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Autore: dreamey    17/07/2013    6 recensioni
una raccolta di quattro storie, per raccontare il primo incontro di Callie e Arizona immaginato nelle quattro stagioni. Ogni stagione, racchiude il loro amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Il sole caldo, il profumo del mare, i colori della natura nel pieno del suo vigore, le giornate lunghe: la bellezza dei mesi estivi; 
Perchè l’estate è passione, ricordi, brezza lieve, sole che schiocca sulla pelle e nel viso.
E’ il sorriso delle stagioni.. un sorriso che non è più andato via da quando ho incontrato te. Passa più veloce di ogni altra stagione, ma con te la mia estate dura tutta la vita.
Tu sei la mia estate. Calda, intensa, solare. La poesia della mia vita.

 La incontrai un pomeriggio d'estate. In una stagione dove tutto sembra possibile. Dove tutto sembra stupendo, quasi irreale. Ma lei era reale eccome, con lei le cose non sembravano, erano. Tutto era possibile, tutto era stupendo.

 E tutto questo lo è ancora. 

 

-Un penny per i tuoi pensieri!- al suono di quella voce alzai lo sguardo e mi voltai a guardare indietro.
Aveva qualcosa di familiare, il suo sorriso, quelle fossette, la sua espressione.
-Ciao, spero di non averti disturbata- continuò sorridendomi e sedendosi al mio fianco.
-No, tranquilla, non facevo niente di così importante- risposi facendole spazio sulla pietra su cui ero seduta da non so quanto.
Quel posto per me era magico. Solitario e soprattutto fresco per quei giorni caldi d'estate.
Era il mio posto, e presto diventò il nostro. Anzi, era già stato il nostro posto.
Da piccole, molto tempo fa, le nostre anime si incontrarono proprio lì.
Ma il tempo, me l'aveva fatto dimenticare.  In superficie.
E prima di quel giorno, non avevo mai capito perchè quel posto mi sembrava così magico.
C'era qualcosa che ogni giorno mi attirava li, e mi faceva passare ore a contemplare.
Certo, lo facevo anche da piccola, ma di rado.
- Non hai perso l'abitudine di startene da sola eh?-mi disse cogliendomi del tutto di sorpresa.
Lo lesse nel mio sguardo e si mise a ridere.
-Non ti ricordi di me, Calliope!-

