e avrebbe lasciato le sue spoglie mortali.

I pomeriggi li passavamo alla cava, dove stavano costruendo la sua tomba e statue varie per rendere la Valle dei Re degna di questo nome.

Essendo cominciati da poco i lavori, si potevano vedere solo come avevano scavato nella roccia e nelle dune di sabbia a fianco, per dare la forma che desideravano.

Yami e l'architetto, avevano discusso molto sull'aspetto finale della vallata, e l'architettò insisté per mettere anche un tempio per la preghiera contornato dalle statue dei vari Dei.

Yami, all'inizio dubbioso, si scoprì poi d'accordo con lui. La pianta del posto sarebbe sembrata come un prolungamento del regno. Con un lungo viottolo che la percorreva tutta.

Al fondo di essa, ci sarebbe stata la futura tomba di Yami, nascosta dalle dune di sabbia, affinché i cacciatori di tesori, non l'avrebbero mai trovata.

Era anche molto vicina al fiume Nilo; ciò gli dava un aspetto ancora più sacro di quanto già non lo fosse, per la presenza di una montagna con l'aspetto molto simile a quello della piramide di suo padre. Venne chiamata Meret-Seger, ovvero Colei che ama il silenzio.

L'intera costruzione era interamente dedicata alle tombe dei Faraoni futuri, Yami incluso. Quindi il progetto sarebbe durato per molto, molto, molto tempo.

Le varie tombe poi sarebbero state abbellite dagli scrivani, con testi sacri dipinti sui muri, come nel palazzo.

I viottolo, in superficie, conduceva a varie cripte sotterranee che sarebbero risultate poi, le varie tombe. E, tra una e l'altra, ci sarebbero state statue, e anche un tempio, in superficie.

Yami non sapeva quanto sarebbe stato grande quel posto, ma sapeva che, con gli anni, si sarebbe espanso sempre di più. Per il momento, dopo aver fatto la struttura di base, si sarebbero dedicati, la maggior parte degli schiavi, alla costruzione della tomba di Yami.

Lui, fino a che non sarebbe stata terminata per la maggior parte, non la voleva vedere.

Quella di suo padre, invece, fu terminata un paio di mesi fa, e aveva anche fatto la sua visita all'interno e come sarebbe stato il suo sarcofago interamente fatto d'oro con gemme preziose incastonate.

Anche io, Yami e Nefer l'avevamo vista, ed era favolosa, la degna dimora di un re.

Da qualche tempo, non si sentiva bene, il Faraone, e tutti credevano che fosse alla fine del viaggio, per questo si erano dati tanto da fare per finirla, ma sia Nefer che Yami, avevano assicurato che avrebbe vissuto per molto ancora.

Lo amavano troppo per lasciarlo andare, e io lo capivo bene.

Non avevo ancora confessato il mio piccolo segreto a Yami e, onestamente, non lo volevo proprio fare.

Non me la sarei mai sentita di confessarglielo, soprattutto quello che poi avevo in mente di fare. Non credo che sarebbe stato d'accordo nel sapere come avrei potuto sfruttare i suoi insegnamenti.

Nefer era l'unica con cui mi confidassi davvero, ma non le avevo certo detto del mio piano di vendetta. Mi avrebbe certamente convinta a lasciar perdere la questione, ma non avrei mai potuto onestamente.

Non era il tipo di persona da desiderare una cosa simile, quindi quella parte gliela risparmiai, tenendola per me.

Isis, invece, nessuno la vide più. Non si sapeva dove fosse sparita. Nefer aveva chiesto anche ai suoi genitori ma, a quanto pareva, nemmeno loro la vedevano più da mesi ed erano molto preoccupati.

In effetti, la cosa era molto strana, da quel giorno, non l'avevo mai più vista. Yami nemmeno si spiegava questa stranezza. Aveva chiesto ad un piccolo gruppo di guardie di cercarla oltre i cancelli del regno, ma dopo giorni di ricerche, tornarono a casa a mani vuote. Non avevano nemmeno trovato nulla che potesse essere riconducibile a lei. Quindi, a malincuore, Yami interruppe le ricerche, chiedendo perdono alla famiglia di Isis.

Mi chiesi dove potesse essere andata, pregando che non le fosse successo nulla di grave e che stesse bene, ovunque lei fosse.

Ogni tanto, sognavo che tornava e che si sposava con Yami e la cosa mi rattristiva parecchio, perchè sapevo che, se sarebbe tornata, sarebbe successo esattamente questo. Sapevo che lei era completamente innamorata di lui, come lo ero anche io.

Ma sapevo che, lui avrebbe scelto lei, non sapevo spiegarmi il perchè. Mi aveva assicurato diverse volte, che tra di loro, non c'era è più nulla, ma nella sua voce c'era sempre qualcosa che contraddiceva quell'affermazione.

Ma, ogni volta, cercavo di zittire quella vocina dentro me che diceva: non credere che l'abbia dimenticata così, è ovvio che prova ancora qualcosa per Isis.

