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Autore: dreamey    30/07/2013    3 recensioni
una raccolta di quattro storie, per raccontare il primo incontro di Callie e Arizona immaginato nelle quattro stagioni. Ogni stagione, racchiude il loro amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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L’autunno porta con sé il ricordo di una stagione generosa; colori, sensazioni, profumi.
  Tutto parla della bellezza della terra, della meraviglia della natura.
Tutto nella mia vita parla di te.

L'autunno, è sempre stata la mia stagione preferita sin da ragazza. Una stagione in cui tutto si riempie di colori;ed è arrivato quel colore, anche nella mia vita, rosso come il tuo amore, il nostro amore.
Ti ho incontrata in autunno, un autunno che tu mi hai fatto scoprire, vivere, assaggiare.
 
-Ancora non riesco a crederci davvero. Tu domani ti sposi, Teddy!
Era arrivato quel giorno. Lo avevamo immaginato così tante volte da piccole. Era la mia migliore amica e mi conosceva meglio di chiunque altro.
Avevamo condiviso così tanto, i nostri giochi, la scuola, l'università, le prime cotte.
- Nemmeno io, Arizona-aveva un viso smagliante. -Troverai pure tu quella giusta, quando non te lo aspetti- me lo disse con quella convinzione che mi fece sorridere.
E avvenne davvero, proprio quando non mi aspettavo niente.
Era il giorno più bello della vita della mia migliore amica in fondo, ma fu anche il mio.
L'ho vista, ho posato i miei occhi su di lei e non sono più riuscita a staccarli.
Era semplicemente lei.
Ma lei sembrava non vedermi. Parlava con i suoi amici, scherzava, ballava, era meravigliosa in tutto quello che faceva. Soprattutto quando ballava. E non aveva fatto altro che ballare quel giorno, al matrimonio di suo fratello. E io non avevo fatto altro che guardarla, quasi tutto il tempo.
La guardavo e mi perdevo nella sua bellezza. Nei suoi occhi, così grandi e neri, nei suoi capelli che ricadevano perfettamente sulle sue spalle, nella sua espressione così intensa.
Ma lei non mi degnava nemmeno di uno sguardo, era persa nel guardarsi intorno, io mi perdevo nel guardare lei.
 
Era la sorella di Henry, l'uomo che aveva fatto perdere la testa alla mia migliore amica.
Stavano insieme da un anno, ma io non l'avevo mai vista, non ci eravamo mai incontrate prima di quel giorno.
Era nei Marines, era sempre in missione. Ma aveva preso un mese di congedo. O almeno, era quello che mi aveva detto. Ed era ritornata a San Francisco.
Era stato un giorno davvero meraviglioso, Teddy era radiosa, suo fratello la rendeva davvero felice, e il loro amore si respirava nell'aria.
Io non facevo altro che respirare il suo profumo, quando per caso capitava vicino a me.
Capitammo di nuovo vicine, al centro della pista, gli sposi erano nel cerchio che si era creato intorno a loro, e fu in quel momento che mi prese per mano per completare il cerchio.
La mia mano era nella sua, il primo contatto tra me e lei. Il mio cuore accelerò i battiti, lei sembrava tranquilla. Rideva e si muoveva, e mi trascinava con lei.
Ballammo ancora, al centro della pista solo noi quattro. Lei con suo fratello, io con Teddy.
La musica continuava, cambiava e la pista cominciò a riempirsi, rifiutai più di un invito e sgaiottolai fuori in cerca di un pò di solitudine.
Era ormai calata la sera, ma i festeggiamenti non accennavano ancora a finire.
Mi diressi nel viale tra il prato che portava sul bordo della grande piscina poco distante dai gazebo.
Sentivo ancora la musica che proveniva dalla pista.
La lasciai lì a ballare con i suoi corteggiatori.
Aveva ballato con quasi tutti gli amici degli sposi. Avevano fatto a gara per riuscire a conquistarsi almeno un ballo con lei.
Sembrava una dea con indosso quel suo vestito, e lo era ancora di più quando ballava.
 