Il mio nome, pronunciato in quel modo, mi riportò indietro di una ventina di anni.
Era l'unica che mi chiamava così. L'unica alla quale lo permettevo. Perchè era l'unica che non mi prendeva in giro quando lo faceva. Mi ripeteva sempre che le piaceva chiamarmi così.
-Ti aiuto a ricordare- continuò ancora a parlarmi ignara del fatto che la mia mente in quel momento stava facendo un viaggio nel passato.
Nel mio passato, in cui anche se per poco ,c'era stata anche lei. E in uno dei periodi più belli delle nostre vite, la nostra infanzia.
- Mi chiamavate...-
-Pattini a rotelle!-la interruppi io ritornando a posare i miei occhi su di lei.
-Te ne andavi in giro tutto il giorno su quei cosi- continuai -Certo, quando non eri impegnata a gareggiare con i maschi-  aggiunsi, accennando un sorriso a quel ricordo.
Era tosta, non aveva paura di niente, ed era sempre pronta a sfidare i ragazzi nel gioco, e a volte lo faceva anche per me.
Spesso, nei giochi di squadra, capitava sempre con me. E quasi sempre vincevamo.
Eravamo una coppia vincente da piccole. Il suo coraggio bastava per entrambe.
Quando non ci raggiungeva a giocare, ci annoiavamo senza di lei. Eravamo un bel gruppetto, io, Lexie, Addison ,Mark e Derek,  ma quando c'era lei, tutto era più divertente,  la sua risata, la sua allegria mettevano d'accordo tutti. Tutto mi sembrava migliore quando c'era lei.
Poi, non ritornò più.  Le estati passavano senza di lei, e noi cinque, ormai, eravamo diventati troppo grandi per giocare.
La dimenticai. O almeno così credevo prima di quel pomeriggio, quando una donna, bionda e occhi azzurri interruppe i miei pensieri.
Era cresciuta, ma la sua espressione non era cambiata, il suo sorriso aveva ancora le fossette, i suoi occhi custodivano il cielo, e la sua allegria era rimasta.
Credevo di averla dimenticata, ma mi accorsi ben presto di aver solo rimosso il suo ricordo.
- Arizona!-la salutai continuando a scrutarla.
Lei mi sorrise, di nuovo.  Era esattamente come me la ricordavo.
-Sono così cambiata?-mi disse, - Ci hai messo un bel pò a riconoscermi-  continuò abbozzando una smorfia.
- No,-mi affrettai a rispondere notando un velo di delusione sul suo volto. -Ci ho solo messo un pò a metterti a fuoco, dato che avevo ancora negli occhi il riflesso del sole sul lago-  le dissi, mascherando il fatto che anche lei mi stava facendo quell'effetto in quel momento.
Era ancora così luminosa, ed era diventata così bella.
-Allora? com'è la tua vita?-  mi parlò come se non ci fossimo mai perse di vista.
Erano passati più di vent'anni da quando non l'avevo più vista.
Avevamo dodici anni, l'ultima estate che trascorremmo insieme.  E ne avevamo nove la prima volta che ci incontrammo, proprio lì, quasi proprio come quel pomeriggio.
Io ero seduta sul sasso, a guardare il sole che si rifletteva nel lago, e una bambina della mia stessa età si avvicinò sedendosi sulla mia stessa pietra.
Mi chiese se ero triste, ma io le risposi che semplicemente mi piaceva restare sola ad ascoltare la natura.
-Posso rimanere con te se ti va, possiamo ascoltarla insieme- mi disse.
E da come si era messa a sedere, avevo già capito che non se ne sarebbe andata via.
E rimanemmo lì, insieme in silenzio a guardare i movimenti del lago, e i raggi del sole che si perdevano in esso.
Passammo l'estate insieme a giocare, faceva ormai parte del nostro gruppetto, e ogni estate l'aspettavamo.
Io l'aspettavo.
Ritornò l'estate dopo, e quella dopo ancora. E io l'aspettavo.
L'aspettai ancora, l'estate successiva, ma non tornò.  L'aspettai ancora, poi smisi di aspettare.
La mia vita andò avanti, la sua vita andò avanti, e smisi di ricordarla.
 Ritornò l'estate di vent'anni dopo.
-Non è male- le risposi -Faccio il veterinario- continuai a parlare notando una strana luce nei suoi occhi.
-Era il mio sogno-  mi disse un pò confusa.
Me lo ricordavo.  Una sera d'estate, l'ultima che passammo insieme,  ci ritrovammo a parlare del nostro futuro,  delle nostre aspettative. Di quello che avremmo fatto.
E fu così..
- E tu?le chiesi aspettandomi la stessa mia risposta.
- Sono una fotografa-  mi rispose guardandomi  con aria un pò incerta ma sul punto di sorridere.
-Ok, questo era il mio sogno-  pronunciai quelle parole con un tono sorpreso. Del tutto spiazzata.
 Eravamo riuscite a coronare i nostri sogni,  in maniera certamente diversa da quella che intendevamo vent'anni prima.
Ognuna di noi, aveva realizzato il sogno dell'altra.
- E così-  cominciò di nuovo a parlare interrompendo il flusso dei miei pensieri. -io faccio la fotografa, e tu il veterinario! beh.. è divertente.-
Divertente? definiva quello strano scherzo del destino divertente?
Avevamo scelto la nostra vita, da un discorso che avevamo fatto da adolescenti.
Io avevo portato avanti il suo sogno, lei il mio.
Eppure da quella estate, le nostre vite si separarono.
Ma evidentemente, eravamo legate entrambe allo stesso filo.
-Ero diretta all'università-  non smise di parlare, credo che poteva leggere il grosso punto interrogativo sul mio viso in quel momento, cercò di spiegare -ero uscita da casa con l'intenzione di iscrivermi a veterinaria, poi lessi un volantino che informava su un corso di fotografia che sarebbe iniziato quello stesso pomeriggio. E non so perchè ci andai.-  poi inclinando la testa e sorridendo continuò abbassando leggermente la voce-beh, dall'università non ci sono più passata-
Non so se si accorse dell'espressione sul mio viso. Ero del tutto incredula.
- Uscì di casa quel pomeriggio, ero di corsa, il corso di fotografia stava per iniziare-toccò a me  spiegare la mia scelta, non mi fu difficile da raccontare, ancora lo ricordavo col sorriso quel giorno.-ma sulla mia strada incontrai quel cucciolo, aveva una zampa ferita, e lo portai dal veterinario.  Passai il pomeriggio con lui, l'indomani mi iscrissi a veterinaria.-
Aveva ascoltato il mio discorso mantenendo tutto il tempo quell'espressione così dolce.
-Avevi un gran cuore da piccola Calliope-  mi rispose con un sorriso disarmante.
-Hai sempre vissuto qui?-mi chiese con uno strano tono.
-Si-  le risposi - qui c'è tutta la mia vita. - E tu, invece?-
- Ora vivo a San Francisco-mi rispose, poi continuò -Sai, col mio lavoro sono spesso in giro per il mondo- mi guardò ancora prima di continuare -Non mi fermo mai per molto tempo nello stesso posto.-
Forse il mio sogno, era molto più vicino a lei, pensai.  Non sarei riuscita ad abbandonare il mio paese. Lì c'era  la mia casa.
-Hai frequentato il corso nella tua città a Seattle?- le chiesi.
Era di Seattle.  I suoi lavoravano lì, erano chirurghi.
Ma i suoi nonni vivevano a New Hope, la mia città.  Veniva a trovare i suoi nonni nelle estati che avevamo trascorso insieme.
-Si-mi rispose -Poi non mi sono più fermata- mi abbozzò un sorriso.
Si stava avvicinando il tramonto, il paesaggio stava diventando straordinario.
Rimanemmo in silenzio a guardare quello spettacolo che si dipingeva nel cielo.
Quel pomeriggio non ero sola a contemplare la natura.
Dopo vent'anni , ci ritrovammo di nuovo insieme a condividere in silenzio quel momento così magico.
E non eravamo più bambine.
 