Intanto, la nostra relazione segreta, era rimasta tale, mi stupì anche del fatto, che fosse continuato tutto.

Infatti, quella prima volta, in quell'oasi, non fu la prima: ci recammo altre volte lì, sempre di notte. Altre volte, eravamo rimasti nella sua camera.

Mi sembrava incredibile che, ancora nessuno, lo fosse venuto a sapere.

A volte, mi sembrava, dimostrassi i miei sentimenti troppo palesemente mentre Yami, a volte, sembrava non importargli: a volte mi teneva la mano in pubblico, a volte, invece, mi ignorava, dipendeva con chi fosse. Non capivo mai cosa gli passasse per la testa; ma, d'altronde, non lo avevo mai capito quindi, pensai fosse normale.

Ma, sapevo, quando eravamo soli, era molto passionale, se così si poteva dire: i suoi baci erano sempre più avidi, e lui, via via, si faceva sempre più possessivo.

Non erano mancate le scenate di gelosia: quantiche volta, capitava parlassi con altre persone, che avevo conosciuto grazie a lui, ma lui mi portava via quando vedeva che, secondo, lui, si avvicinavano troppo, cosa che io non capivo.

Da soli, poi, mi rimproverava di aver troppo avvicinato un uomo e che gli avessi lasciato intendere chissà cosa, e quando si arrabbiava, in genere, sfogava la rabbia in palestra contro la sottoscritta. Infatti, erano quelle le volte, in cui, ancora perdevo miseramente e in pochissimo tempo.

Per quanto riguardava Alastor, la nuova conoscenza di pochi mesi prima, non lo avevo più incontrato per la faccenda della predizione. Era sempre molto, troppo, impegnato a predire quanto ancora, il Faraone, avrebbe vissuto.

Dicevano che, ultimamente, era spesso rinchiuso nei suoi alloggi, che si trovavano nei sotterranei del palazzo, un piano sopra rispetto alle prigioni, dove venivano messi, criminali come disertori o traditori del regno o, nel peggiore dei casi, veri e propri nemici.

Era ancora un personaggio che, per me, rimaneva avvolto nel mistero. Non ero mai riuscita a cercarlo per chiedergli della predizione, che mi aveva promesso tempo addietro, anche perchè ero sempre, in qualche modo, incatenata a Yami.

Non c'erano stati più avvenimenti strani o pericolosi che mi riguardavano. Nessun attacco a sorpresa. Mi aveva risollevata, ma Yami era sempre in posizione di difesa, ovunque andassimo.

Ormai, dopo tutto il tempo che era trascorso dall'ultima volta, pensai che il pericolo fosse ormai un ricordo.

 

Quella mattina eravamo entrambi presi bene, tant'è che, agli allenamenti, combattemmo spalla a spalla contro i suoi soldati. Fu così emozionante! Col tempo, iniziai a prediligere l'arte del combattimento, come mai avevo creduto prima.

Insomma, come siete potuti peggiorare così?” disse Yami, con il suo solito tono ironico e spavaldo, ai suoi soldati che giacevano tutti stesi a terra.

Hai visto, non potevi che migliorare con un maestro come me!” mi disse Yami.

Oh certo, quindi sarebbe tutto merito tuo?” dissi, cercando di reggergli il gioco, ma sapevo come sarebbe finita.

Ovviamente, cosa pensavi fosse? La tua bravura è tutto merito mio.”

E solo mio non può essere?”

Bé se lo vuoi credere, libera di farlo!”

Ah, è sempre così principe” disse una guardia, che si era ripresa da poco, “avanti, Ottavia, fagli vedere chi sei. Anche per noi!” ecco, lo sapevo, finiva sempre così. Era tutto un gioco per tutti. Alla fine, cedevo sempre alla loro richiesta d'aiuto e lo sconfiggevo più per loro che per me.

D'accordo, lo faccio per voi!” dissi, continuando il nostro gioco.

Bene, quindi io sarei il cattivo. D'accordo, attaccami pure, tanto vincerò io!” quando diceva così, ormai, perdeva sempre, suscitando in me, soddisfazione.

Mi attaccò lui per primo, io lo evitai, semplicemente, abbassandomi. In quei sei mesi, avevo imparato a muovermi in modo fluido ed elegante, quasi come lui; ogni movimento era sempre eseguito con la massima attenzione, per non fare troppo male, ma mettendoci comunque, la giusta dose di forza.

Dalla mia attuale posizione, potevo, con una torsione della gamba, sferrargli un calcio, senza abbandonare del tutto la mia posizione. Lo feci: ma lui lo parò, quindi usai anche l'altra gamba, sfruttando il suo abbandono momentaneo, della posa di difesa. Stavolta lo colpì in pieno.

Mi rialzai ma lui era già partito all'attacco, con pugni a palmo aperto; in effetti, erano più schiaffi. Alcuni li parai, altri mi colpirono sulla spalla, sullo stomaco e sui fianchi.