-Ti va di ballare?la sua voce mi fece girare di scatto.
Per la prima volta in tutto il giorno, mi stava guardando, mi aveva parlato e soprattutto aveva pronunciato quella frase che non mi sarei mai aspettata. Avevo senz'altro capito male. Colpa di qualche bicchiere di troppo forse, non che avessi bevuto molto, non mi è mai piaciuto bere. Ma in quel momento l'unica sensazione che provavo era molto simile all'ebbrezza.
-Cosa? Balbettai, sicura di aver certamente capito male.
-Vuoi ballare con me?Questa volta avevo capito bene, quando me lo disse era ad un palmo da me.
Era così vicina, che potevo perdermi nei suoi occhi così intensi.
-Non so ballare-commentai sentendomi davvero molto stupida. Ma la sua vicinanza mi faceva letteralmente perdere il controllo.
- Non importa-mi rispose avvicinandosi sempre più e passando le sue braccia dietro la mia schiena. -segui me, ti guido io. Siamo sole non può vederci nessuno-
Non ebbi il tempo di commentare ero già tra le sue braccia.
Lontano da tutti, immerse nel riflesso della luna, sul prato stavamo facendo il nostro primo ballo.
E non sapevo ancora il suo nome. Lei non sapeva il mio.
Eppure, per tutto il giorno avevo creduto di essere trasparente per lei.
-Questa è per te- me lo sussurrò all'orecchio portandomi ancora più vicina al suo corpo.
Da lontano, la canzone che giunse fino a noi era per me.
Cominciò a sussurrarmi all'orecchio alcune parole della canzone. A cantarle, con la sua voce meravigliosa. La sua voce era così intensa, così dolce che mi sembrava di non aver mai sentito niente di più sensuale.
Chiusi gli occhi e respirai quel momento.
Era così assurdo, eppure il momento più emozionante che avessi mai vissuto prima di allora.
Ero letteralmente abbracciata ad una sconosciuta, ballavo con una sconosciuta, io che odiavo ballare.
Non ci conoscevamo, eppure non ero mai stata così vicina in quel modo con nessuno.
E non si trattava certamente della vicinanza fisica. Quel momento, appese l'una all'altra, a respirarci a vicenda, era di quanto più intenso e vero avessi mai vissuto in tutta la mia vita.
- Quando sorridi, tutto il mondo si ferma e guarda per un pò-me la cantava all'orecchio avvicinandosi sempre di più.
Non mi conosceva, non sapeva ancora il mio nome, non ero mai riuscita ad incrociare il suo sguardo col mio durante la festa, e ora la sua bocca era incollata al mio orecchio e mi stava dedicando una canzone.
-perchè tu sei fantastica proprio come sei- si era allontanata di un passo e mi stava guardando fisso negli occhi, senza minimamente mollare la sua presa su di me.
E io mi facevo stringere.
Finì la canzone, finì di cantare ma io non la lasciai allontanare.
Presi il suo viso tra le mani e la baciai. E ricambiò. E non ci conoscevamo, non ci eravamo mai viste, non ci eravamo ancora presentate.
Finì la canzone, finimmo di ballare, ci staccammo di qualche passo.
Fu lei a parlare per prima.
-Ehi-disse semplicemente sorridendomi.
-Ehi-le risposi io guardandola e socchiudendo entrambi gli occhi.
Pensavo davvero di essere ubriaca a quel punto. Di essermi immaginata tutto.
Persino che lei non fosse realmente lì davanti a me che mi guardava quasi divertita.
Rimasi a guardarla anch'io. Era la donna più bella della festa, la donna più affascinante, la donna più bella che avessi mai visto in tutta la mia vita.
-Giusto per chiarire le cose,- fu di nuovo lei a rompere quel silenzio. -voglio che tu sappia che di solito non vado in giro ad invitare a ballare delle sconosciute- Rideva ed era meravigliosa.
-Giusto per chiarire le cose- continuai io usando le sue stesse parole- voglio che tu sappia che nemmeno io sono il tipo di persona che bacia delle sconosciute-
-Però entrambe questa sera lo abbiamo fatto-rispose avvicinandosi a me sul bordo della piscina.
-Sarà sicuramente colpa dell'alcool- risposi io girandomi a guardarla, e mi ritrovai a fissare il suo profilo.
Realizzai che non ero ubriaca invece. E non lo era nemmeno lei, rise e continuò a parlare.
-Non bevo alcolici- mi disse. - Semplicemente non sono riuscita a resistere alla tentazione-
La guardai, non tanto sicura di seguirla.
Lo lesse sul mio viso. Sospirò e continuò di nuovo.
-Non ho fatto altro che desiderare di ballare con te oggi, da appena ti ho vista. Ma tu non eri quasi mai in pista, eri sempre da qualche parte in piedi a parlare, o seduta a fissarmi-
Pronunciò l'ultima frase non riuscendo a trattenere un sorriso. Sicuramente aveva colto la mia espressione imbarazzata.
Non mi diede il tempo di trovare una giustificazione.
- E ogni volta che cercavo di uscire dalla pista, c'era sempre qualcuno che mi faceva rimanere a ballare. Ho aspettato che prima o poi avresti trovato il coraggio di venire a chiedermi di ballare. Ma quel qualcuno che invece lo faceva, non eri mai tu. E non mi importava niente di ballare con loro, l'unica con la quale volevo ballare-  spezzò il suo discorso avvicinandosi di più e prendendomi per i fianchi mi fece girare verso di lei- beh, eri tu.-
Rimasi impalata ad ascoltare. Poi mi decisi a parlare.
-Non è vero che ti ho fissata sempre- cercai di giustificarmi. Tra tutte le frasi che potevo scegliere di dire in quel momento, nel quale la donna più affascinante e bella che avessi mai visto nella mia vita, aveva tranquillamente espresso che non aveva fatto altro che desiderare tutto il giorno di ballare con me, io pronunciai proprio quella più stupida.
-Tutto il tempo- mi rimbeccò invece lei, non riuscendo a togliersi quel sorriso dalle labbra.
E io non riuscivo a ritrovare il controllo ogni volta che sorrideva.
Non ero mai stata insicura, timida o impacciata, ma con lei di fronte, riuscivo ad essere solo tutto quello.
-Non è vero- continuai io, dovevo riuscire a spuntarla in qualche modo. -Altrimenti avrei notato che anche tu mi fissavi. Invece non ho mai incrociato il tuo sguardo.
Mi guardava divertita. -Chi ti dice che io ti abbia fissata?
- Ti sei accorta che io ti fissavo tutto il tempo, quindi per forza mi hai fissata anche tu. E dato che non ti ho mai beccata che mi guardavi, non ti ho fissata tutto il tempo.