Era ritornata a New Hope per questioni del tutto burocratiche.  I suoi nonni erano morti qualche anno prima, e la loro casa era rimasta vuota.
Finchè i suoi genitori decisero di venderla. Ed era toccato a lei occuparsi delle questioni pratiche.
Ed era ritornata.
Mi fece sapere che non si sarebbe fermata a lungo. Sarebbe ripartita al massimo dopo un mese.
Si doveva occupare delle sue mostre.  Ne aveva una a San Francisco alla fine di agosto.
 Ed era fine giugno quando ci incontrammo.
Nei  due giorni successivi non ci vedemmo.  Io avevo il mio lavoro, lei le sue questioni di famiglia da portare avanti.
Ma non riuscii a dormire per due notti.
Mi ritrovai a pensare a lei notte e giorno.
Dell'effetto strano che mi aveva fatto rivederla, ascoltare di nuovo la sua risata più matura, e il suo modo di parlare ancora così sicuro.
Era diventata una fotografa, mi sarebbe piaciuto vedere qualche sua foto.
 
Il rumore del flash mi fece voltare, sapevo che era lei.
-Ciao- mi disse -Volevo scattare qualche foto-  continuò sorridendomi. -Questo posto è spettacolare-
-Già- le risposi- lo è-  continuando a fissare il suo viso, lei, che guardava estasiata  il panorama che stavo guardando io qualche istante prima.
- Non ho mai visto da nessuna parte uno spettacolo così bello- continuai ioritornando a guardare davanti a me.
-Nemmeno io- la sentii rispondere percependo il suo sguardo fisso sopra di me, e un tono strano nella sua voce.
Cercai di ignorare la fitta che mi attraversò in quel momento lo stomaco.
Mi faceva un effetto strano tenerla seduta accanto a me.
Non era più come quando eravamo bambine.  C'era qualcosa di diverso.  E anche in lei.
-Sei già impegnata questa sera?-  le chiesi.  Non volevo lasciarla andare via. Volevo passare ancora qualche ora con lei.
-No- mi rispose -Dove mi porti?-  mi domandò col suo tono allegro.
-Potremmo andare a mangiare la pizza in  quella pizzeria italiana che ti piaceva così tanto- le feci sapere.
Sembrò meravigliata, non si aspettava che mi ricordassi quel particolare.
Avevo passato due giorni interi a rivivere le mie estati con lei.
- Sempre se ti piace ancora la pizza-aggiunsi.
-oh, certo che mi piace ancora, anche se una così buona come la fanno qui non l'ho più mangiata- mi rispose alzandosi e prendendo la sua macchina fotografica.
Io la seguii. L'andai a prendere da casa dei suoi nonni dopo un'ora, come ci eravamo messe d'accordo.
L'aspettavo vicino al porticato.  Uscì dopo qualche minuto.
Era davvero molto bella. Aveva ancora i capelli biondi, leggermente ondulati e un pò corti, non arrivavano alle spalle. Ma le incorniciavano il viso e la facevano sembrare più piccola della sua età.
 Era stupenda e così.. semplice. E il suo sorriso la rendeva speciale.
Mi incantai qualche secondo mentre veniva verso di me. 
Forse notò che mi ero incantata. 
Mi si parò al mio fianco e prendendomi sottobraccio si incamminò trascinandomi con lei.
- Ehi- mi disse -andiamo, ho una certa fame-
Divorò la sua pizza, io ne assaggiai solo qualche spicchio.
Non riuscivo a mangiare con lei seduta di fronte, che mi guardava, parlava, sorrideva.
Mi bastava guardarla, non avevo bisogno di altro.
Da bambina, avevo condiviso con lei così tante merende, e non avevo mai avuto quelle sensazioni che provavo quella sera.  Facevamo a gara a chi riusciva a divorare per prima il panino preparato da sua nonna.
E vincevo sempre io.
Quella sera, mangiare di fronte a lei mi sembrava impossibile.
Se lo notò non lo diede a vedere.
Il suo fare allegro continuava a circondarmi.
Era semplicemente meravigliosa.
Pensai a questo per l'intera serata.
 