Mi allontanai da lui per riprendere la posizione di combattimento, stavolta tenendo la gamba destra sollevata e piegata su stessa, tenendo il piede di fronte alla gamba sinistra e le braccia incrociate davanti al mio petto, per permettermi di stare in equilibrio.

Così, quando lui partì all'attacco, io ero già pronta per sferrargli due calci fila, con la gamba che tenevo piegata e ritornare alla normale posizione di attacco.

Lui, per terra, accasciato davanti a me, con la gamba, mi tirò un calcio dal basso e mi colpì allontanandomi.

Non abbi tempo di rialzarmi, che era già davanti a me, pronto e mi sferrò un'altra serie di colpi che, a stento evitai.

Stavolta, ero davvero nera di rabbia, e quindi lo ripagai con la stessa serie di attacchi che aveva usato contro di me, pochi istanti prima.

Prima che lo potessi riattaccare, lui era già in piedi e correva verso di me, con la gamba mi intrappolò il busto, la piegò di modo che la sua gamba mi stritolasse e poi, mi lasciò andare come una palla calciata via.

Mi lanciai addosso a lui, saltai e incrociai le mie gambe attorno alla sua gola, senza stringere troppo, mi inclinai all'indietro, facendoci cadere.

Io atterrai sui palmi delle mani, lui atterrò di schiena.

Mi alzai, ma subito mi ritrovai di nuovo a terra: mi aveva fatto lo sgambetto.

Mi fece alzare e poi mi riempì di ginocchiate sull'addome.

Caddi non troppo lontano da lui, il che mi permise, di attaccarlo, bloccandolo, gli sferrai una ginocchiata dietro la schiena, facendolo contorcere all'indietro per il dolore; approfittando di ciò, tenendolo sollevato con la gambe con cui lo avevo colpito, gli diedi una gomitata sull'addome e poi lo scaraventai via aiutandomi sia con la gamba sotto di lui, sia con il braccio.

Arrivai, di corsa, dove era lui steso per terra e gli misi un piede davanti al viso, come per dire: “Ti arrendi?” lui capì e si alzò con le mani alzate in segno di resa.

Va bene, per questa volta, finisce così!” disse, ammettendo la sconfitta.

I soldati esultarono per la mia vittoria. Me la sudavo ancora, cosa che Yami faceva di rado, ma il mio era stato un grande passo avanti.

Si rimise il mantello ed uscimmo dalla palestra, salutando tutti.

I soldati, ormai, mi adoravano. Ero diventata l'allieva di tutti. Yami faceva il grande maestro e noi gli allievi. Io ero la principiante che lo stava per superare.

In tutta la loro carriera non avevano mai visto nessuno stenderlo così, quindi pensai, di essermi guadagnata il loro rispetto.

La prima volta che ero riuscita a batterlo, era stato circa quattro mesi prima, dopo una strigliata che mi aveva fatta innervosire: mi accusava che attorno a me, per colpa mia naturalmente, ronzavano troppi uomini. Io gli avevo detto che non era così ma lui non volle sentire ragioni, e, agli allenamenti, fu molto cattivo. Ma, non so con quale forza, lo battei, dimostrando che la colpa non era mia, e che non era vero che tutti quegli uomini, come credeva lui, mi facessero la corte.

Da allora, mi allenò sempre più intensamente. Mi diceva che, per una come me, la miglior tecnica era usare le gambe e rimanere sempre bassa, così l'avversario avrebbe trovato difficile colpirmi e per me sarebbe stato più facile contrattaccare.

Ero molto soddisfatta di tutti i progressi fatti e che, gli sforzi di Yami, erano stati ripagati.

Andammo verso la sala da pranzo quando, vedemmo Nefer appoggiata ad una colonna e, con una mano, coprirsi il viso.

Corremmo verso di lei, pensando che si stava sentendo male.

Madre, che succede? Come mai siete così abbattuta?” chiese Yami.

Oh, figlio mio. Mi dispiace.” disse, tra le lacrime. Era la prima volta che la vedevo così disperata.

Non capisco, che succede?”

Tuo padre, il Faraone, è mancato poco fa, sul suo trono”.

No, non poteva essere vero.

In quel momento, negli occhi di Yami, vidi sentimenti che non avevo mai visto prima: la disperazione e il dolore. 


Eccomi qui! Buon inizio settimana a tutti :) 
Dopo avervi lasciato trascorrere il fine settimana, torno a tormentarvi con la mia storia ;) 
Allora, che ne dite di questo capitolo di transizione? e del finale che mi dite? siete rimasti sorpresi? o lo sospettavate una cosa simile?
E adesso? che succederà? il prossimo capitolo si intitolerà:
La Misteriosa Morte del Faraone! ;) 
Grazie, intanto, a chi mi segue a chi commenta e a chi legge solo! e anche a chi, di recente, mi ha aggiunto tra gli autori preferiti! ;) Thank You so Much!!! ;) ;) 
Spero di pubblicare un altro capitolo prima della fine della settimana ;) ci sto già lavorando ;) 
Alla prossima
Kiss Kiss
Shana

  
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