- Sei un avvocato?mi rispose solo, ridendo del mio ragionamento. -Sei brava.- disse ancora ridendo.-ok, diciamo che sono molto brava a non far accorgere le persone di quello che faccio- completò la sua frase con un  tono che non era più molto divertito ma che non riuscii a decifrare in quel momento.
-E per la cronaca, non sono proprio un avvocato. Sono un pubblico magistrato.-  Le risposi, notando che la sua espressione era leggermente cambiata. Ma non feci caso più di tanto.
 E questo lei lo sapeva eccome. Dato che il suo "congedo" a San Francisco riguardava proprio il mio lavoro. Riguardava me.
-E per la cronaca- riprese a parlare con la sua espressione divertita -non è vero che non sai ballare, non sei brava quanto me- si stava avvicinando sempre di più -ma baci da dio-
E si era avvicinata talmente tanto, che questa volta fu lei a baciarmi. Poi ci staccammo.
- Non ti aspetterai ora che io ti dedichi una canzone, dato che questa volta mi hai baciata tu-  stavo ritrovando il mio controllo. Anche se il suo bacio mi aveva lasciata completamente senza fiato.
-Oh, no. Ti ho sentita al karaoke, e credimi, dopo la tua esibizione non te lo chiederei mai.-
Rise. Era così sicura di sè, e nello stesso tempo così dolce.
-Ma se vuoi, posso ricantarti la canzone. E' perfetta per te- intanto ci eravamo sedute sul bordo della piscina.
Mi guardò, come se avesse immaginato che doveva convincermi di quello che mi aveva appena detto.
-I tuoi occhi fanno sembrare che le stelle non brillino-  Aveva davvero cominciato a cantarmi la canzone.
Le sorrisi, per la prima volta, ero riuscita a rilassarmi.
Cantava, quasi sussurrando le parole e mi accarezzava con i suoi occhi così profondi.
Non le lasciai finire la canzone, la baciai di nuovo.
Non mi era mai successo. Non mi era mai successo di baciare una sconosciuta. Non mi era mai successo che qualcuno mi avesse dedicato una canzone.
Scattò in piedi. stava andando via.
-Ci vediamo, Arizona- mi disse prima di voltarmi le spalle.
Rimasi spiazzata. Conosceva il mio nome. Ma io non conoscevo ancora il suo. Scattai in piedi anch'io e mi misi a correre per raggiungerla.
-Ehi, dimmi almeno il tuo nome- le sopraggiunsi da dietro e la fermai prendendole il braccio.
Si girò e mi sorrise.
-Callie- mi rispose, alzando leggermente le spalle. -Puoi chiamarmi così-
Si girò di nuovo, camminando in direzione dei gazebo.
Mi lasciò lì impalata a fissarla andare via.
Finì la festa, tutti andarono via, ed era sparita anche lei.
Almeno sapevo il suo nome. Almeno sapevo che mi aveva vista. Anche lei. Almeno sapevo che le piacevo.
Perchè lei mi piaceva. Mi piaceva tutto di lei, la sua bellezza rara, il suo carattere deciso, la sua voce, il modo in cui ballava.
Io, Arizona Robbins, giudice penale di fama, il più in gamba di tutta San Francisco, anzi, della California,  io, che non perdevo mai il controllo di niente, avevo perso la testa per quella donna.
La pensavo in continuazione; quando non riuscivo a dormire, mi veniva in mente lei; quando ero sommersa dalle mie carte, dal lavoro, mi veniva in mente lei;
Non riuscivo a fare più niente come prima, ovunque nella mia testa, ovunque in tutto ciò che facevo, c'era sempre lei.
E nonostante tutti i miei sforzi per cercarla, per incontrarla per caso, l'unica cosa che ero riuscita a sapere di lei, era il suo nome per intero. Era bella come una dea, e il suo nome era quello di una dea.
Non mi fu facile trovare il suo nome dal diminutivo che mi aveva dato, ma ci riuscii. Riuscivo sempre in quello che volevo.
E si trattava di lei, dovevo riuscirci per forza con lei.
Imparai la storia del suo nome, era un nome meraviglioso,meraviglioso il suo significato: dalla bella voce, calzava a pennello per lei. Era il nome di una musa, ed era l'unico nome adatto a lei.
Ma non riuscivo ancora ad incontrarla. San Francisco era davvero diventata così grande?
Ma avevo comunque il mio lavoro da portare avanti. E quello, era uno dei periodi più impegnativi.
Ero un giudice penale, mi occupavo nel decidere se mandare dentro o meno le persone, e il caso che avevo tra le mani in quel periodo, era uno dei più delicati.
Mi diressi al bar vicino al tribunale, prima di entrare nell'edificio e cominciare la mia giornata lavorativa.
E la trovai lì, al bancone che beveva un cappuccino.
-Calliope- le sopraggiunsi da dietro sfoderando uno dei miei sorrisi.
-Arizona- mi salutò lei indicandomi il posto accanto al suo. -Vedo che hai scoperto il mio vero nome- mi disse abbozzando un sorriso.
-Non mi sono mai piaciuti i diminutivi- le risposi semplicemente io, aggiungendo -E non chiedermi di non chiamarti così, perchè non lo farò, Calliope- mi sorrise con una strana luce negli occhi, e glieli vidi socchiudere quando pronunciai il suo nome.
Non mi chiese mai di farlo, e presto notai che avevo solo io quel privilegio.
Le chiesi come mai era da quelle parti, mi rispose che semplicemente era in giro.
Finimmo di fare colazione, poi io mi incamminai verso il tribunale. Lei restò nei paraggi per tutto il tempo.
E non perchè lì c'era qualcosa da vedere, negozi da girare, o altro. Stava lavorando anche lei.
Riuscì a nascondermelo per quasi un mese. A nascondermi che era un'agente dell' FBI. A nascondermi che lei, era la mia scorta.
Non era a San Francisco per un congedo. Non era nel corpo dei marines come io credevo, e come tutti dicevano, ma era a San Francisco per me, per proteggere me, per proteggermi dal mio lavoro che tanto amavo.
Ero un giudice penale, mandavo dentro dei delinquenti, e questo metteva senz'altro in pericolo la mia vita. Ma non mi importava, il mio lavoro mi appassionava, la giustizia era fondamentale per me. Punire chi sbaglia. Chi commette reati orribili.
Avevo tra le mani un caso delicato, pochi giorni prima avevo sbattuto dentro uno dei criminali più temuti. E ora lei doveva proteggermi. E aveva rischiato la sua vita a causa mia, ogni santo giorno che aveva passato con me.
Aveva rischiato ogni momento.
Ma scoprii tutto questo dopo quasi un mese.
Il mese più bello della mia vita, un tempo, che mi permise di innamorarmi di lei.
 