-Domani ritorno a San Francisco-  mi disse prima di entrare nella casa dei suoi nonni.
-Ok- le risposi, cercando di non far notare il tono deluso nella mia voce.
Ma lo percepì.  Non so che significato diede a quel mio tono quella sera.
- Starò via solo per dieci giorni-si affrettò a dire.
E fece quel gesto che non mi aspettavo.  Mi sorrise teneramente accarezzandomi il viso. Si soffermò a guardarmi negli occhi. Aveva una strana espressione. Ma non era un'espressione triste.
-Il lavoro, suppongo-  le risposi non distogliendo i miei occhi da quelli di lei.
-Si, per la mostra.  Ci sono dei problemi e devo controllare di persona.- mi fece sapere, aggiungendo sottovoce sorridendo leggermente -sai, non mi fido molto degli altri. Devo avere il controllo su tutto-
-Beh, allora devo dire che non sei cambiata molto in questi anni-le dissi ridendo. -eri sempre tu ad inventare le regole del gioco da piccoli, e le facevi rispettare a tutti, ci riuscivi persino anche con Mark-
Ridemmo entrambe ripensando a quelle nostre estati spensierate.
-Mi piacerebbe rivederli- mi disse. -Abitano ancora tutti qui?
- Solo Addison, gli altri sono a New York e Chicago-  le feci sapere-  Ma ci incontriamo tutti insieme ogni estate,  magari prima di ritornare a San Francisco riesci a vederli-
-Sarebbe fantastico-  fu la sua risposta.
Lei era fantastica, fu invece quello che pensai io guardandola entrare in casa.
                                                          
Erano passati tre giorni da quando era partita. E già aspettavo il suo ritorno.
Mi mancava lei, il suo viso, la sua risata.
 
Stavo aprendo la porta di casa, ero di ritorno dal lavoro. Sentì squillare il telefono mentre giravo la chiave nella toppa.
Risposi, aspettandomi la voce di mia madre dall'altra parte.
-Calliope!-  mi disse dall'altro capo del telefono.
Era lei. Il telefono mi cascò dalle mani, non avrei mai lontanamente immaginato che potesse essere lei.
-Ehi, ci sei?- sentii in lontananza mentre cercavo di raccogliere il telefono e soprattutto di riacquistare il controllo.
Mi aveva chiamata? Lei? Da San Francisco, nonostante i suoi problemi sul lavoro da risolvere?
Aveva trovato un pò del suo tempo per me.
Sorrisi e mi affrettai a rispondere.
-Ehi ci sono, mi è scivolato il telefono di mano. Ho risposto di corsa.- Le mentii leggermente.
-Pensavo stessi ancora a lavoro. Avevo già provato a chiamarti tre volte ma niente.- sembrava tranquilla mentre mi parlava.
-Giornata un pò caotica in effetti-  le risposi con un tono che volevo sembrasse tranquillo.- Come hai avuto il mio numero?- le chiesi ricordandomi all'improvviso che io non glielo avevo lasciato.
-  Ho fatto l'impossibile per averlo-  scherzò riempiendo il telefono della sua risata cristallina. -Esistono le guide Calliope- mi rimbeccò usando il suo tono ovvio.
Poi pronunciò la frase che disorientò del tutto il mio cervello. E il mio corpo.
-Mi mancavi-
Stavo per accomodarmi sul divano, quando lo disse, e se l'avessi fatto di proposito non ci sarei riuscita, non so come mi ritrovai attorcigliata al filo del telefono.
Mi faceva quell'effetto. 
Silenzio. Non riuscii a spiaccicare parola per qualche secondo. E non perchè fossi occupata a districarmi dal filo. Non ci sarei riuscita in quel momento.  Il mio cervello e il mio corpo non erano più collegati.
Mi decisi a parlare quando la sentii schiarirsi la voce.
Senz'altro aveva quel suo sorriso sulle labbra. E aspettava una mia risposta.
- Stavo pensando a te-  riuscii a trovare il coraggio di pronunciare quella frase.
Ovviamente inconsapevole dello stesso effetto che ottenni.
Silenzio.  Poi sentii un tonfo.  E diversi altri rumori di cose che cadono per terra.
-Uhm.. eccomi ci sono- la sentii dall'altra parte e il suo tono non era più sicuro come qualche istante prima.-Ho urtato per sbaglio la lampada ed è caduta rovinosamente per terra- mi fece sapere con un tono che sembrava decisamente impacciato.
Era un pò imbranata. Questo lo ricordavo. Da piccole riusciva sempre a combinare qualche pasticcio quasi ogni giorno. Inciampava, era più lenta di noi nella corsa, non si sapeva arrampicare sugli alberi, e se aveva in mano qualcosa per più di qualche minuto, la maggior parte delle volte la faceva fuori.
Ma era adorabile così com'era.  Era tosta ma imbranata.  Eravamo una combinazione perfetta sin da piccole.  Quello che non ero io lo era lei. Lei mi completava.
Ma quella sera, non era stata maldestra a causa del suo solito impaccio.
Furono le mie parole a farle perdere il controllo.
Parlammo di quei tre giorni in cui non ci eravamo viste nè sentite.
Discorsi normali, eppure c'era una sensazione strana nell'aria.
Alternava il suo tono allegro a quello dolce che tanto amavo, rideva e faceva silenzio.
Aveva parlato per gran parte della telefonata lei, io mi ero limitata a rispondere qualche volta e sorridere.
Amava parlare, e a me piaceva ascoltarla.
 
Ma era quando facevamo entrambe silenzio, che in fondo ci dicevamo tutto.
E lo sperimentammo quasi tutti i giorni quando ci incontravamo al lago.
Era ritornata a New Hope, come mi aveva promesso.
 
Sapeva di trovarmi sempre li a quell'ora.
Era venuta a salutarmi, era ritornata da poco.
Ma dopo meno di un mese se ne sarebbe andata via di nuovo e questa volta per sempre.
Una volta venduta la casa, non avrebbe più avuto motivo di ritornare. Lì non c'era la sua vita, la sua casa non era New Hope.
Cercai di non pensarci nei momenti che trascorrevamo insieme.
Continuammo a vederci li al lago. Al tramonto, e spesso anche la sera.
Mi raggiungeva tutti i giorni. Era il nostro momento magico.
Non parlavamo,  ci sedevamo sulla stessa pietra, senza mai sfiorarci e rimanevamo in silenzio minuti interminabili  immerse nel tramonto.
Era la mia parte preferita della giornata.
Potevo perdermi nel guardare il celo, quei colori.
Poi finì col perdermi in lei. Sul suo profilo, la sua espressione dolce.
La sua presenza lì accanto a me, riusciva senza nemmeno sforzarsi, a rubare i miei occhi al cielo.
Era così bella illuminata da quei colori. Non riuscivo a non spostare il mio sguardo su di lei.
Mi bastavano pochi attimi per  godere della sua immagine.
Poi ritornavo a guardare davanti a me prima che se ne potesse accorgere.
 
 La mattina riuscivamo a vederci al bar poco distante dalle nostre case.
Successe una mattina per caso che ci ritrovammo a fare colazione insieme.
Io uscivo presto da casa per il lavoro, a lei piaceva dormire. Non era necessario che si alzasse presto, le sue commissioni potevano aspettare anche la tarda mattinata.
Ma una mattina la vidi seduta al bancone intenta a fare colazione. Era lì persino prima di me.
-Ehi- la salutai sorpresa di vederla lì a quell'ora.
-Buongiorno Calliope- mi rispose leccandosi il dito che si era sporcata di zucchero a velo. Poi continuò-Lo so, non mi hai mai vista a quest'ora del giorno- mi disse sorridendo divertita leggendo la mia espressione sul mio volto.
In effetti, non l'avevo mai vista di mattina.
Era così bella persino di primo mattino appena sveglia.
Era bella sempre, la sera e soprattutto al tramonto.
-Devo andare in centro, ho un appuntamento con un probabile acquirente-  completò la sua frase.
Finimmo la colazione insieme poi uscimmo dal bar prendendo strade diverse.
 
Quel pomeriggio non ci vedemmo al lago.  Avevo avuto un'emergenza all'ambulatorio.
Ero ritornata da poco a casa e sentii bussare alla porta.
Era lei, e aveva in mano la pizza.
-Ho pensato che avessi fame- cominciò a parlare.- Non c'eri a pomeriggio al lago,  così ho capito che ti eri trattenuta a lavoro-  sorrise guardandomi poi continuò-Mi fai entrare, o preferisci mangiare la pizza sul porticato?-  ero diventata completamente imbranata in sua presenza.
Mangiammo la pizza, poi uscimmo a sederci sul porticato per mangiare il gelato.
Non riusciva a non sporcarsi, mi faceva sorridere.
Mi raccontò della sua vita in giro per il mondo, dei posti che più le erano piaciuti.
 
-In certe notti d’estate, perdersi con lo sguardo fra le stelle è uno dei modi più saggi di impiegare il proprio tempo.-  Mi disse mentre si metteva comoda ad osservare il cielo.
 
Eravamo in silenzio di nuovo.  Ma in compagnia.
-Esprimi un desiderio, Calliope!-gridò rompendo il silenzio.
Guadai in alto dove stava guardando anche lei.
Non era la notte di San Lorenzo, ma il cielo quella sera risplendeva come non mai in compagnia delle sue stelle.
Non feci in tempo a vedere la stella, ma espressi lo stesso quel desiderio.
Ridemmo insieme.  Poi mi diede la buon notte e la vidi allontanarsi verso la casa dei suoi nonni. Non era molto lontana.  Potevo scorgere la luce del suo porticato dietro gli alberi.
 
La rividi al bar la mattina dopo, poi quella dopo ancora. Era lì sempre prima di me.
Aveva preso l'abitudine di uscire di casa all'alba per scattare le sue foto. Poi mi aspettava al bar per fare colazione insieme.
Veniva anche quando non usciva all'alba. Semplicemente veniva per  fare colazione insieme a me. Non me lo disse mai, ma notai da me che non portava sempre la sua macchina fotografica.
 