Mi ero innamorata di lei, l'amavo come non avevo mai amato nessuno in tutta la mia vita.
Ogni giorno mi prendeva sempre di più, ogni giorno la sentivo sempre di più dentro di me. Mi era entrata dentro, mi scorreva nelle vene.
Ogni giorno speravo sempre più intensamente di poterla vedere, di incontrarla, di passare del tempo con lei.
E avvenne proprio questo.
Dopo quella mattina al bar, cominciammo ad incontrarci quasi sempre, per caso. O almeno era quello che pensavo io. Ma non era mai per caso quando la vedevo sbucare all'improvviso fuori dal tribunale, quando la vedevo sotto al mio portone, o quando la incontravo per negozi.
Non facevo caso che riuscivo a trovarla sempre ovunque io andassi. Semplicemente credevo nel destino, e soprattutto credevo al fatto che quando due persone sono destinate a trovarsi, allora si troveranno sempre in qualsiasi luogo. Pensavo davvero tutto questo.
Riuscivo a vederla sempre, ovunque. Riuscivo a passare quasi tutto il mio tempo con lei fuori dal lavoro.
Passai con lei i giorni più belli della mia vita.
A scoprirla piano piano, a scoprirci piano piano.
Nelle lunghe passeggiate al parco, tra gli alberi, tra quelle chiome gialle e arancioni, tra le foglie portate via dal vento.
Nel ritorno dal mio lavoro, spesso ci sedevamo sulla panchina nel parco a parlare. Da lì si poteva vedere tutta la città, era una vista davvero meravigliosa.
Non faceva freddo, o almeno non sentivo freddo con lei accanto.
Adoravo quel vento che c'era, che portava sino a noi le foglie che staccava dagli alberi, ma lo adoravo ancora di più perchè la trovavo meravigliosa ogni volta che le scompigliava i capelli. E lei non si curava di sistemarseli, semplicemente se li spostava dal viso con un gesto quasi automatico, e mi innamoravo ogni volta di lei quando li riportava indietro sulla fronte. Era così bella quando passava la sua mano tra i suoi capelli lunghi senza smettere di parlarmi, di guardarmi di sorridere.
Non ci vedevamo più per caso, entrambe, aspettavamo il giorno successivo per poterci rivedere.
E ci vedevamo ogni giorno. La trovavo sempre fuori dal tribunale ad aspettarmi.
Mi prometteva ogni giorno che l'avrei trovata sempre lì ad aspettarmi dopo il lavoro.
E c'era sempre, mi aspettava e mi sorrideva ogni volta che mi avvicinavo per raggiungerla. E riusciva sempre a sorprendermi con la sua bellezza così naturale, così semplice.
La mattina la incontravo spesso al bar, mi ripeteva sempre che aveva un congedo lungo, che non aveva molto da fare e che le piaceva vedermi al mattino per augurarmi il buongiorno.
Ovviamente non era per quel motivo. Stava lavorando anche lei.
Mi recavo ogni mattina a piedi a lavoro, adoravo passeggiare, soprattutto in autunno, per godere di quei colori che sprigionava la natura, e adoravo rifare  la strada di ritorno con lei accanto.
 A guardare insieme il colore delle foglie, che passava dal verde al giallo, l'arancione, il rosso e il marrone. Un evento naturale, uno spettacolo che avevo la fortuna di condividere con lei.
Ci sedemmo sulla panchina.
-Non c’è niente come l’autunno a San Francisco, non sono solo le foglie a cambiare, qualcosa nell’aria porta alla luce i veri colori di ognuno.-mi disse all'improvviso spostando il suo sguardo verso di me.
- E io che colore ho?-le chiesi ridendo.
Rimase in silenzio a fissarmi. Io la fissavo. Non sarei in grado nemmeno ora di spiegare le sensazioni che in quel momento attraversarono il mio cuore, il mio stomaco,la mia anima.
Era così dannatamente sincera quando mi disse quella frase. Aveva quell'espressione così dolce. Ero lì, seduta accanto a lei, rivolta verso di lei, ad aspettare una sua risposta.
- Tutti quelli che vuoi-mi rispose sorridendomi.
- Sul serio, qua'è il mio vero colore?-glielo richiesi non staccando i miei occhi dai suoi.
-  Dico sul serio Arizona,- mi accarezzò il viso -tu puoi essere, tu sei tutti i colori che vuoi-
Ma non mi accontentai della sua risposta.
- Allora, vediamo, ti aiuto io-dissi all'improvviso sorridendo -Hai detto tutti i colori, arancione perchè?-
Sorrise insieme a me. La trovavo adorabile.
-perchè ti trovi in perfetta armonia con tutto ciò che ti circonda- mi rispose.
Mi girai ancora di più verso di lei e mettendomi seduta con i piedi incrociati sulla panchina. Lei restò com'era, seduta con le sue lunghe gambe accavallate, e la testa inclinata poggiata al suo braccio sullo schienale. E non volevo che cambiasse posizione. Era perfetta.
 Continuò -perchè sei piena di gioia e trasporto.-
La guardai alzando un sopracciglio.
-Ok, andiamo avanti- dissi, ci stavo prendendo gusto- Vediamo, giallo?-
-Perchè sei come il sole, sei energica e piena di vitalità-
Mi guardava intensamente, mi parlava senza mai distogliere lo sguardo dal mio viso.
Prese gusto anche lei e continuò ad elencarmi i colori.
-Azzurro, perchè sei immensa come il cielo-  si mise dritta, rivolta verso di me, poggiò delicatamente la sua mano sul mio mento per sollevarmi leggermente la testa e continuò -perchè porti il cielo nei tuoi occhi-
 Le sorrisi timidamente.
Continuò ancora.
- E poi verde, perchè sei tenace, con uno spiccato senso della giustizia, hai grandezza d'animo e adori la natura.
Ci frequentavamo da poco più di due settimane, e aveva imparato a conoscermi come nessuno, aveva saputo leggere dentro di me, dentro la mia anima.
Ero sorpresa, spaesata, innamorata.
Ma non aveva finito, accarezzandomi trovò l'ultimo colore.
-E poi, c'è quello più bello di tutti- si fece più vicina, intrecciò le sue mani con le mie.
Io restai ferma, in silenzio, intrecciata a lei.
-Sei come il bianco, la tua anima è pura e gentile e bianca come la neve.
Non dissi niente, mi avvicinai a lei, al suo viso alle sue labbra e la baciai. E ricambiò con tenerezza.
Non mi chiese il suo colore. Restammo un altro pò lì, sedute vicine a respirare quell'aria che aveva leggermente l'odore della pioggia.
 E non avrei saputo rispondere con un solo colore, per descrivere lei non sarebbe bastato uno.
 Perchè lei, era tutti i colori insieme, mischiati uno all'altro. Come si mischiavano le mie sensazioni nello stomaco quando ero con lei.
E non glielo avrei potuto dire.
Come potevo scoprirmi a tal punto? Come potevo dirle che per me lei era il mio arcobaleno dopo la pioggia in una meravigliosa giornata d'autunno? Come potevo scoprirmi così? Con lei, che mi aveva fatto perdere la testa, con lei, che non facevo altro che aspettare di vederla, con lei, che sarebbe andata via in meno di un mese?
Ruppi il silenzio. Mi girai verso di lei, la guardai come se all'improvviso avessi capito cosa fare.
Lei mi guardò alzarmi e piazzarmi davanti a lei.
-Ti va di uscire con me?- le sorrisi, lei mi guardo alzando un sopracciglio.
Continuai. -Ti sto chiedendo di uscire, io e te, di sera, come un primo vero appuntamento- continuava a guardarmi, io continuai a parlare -insomma, una cena, un tavolo,io che ti vengo a prendere, tu che mi aspetti, cose così- continuai ancora -Calliope, per amor del cielo, vuoi tenermi impalata qui o me lo dici subito che accetti di uscire con me?
Rise. - Chi ti dice che voglia accettare di uscire con te, signorina so tutto io?
Il suo sorriso mi bastò come conferma.
-ok, fatti bella-   le risposi invece. Ed era una cosa impossibile, improbabile che potesse diventare ancora più bella di com'era. Perchè così era già la perfezione.
 
E invece mi sbagliavo. Non mi sarei mai abituata alla sua bellezza, a vederla ogni giorno più bella del giorno prima, ancora più bella momento dopo momento, istante dopo istante, sorriso dopo sorriso.
La portai fuori a cena, passammo una splendida serata, la passai a fissarla, ad adorarla.
Passeggiammo, parlando di tutto ciò che ci veniva in mente.
Ed era come se ci conoscessimo da una vita. Come se entrambe, non avessimo fatto altro che aspettarci da tutta la vita, che aspettare quel momento, quei momenti insieme.
Si era fatto tardi, le proposi di accompagnarla a casa, e poi sarei andata a casa mia a piedi. Non abitavamo lontane.
Non rispose subito, aveva un'espressione strana. Poi esordì
- Scordatelo, non posso lasciarti sola-poi si bloccò d'un tratto, come se si fosse resa conto all'improvviso di  aver detto una cosa che non avrebbe dovuto.
Non mi lasciò spazio sufficiente per interrogarmi sul suo atteggiamento. Avevo notato la sua espressione preoccupata, apprensiva. Ma continuò subito dopo abbozzando un sorriso.
-Non crederai davvero che possa lasciarti a camminare da sola, di sera a San Francisco.-
Si avvicinò a me e mi prese le mani -Non permetterei mai, che ti  possa succedere qualcosa-
Poggiò una sua mano sul mio volto, l'altra sulla mia spalla -Non ora che ti ho incontrata, che ti ho conosciuta davvero, Arizona.-
Poi mi sorrise, mi prese per mano e ci incamminammo verso casa mia.
Le chiesi di salire, non volevo lasciarla andare.
Fece un giro per la casa, io intanto ero andata in cucina a preparare qualcosa da bere.
-Carina, - mi raggiunse da dietro e mi abbracciò incollando il suo corpo al mio. -la tua casa- aggiunse lasciandomi un bacio sulla spalla.
Ma non mollava la presa, sentivo il suo respiro sul collo, sentivo il suo corpo incollato al mio.
Mi girai, e rimasi bloccata tra il suo corpo e il lavandino, circondata dalle sue braccia. Non accennava a staccarsi, io non volevo che lo facesse.
Sentii la mia schiena toccare il lavandino, il suo corpo completamente poggiato sopra il mio.
Mi ritrovai a fissare il suo viso, i suoi occhi, la sua bocca. La baciai.
 