Una mattina non passai dal bar, mi avevano chiamata per un'emergenza a pochi passi dal paese.
Arrivò verso le dieci nel mio ambulatorio, nascondeva qualcosa dietro la schiena.
-Non sei passata oggi dal bar-Mi salutò così sorridendomi.
-Cos'hai dietro la schiena?- le risposi di rimando io cercando di sbirciare
-La tua colazione- mi rispose piazzandomi davanti agli occhi il cappuccino e la brioches che prendevo sempre. -ho pensato che ne avessi bisogno dato che questa mattina l'hai saltata-
Era ancora come era stata da piccola. Si prendeva cura di me.
Mi salutò lasciandomi al mio lavoro.
 
Non sapevo come occupava il suo tempo durante la mattinata.
 Dopo il bar la incontravo sempre nel pomeriggio sul lago e la sera spesso veniva a stare sul mio porticato e stavamo ore a parlare.
Quella sera andai io da lei.  Bussai alla porta e attesi che venisse ad aprirmi.
- Calliope-  mi disse sorpresa.
-Vieni- la incitai io prendendola per mano e trascinandola fuori la porta-Voglio mostrarti una cosa- le dissi in un sussurro.
-Devo prendere la mia macchina fotografica?-mi chiese confusa.
-No,non serve, muoviti altrimenti non facciamo in tempo a vederlo- e la trascinai con me.
-Ma che ci facciamo in mezzo al bosco di sera? Era divertente quando aveva paura.
-Shh.. fidati di me- la rassicurai prendendole la mano.
-Ora!- le dissi-guarda tra gli alberi- ci eravamo fermate e l'avevo leggermente fatta piegare.
Sentii la sua mano stringere più forte la mia. Era riuscita a vederlo insieme a me.
-Calliope, è meraviglioso-mi disse, le tremava la voce.
- Non ho mai visto niente del genere, cos'è?-mi chiese, tenendomi ancora la mano. Era così vicina.
- Un fuoco fatuo-le risposi sorridendole-  lo chiamano così- continuai a spiegarle-Sono deboli luci fluttuanti simili a fiammelle, visibili solo di notte, di solito sono blu-
Mi guardava e non accennava a lasciarmi la mano.
Continuai a parlare -Nell'antichità si ritenevano la dimostrazione dell'esistenza dell'anima-
La loro apparizione durava solo pochi istanti, poi come apparivano se ne andavano.
 
Fu così anche con lei.
 
Eravamo sedute sulla stessa pietra, come ogni pomeriggio al tramonto.
Lo guardavamo in silenzio, ma quel pomeriggio le sue parole lo ruppero.
-Ho trovato un compratore, è interessato alla casa- cominciò a parlare non voltandosi a guardarmi.
Anch'io mantenni lo sguardo fisso davanti a me.
Fissavo il tramonto, senza nemmeno vederlo realmente.
La frase che pronunciò mi colpì in pieno stomaco.
Non dissi niente lasciai che fosse lei a parlare. Era in difficoltà, cercava le parole giuste.
-Fra due giorni concludiamo la vendita-si girò a guardarmi -E poi torno a San Francisco-
Se ne stava andando prima del previsto. Non era ancora fine luglio.
Se ne sarebbe andata, come era successo vent'anni prima.
Da piccola l'aspettai per diverse estati. Mi mancava la mia compagna di giochi.
Il tempo passò, le estati passarono senza di lei. Io ormai non giocavo più.
Vent'anni dopo, era apparsa di nuovo dietro di me dal nulla.
Si era seduta di nuovo accanto a me a guardare la natura.
Non eravamo più bambine, non giocavamo più insieme.
Ma quel mese d'estate avevamo condiviso molto di più.
Il tempo mi stava portando via di nuovo lei, le nostre mattine al bar, i nostri pomeriggi sedute in silenzio sul lago al tramonto, le nostre serate sul porticato a respirare l'aria fresca estiva e a perderci a contare le stelle.
Se ne sarebbe andata via. Avrei continuato ad innamorarmi della natura da sola.
L'accompagnai all'aeroporto.  Ci salutammo e me ne andai senza voltarmi indietro.
 
Mi chiamò tre volte da quando era partita.  Io avevo il mio lavoro, lei la sua mostra da organizzare.
Non avevamo tempo entrambe.
 
Una mattina mi arrivò il suo invito della sua mostra a San Francisco. Mancava una settimana alla fine di agosto.
 Tenni per tutto il tempo quel biglietto sul comodino prima di decidere cosa farne.
 