Mi svegliai prima di lei. Mi sollevai per poterla guardare. Mi misi sul fianco, e la contemplai dormire. Era bellissima. Forse sognava, si dipinse un leggero sorriso sul suo volto, desiderai di poter essere nel suo sogno. Forse lo ero.
Avevamo trascorso il resto della notte abbracciate, avvinghiate l'una all'altra dopo aver fatto l'amore.
- Lo stai facendo di nuovo-mi parlò con voce assonnata. Si era appena svegliata.
- Cosa?-le risposi dandole il bacio del buongiorno e sorridendo.
-Fissarmi, tu mi fissi- sorrise -e adoro quando lo fai-
- E io adoro farlo-non feci in tempo a terminare la frase, che mi tirò verso di lei, in un istante mi ritrovai stesa su di lei.
 Andammo a fare colazione al bar, poi mi accompagnò a lavoro.
 
Il pomeriggio era strana, preoccupata. Più volte la vidi allontanarsi per parlare al telefono.
Parlava e non smetteva di guardarmi da lontano. Non riuscivo a vederla bene da dov'ero, ma notai mentre si avvicinava di nuovo a me che aveva un'espressione preoccupata.
- Brutte notizie?-le chiesi non appena mi fu vicina.
Mi strinse le mani, mi accennò un sorriso, che non riconobbi come suo, e mi rispose -No, niente che non sia sotto controllo-
Ma era strana, camminavamo, mi stringeva a lei ma si guardava costantemente intorno.
-Ehi- non riuscii a non parlare -Sei strana, c'è qualcosa che ti preoccupa- mi voltai a guardarla ma distolse subito lo sguardo dal mio -Sono qui, per te, e voglio che tu sappia che ci sarò sempre ogni volta che ne hai bisogno-
Io che dicevo quelle cose a lei, io, proprio io che ero la causa della sua preoccupazione. Io che ero la persona che lei doveva proteggere.
Mi sorrise, questa volta era più sincera.
- Lo so-mi rispose accarezzandomi -va tutto bene sul serio - continuava a guardarmi capendo che doveva riuscire a convincermi delle sue parole, poi continuò -Ci sarò sempre anch'io per te. Sempre, ogni momento, per qualsiasi cosa. Voglio che tu sappia che non ti succederà mai nulla di male finchè sarò con te, accanto a te-
Si era voltata completamente verso di me. Prese il mio viso tra le sue mani e piantò i suoi occhi nei miei.
Erano lucidi, intensi, decisi.
Il telefono continuò a squillare. E lei continuò a rispondere allontanandosi da dov'ero io.
Mi resi conto che non voleva che io ascoltassi.
Pensai subito che era per il lavoro. Qualcosa a che fare col suo congedo.
Ed era così, non si trattava proprio del suo congedo, ma del suo mandato.
E lo scoprii perchè la sentii gridare al telefono.
Mi giunsero come una doccia fredda le parole che pronunciò. Il mondo sembrava crollarmi addosso.
Mi crollarono addosso quei giorni passati con lei, il nostro ballo, le sue parole.
-Io non mollo, l'incarico è mio non lo lascerò a qualcun'altro incompetente solo perchè voi insinuate che io sia troppo coinvolta. Lei deve essere protetta e sarò io a farlo. Non ritorno a New York fino a quando lei non sarà al sicuro anche senza di me.
Chiuse il telefono, si girò verso di me, aveva avvertito la mia presenza alle sue spalle.
Ero in piedi, sulla porta della mia camera a guardarla. A guardare chi? Callie? Calliope?  In quel momento mi sembrò davvero una sconosciuta.
Non sapevo più chi fosse la donna, in piedi davanti  me che mi guardava con gli occhi sgranati.
-Arizona, io..- si stava avvicinando. Aveva intuito che era arrivata l'ora di dirmi la verità.
-Chi sei?- la interruppi indietreggiando.
Sentivo le lacrime salirmi agli occhi. Mi sentivo schiacciata dalla delusione. Quei giorni vissuti con lei, a scoprirmi, a farmi conoscere, a fare l'amore, a passeggiare, erano solo stati una menzogna.
Mi sentivo schiacciata dalla realtà che avevo davanti, ero stata ingannata, tradita dalla persona di cui mi ero innamorata follemente.
Schiacciata dall'amarezza che tutto quello che avevamo condiviso insieme, per lei non era stato nient'altro che recitare una parte.
Schiacciata dalla mia convinzione. Per lei non ero stata altro che niente. Per me era stata tutto.
-Arizona!-mi afferrò per le braccia, riuscì a fermarmi. -Ascoltami, ti prego-
- Non voglio ascoltare altre tue bugie-mi fermai a guardarla, volevo guardarla con disprezzo ma non ci riuscii, aggiunsi solo con tono aspro -Callie-
- Calliope, Arizona.- Si era avvicinata sempre di più, mi alzò il mento per guardarla negli occhi. -Io sono davvero Calliope, su questo non ti ho mentito-
Rimasi per un attimo a fissarla. I suoi occhi erano sinceri. Ma continuavo a non capire perchè mi avesse mentito. Non dopo tutto quello che mi aveva detto, dimostrato.
-Non hai fatto altro che mentirmi in questi giorni.- Cominciai a parlare. Volevo cominciare a capire davvero. - Non sei nei marines non è vero?
Fu la prima domanda che riuscii a farle.  Era di fronte a me. Mi guardava negli occhi. Capii che aveva deciso di raccontarmi tutto.
- Arizona, tesoro, guardami-le obbedii. -No, non sono nei marines-
Sospirò e cominciò a parlare appena rialzai gli occhi verso di lei. Stavo zitta.
-Sono un'agente dell'Fbi, ho avuto quest'incarico a San Francisco. Hanno mandato me perchè ho già avuto altri incarichi di questo genere, e conosco la città e ho i miei agganci.-
La ascoltavo parlare, non sicura di capirla.
- Mandata a fare cosa?-la interruppi
- Proteggere te Arizona-  mi prese le mani, si fece più vicina. -Volevano il meglio per te,  hanno mandato me-
Indietreggiai, volevo allontanarmi, capì guardandomi a cosa stessi pensando in quel momento.
-Quindi hai messo su questa farsa-  la interruppi di nuovo.- Diventare mia amica, trovare il modo di avvicinarti, per tenermi buona, per tenermi sotto controllo- La guardai fissa negli occhi, prima di pronunciare quella frase che sembrava così assurda persino alle mie orecchie - Hai mentito su tutto, hai mentito su noi, un noi che molto probabilmente per te non c'è mai stato. Eri solo la mia scorta, e io solo una delle tante da proteggere-
Mi guardava, le vidi le lacrime salirle agli occhi.
- Arizona, no! No!-gridò. Mi bloccai.
Continuò di nuovo lei a parlare. La sua espressione divenne all'improvviso dolce.
-Appena ho ricevuto l'incarico, eri una delle tante. Un giudice penale, che rischia la propria vita per la giustizia. Ho letto tutto ciò che riguardava te, il tuo lavoro, la tua vita.
Si avvicinò, la lasciai avvicinare.
- Poi ti ho vista, eri lì, al matrimonio di mio fratello. Eri così semplice, allegra, bella come il sole. Ridevi, parlavi, mi fissavi. Sapevo che l'indomani sarebbe iniziato il mio lavoro. Di proteggerti. E non ho desiderato altro. Come se la mia vita, il mio lavoro non dipendesse altro che da questo. Non mi aspettavo di incontrarti prima del tempo. Ma eri li, la migliore amica della sposa. E mi fissavi. E ti avrei protetta a costo della mia stessa vita.-
Mi accarezzò il viso, posò la sua guancia sulla mia, avvicinò le sue labbra sulla mia fronte.
-Tu non meriti del male Arizona, e non voglio essere io a farti del male-
Mi staccai da lei, non ero più delusa, ma arrabbiata. Arrabbiata con lei, con me stessa.
- Ma io si non è vero?-le dissi con la voce rotta dal pianto -  devo essere io a farti del male?
Mi guardava, rimase in silenzio.
-A farti rischiare la tua vita a causa del mio maledetto lavoro, a causa mia. Hai rischiato di morire ogni momento che hai passato con me, per proteggere me-
- Arizona, non era più un lavoro per me-si era avvicinata di nuovo. -Mi sono innamorata di te, Arizona.
Da subito. Da quando ti ho vista la prima volta al matrimonio in mezzo agli altri a parlare, a sorridere. Da quando ti ho vista che mi fissavi. Da quando ti ho chiesto di ballare. Da quando mi hai baciata all'improvviso.
Mi sono innamorata di te, della persona che dovevo proteggere. Non era più un lavoro per me Arizona.
Non ho mai pensato che stessi rischiando la mia vita. Perchè si trattava di te, e proteggerti era la cosa più naturale del mondo.
E se non ti basta, sono pronta a ripetertelo sino allo sfinimento. Io ti amo, ti amo Arizona. Come non ho mai amato nessuno in tutta la mia vita.-
Ero ferma in piedi ad ascoltarla. Lei era ferma in piedi di fonte a me che mi guardava con quell'espressione così intensa, sincera.
Mi avvicinai all'improvviso, mi gettai tra le sue braccia e sparii completamente nel suo abbraccio.
Mi sentivo protetta. E da come mi stringeva riuscii a capire che lo avrebbe fatto per sempre.
Piansi con il volto coperto sulla sua spalla, avevo paura, paura che le potesse accadere qualcosa a causa mia. Mi staccai e finalmente riuscii a parlare.
- Dovresti fare come ti dicono, devi fare come ti dicono, Calliope-
- Arizona, tu non mi hai ascoltata-  mi rispose prendendomi le mani -questo è il mio posto, proteggere te. Non lascerò a nessuno il mio posto. E' mio. Sarò io a proteggerti.  Da quando ti ho conosciuta mi sembra che io non sia nata per fare altro. E mi sembra così giusto per me.
- Ma non lo è per me, Calliope!-  Alzai di un tono la voce. Era testarda, ma io volevo esserlo più di lei.
Doveva ascoltare le mie ragioni. - Cosa pensi che sarà la mia vita se ti dovesse succedere qualcosa? Qualcosa a causa mia Calliope!
Non voleva ascoltare, era pronta a parlare di nuovo ma la interruppi. Ero decisa.
-Alla donna che amo più della mia stessa vita. Credi che riuscirei a perdonarmi? Che riuscirei a chiamare vita, una qualsiasi vita senza di te? Se non ci sarai più tu a proteggermi, chi lo farà per il resto della mia vita?
Mi guardava, aveva gli occhi lucidi. Ne approfittò del momento in cui mi ero fermata per riprendere fiato.
E pronunciò quelle parole, con la voce rotta dal pianto.
-Arizona, sei in serio pericolo. C'è una taglia che pende sulla tua testa. Ti vogliono fuori. Sei scomoda per loro. Potrebbe succedere da un momento all'altro.  Quindi non te lo ripeterò più. Io non ti lascio.
Si era avvicinata, l'espressione era quella dolce di sempre. Mi sorrise e mi disse -E non ti conviene insistere, tra le due qui, sono io ad avere una pistola.-
Mi fece sorridere insieme a lei.  Mi accarezzò il viso prima di baciarmi. E ricambiai.
-Ti amo, Calliope- le dissi prima di riprendere a baciarla di nuovo.
E mi arresi. Mi arresi, perchè nonostante tutti i miei sforzi, lo lessi nei suoi occhi, nel suo cuore, che non mi avrebbe lasciata.
 