L'aeroporto di San Francisco era molto più grande di quello di New Hope.
Presi il taxi e mi diressi allo stabile dove si teneva la sua mostra.
Entrai nell'edificio,  era davvero molto grande, e anche la sua stanza lo era.
Non riuscivo a vederla tra la  gente. Sentii la sua risata e riuscii a scorgerla.
Parlava con un gruppo di persone e rideva. Nn sembrava tesa.
Aveva quell'aria di città ormai, stretta nel suo tubino nero, tacchi alti, ma i capelli li aveva ancora sciolti, ondulati.
I suoi occhi riuscirono a trovare i miei.
La vidi deglutire, un espressione sorpresa sul volto, ora sembrava tesa.
Mi si mosse incontro. Mi sorrise e mi abbracciò.
-Calliope, sei venuta- mi disse ad un passo da me. -Ci speravo così tanto- aggiunse prendendomi le mani.
-Sono qui- riuscii soloa dirle.
Mi stava portando a guardare le sue foto. Ma fummo interrotte subito. Era molto richiesta quella sera.
Cominciai a fare un giro da sola. E quello che vidi mi disarmò.
C'erano centinaia di foto, alcune di qualche decennio prima, altre più recenti.
E la maggior parte ritraeva il paesaggio dei laghi.
Era andata a vivere in posti dove avrebbe potuto fotografare i laghi constatai.
Ancora prima di rincontrarci.
C'erano laghi fotografati  al mattino, alla sera e al tramonto.
Soprattutto al tramonto.
E poi c'era il mio lago. Era il più bello. Il più bello al mattino, alla sera al tramonto. Ed era l'unico fotografato all'alba.
Erano foto davvero meravigliose. Il paesaggio era ripreso da diverse angolazioni. 
Si poteva leggere la sua anima in quelle foto. Rimasi senza parole.
Eravamo state lontane per più di vent'anni, eravamo cresciute in posti diversi, vite diverse.
Ma in fondo non così lontane. Per niente lontane.
Per anni non ci eravamo incontrate, eppure in parti diverse del mondo quasi ogni giorno ci eravamo ritrovate a fissare un paesaggio simile nello stesso momento.
Le nostre anime avevano la stessa  sintonia.
Mi innamorai di lei, guardando le sue foto meravigliose, c'era lei, la sua persona in ognuna di esse.
E c'ero un pò anch'io. La mia anima.
Avevamo lo stesso modo di percepire il paesaggio. Lo riuscivo a leggere benissimo.
Ovviamente c'erano anche altre foto, altri soggetti, molte altre diverse situazioni.
Foto di grandi città, di animali,  e di bambini che giocavano.
Imparai la sua vita attraverso le sue foto.  Riuscivo a leggerla nello stesso modo in cui lei la viveva.
La sentii  parte di me.  Le nostre vite non erano state così diverse o lontane nonostante tutti gli anni  e i chilometri che ci avevano divise.
-Ehi-mi raggiunse alle spalle. Sorrideva e cercava di leggere l'espressione sul mio volto.
Mi girai e piantai i miei occhi nei suoi. Non dissi niente, mi limitai solo a guardarla. E lei fece lo stesso.
Rimanemmo così qualche secondo.
Parlai io per prima.
-Sono laghi- le dissi voltandomi di nuovo a guardare le sue foto. -Di ogni città in cui sei stata- continuai sentendola avvicinarsi di più.
Anche lei stava guardando le foto.
-Sono laghi- mi rispose- -Di ogni città in cui sono stata- usò le stesse mie parole.
Ma c'era tanto in quelle parole. Nel suo tono, nella sua espressione.
Il silenzio che seguì caratterizzò di nuovo quel nostro momento.
Entrambe sapevamo che stavamo pensando alle stesse cose. Alla nostre vite che seppur distanti,erano rimaste legate insieme.
E il lago era il nostro spazio, il nostro rifugio, il nostro posto magico.
Anche a chilometri di distanza.
Entrambe eravamo rimaste legate a quel momento vissuto da piccole, del nostro primo incontro. Ed ognuna di noi lo aveva custodito dentro la sua anima.
Per vent'anni.
 