Trascorremmo i giorni successivi come sempre, con lei che mi accompagnava a lavoro, con lei che mi aspettava al ritorno. E la sera eravamo quasi sempre a casa mia.
Una sera, era tesa. Aspettò che finissimo la cena. Poi trovò il coraggio di parlarmi. Si trattava di me.
- Siamo sulla buona strada,abbiamo intercettato delle telefonate. Abbiamo la data.-potevo percepire la sua rabbia.
- E quando sarà la mia esecuzione?le chiesi sapendo già a cosa si riferiva poco prima.

-Arizona- mi rimproverò- non scherzare-
La guardai e le sorrisi.
- Che c'è?- le dissi. -La mia dolcissima, bellissima, coraggiosa guardia del corpo, un giorno mi ha detto che con lei sarei stata sempre al sicuro-  mi avvicinai per baciarla -non ho paura. Mi hai promesso che non mi succederà niente di male. Mi fido di te.-
Mi sorrise prima di parlare.

- Non è così semplice, Arizona. Non mi riferisco a me, non ti succederà niente, te lo prometto. Si fece più vicina prima di continuare.-Ma tu promettimi che sarai coraggiosa, e farai tutto come ti dico. Non una mossa di più.-
Avevo capito senza che lei me lo spiegasse. Avrei dovuto recitare la mia parte, per porre fine a tutto.
Parlò ancora lei.
-Pensano che tu non abbia una scorta. Non hanno capito che io sono la tua scorta. Pensano solo che io-
mi sorrise e prese la mia mano - beh, loro pensano che io sia solo la tua fidanzata-
- E allora perchè non hanno colpito prima?  le chiesi confusa.
-Perchè lo devono fare a modo loro, hanno un piano e tu non sei l'unica che vogliono fare fuori. Perchè, prima di costruire il loro dannato piano, dovevano studiare ogni tuo movimento. E ora abbiamo la data.-
- Tu, tu ti sei accorta che ci seguivano?le chiesi quasi tremando.
-Si, Arizona. Ma non potevo fare niente. Non avevamo ancora il numero preciso di quei bastardi, e ci servono tutti per sbatterli dentro e fermarli.
- E ora hanno il piano- dissi con gli occhi che fissavano il vuoto.
- E noi abbiamo il nostro-  mi sussurrò, e riuscii a tranquillizzarmi. C'era lei, non poteva succedermi niente di male.
 
Passammo la notte abbracciate l' una all'altra. Per tutta la notte mi aveva stretta così tanto che quasi non riuscivo a respirare. Ma avrei passato la mia intera vita stretta a lei in quel modo.
Poi arrivò il giorno. Avevo imparato il piano a memoria.  
Uno sporco avvocato era il loro aggancio. Una cena di lavoro, mi convinse che doveva parlarmi in privato di un caso.  Mi sembrarono ridicoli i suoi sforzi nel creare una scusa plausibile. Conoscevo già il suo piano, il loro piano. Accettai senza tanti preamboli.
All'uscita dal ristorante, era prevista la mia "rapina".
Non mi dovevano sparare, non subito. Solo prendermi e portarmi non so dove.
Non ero agitata, sapevo che la mia Calliope insieme alla sua squadra era li fuori, a pochi passi da me.
Non avevo niente di cui aver paura. Recitai perfettamente la mia parte.
 
Ma qualcosa andò storto, uno di loro si accorse dell' FBI.
Cominciarono a fare fuoco.  Io mi trovavo lì in mezzo. Pronta a ricevere la mia pallottola.
L'unica cosa di cui mi importava era che la sua vita non fosse in pericolo.
Mi illusi che fosse così solo per pochi secondi, fino a quando non la vidi lì in mezzo, pure lei a sparare, e corrermi incontro.
Le mossi incontro.
- Arizona, no- gridava - non muoverti-
Non sentivo altro che spari. Ma volevo proteggerla. Una di quelle pallottole era per me.
Troppo tardi,l'aveva vista prima di me. La pallottola che era diretta verso di me.
La vidi sparare, prima di essere scaraventata a terra da lei.
Si era gettata sopra di me, per farmi scudo con il suo corpo.
Non feci in tempo a proteggerla col mio corpo. Era stata più veloce di me.
Non sentii più niente. Non c'erano più spari.
Ero ancora per terra, con lei distesa sopra di me.
-Sono così arrabbiata con te-  si mise sui gomiti senza staccarsi da me. -Sono così arrabbiata, che quasi mi viene voglia di spararti. Come hai potuto rischiare così tanto Arizona?-
- Volevo proteggerti-  le dissi fissandola negli occhi. -Ti ho vista che mi correvi incontro e ho capito che volevi prenderti quella pallottola al posto mio.-
Intanto si era alzata in piedi.
-Agente Torres,- una voce la fece girare. -Li abbiamo presi tutti.-
- Voi state tutti bene?chiese preoccupata.
C'erano solo due agenti feriti.
Era finito tutto.
Mi diede la mano per alzarmi da terra. Mi tirò con forza verso di lei appena fui in piedi.
Mi guardò negli occhi, prima di parlare.
-Volevo prendere la pallottola al posto tuo, perchè io dovevo proteggere te, Arizona!-  era arrabbiata.
Mi teneva ancora stretta a lei.
Rafforzò la presa, stringendomi di più a lei. - Vorrei che te lo ricordassi per la prossima volta- il suo tono era tornato quello dolce di sempre.
Le gettai le braccia al collo e la baciai.
Mi sorrise, e ancora una volta, il suo sguardo mi confermò che con lei sarei stata sempre al sicuro.
Mi rifugiai tra le sue braccia, mi sentivo a casa. Le sue braccia erano la mia casa.
Chiese il trasferimento a San Francisco.  Venne a convivere da me.
Due mesi dopo le chiesi di sposarmi.
 Ci sposammo ad ottobre. E mi ritrovai di nuovo stretta a lei, al centro delle pista a fare il nostro primo ballo da sposate. La canzone era la stessa, me la cantò allo stesso modo. Me la sussurrò all'orecchio, proprio come aveva fatto un anno prima. E io mi innamorai di nuovo di lei.
Finì la canzone, le sorrisi e la baciai.

 
Ringrazio tutte voi che avete letto, voi che avete letto e recensito.
E come sempre, spero che per voi sia stata una lettura piacevole. :)
  
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