La sala si svuotò. Rimasi per poter essere l'ultima ad andare via.
Notai che non era in compagnia di nessuno, nessuno l'attendeva.
Non avevamo parlato della nostra vita privata, non ne avevamo avuto bisogno.
- Sono tutte straordinarie- le dissi una volta rimaste sole.
-So già qual è la tua preferita-  mi rispose avvicinandosi.
-Non è difficile immaginarlo- continuai indicando la foto che ritraeva il mio lago al tramonto.
Sorrise e mi prese per mano.
-Vieni,- mi disse trascinandomi con lei in un'altra stanza dove aveva le sue cose -ancora devi vedere questa-
La seguì e la osservavo mentre estraeva un'altra foto dalla sua borsa.
Si mise dietro di me, in modo che potesse vederla anche lei, e allargò le mani per mostrarla.
Era la più bella.  Era la foto di due bambine che giocavano sul lago. Avevano all'incirca undici anni.
- é meravigliosa-le dissi girandomi a guardarla. -Perchè non l'hai inserita tra quelle nella mostra?- le domandai notando la sua espressione dolce.
-Volevo che la vedessi solo tu- mi rispose porgendomi la foto. -L'ho portata per te. Speravo di poterti rivedere e l'ho portata con me - Voglio che anche tu la tenga-
Anche io.  Più tardi, andando a casa sua, scoprii che aveva la stessa foto un pò ingrandita, appesa nella sua camera.
Andai a dormire nella stanza accanto alla sua. L'indomani mi avrebbe accompagnata all'aeroporto.
Non riuscivo a dormire. Ero innamorata della donna che dormiva nella stanza accanto. A due passi da me.
 E l'indomani sarei andata via.
Erano le due di notte, non dormivo ancora. Mi alzai dirigendomi in cucina per prendere un bicchiere di acqua.
Sentii dei rumori che provenivano dallo scantinato.
Scesi le scale dirigendomi alla porta. La stanza era debolmente illuminata da una luce rossa.
Ero nella sua camera oscura. Stava sviluppando altre foto.
Non si accorse della mia presenza. Mi fermai ad osservarla lavorare qualche minuto.
Era molto concentrata.
Mi avvicinai al ripiano dove c'erano le foto che aveva messo ad asciugare.
Mi tremò lo stomaco.
 C'ero io in quelle foto.
Io seduta sul sasso al tramonto, io inginocchiata ad accarezzare un cane, un primo piano del mio profilo.
Inciampai in qualcosa, feci rumore. Si girò di scatto.
- Calliope-sussurrò -non volevo svegliarti- 
- Non mi hai svegliata tu-le risposi avvicinandomi- beh, per lo meno non facendo rumore- mi avvicinai sempre di più. -è il pensiero di te che mi tiene ancora sveglia-
Ero ad un passo da lei, la sentivo respirare.  Presi il suo viso tra le mie mani e cercai le sue labbra. Al buio.
Le trovai.  La baciai. Mi staccai subito dopo, ma non mi permise di allontanarmi, sentii le sue mani sui fianchi e mi avvicinò di nuovo a lei.
Mi baciò.
Eravamo immerse nel buio, più vicine che mai.
 
 
New Hope era la mia casa. C'era la mia vita lì, la mia infanzia.
Ma non c'era lei.  L'altra parte della mia anima.
 
Ero ritornata da qualche giorno, avevo il mio ambulatorio, i miei animali di cui prendermi cura.
Lei aveva le sue mostre, il suo lavoro.
Le nostre vite viaggiavano in sintonia, ma non erano destinate a fermarsi insieme.
Ci sentimmo un paio di volte al telefono dopo il mio ritorno. Poi avevamo litigato.
Nessuna di noi due voleva abbandonare la propria vita.
Non ci eravamo rese conto che eravamo noi la vita l'una per l'altra.
Io non ero disposta a seguirla in giro per il mondo. Lei non lo era per fermarsi in un posto per sempre.
Era stata molto semplice la ricerca di ciò che ci aveva fatto simili, ma entrambe non riuscivamo a rispettare ciò che ci rendeva diverse.
Eppure io l'amavo.  E anche lei.  Me lo disse nell'ultima telefonata mentre stavamo litigando.
 
Non ci sentimmo per un pò.
L'estate ormai stava finendo, era metà settembre.
Trascorsi quei giorni come sempre. A guardare il cielo, il lago e a ritrovarmi sola la sera sul mio portico a guardare le stelle.
Mi ritrovai a pensare a lei. In una delle ultime telefonate mi aveva accennato che si sarebbe trasferita in un'altra città alla fine dell'estate.
Ormai la sua partenza era imminente.
Questa volta, sarebbe stato più difficile dimenticarla.  Non avrei dovuto dimenticare la mia compagna di giochi. Dovevo dimenticare l'amore della mia vita.
 
Avevo finito da poco di lavorare. Il lavoro mi teneva impegnata, non mi permetteva di pensare a lei.
Ma lì, il mio pensiero ricorrente era lei.
Ero con gli occhi chiusi. Non volevo guardare il tramonto, volevo solo ascoltare il rumore del lago.
-Nella città in cui dovevo andare non c'è il lago- spalancai gli occhi. Mi girai a guardarla.
Senza dire una parola.
-Mi sarei sentita persa senza un posto in cui andare a rifugiarmi- continuava a parlare in piedi dietro di me.-  Lì non c'è questo tramonto, questi colori. Ci sono tanti lampioni, ovunque, non avrei potuto passare le mie sere sul terrazzo a perdermi tra le stelle. E non voglio girare il mondo senza di te-
Non dicevo una parola. Fece silenzio. Avanzò ancora verso di me. Fu lì che notai che aveva in mano due valige.
-Lì non c'eri tu, Calliope-  fu l'ultima frase che le permisi di dire.
Ero già scattata in piedi e la tirai verso di me.
Aveva finalmente trovato anche lei la sua casa. Insieme a me.
La baciai al tramonto, lì nel nostro posto magico sul lago.
 
L'avevo aspettata per così tanto tempo.
 
Ci sposammo l'estate successiva.
C'era il nostro gruppetto, i nostri amici, ormai cresciuti, a festeggiare con noi.
 Era diventata mia moglie in una splendida, calda giornata d'estate.

 
Ringrazio in anticipo chi ha "speso" un pò del suo tempo a leggere la mia storia, e chi la vorrà recensire :)
Spero che sia stata una lettura piacevole per chi si è ritrovato a leggerla.
Grazie, un abbraccio :)
  
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